I tuoi piani 2019 per la ricchezza e la povertà

Giorgio Nadali

Il tuo piano per la ricchezza (consigliato)

Assumiti la responsabilità per le tue circostanze finanziarie.

Non avere mai come obiettivo la ricchezza economica.

Cerca sempre l’eccellenza e la lealtà soprattutto quando nessuno ti vede.

Migliora ogni giorno: impegnati in un auto-miglioramento quotidiano perpetuo. Leggi per imparare, non per divertirti.

Persegui i tuoi sogni e i tuoi obiettivi. Non mettere la tua scala sul muro di qualcun altro.

Stabilisci buoni obiettivi ed evita i cattivi obiettivi: i buoni obiettivi sono legati ai tuoi sogni e alla tua visione della persona ideale che desideri diventare in futuro. I cattivi obiettivi sono obiettivi progettati per aumentare le cose che possiedi.

Non abbandonare mai i tuoi sogni e obiettivi.

Preferisci la botte piena e divorzia subito dalla moglie ubriaca.

Crea entrate automatiche.

Cambia! Non fare sempre le stesse cose. Studia nuove strategie.

Diversifica gli investimenti.

Forgia le buone abitudini ed evita le cattive abitudini: le buone abitudini ti aiutano a migliorare e ti spingono in avanti. Le cattive abitudini fanno il contrario.

Associati con persone ottimiste, felici, entusiaste e di successo e limita la tua esposizione a persone tossiche e negative.

Non giocare mai d’azzardo.

Risparmia il 20% o più delle tue entrate prima di spendere qualcosa.

Controlla i tuoi pensieri ed emozioni.

Non svelare subito mai ciò tutto ciò che pensi: controlla le parole che escono dalla tua bocca.

Non spettegolare mai.

Cerca mentori che hanno fatto ciò che vuoi fare.

Fai coaching.

Non criticare, condannare o lamentarti.

Credi fermamente in te stesso! Sii tu il tuo primo sostenitore! TUTTO è possibile per chi crede! (Mc 9,23)

Esercitati ogni giorno, in modo aerobico e anaerobico.

Mangia sano ogni giorno.

Ammira che è e chi ha più di te. Pensa prima ai sacrifici che ha fatto per arrivarci.

Modera cibo spazzatura, TV, Internet, alcolici, Facebook. Linkedin va bene.

Non sentirti mai inferiore o superiore a nessuno, oppure cerca un bravo psicologo.

Vivi per il domani: rimani soddisfatto oggi nel perseguimento dei tuoi sogni e obiettivi.

Crea una visione chiara della tua vita ideale, futura: questa diventa la tua nuova identità e i tuoi nuovi comportamenti, i tuoi pensieri e le tue abitudini diventeranno i comportamenti, i pensieri e le abitudini del futuro.

Non mentire, imbrogliare o rubare. E’ da sfigati perdenti.

Sii fedele al partner, amici, colleghi di lavoro, clienti e tutor.

Riduci al minimo il numero delle amanti di cui ti puoi fidare.

Soddisfa o supera le aspettative che gli altri hanno in te.

Adotta con coraggio rischi calcolati.

Sperimenta fino a trovare i tuoi talenti interiori e dedica il resto della tua vita a praticare e perfezionare quei talenti.

Ama quello che fai per vivere, ma non fermarti lì.

Prima di alzarti il mattino ringrazia Dio, Buddha, Allah o l’Universo perché sei certo che avrai una giornata meravigliosa.

Fornisci ad altri servizi o prodotti di valore aggiunto superiori.

Sii un sostenitore, non un denigratore.

Evita la “mentalità da sfigato” (Vedi il paragrafo del tredicesimo libro “Chi non si accontenta gode” di Giorgio Nadali)

Diventa un virtuoso in qualunque cosa tu faccia per vivere.

Cerca più fonti di reddito. Non dipendere mai da una fonte di reddito.

Non dire “come posso risparmiare?”. Pensa soprattutto a come puoi guadagnare di più.

Non dire “non ho soldi”. Dì “voglio creare liquidità”.

Abbi una visione mentale positiva, ottimista, orientata al successo.

Dormi almeno 7 ore per notte.

Stabilisci sempre obietti positivi, che non iniziano mai con un “non”.

Abbraccia gli errori e i tuoi “fallimenti”: sono i tuoi insegnanti.

Sii frugale con i tuoi soldi. I più grandi spendaccioni sono proprio quelli che guadagnano poco.

Leggi e commenta sempre tutti gli articoli di Giorgio Nadali.

Evita le spese spontanee o emotive.

Non sopravvalutare mai la tua vita. Non aumentare le tue spese al crescere del tuo reddito.

Pensaci bene prima di ordinare una nave da diporto di 70 metri, anche se ti piace il mare. Poi ti costa il 10% all’anno in manutenzione / equipaggio / docking / nafta.

Cerca la felicità negli eventi, non nelle cose.

Concentrati su un’attività alla volta: non abituarti a occuparti di più cose in una volta.

Vedi la ricchezza come buona e la povertà come cattiva.

Non ammirare chi parla solo di poveri e migranti.

Diffida da chi ti vuole povero e sfigato. Non te lo meriti.

Ricordati che la povertà buona è un fatto spirituale, mai un fatto materiale. Quindi cerca la prosperità senza essere avido.

Non preoccuparti mai di quanto guadagnano Nadali e altri. Preoccupati di un tuo piano personale di crescita e scrivilo oggi stesso nero su bianco.

Chiedi quello che vuoi alla tua vita. La vita risponde sempre.

Evita di confrontarti. Pensa ai tuoi talenti e mettili a frutto.

Non invidiare mai e poi mai chi ha successo e ricchezza onesta.

Scrivi nero su bianco o nello smartphone 10 obiettivi precisi e “ben formati” a Gennaio e tienili in evidenza.

Cerca feedback dagli altri.

Ascolta consigli sensati e poi agisci come vuoi tu secondo coscienza.

Abbi pietà degli sfigati e dei cretini. Sono inevitabili.

Pensa a creare un’attività di beneficenza o una fondazione o almeno dedica sempre un paio di ore al volontariato la settimana. Tempo, non soldi. Il tuo tempo sei tu. I tuoi soldi non sono te. Dona te stesso.

Evita di dire “Non ho tempo” o fai subito un corso di gestione del tempo (meglio se con Nadali).

Evita di lavorare 12 ore al giorno per avidità. Non ne vale la pena. Pensa a ciò e chi puoi perdere.

Regala un workshop o o un corso del Prof. Nadali ai tuoi migliori collaboratori e non dirti che è un costo elevato, ma un valore aggiunto strepitoso per la tua Azienda.

Non prendere mai decisioni per paura.

Osserva e segui le leggi e le regole: non esiste una scorciatoia per il successo.

Studia una comunicazione persuasiva.

Pensa che il lusso te lo meriti tutte le volte che non è decisamente pacchiano.

Studia e basta. Sempre. Anche se hai 90 anni.

Riduci al minimo o evita le abitudini a procrastinare. Queste sono abitudini che fanno perdere tempo e che non ti aiutano a migliorare o ad andare avanti nella vita.

Persegui con pazienza i tuoi sogni e i tuoi obiettivi: il successo richiede molto tempo.

Tratta tutti quelli che incontri con rispetto finché non provano che non se lo meritano. Se non se lo meritano non essere molto violento con loro. E’ illegale.

Non dare retta a tutte le critiche cattive che ti fanno. Spesso il problema è nella testa di chi le fa. Tu hai altro da fare.

Fai sentire sinceramente gli altri importanti.

Leggi i libri di Giorgio Nadali, soprattutto “Buoni e Vincenti. Etica e Spiritualità del successo e del denaro“.

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Il tuo piano per la povertà (sconsigliato)

Non prenderti alcuna responsabilità per le circostanze della tua vita. Incolpa tutti tranne te stesso.

Non leggere per imparare o per migliorare te stesso. Leggi per divertirti.

Usa Facebook spesso e possibilmente per scrivere idiozie demenziali.

Cerca la gratificazione immediata.

Fai promesse che poi non mantieni.

Forgia cattive abitudini.

Spendi il 100% o più di ciò che guadagni.

Per te i B.O.T. sono: Bar, Osterie, Trattorie

Per te le Obbligazioni sono le cose che devi fare di malavoglia

Per te le buone Azioni sono quelle che fanno i boy scout

Crei “liquidità” solo quando bevi tanto

Per te lo Spread è un formaggino spalmabile

Ti esalti quando ti parlano di poveri e clandestini

Rateizza per spese che non puoi permetterti subito.

Critica, condanna e lamentati. Possibilmente piagnucola.

Usa molti dovrei, ormai, però, forse, “chi, io?”.

Prendi le decisioni per paura.

Fatti un selfie davanti alla macchina o yacht altrui poi postalo su Facebook e sentiti molto felice per questo. Sono soddisfazioni!

Non cercare mentori.

Pensa sempre che chi è ricco è disonesto.

Evadi il fisco.

Credi nella fortuna cieca.

Fai 5 figli senza potertelo permettere. Tanto poi ci pensa il reddito di cittadinanza.

Abbi paura di chiedere quello che vuoi.

Porta i tuoi figli piccoli con te alle feste sino alle tre di notte.

Evita o ignora i feedback.

Non sfidare te stesso. Rimani nella tua zona di comfort.

Non controllare i tuoi pensieri e le tue emozioni.

Dì quello che ti passa per la mente. Non controllare le parole che escono dalla tua bocca.

Associati sempre a persone negative e tossiche.

Associati a persone che approvano i tuoi errori.

Sentiti superiore agli altri.

Non avere una visione chiara di chi vuoi essere e dove vuoi andare.

Non perseguire sogni e obiettivi.

Stabilisci obiettivi vaghi come “Voglio essere felice e vedere la pace nel mondo”.

Esci quando il gioco si fa duro.

Sii negativo, pessimista e cinico riguardo a tutto.

Non fidarti di nessuno.

Spettegola

Sminuisci gli altri.

Sii inaffidabile: tradisci il tuo coniuge o altri amici, colleghi, colleghi e colleghi.

Mangia in eccesso.

Bevi alcolici in eccesso.

Prendi droghe “ricreative”.

Non fare sport.

Vai allo stadio per combattere.

Compra tutto ciò che desideri acquistare immediatamente e senza pensare alle conseguenze.

Aumenta la tua spesa con l’aumentare del tuo reddito.

Vivi per l’oggi e non pianificare mai il tuo futuro.

Non soddisfare le aspettative degli altri.

Agisci per farti ammirare.

Ignora le leggi e le regole: menti, imbroglia e ruba per avere “successo”.

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Yoga Festival 2016

Dal 14 al 16 ottobre arriva l’11esima edizione di Yogafestival, il più grande evento di Yoga in Italia. Una edizione, che, dopo tanti anni di espansione, sente il bisogno di riorganizzarsi e di tornare a un maggiore “rispetto” per la pratica dello Yoga.

Non per niente, proprio il concetto di RISPETTO è al centro delle proposte di programma e gli insegnanti, con il loro generoso entusiasmo, sono stati felici di parlare di una tematica così poco usata in questi tempi che viviamo.

Rispetto per e nella pratica, ma anche rispetto per noi stessi, per gli altri, per il pianeta e l’universo, rispetto per ogni cosa creata: YogaFestival continua così a mettere in luce argomenti poco evidenti nel vivere corrente, e come fu per Gratitudine (2014) e Amore (2015) anche il tema del Rispetto ci aiuterà a focalizzare meglio la pratica.

Come già Roma, anche YogaFestival Milano si concentra su una offerta più mirata, con meno workshop ma più lunghi e completi.

Nei 5.000 mq di Superstudio Più che vengono occupati, una squadra di insegnanti davvero influenti si avvicenderanno nei tre giorni del festival: tra questi, qualche gradito ritorno come Stewart Gilchrist da Londra con Krama Vinyasa Yoga , Monica Bertauld dalla Francia per Iyengar Yoga; dall’Italia Antonio Nuzzo, l’ Hatha Yoga della tradizione e Gabriella Cella, con la pratica di Ratna Yoga, il gioiello dello Yoga, insieme a Piero Vivarelli, massima figura dell’Anusara italiano, ed Elena De Martin per l’Ashtanga Yoga Mysore style. Nuova qualche interessante presenza come Dominique Decavel, erede dell’insegnamento di Eric Baret per lo Yoga Tantrico Kashmiro, Cosmin Iancu, la perfetta pratica di ashtanga, Lorraine Taylor, che diffonde la conoscenza dell’Ashtanga e Vinyasa Tantra, Bo Forbes  lo Yoga posturale e terapeutico, Laura Burkhart che dagli USA porta la pratica di Core Yoga. Mert Guler, insegnante turco e ricercatore spirituale per la prima volta in Italia e Sujit Ravindran, indiano di stanza a Vancouver già passato con successo in precedenti edizioni, saranno al festival per portare un lavoro sulle emozioni interiori e sulla maturità maschile. La musica la farà da padrone quest’anno: sono molti i workshop con musica da vivo, performance, musicisti che intervengono insieme agli insegnanti e sarà un piacere in più essere seguiti nella pratica da canti e melodie che la ritmano.

Molte le conferenze in programma con molte novità: in particolare, fruttifera la collaborazione del festival con il Master di Yoga Studies della Università di Ca’ Foscari porta due docenti di grande preparazione e comunicativa, Gianni Pellegrini e Federico Squarcini, con approfondimenti sulla lingua sanscrita. Pellegrini, tra i più conosciuti studiosi di sanscrito al mondo, terrà una conferenza sulle parole dello yoga e il loro significato e sarà a disposizione tutta la giornata per rispondere a domande del pubblico.

Al festival quest’anno si rafforza l’area dedicata alla consapevolezza alimentare: una vita yogica chiede attenzione e rispetto anche per ciò che ingeriamo. Con Ki Group, Provamel, Schaer – partner dell’evento – prenderà vita un settore dove informarsi, testare, conoscere.

L’area scuole, centri olistici ed Emporio Yoga sarà come sempre il cuore del festival, il luogo dove tutti si trovano, incontrano, parlano insieme alla grande centrifugheria – dove lo chef Simone Salvini si cimenterà in ricette vegane preparate “al volo”.

L’area Bimbi, attiva tutti e tre i giorni e gestita dalla A.I.P.Y., offrirà intrattenimento “yogico” a bimbi da 0 a 12 anni che, con il metodo del gioco, apprendono le prime basi dello Yoga: non si è mai troppo giovani per cominciare a praticare!

All’interno del festival sarà attivo un ristorante vegano che resterà aperto dal mattino fino alle 20.

L’ingresso al festival avviene come sempre su registrazione (online) mentre i workshop possono essere prenotati online e anche sul posto. Tutte le informazioni su www.yogafestival.it


La magia della “Santosha”. L’accettazione

Santosha, a volte scritto Santosa, è una parola combinazione in sanscrito, derivato da SAM (सं, सम्) e Tosha (तोष, तुष्, Tush). Sam significa “tutto”, “tutto” o “del tutto”,  e Tosha, “appagamento”, “soddisfazione”, “accettazione”, “essere confortevole”.  In combinazione, la parola Santosha significa “completamente contenuti con o soddisfatti, accettando e confortevole “. Altre parole basate sulla radice Fiducia (तुष्टः), come ad esempio Santusht (सन्तुष्ट) e Tushayati (तुष्यति) sono sinonimo di Santosha, e si trovano in antichi e medievali dell’epoca testi indiani.

Isaacs traduce Santosha come “contentezza, accettando le proprie circostanze”. Woods la descrive come mancanza di trsna (तृष्णा, desiderio) e desiderare ciò che è necessario per la propria vita (versi II.42 e II.32 dello Yoga Sutra). Altri lo definiscono come un atteggiamento di contentezza, uno di comprensione e di accettare se stessi e il proprio ambiente e le circostanze come sono, uno stato spirituale necessario per l’ottimismo e lo sforzo per cambiare il futuro. Bhatta definisce la Santosha come appagamento interiore, uno stato di pace interiore.

Lo Yoga Darshana, che include il commento di Rishi Vyasa su Yogasutra di Patanjali, definisce la contentezza come lo stato interno dove, “esiste una mente gioiosa e soddisfatta a prescindere dal proprio ambiente, indipendentemente dal proprio stato attuale di piacere o dolore, finanziario, successo o disprezzo, fallimento, simpatia o odio”.

Redazione


I valori cristiani. 8. La carità

Ecco il valore più importante per un cristiano. La regina delle virtù. Tutto l’agire cristiano ruota intorno alla carità, cioè all’amore verso Dio e verso il prossimo, ma anche a quello verso se stessi (Matteo 22,39). La fede che non porta ad amare non serve a nulla. La parola carità deriva dal greco “kàris”, che significa dono, dal quale derivano anche eucaristia, cioè “rendimento di grazie” e carisma, cioè il dono ricevuto da condividere con gli altri (1 Corinzi 12, 31 e Matteo 25,14-30). La carità è quindi l’obiettivo della fede e della speranza e l’unico valore esistente anche in Paradiso, dove la fede non serve più (perché ho raggiunto e vedo Dio) e la speranza ha già raggiunto il suo Scopo.

Rimane solo l’amore. Fede e speranza sono quindi mezzi, mentre la carità è il fine, tanto che se credo e spero, ma non amo concretamente me stesso, Dio e il prossimo, credo e spero invano. Cosa significa quindi amare in concreto se stessi, Dio e gli altri? Primo: Amare se stessi vuol dire darsi come obiettivo l’eccellenza secondo le proprie possibilità. Devo cercare di migliorare sempre, imparare cose nuove a ogni età, essere il massimo di ciò che riesco ad essere, nel lavoro, nelle relazioni con gli altri, nel rapporto di fede con Dio. Esattamente l’opposto dell’accontentarsi, della mediocrità e del tirare a campare.

Chi ama se stesso vuole che la sua luce risplenda sugli altri, come chiede Gesù nel Vangelo di Matteo: (5,16) “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”. Niente modestia. Vivi con gratitudine l’orgoglio di essere figlio di Dio! Gli altri devono vederlo! Non vuol dire essere fanatico. Significa rendere migliori gli altri grazie al tuo contributo. Per amarti devi sempre migliorare. Per migliorare devi cambiare e spingerti sempre più in alto, per onorare Dio. “La gloria di Dio è l’uomo vivente”, scriveva Sant’Ireneo di Lione. Sei tu! Amati! Secondo: Amare Dio in concreto significa esprimere al Signore tre tipi di adorazione diretta (mentre l’amore verso il prossimo è un’adorazione indiretta, dato che gli esser umani sono immagine spirituale di Dio, Genesi 1,26). Adorazione di lode, di gratitudine e di domanda. Loda Dio in ogni circostanza, sii grato per tutto ciò che hai. Inizia e finisci la giornata con gratitudine. Chiedi al Signore sempre di più: “Chiedete quel che volete e vi sarà dato” (Giovanni 15,7). Mi sembra di essere stato chiaro! Gesù ha detto: “Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Giovanni 16,24). Prega in grande e senza timidezza per riconoscere la potenza di Dio nella tua vita e otterrai il suo favore.

L’adorazione diretta comprende poi la preghiera, il pellegrinaggio, il digiuno, la celebrazione dei sacramenti. Infine, amare il prossimo vuol dire adorare Dio in maniera indiretta, nelle sue creature umane. Le possibilità sono infinite. Ascoltare (col cuore, non solo con le orecchie), perdonare, confortare, sostenere, difendere, aiutare, consigliare, correggere (con delicatezza), insegnare, pazientare, spingere verso il successo, sopportare, non disprezzare nessuno, cercare sempre il bene in tutti, aiutare a migliorare chi incontri, comprendere, ricordando che – come dice Gesù – “se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?” (Matteo 5,46).

San Paolo elenca una serie di caratteristiche della carità e le dedica un bellissimo “inno”: “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna” (1 Corinzi 13,1). Magari non parli le lingue degli angeli, ma se vai a Messa e reciti rosari a raffica senza poi amare concretamente il prossimo – soprattutto quello difficile da amare –sei anche tu come un bronzo che risuona. “Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla” (1 Corinzi 13,2). E per essere invece qualcosa – cioè figlio di Dio – la tua carità “è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Corinzi 13,4-7).

Mi piace pensare che la carità sia…il termometro della santità. Più ami e più aumenta la tua santità, che è il riflesso di Dio in te! Madre Teresa di Calcutta scriveva: “Non permettere mai che qualcuno venga a te e vada via senza essere migliore e più contento. Sìi l’espressione della bontà di Dio. Bontà sul tuo volto e nei tuoi occhi, bontà nel tuo sorriso e nel tuo saluto. Ai bambini, ai poveri a tutti coloro che soffrono nella carne e nello spirito offri sempre un sorriso gioioso. Dai a loro non solo le tue cure, ma anche il tuo cuore”. L’uomo è irragionevole, illogico, egocentrico. NON IMPORTA, AMALO. Se fai il bene, ti attribuiranno secondi fini egoistici. NON IMPORTA, FA’ IL BENE. Se realizzi i tuoi obiettivi, troverai falsi amici e veri nemici. NON IMPORTA, REALIZZALI. Il bene che fai verrà domani dimenticato. NON IMPORTA, FA’ IL BENE. L’onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile. NON IMPORTA, SII FRANCO E ONESTO. Quello che per anni hai costruito può essere distrutto in un attimo. NON IMPORTA, COSTRUISCI. Se aiuti la gente, se ne risentirà. NON IMPORTA, AIUTALA. Dà al mondo il meglio di te, e ti prenderanno a calci. NON IMPORTA, DA’ IL MEGLIO DI TE. (Madre Teresa di Calcutta).

Giorgio Nadali


Quando una sola moglie non basta

C’è chi è stufo anche dell’unica che ha, ma avere più mogli oggi è legale in quarantasette Paesi al mondo (su 197). Quello più vicino all’Italia è l’Algeria. Solo i membri della Chiesa Fondamentalista di Gesù Cristo e dei Santi degli Ultimi Giorni praticano ancora oggi la poligamia. La loro Chiesa ufficiale l’ha abbandonata nel 1890, tuttavia solo il ramo fondamentalista negli Stati Uniti d’America prosegue illegalmente nella poligamia voluta dal fondatore Joseph Smith. Il motivo è semplice. Basta aprire la Bibbia. Davide aveva un intero harem. Betsabea fu l’ultima conquista. (2 Samuele 11). Elkana «aveva due mogli, una chiamata Anna, l’altra Peninna». (1 Samuele 2). Roboamo aveva «diciotto mogli e sessanta concubine e generò ventotto figli e sessanta figlie». (2 Cronache 11,21). «Abia prese quattordici mogli» (2 Cronache 13,21) e Gedeone ebbe molte mogli che gli diedero ben settanta figli. (Giudici 8,30). Ma il record spetta al re Salomone con settecento mogli e trecento concubine.

Un ricambio al ritmo di tre donne al giorno per un anno intero. Non faceva altro: «Aveva settecento principesse per mogli e trecento concubine; le sue donne gli pervertirono il cuore» (1 Re11,3) che però resistette sino a ottant’anni. Per questo motivo i Mormoni pensarono bene di approvare la poligamia. Il fondatore Joseph Smith, nella rivelazione del luglio 1843 fece riferimento alle mogli e concubine di Mosè, Davide e Salomone. (Doctrines and Covenant 132:37-40) Tuttavia l’avere più mogli è una pratica che dalla fine del XIX secolo entrò in disuso tra i fedeli di Smith, perché in contrasto con le leggi civili degli Stati Uniti e fu sempre motivo di divisione interna per i Mormoni. San Paolo esalta la monogamia (Romani 7, 2-3).

Ma i membri della Fundamentalist Church of Jesus Christ of Latter-Day Saints (FLDS) vogliono ancora tante mogli. Loro e le loro numerose consorti vivono a Hildale (Utah), Colorado City (Arizona), Cedar City (Utah), Modena (Utah), Pringle (Sud Dakota), Eldorado (Texas), Lund (Nevada), Lowell (Wyoming), Pinesdale (Montana), Mancos (Colorado). Il fondatore della Fundamentalist Church of Jesus Christ of Latter-Day Saints è Warren Steed Jeffs. Dopo essere stato sulla lista dei dieci più ricercati dell’FBI, il 29 agosto 2006 è stato arrestato e il 9 agosto 2011 è stato condannato all’ergastolo per abusi sessuali e stupro di minori, due delle quali erano le sue mogli dodicenni. Durante il processo si difese leggendo il Libro di Mormon, il testo sacro mormone. Jeffs controlla tuttora la Fundamentalist Church of Jesus Christ of Latter-Day Saints da dietro le sbarre. Nello stato dello Utah oggi vivono quarantamila persone poligame. Cercano la licenza legale per il primo matrimonio e poi si sposano clandestinamente per le altre nozze. Le mogli si mostrano in pubblico come madri non sposate.

Se invece vuoi avere più mariti non ti resta che recarti in Tibet, in Nepal o Sri Lanka (per la legge Kandyan). La poliandria è presente anche nell’Induismo, citata nel poema Mahabharata. Nel Buddhismo tibetano è lecita la poliandria adelfica. Una donna è sposata anche con tutti i membri maschili della famiglia del marito. La molteplicità di mariti è presente anche tra i Maasai  e i Gyliak e gli Inuit eschimesi.

Giorgio Nadali


Fede & Scienza: Le forze della preghiera e della fede fanno bene al cervello

Le persone religiose trovano forza in Dio; questo lo sappiamo. Ma un nuovo studio condotto dal Prof. Malt Friese e da Michaela Wanke suggerisce che anche i non credenti possono entrare in azione. In un recente numero del Journal of Experimental Social Psychology, presentano prove che dimostrano come e perché la preghiera potrebbe aumentare la capacità di chiunque di resistere alla tentazione. Tuttavia possiamo essere tutti d’accordo che per questo occorra autocontrollo, gli autori propongono che la fonte di tale controllo potrebbe non essere soprannaturale. Invece, potrebbe venire da qualcosa di più terreno. Qualcosa di accessibile anche ai più atei: la connessione sociale.

Gli autori hanno elaborato il loro studio del potere di preghiera in ciò che hanno chiamato il “modello forza” dell’autocontrollo. Il modello di resistenza suggerisce che le nostre risorse cognitive, come le nostre risorse fisiche, siano limitate. Correre per un chilometro sarebbe incredibilmente difficile dopo averne corsi già 30, e resistere anche alla più piccola tentazione può essere incredibilmente difficile se hai appena passato un’ora a resistere quelle più grandi. Quindi, come possiamo ricostituire queste risorse cognitive, o anche aumentare la nostra “resistenza” cognitiva? I ricercatori hanno, in tutta serietà, scoperto che l’ingestione di glucosio può infatti aumentare l’autocontrollo, ma gli scienziati gli scienziati hanno supposto che la preghiera potrebbe essere un altro mezzo attraverso il quale gli individui si proteggono dal crollo della forza di volontà. In effetti, studi del passato avevano già suggerito un tale rapporto, mostrando che suggerendo ai partecipanti parole relative alla religione (ad es Dio, divino) li mettevano al riparo contro gli effetti dell’impoverimento cognitivo.

Gli autori hanno trovato che le persone interpretano la preghiera come l’interazione sociale con Dio, e le interazioni sociali sono ciò che ci danno le risorse cognitive necessarie per evitare la tentazione. Precedenti ricerche hanno trovato che anche brevi interazioni sociali possono promuovere le funzioni cognitive, e lo stesso sembra valere per le brevi interazioni sociali con le divinità.

Uno dei più importanti ricercatori nel campo della neurologia e della spiritualità è Andrew Newberg, direttore della ricerca presso il Jefferson Myrna Brind Center of Integrative Medicine a Thomas Jefferson University Hospital e , a Philadelphia . Ha fatto studi empirici sul funzionamento del cervello tra una varietà di praticanti spirituali che vanno da suore cattoliche impegnati in ” centrare preghiera” di pentecostali in preghiera in lingue .

I risultati del suo lavoro e altri hanno confermato che il cervello umano è “progettato per la fede . “Diverse volte le neuroscienze hanno dimostrato che la preghiera fa una differenza notevole nel funzionamento fisiologico del cervello.

Newberg afferma che mentre cresci spiritualmente, cambi le convinzioni, migliori il senso di compassione – per esempio – e questo incide sul cervello. Se si pratica la molto preghiera, per esempio, i dati mostrano che queste pratiche possono effettivamente cambiare il cervello nel corso del tempo .

Abbiamo fatto uno studio sulla pratica di meditazione e abbiamo trovato diverse cose tra le persone che non avevano mai meditato prima. Quando queste persone hanno aggiunto la meditazione per le loro pratiche, come ad esempio concentrandosi su un passo della Scrittura, abbiamo visto cambiamenti significativi nel funzionamento del cervello. In particolare, abbiamo visto una maggiore attività nei lobi frontali (una delle aree del cervello coinvolte nella compassione e nelle emozioni positive ) e non ci sono stati cambiamenti nel talamo, la parte del nostro cervello che ci aiuta all’interconnessione.

I cristiani spesso parlano di ” frutto dello Spirito ” delineati da San Paolo nella Lettera ai Galati- “amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, mitezza, dominio di sé “. Queste sono funzioni del cervello ?

Newberg risponde che in sostanza c’è un equilibrio da stabilire tra il lobo frontale e il sistema limbico. L’amigdala è la parte del cervello che reagisce alla paura, all’odio , alla rabbia e altre emozioni allarmanti, ma partecipa anche agli aspetti positivi. Il lobo frontale equilibra tutto. Per esempio, quando qualcuno ti taglia la strada nel traffico , la vostra amigdala reagisce con , “fagli  del male subito”, ma il vostro lobo frontale dice: “Aspetta un minuto! ” Questa è una visione neurologica della pazienza .

Sia che si chiami ” vita nello Spirito ” o diventare più compassionevole, meno reazionario, si parla del tentativo di sopprimere l’amigdala e cercare di migliorare il lobo frontale e le attività nelle aree sociali del cervello.

Newberg aggiunge che “le visioni positive su Dio sono buone per il cervello. Tuttavia , le visioni negative su Dio possono essere dannose, causano stress, ansia e possono causare depressione e emozioni negative”.

Abbiamo scoperto che la fede nel suo senso più ampio è la cosa migliore che si può avere per il cervello. Non solo la fede religiosa fa bene al cervello, ma anche l’ottimismo e il guardare il mondo in modo positivo che la gente associa spesso con la fede.  Avere ” fede” che la tua vita andrà per il verso giusto e che tu sia in grado di aiutare altre persone, questo è un altro beneficio.

In realtà, l’ottimismo – la speranza – è un ottimo indicatore della propria salute e della vita . Se questo ottimismo è avvolto in un contesto religioso, vi sono elementi che dimostrano che le persone che sono religiose hanno più bassi livelli di depressione e ansia .

Inoltre, quando hai fede, fornisci un quadro di riferimento per la vita e per la comprensione del mondo che allevia un sacco di ansia ontologica di cui molti soffrono, e ciò fornisce risposte in un contesto di vita. È un reticolo interconnesso per la vita. Se ottenete sostegno sociale dalla vostra chiesa, anche questo è incredibilmente utile per il cervello .

Giorgio Nadali


Levitazione & Bilocazione. Sono possibili?

Maharishi Mahesh Yogi ha fondato nel 1975 una scuola di meditazione di volo yogico, come estensione della Meditazione Trascendentale, il quarto stadio di coscienza. Si chiama tecnica TM-Sidhi. Il volo yogico ha tre livelli. Lo stadio iniziale è saltellare su e giù seduti nella posizione del loto, il secondo stadio è lievitare, il terzo stadio è volare. Secondo Maharishi, il volo yogico è un fenomeno creato da uno specifico pensiero proveniente dal più semplice stato di coscienza, chiamato Coscienza Trascendentale. Bevam Morris, presidente della Maharishi University of Management, di Fairfield (Iowa, USA) ha organizzato il primo concorso nord americano di volo yogico nel 1986, presso il Civic Center di Washington. Ventidue praticanti della tecnica TM-Sidhi hanno partecipato in competizioni come i 25 metri a ostacoli, salto in lungo e corsa di 50 metri di volo yogico. Il concorso si è svolto ogni anno sino al 1989. Vicotria Dawson del «Wasgington Post» ha riferito che i partecipanti saltavano rimanendo seduti . Tuttavia nessuno di loro ha volato.

Nell’Induismo i poteri di levitazione del corpo sono chiamati “potere della rana” (dardura-siddhi) e sono attribuiti limitatamente ad alcuni maestri (guru) dotati di poteri spirituali: i siddha, coloro che hanno il potere (siddhi) della leggerezza (laghiman). Il maestro yoga Subbayah Pullavar nel 1936 ha levitato orizzontalmente davanti a 150 persone sospeso su di un bastone coperto da un panno. Shirdi Sai Baba era maestro della levitazione nel sonno. Nel Buddhismo questi poteri sono attribuiti storicamente allo yogi Milarepa.

Secondo il CICAP «a tutt’oggi non è mai stata dimostrata al di là di ogni dubbio l’autentica levitazione anche di un solo spillo. Nessun tavolo, medium o mediatore trascendentale si è mai sollevato di un millimetro (senza saltellare) in piena luce, sotto controllo davanti a una telecamera o, comunque, davanti a un prestigiatore competente. Gli illusionisti, naturalmente, riescono a creare l’illusione della levitazione con abili trucchi (il più spettacolare dei quali, in questo campo è quello presentato dall’americano David Copperfield)».
La bilocazione – la capacità di essere presenti contemporaneamente in due luoghi diversi – è attribuita nel Cristianesimo a Sant’Antonio, Santa Maria di Gesù da Agreda e San Padre Pio da Pietrelcina. Nessuno ha mai dimostrato di poter mostrare il doppio di se stesso nella stessa stanza dove si trovava.

Nel Cristianesimo il santo Giuseppe da Copertino (1603-1663) levitava a causa delle continue estasi mistiche e per questo era continuamente trasferito da un convento all’altro. Il potere di levitazione viene attribuito anche a San Francesco d’Assisi, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori che predicava a Foggia sospeso nell’aria, Santa Teresa d’Avila, San Martino de Porres, ritenuto capace di teletrasporto (attraverso porte chiuse) e levitazione, Serafino di Sarov (un santo della Chiesa russo ortodossa) levitò davanti all’imperatore Alessandro I, e San Padre Pio da Pietrelcina, ritenuto capace di bilocazione e lievitazione.

Giorgio Nadali


I valori cristiani. 4. L’umiltà. Benessere dell’anima

Umiltà. Una parola che ci mette un po’ a disagio. Cosa significa umiltà? E’ la virtù che si oppone alla superbia. La persona umile non ha una bassa autostima. Ha piuttosto una percezione di sé equilibrata. In sostanza, non si sente né un verme inutile, ma neanche un Padre Eterno. A proposito, nella fede cristiana Dio ha dimostrato facendosi uomo di essere estremamente umile, pur essendo per definizione il massimo della potenza. L’umile quindi non è un dimesso e tantomeno un depresso. Non va in giro a testa bassa. Ma… una persona umile può avere successo? Dipende da cosa intendiamo per successo. Dio vuole sempre il successo dei suoi figli, ma per ottenerlo occorre riconoscere di avere bisogno di lui. È il contrario dell’uomo presuntuoso e autosufficiente. Nel Cristianesimo Dio sceglie l’umiltà per dimostrare la sua vicinanza e il suo amore per l’umanità. Attraverso l’umiltà di una ragazzina ebrea di quattordici anni – nella Nazareth di quasi duemila anni fa – si incarna e nasce a Betlemme in una condizione di disagio e povertà. Maria di Nazareth loda Dio dicendo: «ha guardato l’umiltà della sua serva… ha innalzato gli umili e ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore» (Luca 1,51).

Dunque Dio fa cose grande attraverso gli umili. Dobbiamo però chiarire che gli umili non sono i poveracci e che un poveraccio può benissimo non essere umile. L’umiltà è soprattutto una disposizione interiore, un tratto della personalità. La povertà del Vangelo non è quella materiale. Per viverlo non è necessario fare il voto di povertà. E’ però necessario mettere la propria fiducia in Dio e non nelle cose materiali. Usarle, possederle sì, ma senza avidità rendendole di fatto degli idoli. Lo stesso vale per il denaro. Dunque l’umile ritiene di ricevere da Dio la forza per realizzare i propri sogni, per essere innalzato. Gesù Cristo afferma “prendete esempio da me che sono mite e umile di cuore”. Anche qui è bene chiarire che mite non significa debole. Mitezza significa potenza sotto controllo. Il mite ha il controllo di se stesso. E’ il debole che perde le staffe facilmente. Mitezza e umiltà sono grande amiche. Improbabile riuscire ad essere umili senza essere miti, e viceversa. Arroganza e violenza sono purtroppo alleate. Non necessariamente violenza fisica. La violenza è anche morale e psicologica. Forse le più diffuse. La violenza psicologica più diffusa è la menzogna, la bugia. La violenza morale più diffusa è l’insulto, l’offesa. Quindi l’umiltà aiuta molto ad essere sinceri e a rispettare, a considerare anche l’altro e il suo valore. L’umiltà però non è un comportamento derivante dalla presa di coscienza dei propri insuccessi. Il verbo cauchaomài in greco sta a significare la fiera dignità dell’umile. Ma «Per essere grandi bisogna prima di tutto saper essere piccoli.

L’umiltà è la base di ogni vera grandezza», come ha ricordato Papa Francesco. L’esperienza cristiana favorisce e sostiene l’umiltà. Quali effetti benefici essa può avere sull’affettività? Perché mai la persona matura dovrebbe essere umile? Lo è di fatto? «Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato» (MT 23, 11) «L’orgoglio dell’uomo ne provoca l’umiliazione» (PR 29, 23). «Tutte le visioni, rivelazioni e sentimenti celesti non valgono il minimo atto di umiltà» scrive San Giovanni della Croce . Ed Edith Stein: «Nell’aridità e nel vuoto l’anima diventa umile. L’orgoglio di un tempo sparisce quando in se stessi non si trova più nulla che dia l’autorizzazione a guardare gli altri dall’alto in basso» mentre l’autore de L’imitazione di Cristo afferma: «Quando uno si umilia per i propri difetti facilmente fa tacere gli altri, e acquieta senza difficoltà coloro che si sono adirati contro di lui… Verso l’umile Dio si china; all’umile largisce tanta grazia, innalzandolo alla gloria, perché si è fatto piccolo; all’umile Dio rivela i suoi segreti, invitandolo e traendolo a sé con dolcezza». Non dobbiamo confondere psicologicamente l’umiltà con il senso di inferiorità e con l’assenza di autostima. L’umiltà è piuttosto la coscienza dei propri limiti, la conversione dai propri falsi idoli, l’accettazione di una realtà trascendente la propria esistenza.

Proprio l’affettività matura dà all’individuo la possibilità di essere umile. Questi, avendo scoperto il proprio valore e avendo raggiunto la piena accettazione di sé nell’autostima, non avrà bisogno di crearsi dei sostituti mentali al proprio senso di inadeguatezza e di insicurezza. Sostituti mentali che definiamo come «idoli», ai quali la persona si affida per surrogare la stima di se stessa, generando il sentimento di orgoglio. Quest’ultimo non ha nulla a che fare con l’autostima; è invece la causa di una mancanza di questa. L’individuo orgoglioso dipenderà dalle lodi e dall’apprezzamento altrui come condizione essenziale per autostimarsi ed accettarsi, ben lontano dal semplice bisogno fondamentale di essere amato. In realtà la persona è profondamente dipendente dalla rimozione del suo senso di inadeguatezza e dalla sua conseguente proiezione reattiva, che può dargli l’illusione di sentirsi autosufficiente e superiore. L’esperienza cristiana favorendo l’autostima elimina il falso sentimento di orgoglio (e quindi di «idolatria») sfociante nella superbia.

Incontra come modello di umiltà il Cristo «mite e umile di cuore» (Matteo 11, 29). Ridimensiona l’orizzonte terreno eliminando gli idoli, mettendo l’uomo di fronte alla realtà di creatura limitata. «Perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni» (Luca 12, 15), ma allo stesso stimola la consapevolezza e l’impegno alla collaborazione con Dio per realizzare il suo Regno, in un rapporto di fiducia filiale, anche nel momento della caduta e del peccato. «Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» (Matteo 9, 2). Parole che nella Chiesa continuano a risollevare la persona che è consapevole di valere proprio perché è amata da un Dio più grande del suo cuore (1 Giovanni 3, 20). La persona si pente proprio perché si scopre amata e scoprendosi amata non ha bisogno di cercare «idoli» che compensino la sfiducia in se stessa.

Giorgio Nadali