La Rabbia Saudita e il fondamentalismo soprannaturale

L’attivista per i diritti umani Joel Richardson osserva: «I musulmani in Occidente si riferiscono all’Islàm come Religione della pace, tuttavia questa è responsabile di oltre il 90% dei conflitti mondiali. Vi sono circa quattrocento gruppi terroristici riconosciuti nel mondo.

In Arabia Saudita il culto pubblico non Islamico è proibito, col rischio di arresto, reclusione, fustigazione, deportazione, e talvolta tortura. La maggioranza dei cristiani è espatriato: è generalmente consentito il culto privato, ma alcuni sono stati arrestati, minacciati di morte e obbligati a nascondersi. Recentemente, vi è stato un aumento nel numero di arresti. La maggioranza dei cristiani sauditi deve tenere segreta la loro fede per non rischiare l’omicidio per onore – cioè qualsiasi musulmano potrebbe ucciderli senza incorrere in sanzioni legali. Almeno uno di questi è avvenuto con certezza nel 2008. 543.000 è il numero di cristiani che vivono nel Paese.

Bushra Haik è nata a Bologna. 31 anni. Famiglia siriana. Recluta via Internet terroristi per l’Isis. Vive a Riad, la capitale dell’Arabia Saudita, dove si è trasferita nel 2012.

Oltre il 90% di questi sono gruppi radicali Islamici terroristici. Oltre il 90% dei conflitti nel mondo coinvolge movimenti terroristici Islamici. L’obiettivo degli apologeti musulmani moderati è quello di evidenziare come i gruppi radicali terroristici non si comportino da veri musulmani. Non ho dubbi che molti musulmani moderati disdegnino fortemente l’atteggiamento omicida di molti gruppi terroristici, ma questi stanno portando avanti un aspetto legittimo dell’Islàm definito da testi Islamici, studiosi e rappresentanti dell’Islàm. Si comportano in modo Islamico. Si comportano come Maometto e i suoi successori. Spesso viene detto che i terroristi hanno deformato l’Islàm. A giudicare da ciò che l’Islàm realmente insegna, sono i cosiddetti moderati musulmani che mal rappresentano i veri insegnamenti dell’Islàm.

Quando guardiamo ai tassi di crescita dell’Islàm combinati con il concetto di jihad e la crescita della sua popolarità nelle sue forme più radicali, addirittura in Occidente, il concetto di un futuro dittatore islamofascista mondiale diventa una possibilità reale. Basandoci solo sulle tendenze e le statistiche non è difficile prevedere la possibilità di questa realtà in questo secolo. La Bibbia insegna che in futuro un uomo sorgerà col solo scopo di ottenere una dominazione mondiale attraverso il suo impero militare-religioso. L’Islàm ha questo stesso obiettivo inerente nella gran parte della sua dottrina. E oggi che sentiamo la chiamata al jihad ancora più forte da parte dei leader musulmani radicali in tutto il mondo, l’Islàm si muove in direzione di realizzare questo scopo».

Purtroppo questa inquietante previsione di Richardson ha un nome ben definito nella dottrina islamica. Si chiama khilafah, il califfato mondiale. I Fratelli Musulmani sostengono l’unità pan islamica e l’implementazione della legge islamica. Il fondatore Hassan al-Banna ha scritto riguardo alla restaurazione del califfato. Lo scrittore egiziano Sayyd Qutb, ispiratore di Osama bin Laden trasformò i Fratelli Musulmani (nati originalmente come movimento pacifico fondamentalista) e ispirò i primi movimenti terroristici, tra cui Hamas in Libano. Il motto è: «Allah è il nostro scopo. Il Profeta è il nostro capo.

Il Corano è la nostra Legge. La Guerra Santa è il nostro strumento. Morire in nome di Allah è la nostra speranza più grande». Al-Qaeda, l’organizzazione terroristica fondata da Osama bin Laden ha tra gli obiettivi chiaramente dichiarati la restaurazione di un Grande Califfato Mondiale. Il defunto leader Osama Bin Laden aveva invitato i musulmani a «stabilire il giusto califfato della nostra umma [il mondo Islamico]». Un manuale riguardante le istruzioni per il Grande Califfato Mondiale e la restaurazione del Grande Califfato dell’impero Ottomano (abolito in Turchia il 3 marzo 1924) è entrato in possesso della CIA nel 1996.

Nel mondo vi sono sette Paesi teocratici. Tutti Islamici. Arabia Saudita, Iran, Pakistam ,Afghanistan, Yemen, Nigeria, Sudan. In questi Paesi qualsiasi peccato è sanzionato legalmente, sino alla pena di morte, come ad esempio l’omosessualità.

Ai non musulmani (kafirun) è proibito entrare nelle città sante di Mecca e Medina. Le immagini di quelle città sono state eseguite da fotografi e cineoperatori musulmani. Alla polizia religiosa il compito di vigilare anche su queste disposizioni. La polizia Muṭawwiʿiyyah ha recentemente anche sanzionato i regali di San Valentino. L’11 marzo 2012 ha proibito alle alunne di una scuola della Mecca di scappare dall’incendio della loro scuola perché non erano velate, non indossavano la abaya (tunica nera) e non erano accompagnate da un tutore maschio. Nell’incendio sono morte quindici alunne e cinquanta sono rimaste ferite.

Giorgio Nadali


Velo integrale islamico vietato negli uffici pubblici

Niente velo integrale islamico negli uffici poubblici della Lombardia. Dal gennaio 2016 sarà vietato l’ingresso nelle strutture regionali e negli ospedali per chi indossa niqab e burqa. Lo aveva già annunciato il governatore della Lombardia, Roberto Maroni. La giunta lombarda ha modificato il regolamento di accesso agli edifici pubblici per motivi di sicurezza, in base alla legge nazionale. Il provvedimento è ssotenuto dalla Lega Nord, dopo gli attentati di Parigi.

La Sura 24,31 del Corano richiede che la donna si veli i capelli. Le nazioni più rigide a questo riguardo sono Arabia Saudita e Iran. La più libera è la Tunisia (velo non necessario). Si va dall’hijab (velo semplice tipo foulard) al niqab (velo nero integrale con fessura che lasciano intravedere solo gli occhi e con sportellino per mangiare. Va indossato solo in pubblico. Arabia Saudita, Yemen, Bahrain, Kuwait, Qatar, Onam, Emirati Arabi Uniti, Pakistan. Dalla pubertà (14 anni in su). Lo chador è invece il velo totale ma fa intravedere l’ovale del volto. Il burqa è il velo totale con una retina per vedere. Non si vedono nemmeno gli occhi. Si usa solo in Afghanistan. La polizia religiosa islamica è chiamata muttawia o muttaween. È il «Comitato per l’imposizione della virtù e l’interdizione del vizio». Opera in Iran contro le donne non velate bene e altre indecenze.
I tipi di veli, dal più coprente a quello più semplice, sono: Burqa. (Afghanistan e Pakistan). Mantello integrale, interamente coprente di colore blu o marrone. La donna può vedere solo grazie ad una piccola rete all’altezza degli occhi. Impossibile identificare i tratti somatici della persona. Ha
un prezzo molto basso. In uso negli harem del re Habibullah, poi diffusosi a tutte le donne dal 1950. Niqab (soprattutto Arabia Saudita). Interamente coprente di colore nero, composto da una tunica nera e un velo aggiuntivo che lascia scoperta solo una fessura per gli occhi. Per mangiare in pubblico la donna deve alzare leggermente il velo sul volto da sotto, sena scoprire altro. Va indossato con lunghi guanti neri sino al gomito. Khimar (Paesi Islamici teocratici). Velo integrale che lascia scoperto l’ovale del volto. Chador (Iran). Mantella di colore nero coprente sino ai piedi. Dal 1979 (rivoluzione islamica) le donne devono indossarlo quando escono da casa. L’ovale del volto è visibile. Shayla (India e Pakistan). Sciarpa rettangolare che avvolge la testa. Usata insieme alla tunica. Volto visibile. Al Amira. Velo composto di due pezzi usato insieme con un foulard che copre il collo e alla tunica. Volto visibile. Hijab. (Algeria, Tunisia, Marocco). Velo coprente testa e spalle con chiusura sul collo. Volto visibile Usato insieme alla tunica. Jibab. (Egitto, Marocco, Giordania, donne immigrate in Paesi occidentali). Abito simile a un impermeabile scuro che copre interamente il corpo. Usato insieme al khibab i cui lembi sono inseriti nel colletto dell’abito.

Giorgio Nadali