Karni Mata Mandir. Il tempio dei ventimila sacri topi in libertà

Il tempio (mandir) Deshnoke Karni Mata si trova a 33 Km da Bikaner, in località Deshnoke, nello stato indiano del Rajastan. È dedicato alla venerazione dei topi, ritenuti la reincarnazione dei membri della casta dei Charan, cantastorie che tramandavano al popolo le storie di re ed eroi. A loro apparteneva la dea Karni Mata, che ha fondato la parte interna più sacra del tempio indù (garbh griha). Karni Mata era una mistica indù chiamata Ridhu Bai che si dedicava ai poveri, nata il 2 ottobre 1387 a Suwap (Rajastan). I topi presenti all’interno dei cancelli d’argento e della porta di marmo donata dal Maharaja Ganga Singh sono circa ventimila e sono nutriti con latte, cereali e dolci. È di buon auspicio incontrare un topo e un onore mangiare un po’ del cibo che sia entrato in contatto con la sua saliva.

In questo tempio ratti e uomini mangiano e bevono insieme. Vederne uno bianco vuol dire fortuna assicurata. I roditori distruggono in India più del 25% delle coltivazioni, ma nel Karni Mata Mandir il rapporto con i topi si è totalmente rovesciato. Mahindra Deparvuit il sommo sacerdote del tempio è stato morso più di cinquanta volte dai topi, che entrano anche nei letti e nei pantaloni. Il morso dei topi può causare la rabbia e in India ogni mezz’ora una persona muore a causa di questa malattia. Nel tempio si entra scalzi. I fedeli credono che dopo la morte si reincarneranno come topi e vivranno nel tempio di Karni Mata, riveriti da altri fedeli come loro.

Karni Mata tentò di resuscitare un ragazzo annegato, ma questi si era già reincarnato come topo. Così decise che i suoi figli sarebbero rinati come topi e solo in seguito sarebbero rinati come uomini. Nel XIV secolo i ratti fecero 75 milioni di vittime nel mondo a causa della peste. Una femmina può partorire sino a duemila topi l’anno e un solo topo può urinare e defecare sino a quaranta volte il giorno. Può essere il veicolo di qualsiasi malattia e distruggere un terzo delle coltivazioni mondiali. I devoti di questo tempio pensano invece che i topi curino le malattie invece di provocarle. In India non sono i topi, ma i cani randagi che causano il 96% dei casi di rabbia.

In seicento anni non vi è mai stato un focolaio di peste nella zona del tempio Karni Mata Mandir. Anzi, quando c’è un’epidemia i fedeli si recano al tempio dei topi per chiedere la benedizione della dea per non essere contagiati. Il motivo è semplice. Per loro questi non sono i soliti topi comuni che portano malattie e devastazione, ma sono i loro antenati reincarnatisi come topi e quindi una manifestazione della divinità. L’esteriorità del topo non conta più. Il tempio apre alle 4 del mattino, quando i sacerdoti celebrano la Mangla-Ki-Aarti offrendo il bhog (cibo votivo) ai sacri topi. Il tempio non è sporco e non vi sono cattivi odori. Le offerte di dolci, frutta, latte e cereali sono fatte prima ai topi e poi condivise come cibo sacro (prasad) tra i fedeli. In particolare bere l’acqua dei topi è considerato di buon auspicio.

Nel tempio vi sono anche numerosi gatti, che (stranamente) non attaccano i topi. Anche a questi i fedeli donano offerte in cibo dette dwar-bhent e kalash-bhent. Una rete metallica di bronzo lungo tutto il perimetro del tempio protegge i sacri topi, da quando il maharaja di Bikaner ebbe una visione in cui la dea gli chiedeva di proteggere i piccoli roditori.

OLTRE sconsiglia ai lettori non induisti di bere il latte delle ciotole dei sacri topi, durante la visita al tempio di Karni Mata.

Giorgio Nadali


Miracolo della mistica. Il sufismo guarisce Karen

Un grave incidente di surf nel 2015. Karen Cavenaugh è in coma e al suo risveglio riceve una terrbile notizia: “Non  camminerai più”. Ma Karen non si dà per vinta. Ricorda una poesia letta 20 anni prima. E’ di  Jalāl al-Dīn Rūmī (1207-1273), il mistico persiano fondatore dell’ordine Mevlevi dei Dervisci rotanti, del misticismo Sufi. La poesia che ricorda Karen dice:

“Ho vissuto sull’orlo della follia volendo conoscere l’intelletto, bussando alla sua porta. Si apre, infatti. Ho bussato dall’interno”.

Così, Karen inizia a frequentare le lezioni di un maestro Sufi il cui insegnamento è centrato sulla mistica del ruotare vorticosamente su se stessi. Anche se Karen non è più in grado di ruotare il suo corpo, inizia a meditare  e a visualizzare il suo corpo che ruota. Poi, accade qualcosa di incredibile.

“Immediatamente, c’è stato un momento in cui ho sentito alcun dolore “, dice Karen . “Ho detto a mio marito:  so quello che devo fare. Voglio entrare nell’ordine dei Dervisci rotanti. Non sento più dolore”

Dopo diverse settimane , Karen dimostra a tutti i medici che si sono sbagliati: inizia a camminare di nuovo. E infine è anche in grado di ruotare. Si reca dalla sua casa negli Stati Uniti a Konya (Turchia) e riceve l’ordinazione dei Dervisci.

I Dervisci dell’Ordine dei Mevlevi appartengono a confraternite Islamiche (turuq) che raggiungono l’estasi mistica (jadhb) con una danza turbinante. Vivono in povertà similmente ai monaci cristiani.

La loro danza mistica è una forma di meditazione attiva che tra i Sufi (mistici) islamici. La danza è all’interno di una cerimonia religiosa di adorazione, la sema. L’obiettivo è il raggiungimento della sorgente di ogni perfezione, la kemal. Ascoltando la musica, i Dervisci rotanti abbandonano i propri desideri e il proprio ego focalizzandosi in Dio roteando il proprio corpo in cerchi continui, imitazione dell’orbita dei pianeti del sistema solare attorno al sole. Nel 2005 l’UNESCO ha proclamato la cerimonia sema dei Dervisci Mevlevi della Turchia, uno dei Patrimoni orali e immateriali dell’umanità. L’Ordine è stato fondato nel 1273 a Konya, da dove si è diffuso in tutto l’impero ottomano. Oggi i Mevlevi si trovano in comunità della Turchia in tutto il mondo e soprattutto a Konya e Istanbul.

Durante la danza mistica viene eseguito il repertorio musicale detto ayin. Lo ayin si basa su quattro sezioni strumentali e vocali con ritmi ciclici contrastanti. Ci sono un flautista (neyzen), un suonatore di tamburo e uno di cembalo. I danzatori si preparano con 1.001 giorni di esercitazione in clausura (mevlevihane) dover apprendono l’etica, i codici di comportamento, la vita di preghiera, la poesia e la danza. Dopo la preparazione sono membri dell’ordine, ma possono combinare vita la civile con quella spirituale.
Dopo un digiuno di diverse ore, i Dervisci rotanti iniziano la loro danza circolare su se stessi, partendo dal loro piede sinistro, usando il destro per guidare il proprio corpo attorno al piede sinistro. Gli occhi devono rimanere aperti.

Nel simbolismo del rito sema il copricapo del semazen rappresenta la tomba dell’ego, la sua gonna larga, chiamata tennure, rappresenta il sudario mortuario dell’ego. Quando si toglie il suo mantello nero (hurka) significa che è rinato spiritualmente alla verità. All’inizio del rituale sema, lo semazen tiene le sue braccia incrociate perché vuole significare il numero uno, l’unicità di Dio. Mentre gira vorticosamente, il danzatore tiene le braccia aperte con il braccio destro che punta verso il cielo, pronto a ricevere il favore divino. La sua mano sinistra punta verso terra. Lo semazen convoglia i doni spirituali di Dio verso i presenti che assistono alla sema. Roteando il suo corpo da destra a sinistra il semazen abbraccia tutta l’umanità con amore. Tra gli altri rituali dervisci vi è la dhikr, la recita di preghiere per raggiungere il trance estatico. L’impeto della danza circolare dei Dervisci è dato dal piede destro. Questo rito rappresenta il massimo del misticismo islamico dei Sufi.

Il sufismo è un processo per raggiungere la vicinanza con Dio attraverso l’amore, mediante la purificazione del proprio ego.
Ogni ordine di Mevlevi ha una sua danza particolare che può variare nei singoli Paesi Islamici. Invece della sama, la pratica devozionale della dhikr della confraternita islamica (tariqa) Qadiri Rifai, esegue la rotazione Sufi aggiungendovi l’uso di strumenti musicali, l’ingerimento di scorpioni vivi, vetro e carboni ardenti , la chiaroveggenza, la punzonatura di parti del corpo con spilloni e la levitazione del corpo.

I Sufi credono nella ghaiba, (“assenza”). È lo stato in cui la persona nonostante sia stata tolta da Dio dall’apparenza visibile sulla Terra, sia ancora viva e rimanga in maniera invisibile nel mondo. L’esempio è l’Imām invisibile (al- Mahdī). La ghaiba è anche uno stadio spirituale sūfī sul percorso verso la fanā, l’assenza da sé e presenza (ḥaḍra) solo a Dio. Il sufismo è un via verso Dio attraverso l’amore. In Iran il termine dei Sufi per amore è ‘Ishq, una parola che deriva da ‘ashaqah, un tipo di vite. Quando questa vite si attorciglia a un albero, questo muore. Anche l’amore per le realtà terrene asciuga e ingiallisce l’albero del corpo. Ma l’amore spirituale fa seccare la radice del proprio egoismo. Il risultato finale della muhabbah (gentilezza) è ‘Ishq (amore). Questo è più puro della muhabbah e non tutta la gentilezza porta a ‘Ishq.

Giorgio Nadali

(foto dell’autore, Il Cairo)


La stretta di mano per riconoscere uomini, angeli e demoni

Dai membri della Chiesa di Gesù Cristo e dei Santi degli Ultimi Giorni (i Mormoni) è chiamato “Il segno certo del chiodo” (“The Sure Sign of the Nail”). E’ una particolare stretta di mano che si fa mettendo l’indice della mano sul polso dell’altra persona (nel punto dove si suppone Cristo fu crocifisso).

Serve per capire diverse cose della persona alla quale si dà la mano. Per prima cosa dare la mano normalmente. Una persona normale la stringerà. Provare ora la stretta di mano segreta. Se l’altra persona è un angelo, saprà come rispondervi correttamente. Se l’altra persona è un demone, sarà possibile scoprirlo dalla sensazione che genera.
Nella Doctrine & Covenants (sezione 129) del fondatore Joseph Smith, troviamo scritto:

1) Vi sono due tipi di esseri celesti, detti Angeli, che sono persone risorte, dotate di corpo in carne e ossa.
2) Per esempio, Gesù disse: “Toccatemi e guardate, un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho».
3) In secondo luogo vi sono gli spiriti degli uomini giusti resi perfetti, coloro che non sono risorti, ma che ereditano la stessa gloria.
4) Quando un messaggero arriva dicendo che ha un messaggio da Dio, offrigli la tua mano e chiedigli di stringerti la mano.
5) Se dovesse essere un Angelo, lo farà, e lo sentirai dalla sua mano.
6) Se dovesse essere lo spirito di un uomo giusto reso perfetto, egli verrà con la sua gloria, perché questo è il solo modo in cui egli può apparire.
7) Chiedetegli di stringervi la mano, tuttavia egli non si muoverà, perché ciò è contrario all’ordine del cielo, che non può tradire, ugualmente però consegnerà il suo messaggio.
8) Se dovesse essere il diavolo in veste di angelo di luce, quando gli chiederete di stringervi la mano, egli vi offrirà la mano e voi non percepirete nulla, potrete dunque individuarlo.
9) Queste sono le tre grandi chiavi per sapere se ogni intervento è da Dio.

Joseph Smith, Nauvoo, Illinois, 9 Febbraio, 1843. History of the Church 5:267.

Giorgio Nadali


Chiese e droghe rituali

ATTENZIONE. OLTRE non approva l’uso di alcuna droga, anche a scopi rituali.

Le Chiese del Santo Daime di cui oggi esistono varie branche indipendenti – nascono dall’esperienza di Raimundo Irineu Serra (Mestre Irineu,1892-1971), un povero lavoratore afro-brasiliano della foresta amazzonica che nei primi anni 1920 entra in contatto con popolazioni indigene che da tempo immemorabile fanno uso di ayahuasca (parola quechua che significa “la corda degli spiriti”), una bevanda rituale estratta da un arbusto (Bannisteriopsis caapi) e da foglie (Psychotria viridis) della foresta, entrambe con un contenuto variabile di diversi alcaloidi che conferiscono alla bevanda un effetto allucinogeno. Sembra che Serra si ripromettesse anzitutto di ottenere dalle visioni indicazioni e vantaggi di tipo pratico.

Ben presto, però, gli appare uno spirito femminile che è insieme la Regina della Foresta della tradizione indigena e la Vergine Maria, e che lo guida nei passi che lo conducono alla fondazione di una religione. Nel 1930 Serra si trasferisce nella città di Rio Branco, dove fonda una Chiesa popolarmente nota come Alto Santo e che prenderà poi il nome di Centro de Illuminãção Cristã Luz Universal. La droga di questa chiesa è chiamata “daime”. Le Chiese del Santo Daime insistono sul fatto che il consumo del Daime ha senso solo all’interno di un rituale preciso, che si collega a una visione del mondo che affonda le sue radici insieme nella saggezza degli indios amazzonici e nel cristianesimo.

L’esperienza del Daime inizia con la preparazione rituale della bevanda, che consiste nella raccolta nella foresta e poi nella riduzione in poltiglia dell’arbusto (che rappresenta il principio maschile) e della foglia (che rappresenta il principio femminile). Strati alternati di quanto è stato ricavato rispettivamente dall’arbusto e dalla foglia sono disposti in un grande calderone e fatti bollire finché ne fuoriesce un liquido che è raccolto in bottiglie (dove si conserva per parecchio tempo). L’assunzione – che in piccole quantità nella comunità è proposta anche ai bambini – avviene nel quadro di cerimonie dove la musica e gli inni hanno una notevole importanza. Le foglie sono preparate da dodici uomini, che simboleggiano i dodici apostoli di Gesù. Il santo Daime è considerato un sacramento vero e proprio ed è il Sangue di Cristo. La droga assunta è la Dimetil Triptamina (DMT).

Illegale in Brasile, ma lecita solo a scopi religiosi per questa chiesa. Anche negli Stati Uniti è stata legalizzata solo per questi fedeli, dal 2009 ed è illegale per chiunque altro. La droga rimuove i filtri naturali del cervello e rende possibile – a loro dire – esperienze mistiche. La chiesa è di fatto un miscuglio tra cattolicesimo e sciamanesimo. Esiste una sede italiana ad Assisi (Perugia).

Recentemente l’uso rituale della ayahuasca – una droga allucinogena degli sciamani dell’Amazzoniasi è diffuso in Italia. La chiesa cristiana che utilizza regolarmente la ayahuasca è la União do VegetalIl Centro Spirituale Carità Unione del Vegetale è una società religiosa fondata il 22 luglio 1961 da José Gabriel da Costa, Gabriel Maestro, al fine di promuovere la pace e “lavorare per l’evoluzione umana verso il loro sviluppo spirituale” , come specificato nel suo statuto. L’organizzazione ha attualmente più di 18.000 membri, distribuiti in più di 200 unità in tutti gli stati del Brasile, Perù e in alcuni paesi in Europa, Nord America e Oceania.

Nelle sue sessioni, i membri bevono il tè Hoasca o Ayahuasca, come è anche noto, per effetto di concentrazione mentale. In Brasile, l’uso di Hoasca nei rituali religiosi era regolata il 25 gennaio 2010 dal Consiglio nazionale per la politica della droga, il governo federale brasiliano. Il presente regolamento stabilisce norme giuridiche per le istituzioni religiose che fanno un uso responsabile di tè. La Corte Suprema degli Stati Uniti, ha garantito all’Unione del Vegetale, all’unanimità, il diritto di utilizzare il tè Hoasca durante le sessioni di religiose in tutto il territorio degli Stati Uniti nel corso dell’udienza tenutasi il 21 Febbraio, 2006. Oltre alla attività religiose, l’UDV ha anche un servizio di beneficienza sociale. Il governo federale ha concesso il centro spirituale União do Vegetal Benefico il titolo di Entità di Pubblica Utilità sulla Gazzetta Ufficiale n. 139, del 22 luglio 1999-

La Peyote Church of God (Chiesa peyotica di Dio)

Formata a San Francisco nel 1971. La Chiesa dell’Albero della Vita Church of the Tree of Life, è una dei culti psichedelici sopravissuti. Come la Church of the Psychedelic Mystic (Chiesa del Mistico Psichedelico) la Native American Church (Chiesa dei Nativi Americani) e The Peyote Way Church of God (La Chiesa Peyotica di Dio). La setta crede che ognuno debba avere il diritto di fare di sé e di ogni adulto consenziente ciò che vuole, senza lederne i diritti. Incluso l’utilizzo di droghe psichedeliche. Queste ultime sono dono di Dio e vanno usate a piacimento. Dato che LSD e marijuana non sono legali, non vengono considerate come sacramenti. Altre sostanze allucinogene come kava, soma, peyote, ginseng, calamus e noce moscata sono ritenute sacramenti. La setta ha pubblicato The First Book of Sacraments, come guida agli allucinogeni legali. I rituali prevedono l’uso delle droghe come mezzi per l’ottenimento del massimo dell’esperienza (spirituale).

Verso il 1870 i nativi americani iniziarono ad usare nelle loro cerimonie religiose, la pianta allucinogena del peyote, un cactus che cresce selvaggiamente nel Sud Ovest degli Stati Uniti. I rituali prevedono l’ingestione dei “bottoni” della pianta grassa. Jonathan Koshiway, riteneva che il peyotismo affermasse sia le sue origini di nativo americano, sia le sue tendenze cristiane. Vedeva il peyote come un riflesso del pane e del vino sacramentali. Formò la First Born Church of Christ nel 1914, poi assorbita dalla Native American Church. La figura centrale di questo culto è lo sciamàno, che possiede i “bottoni” del peyote e controlla il loro uso.

I membri della tribù danno inizio al rituale andando a raccogliere la pianta allucinogena e consegnandola allo sciamano. Alla sera, nel tepee (la tenda) il “padre peyote” viene posto in un mucchietto a forma di luna crescente. I partecipanti pregano e poi mangiano e fumano il peyote sino all’alba. Nel 1899 lo stato dell’Oklahoma rese fuorilegge l’uso della pianta allucinogena, ma nel 1964 la Corte Suprema della California dichiarò che i nativi americani non dovevano essere privati del peyote per usi cerimoniali. Il culto conta 225.000 membri. La Peyote Way Church of God, fondata nel 1977 dal reverendo Immanuel Pardeathan Trujillo (ex membro del Native American Church che ammetteva solo nativi americani almeno al 25 percento), considera invece il peyote un mezzo per stabilire un contatto con la luce di Cristo. Non fumano insieme la droga. Piuttosto, durante un rituale chiamato Spirit Walk (Percorso dello Spirito), preceduto da un giorno di digiuno, un seguace assume la droga del peyote e trascorre un periodo di preghiera e di contemplazione nel deserto. Lo stato indotto dal peyote viene ritenuto in grado di purificare sia il corpo sia lo spirito.

Tratto da Giorgio Nadali, “Strano, ma Sacro”, Lampi di Stampa, Milano, 2003 e Giorgio Nadali, “Soprannaturale curioso”, Lampi di Stampa, Milano, 2010

Giorgio Nadali


Fede e capelli

Tempi difficili per i barbieri di ebrei ortodossi. È assolutamente proibito usare il rasoio per la barba, sia per la Torah, sia per la Mishna – uno dei testi fondamentali dell’ebraismo – sia per la Cabala, che la considera santa. Dopotutto tutti i profeti e i patriarchi avevano una folta barba. L’accorciarla costituisce un grave peccato, tranne per gli ebrei chassidici italiani. Per l’ebraismo ortodosso è anche obbligatorio per i maschi far crescere sin da piccolissimi i peyot (“boccoli”) ai lati delle tempie. I bambini ebrei delle famiglie ortodosse devono lasciarsi crescere i capelli sino all’età di tre anni. Poi, secondo la tradizione, il padre invita i membri della famiglia a tagliare ciascuno una ciocca di capelli al bambino, lasciando solo i peyot, che rimarranno lunghi per tutta la vita e che dopo la pubertà si uniranno alla barba.

È uno dei segni più caratteristici degli ebrei ortodossi. Forse l’unico che li distingue dagli altri. Infatti, gli ebrei sono quattordici milioni nel mondo, ma solo una piccola parte, circa due milioni, può essere riconosciuta subito anche visivamente. La maggioranza degli ebrei non ha segni distintivi esteriori. I peyot sono dapprima solo capelli (nell’età impubere) e poi misti a barba. Possono essere anche molto lunghi. Secondo Maimonide rasarsi ai lati delle tempie è un uso pagano.
Difficili sono le regole per i rasoi ebraici. Infatti, il rasoio elettrico Philishave con lame rotanti fu inventato proprio da un ebreo ortodosso olandese, Alexandre Horowitz. Un rasoio kosher, secondo la legge ebraica. Quello adatto per gli ebrei ortodossi, per una semplice regolata ai baffi quando interferiscono con la bocca nel mangiare, deve avere le lame secondarie rimosse. Le lame del rasoio non possono toccare la pelle in cinque punti. Esistono due vere e proprie enciclopedie di più di 1000 pagine solo sul come poter trattare religiosamente la santa barba.

Nel Cattolicesimo, con la lettera apostolica in forma di motu proprio Ministeria Quaedam “con la quale nella Chiesa Latina viene rinnovata la disciplina riguardante la prima tonsura, gli ordini minori e il suddiaconato”- del 15 agosto 1972 – papa Paolo VI abolì il rito della prima tonsura:
Da quel momento, tuttavia, alcuni istituti sono stati autorizzati a utilizzare la prima tonsura clericale, come ad esempio la fraternità sacerdotale di San Pietro (1988), l’Istituto di Cristo Sacerdote e Re (1990) e l’amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney, (2001).

Nel Buddhismo la tonsura è una parte del rito di pabbajja per diventare un monaco. Questa tonsura è rinnovata spesso per mantenere il viso rasato e la cute del cuoio capelluto completamente calva. Alcuni monaci buddhisti cinesi hanno sei, nove o dodici punti neri nella parte superiore dello scalpo, come risultato della combustione del cuoio capelluto con la punta di un bastone d’incenso fumante. «Soli venite qui, radetevi il capo e la barba». Sono le parole del testo sacro Vinaya Pitaka. Un monaco buddhista si rade per la prima volta durante la cerimonia d’iniziazione. Rinunciando ai propri capelli e alla barba il novizio dimostra di essere pronto ad accettare uno stile di vita più semplice. La tonsura è una delle 227 regole della vita monastica descritta nel Vinaya Pitaka. Violare almeno novanta di queste regole vuol dire provocare una rinascita sfavorevole, come star seduto con una donna all’aperto uccidere un animale o avere una sedia o un letto con gambe più alte di venti centimetri.

Nell’Induismo, il concetto alla base è che i capelli costituiscono una simbolica offerta agli déi. In India – a Tirumala – c’è il tempio Tirumala Venkateswara nei pressi di Tirupati, dedicato al dio Venkateswara, dove i pellegrini si radono a zero. Il tempio raccoglie una tonnellata di capelli il giorno, poi venduti per sei milioni di dollari all’anno. Questo rappresenta un vero e proprio sacrificio di bellezza e in cambio ricevono benedizioni in proporzione al loro sacrificio. Il taglio di capelli (in sanscrito cuda karma, cuda karana) è uno dei tradizionali riti di passaggio detti samskara, eseguiti per i bambini: «secondo l’insegnamento dei testi rivelati, il Kudakarman (tonsura) deve essere eseguita, per ragioni di merito spirituale, da tutti gli uomini nati due volte nel primo o nel terzo anno». In alcune tradizioni la testa è completamente rasata mentre in altri è lasciato un piccolo ciuffo di capelli chiamato sikha. Nel movimento Hare Krishna di origine induista il sikha è l’appiglio per Krishna. Consiste in un ciuffetto di capelli risparmiato alla rasatura totale, segno di rinuncia alla vita mondana. Al momento di passare a miglior vita, Krishna afferra i suoi fedeli da questo ciuffetto posto poco sopra la nuca. Le vedove si radono a zero dopo la morte del marito e non è raro vedere tonsure sulla testa di un bambino dopo la morte di un genitore (di solito il padre).

Per i Sikh il Kes è una delle cinque regole con la “K”. La regola Kes prevede che i capelli e la barba non debbano mai essere tagliati perché sono un simbolo della perfezione divina nel creato. Non bisogna interferire quindi con le funzioni del corpo e avvolgere i capelli in un turbante e sono pettinati frequentemente con un Kangha (un’altra delle cinque “K”). Kangha è un pettine di legno o d’avorio per raccogliere i capelli lunghi e tenerli ordinati. È quindi simbolo di spiritualità controllata. Spesso un kirpan (pugnale) in miniatura è incastonato nel pettine. Le altre quattro K sono: Khacch, pantaloncini indossati sotto l’abito, simbolo di continenza. Kara, braccialetto d’acciaio al polso destro, simbolo della forza e dell’unione con Dio e gli altri Sikh. Kirpan, pugnale (per uso non violento) dai venti ai novanta centimetri. Simboleggia il coraggio nella difesa del giusto. Sono i cinque segni del khalsa (“l’esercito dei puri”). Un gruppo di fedeli Sikh che si dedicano al servizio militare della comunità. Il decimo guru (maestro), Guru Gobind Singh, nel 1699 fondò questo ramo ortodosso dei Sikh, religione professata da venti milioni di fedeli, in India. Gli uomini del khalsa si chiamano tutti Singh (“leone”) e le donne tutte kaur (“principessa”). L’undicesimo guru è il Wahe Guru, il guru supremo: Dio.

Fede e capelli anche per i bambini. La tribù keniota dei Gikuyu taglia i capelli a forma di croce ai bambini per spaventare gli spiriti malvagi che provocano le epidemie.

Nel battesimo cristiano ortodosso, subito dopo il rito fonte battesimale vi è la cresima, dove il bambino riceve il miron, l’olio Benedetto dal patriarca. Poi vi è la tonsura. Al bambino sono tagliate tre ciocche di capelli a forma di croce.

Da ultimo l’aspetto più doloroso. In India ad una ragazza che decida di consacrarsi suora gianista, durante la cerimonia di investitura vengono letteralmente strappati tutti i capelli a ciocche – senza anestesia – sino a renderla completamente calva. Da quel momento non potrà mai più vedere nè sentire la famiglia di origine.

Giorgio Nadali

 


2016. Quale futuro per le religioni mondiali?

Dai dati del 2012 , nel mondo 910 milioni di persone sono dichiaratamente atee. Le persone non religiose, ma non atee sono un miliardo e 610 milioni. Quelle religiose a vari livelli sono quattro miliardi e 130 milioni. Il Paese con più atei è la Cina (47%), seguita da Giappone e Repubblica Ceca. Il Paese col maggior numero di persone religiose è il Ghana (96%), seguito da Nigeria e Armenia.
Il Paese col più alto numero di atei in Europa è la Francia col 29%, quarto posto nel mondo. L’Italia è al diciottesimo posto per ateismo con l’8% e al venticinquesimo per religiosità con il 73%. Col più basso numero di atei in Europa (0 – 5%) Romania, Grecia, Malta, Irlanda e Polonia. Gli atei sono passati dal 4% al 7% in trentanove Paesi monitorati nel mondo dal 2005 al 2012. 13% in tutto il mondo.

Le ragioni dell’ateismo sono sostanzialmente quattro a mio avviso. Tutte rispettabili. Primo. Il dolore. Non si accetta il fatto che Dio permetta la sofferenza nel mondo. Secondo. Esempi negativi ricevuti dai credenti. Terzo. Ideologici politici. È probabile anche se non certo che l’adesione radicale alla visione marxista e comunista impedisca l’apertura a una fede religiosa. Quarto. Razionalismo. Non è la razionalità, che è l’uso della ragione, ma la convinzione che solo la ragione possa spiegare ogni cosa. Fatto per altro impossibile, dato che proprio l’amore e l’innamoramento che mandano avanti i rapporti umani sono fatti irrazionali, non spiegabili con la sola ragione. Ragione senza fede (razionalismo) e fede senza ragione (fideismo) sono due visioni estreme che rinunciano o alla spiritualità o alla razionalità umane. Il fideismo può portare a fenomeni anche gravi di fanatismo religioso, tanto quanto il razionalismo può portare all’intolleranza del laicismo. Il laicismo vorrebbe escludere la cultura religiosa dalla società in cui vive. Un fatto impossibile. Non esiste un Paese al mondo in cui una persona non possa essere coinvolta anche senza volerlo, credente o meno, dalla cultura religiosa. Non esistono Paesi atei, ma alcuni regimi atei. Ad esempio in Italia vi sono cinquantanove giorni di festa (domeniche comprese) per tutti (atei e credenti) legati al cattolicesimo, contro solo tre giorni festivi legati esclusivamente allo Stato laico. 721 comuni italiani (su ottomila) hanno un nome religioso legato al cattolicesimo, più mezzo milione di nomi di piazze, viali, vie, ecc. Tutte le autoambulanze hanno una croce “greca” e la croce “latina” è presente anche sul palazzo del Quirinale (Presidenza della Repubblica) sulla Torre dei Venti, oltre che nei tribunali, carceri e ospedali.

Previsioni errate… «Nel 1710 il libero pensatore inglese Thomas Woolston (1620-1731) si disse fiducioso che la religione sarebbe finita prima del 1900. Voltaire (1695-1778) ritenne questa previsione troppo pessimistica e predisse che la religione sarebbe scomparsa dal mondo occidentale nel giro di mezzo secolo – più o meno entro il 1810 […] L’illustre antropologo Anthony F. C. Wallace ha fatto sapere a migliaia di studenti nel 1966, il “futuro della religione è l’estinzione […] la credenza nei poteri soprannaturali è destinata a morire in tutto il mondo in seguito alla crescente diffusione della conoscenza scientifica […] è un processo irreversibile».

L’inchiesta più recente a livello mondiale del 2012 è della WIN-Gallup International . Ha rivelato che solo il 13% della popolazione mondiale dichiara di essere atea. I religiosi sono il 59% e i non religiosi il 23%. L’indice di religiosità e ateismo della WIN-Gallup International misura l’auto percezione a livello mondiale delle credenze religiose basandosi su di un campione di 51.927 intervistati, uomini e donne, in 57 Paesi nel mondo di tutti i continenti. La domanda posta era: “Indipendentemente dal fatto che Lei frequenti un luogo di culto oppure no, si ritiene una persona religiosa, non religiosa o atea?”. In Italia hanno risposto 987 persone. 73% religiose, 15% non religiose e 8% atee. Dati raccolti per WIA-Gallup International dalla Doxa, dal 21 novembre al 4 dicembre 2012.

Le nazioni con più persone religiose sono: 1) Ghana 96% 2) Nigeria 93% 3) Armenia 92% 4) Fiji 92% 5) Macedonia 90% 6) Romania 89% 7) Iraq 88% 8) Kenya 88% 9) Perù 86% 10) Brasile 85% 11) Georgia 84% 12) Pakistan 84% 13) Afghanistan 83% 14) Moldavia 83% 15) Colombia 83% 16) Camerun 82% 17) Malesia 81% 18) India 81% 19) Polonia 81% 20) Sudan (Sud) 79% 21) Uzbekistan 79% 22) Serbia 77% 23) Tunisia 75% 24) Arabia Saudita 75% 25) Italia 73%.
Le nazioni con più persone inclini a dichiararsi non religiose: 1) Irlanda 47% 2) Canada 46% 3) Azerbaijan 44% 4) Olanda 43% 5) Austria 42% 6) Hong Kong 38% 7) Francia 37% 8) Australia 37% 9) Vietnam 30% 10) Svezia 29%.

Le nazioni con più persone che si dichiarano atee: 1) Cina 47% 2) Giappone 31% 3) Repubblica Ceca 30% 4) Francia 29% 5) Corea del Sud 15% 6) Germania 15%.
Il presidente della WIN-Gallup International, Jean Marc Leger ha commentato l’inchiesta osservando che «nonostante l’immenso impatto della tecnologia e dell’enfasi sugli affari nel mondo, il ventunesimo secolo sorprendentemente si presenta con una fede religiosa, mentre l’ateismo è in minoranza. Sarebbe stato fantastico avere i dati dei secoli passati per confrontarli. Sfortunatamente non esistevano inchieste d’opinione globali a quel tempo».

Calo della religiosità dal 2005 al 2012

Paese 2005 2012 Variazione religiosità
Media mondiale 77% 68% -9%
Vietnam 53% 30% -23%
Svizzera 71% 50% -21%
Francia 58% 37% -21%
Sud Africa 83% 64% -19%
Islanda 74% 57% -17%
Ecuador 85% 70% -15%
Stati Uniti 73% 60% -13%
Canada 58% 46% -12%
Austria 52% 42% -10%
Germania 60% 51% -9%
Italia 72% 73% +1%

Pakistan (+6%), Serbia (+5%) e Macedonia (+5%) hanno avuto la crescita maggiore di religiosità. L’Italia ha aumentato del 2% il numero di atei (dal 6% all’8%) in 7 anni e ha aumentato dell’1% le persone religiose. La più alta crescita di atei l’ha avuta la Francia (+15%).

Giorgio Nadali


Buddhamanìa. In aumento in Italia i fedeli del Buddha

In aumento in Italia i fedeli di Buddha. Scopriamo perché

Abbiamo incontrato cinque monaci italiani – appartenenti a diverse tradizioni buddhiste – presso il Centro Mandala di Milano

Tutti provengono dalla originaria fede cattolica e da una professione avviata, che hanno lasciate per diventare missionari del Buddhismo. Hanno acquisito un nome buddhista (accanto al loro nome e cognome italiano), vestono da monaci solo nelle occasioni ufficiali e nel tempio e non praticano la questua come fanno i monaci buddhisti in Estremo Oriente. Oggi i fedeli del Buddha in Italia sono 103.000 su 483 milioni nel mondo. I monaci : ven. Seiun Fushin del tempio buddhista del Lagorai (Trentino), ven. Taehye Sunim e ven. Kusalananda del Tempio buddhista MusangAm di Lerici, ven. Lama Paljin del Mandala – Centro studi tibetani di Milano, ven. Tubten Tharpa dell’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia.

Come vi siete avvicinati al Buddhismo?

Lama Paljin: Veniamo tutti dal Cattolicesimo e nel corso della nostra vita abbiamo incontrato il Buddhismo e lo abbiamo scelto come sentiero spirituale e come terreno di pratica.
Perché?
Lama Paljin: Per quanto mi riguarda ho notato che il Buddhismo responsabilizza l’individuo e attraverso la sua consapevolezza gli permette di raggiungere uno stato mentale equilibrato. Mi sentivo molto più libero di fare delle scelte. Non é dogmatico il Buddhismo. Sono responsabile di me, compio le mie azioni, incontro le conseguenze. Non c’è nessuna entità che mi deve giudicare. Sono buddhista da circa quarant’anni.
Monaco Seiun: Io ero cattolico, molto attivo come capo scout o e animatore dei gruppi dell’oratorio. Il Buddhismo ha dato pienamente alle mie domande personali la risposta giusta al mio modo di pensare.
Monaco Taehye: Io vengo da una famiglia protestante in Finlandia. Mi sono avvicinato al Buddhismo perché mi piace ciò che dice sugli animali, sul fatto di essere vegetariani e perché mi sembra più razionale sula spiegazione della vita.

Quante persone frequentano il Centro Mandala?

Lama Paljin: Il centro è frequentato da tre tipi da persone. I praticanti, che seguono la trazione buddhista. Le persone interessate alle nostre attività che vengono con la curiosità di conoscere meglio il Buddhismo e poi ci sono i simpatizzanti che arrivano spinti dalle notizie del momento. Ad esempio dall’uscita di un libro del Dalai Lama o di un film. Nell’arco dell’anno abbiamo credo 1.500 presenze e i nostri soci sono 300. I veri praticanti sono 50. L’ottanta per cento dei frequentatori sono donne. Sono tutti laureati o diplomati e l’età media è di cinquant’anni, ma negli ultimi anni si è abbassata.
Monaco Seiun: Da noi ci sono anche ragazzini mandati dai genitori per avere un’esperienza di meditazione e di lavoro in comunità. Abbiamo anche ventenni che vogliono integrare la loro pratica di arti marziali con la conoscenza del Buddhismo. Ci sono anche persone più anziane.

Perché il Buddhismo attrae?

Monaco Tubten Tharpa: Ci sono tante risposte. Una possibile è un’alternativa a un momento di bisogno interiore di una situazione specifica. Un problema personale, una situazione di sofferenza.
Lama Paljin: Il Buddhismo è una tradizione recente in Occidente. La gente è incuriosita perché è un fenomeno di moda. Ed è interessata alla meditazione. il Buddhismo è una scienza della mente e oggi la mente è al centro dell’attenzione non solo scientifica, ma anche culturale. Si parla molto dei benefici di una buona meditazione. La gente pensa che il Buddhismo non sia una religione, ma un modo di vivere. Vengono con l’intenzione di conoscere, non di convertirsi. Quelli che vengono qui e sono cattolici vanno a Messa la domenica e poi vengono alla meditazione al giovedì. Non sposano una tradizione buddhista, ma seguono le indicazioni del Lama [guida spirituale] riguardo alla pratica meditativa in sé. Quando è morto il papa Giovanni Paolo II abbiamo recitato con novanta persone un’Ave Maria.

Ci sono persone che sono rimaste deluse da altre esperienze religiose?

Monaco Tubten Tharpa: Il confronto tra quello che sappiamo da sempre e quello che arriva da amici o da persone che sono cambiate nel periodo un cui hanno frequentato percorsi di meditazione ha incuriosito e avvicinato altri. Ha contribuito anche la diffusione dei centri buddhisti.

Avete delle divinità?

Lama Paljin: molte divinità del Buddhismo tibetano derivano da quelle induiste. Non sono figure reali, ma di riferimento per il nostro percorso spirituale.
Monaco Tubten Tharpa: Tutto sta nell’atteggiamento con cui ci si confronta con queste figure divine. Se uno viene con lo stesso atteggiamento con cui pregava la Madonna o Gesù non sta avendo la stessa comprensione che dovrebbe avere in un contesto buddhista.

Cosa pensate di Gesù?

Monaco Tubten Tharpa: Personalmente ritengo che possa essere considerato un bodhisattva, cioè un essere che ha rinunciato alla sua vita per aiutare altri.
Secondo voi una religione vale l’altra?
Lama Paljin: Una religione vale l’altra nel momento in cui una persona ha lo spirito puro per praticarla.
Avete norme morali?
Lama Paljin Abbiamo i cinque precetti che sono le linee guida che un laico deve seguire per rimanere sul sentiero spirituale.
Monaco Tubten Tharpa: Quello che può essere interessante è l’atteggiamento di assenza di condanna, ad esempio nei comportamenti sessuali o nel contesto di sensi di colpa nei confronti di qualcosa che pensiamo sia morale o non morale fare.

Nelle altre tradizioni religiose secondo voi c’è molto il senso di colpa?

Monaco Tubten Tharpa: Molto. Può allontanare e fare avvicinare ad altre tradizioni religiose anche su temi che come la morte qui sono accolte come parte della vita e non messi da parte come tabù.

Celebrate tutti i rituali come funerali e matrimoni?

Monaco Tubten Tharpa: Certo. Devono essere persone che lo richiedono specificatamente, anche non buddhiste.
C’è una vera conoscenza del Buddhismo in Italia?
Lama Paljin : La maggior parte delle persone si avvicina grazie ai mezzi di comunicazione di massa, ma una vera conoscenza del Buddhismo non c’è. Dovranno sorgere più monasteri in Italia.

Una persona molto ricca come Richard Gere può essere buddhista?

Lama Paljin : Una persona molto ricca che pratica il Buddhismo è privilegiata perché ha l’opportunità di vivere bene la propria ricchezza e praticare l’ altruismo e la compassione. Una persona ricca che pratica il Buddhismo secondo la tradizione è maggiormente di aiuto al prossimo. Richard Gere è una figura che ha una generosità spiccata supportata da una fede buddhista consolidata.

Avete i voti di castità e di povertà?

Lama Paljin: Io sono vedovo, ho un figlio e mi sono accostato al Buddhismo prima di essere vedovo. Abbiamo i voti di povertà e castità. Il voto di castità ci aiuta a sentire il distacco dagli attaccamenti terreni. Ci sono però monaci buddhisti tibetani e di altre tradizioni che sono sposati e che non vivono nel monastero.

A Comiso c’è il più grande stupa in Italia [grande costruzione buddhista, reliquario a forma di cono]. Voi avete in progetto di costruirne uno?

Monaco Tubten Tharpa: Noi abbiamo in progetto di costruirne tre, ma piccoli.
Lama Paljin: Penso sia un monumento di grandissimo significato, ma non è fondamentale. A Milano se tutti i buddhisti tibetani trovassero un’area e avessero i permessi per costruirne uno, sarebbe una grande benedizione. Ma non abbiamo i soldi.

Come vi finanziate?

Lama Paljin: Attraverso le quote associative e le offerte dei frequentatori del centro.

Nella tradizione buddhista i monaci fanno la questua. E voi?
Monaco Kusalananda: Sarebbe ridicolo.

Non è un obbligo?

Lama Paljin: È la cultura locale in Occidente che non lo accetta.

Di cosa vi occupavate prima di essere monaci buddhisti?

Monaco Tubten Tharpa: L’imprenditore tessile. Ero buddhista anche prima di vendere l’azienda. Avevo dieci dipendenti, ma non ero soddisfatto della mia vita. Mi mancava sempre qualcosa. Vivevo da solo in una casa di 600 metri quadrati sul lago di Como. Ora vivo in una baita non mia di quindici metri quadri. Ho tutto. La motivazione principale è stata causata da una società con un’etica materialista.
Lama Paljin : Il dirigente d’azienda. Ho lasciato il lavoro per dedicarmi alla diffusione del buddhismo.
Monaco Taehye: Ho studiato in università in Finlandia
Monaco Kusalananda: Musicista compositore pianista e lo faccio ancora, ma non è più il mio lavoro a tempo pieno.

Qualcuno di voi vive in comunità?

Monaco Taehye : Noi viviamo in un piccolo tempio
Lama Paljin: Ho la mia casa
Monaco Seiun: Sto nella casa di famiglia
Voi cosa fate per i bisognosi?
Lama Paljin : recentemente Abbiamo adottato sette bambini rimasti orfani durante terremoto in Nepal e pagheremo loro gli studi in un collegio.

Giorgio Nadali

(foto dell’autore)

 


I misteri del Natale

Il Natale è la festività cristiana che celebra la nascita di Gesù. Cade il 25 dicembre (il 7 gennaio nelle Chiese orientali, per lo slittamento del calendario giuliano).Il termine italiano Natale deriva dal latino Natalis che significa “natalizio, relativo alla nascita”.Nel calendario romano il termine Natalis veniva impiegato per molte festività, come il Natalis Romae (21 aprile) che commemorava la nascita dell’Urbe, e il Dies Natalis Solis Invicti la festa dedicata al nascita del Sole, anch’essa il 25 dicembre, introdotta da Aureliano nel 273 d.C., soppiantata progressivamente durante il III secolo  dalla ricorrenza cristiana. Da allora in poi il natale ha cominciato a commemorare il Natale Christi. Il Natale è anche chiamato Natale di Gesù o Natività del Signore e preceduto dall’aggettivo santissimo (talvolta abbreviato in S.S.).

Secondo il calendario liturgico cristiano è una solennità di livello pari all’ Epifania, Ascensione e Pentecoste ed inferiore alla Pasqua (la festività più importante in assoluto) e certamente la più popolarmente sentita, soprattutto a partire dagli ultimi due secoli. Il Natale viene celebrato il 25 dicembre da molte delle chiese cristiane, comprese la chiesa cattolica, quella protestante e alcune chiese ortodosse (ad esempio quella greca e quella bulgara). Le chiese ortodosse russa, serba e di Gerusalemme invece celebrano il 7 gennaio. Il motivo di questa differenza è che queste chiese non accettano la riforma gregoriana del calendario, promulgata da papa Gregorio XIII nel 1582, e continuano a seguire il vecchio calendario giuliano, il cui 25 dicembre corrisponde al nostro 7 gennaio (questa corrispondenza è valida dal 1900 al 2099). La chiesa armena pone maggiore enfasi sull’Epifania, la visitazione dei Magi, celebrando contemporaneamente il Natale il 6 gennaio. La chiesa armena di Gerusalemme però utilizza il calendario giuliano, e la festività cade il 19 gennaio. I paesi che celebrano il Natale il 25 dicembre riconoscono il giorno precedente come la Vigilia. In Olanda, in Germania, in Scandinavia ed in Polonia il giorno di Natale ed i giorni successivi sono chiamati Primo e Secondo giorno di Natale. In Gran Bretagna, Canada e Australia, il 26 dicembre viene chiamato Boxing day, mentre in Italia, Irlanda e Romania viene chiamato giorno di Santo Stefano.

La nascita di Gesù

La festa del Natale è la celebrazione della nascita di Gesù. Secondo i Vangeli, egli nacque da Maria a Betlemme, dove lei e suo marito Giuseppe si recarono per partecipare al censimento della popolazione organizzato dai romani. Betlemme significa in ebraico “casa del pane” (Beth Lehem). Cristo si autodefinirà trant’anni dopo come “pane della vita” (Giovanni 6,48)

Per i suoi discepoli la nascita o natività di Cristo è stata preceduta da diverse profezie secondo cui il messia sarebbe nato dalla casa di Davide per redimere il mondo dal peccato.

Liturgia cristiana

Il calendario liturgico cattolico del rito romano la considera la seconda solennità dopo la Pasqua e conclusiva del periodo d’Avvento. Nella Chiesa latina il giorno di Natale è caratterizzato da quattro messe: la vespertina della vigilia, ad noctem (cioè la messa di mezzanotte), in aurora, in die (nel giorno). Come tutte le solennità, ha una durata maggiore rispetto agli altri giorni del calendario liturgico, infatti, le solennità si fanno iniziare ai vespri del giorno prima facendo così saltare i vespri propri del giorno precedente. Il tempo litugico del natale si conta a partire dal 24 dicembre, per terminare con la domenica del Battesimo di Gesù, mentre il periodo precedente al Natale comprende le quattro settimane d’Avvento.

La data di nascita di Gesù Cristo 2022 anni fa

Non esiste una tradizione autorevole che attesti la data di nascita di Gesù. Se secondo la maggioranza degli storici, l’anno di nascita può essere collocato tra il 7 e il 4 a.C., sul mese e il giorno non vi è alcun dato certo. Nei secoli la questione ha dato vita a ipotesi varie e contrastanti circa la sua collocazione temporale L’avvento del Natale cristiano. Gesù nacque sotto l’Imperatore Cesare Augusto. Questi non poteva essere ancora vivo nell’anno 1 (l’anno 0 non esiste). La data fu scoperta errata dal monaco Dionigi il Piccolo, che nel 527 calcolò la data esatta della nascita di Cristo. Dionigi introdusse quindi l’usanza di contare gli anni ab Incarnatione Domini nostri Iesu Christi, cioè “dall’Incarnazione del nostro Signore Gesù Cristo”. Questa usanza si diffuse in tutto il mondo cristiano entro l’VIII secolo, sostenuta da chierici come Beda il Venerabile. Propriamente, secondo la dottrina cristiana, il momento dell’Incarnazione di Gesù è quello del suo concepimento e non della sua nascita; ma poiché Gesù, secondo la tradizione, nacque il 25 dicembre, concepimento e nascita avvennero nello stesso anno.

I primi secoli

Il Natale non è presente tra i primi elenchi di festività cristiane di Sant’Ireneo e Tertulliano; Origene, probabilmente alludendo ai Natalitia imperiali dichiara che nelle scritture solo i peccatori, e non i santi, celebrano la loro nascita. Arnobio ridicolizza la celebrazione dei “compleanni” degli dei.Nel calendario liturgico della chiesa occidentale la data fu fissata con certezza dal IV secolo. In verità, la Chiesa cristiana non celebrava la nascita di Cristo il 25 dicembre, ma il 6-7 gennaio nel giorno dell’epifania (dal greco epiphàneja: manifestazione, comparsa, apparizione, nascita). Il tentativo di fissare una data in cui celebrare la sua nascita avvenne circa due secoli dopo la sua morte. Data la mancanza di una tradizione autorevole circa la nascita di Gesù (in senso epifanico e umano), il 25 dicembre venne scelto perché così cristiani poterono opporre e sovrapporre alla festa pagana la festa della nascita del vero Sole, Cristo. Il processo attraverso il quale il 25 dicembre divenne la ricorrenza della nascita di Gesù per tutta la cristianità, incominciò nel III e durò fino al secolo successivo e differì temporalmente secondo le diocesi.

Ipotesi sull’origine della data del Natale

Sul fatto che il Natale venga festeggiato il 25 dicembre vi sono diverse ipotesi che possono essere raggruppate in due categorie: la prima che la data sia stata scelta in base a considerazioni simboliche interne al cristianesimo, la seconda che sia derivata dall’influsso di festività celebrate in altre religioni praticate contemporaneamente al cristianesimo di allora. Le due categorie di ipotesi possono coesistere.

Questo primo gruppo di ipotesi spiega la data del 25 dicembre come “interna” al cristianesimo, senza apporti da altre religioni, derivante da ipotesi cristiane sulla data di nascita di Gesù.

·           Un’ipotesi afferma che la data del Natale si fonda sulla data della morte di Gesù o Venerdì Santo. Dato che la data esatta della morte di Gesù nei Vangeli non è specificata, i primi Cristiani hanno pensato di circoscriverla tra il 25 marzo e il 6 aprile. Poi per calcolare la data di nascita di Gesù, hanno seguito l’antica idea che i profeti del Vecchio Testamento morirono ad una “era integrale”, corrispondente all’anniversario della loro nascita. Secondo questa ipotesi Gesù morì nell’anniversario della sua Incarnazione o concezione, così la sua data di nascita avrebbe dovuto cadere nove mesi dopo la data del Venerdì Santo, il 25 Dicembre o 6 Gennaio.

·           Un’altra ipotesi, invece, vede la data del Natale come conseguenza di quella dell’annunciazione, il 25 marzo. Si riteneva infatti che l’equinozio di primavera, giorno perfetto in quanto equilibrato fra notte e giorno, fosse il più adatto per il concepimento del redentore. Da qui la data del Natale, nove mesi dopo.

·           Il sorgere del sole e la luce sono simboli usati nel cristianesimo e nella Bibbia. Ad esempio nel vangelo di Luca, Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, descrive la futura nascita di Cristo, come “verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge”. Il Natale, nel periodo dell’anno in cui il giorno comincia ad allungarsi, potrebbe essere legato a questo simbolismo.

Il secondo gruppo di ipotesi spiega la data del 25 dicembre come “esterna” al cristianesimo, come un tentativo di assorbimento di culti precedenti al cristianesimo con la sovrapposizione di festività cristiane a feste di altre religioni antiche. C’è chi afferma che la nascita del Cristo derivi dalla tradizione e dalla festa ebraica della luce, la Hanukkah, che cade il venticinquesimo giorno di Kislev e all’inizio del Tevet. Il mese di Kislev è comunemente accettato come coincidente con dicembre. Sotto l’antico Calendario Giuliano, per scelta popolare, la nascita di Cristo venne fissata al 5 a.C., il venticinquesimo giorno di Kislev. In questo senso il cristianesimo avrebbe ripetuto quanto già fatto per le principali festività cristiane come pasqua o pentecoste, che sono derivate dalle corrispondenti festività ebraiche. Nella antica Roma il 25 dicembre era la festa dei Lupercali, la festa della luce. E’ stat presa questa data per significare la Luce che viene nel mondo, cioè Gesù Cristo.

I Vangeli

Nel vangelo di Matteo la nascita di Gesù viene posta durante il regno di Erode il Grande (2,1): questi morì il 13 marzo del 4 a.C., quindi Gesù nacque prima di questa data. Basandosi sul termine di due anni citato da Matteo (2,16), alcuni propongono il 6 a.C.. Anche il vangelo di Luca fa riferimento a Erode (1,5); inoltre dice che Gesù nacque in occasione del censimento indetto dal governatore della Siria Quirinio (2,2). In effetti, Tertulliano riferisce che l’imperatore Augusto aveva bandito un censimento nel 7 a.C.; Quirino, però, divenne governatore solo nel 6 d.C., dopo la deposizione di Archelao, e bandì allora un altro censimento, come riferisce Giuseppe Flavio. Probabilmente Luca, che scrive decenni più tardi, ha confuso le date poiché ad entrambi gli avvenimenti (morte di Erode e deposizione di Archelao) fecero seguito delle turbolenze sociali legate alle attese messianiche degli ebrei. Di recente i biblisti della “scuola di Madrid” hanno proposto una spiegazione alternativa: il passo di Luca sarebbe la traduzione errata di una presunta fonte in lingua aramaica, che parlava in realtà di un censimento precedente a quello di Quirino (quindi quello indicato da Tertulliano).

I vangeli di Marco e Giovanni, invece, non danno alcuna informazione sulla nascita di Gesù: essi infatti iniziano il racconto dalla predicazione di Giovanni Battista, con Gesù già adulto.

La stella di Betlemme e la cometa “inventata” da Giotto

Sono stati fatti diversi tentativi di identificare la “stella” vista dai Magi (Vangelo di Matteo, cap. 2) (i Re Magi sono magi (ossia astrologi), probabilmente del culto di Zoroastro, che secondo il Vangelo di Matteo giunsero da Oriente a Gerusalemme per adorare il bambino Gesù) con un evento astronomico noto: questo consentirebbe di determinare con maggiore precisione la data della nascita di Gesù. Il primo tentativo, in ordine di tempo, fu quello di identificare la “stella” con la cometa di Halley; essa tuttavia passò nel 12 a.C., il che sembra essere troppo presto. In tempi recenti è stato proposto che si sia trattato di un allineamento planetario: da questa ipotesi si ottiene una datazione compresa tra il 7 e il 6 a.C.. Se si riesce ad identificare la stella di Betlemme con un determinato evento astronomico, se ne ottiene un’indicazione sulla data di nascita di Gesù. È stato proposto che si trattasse della cometa di Halley, che fu visibile nel 12 a.C., ma questa data non è compatibile con l’opinione corrente della maggior parte degli storici che datano la nascita di Gesù tra il 7 e il 4 a.C.. Non esiste peraltro alcuna tradizione che identifichi la “stella” con una cometa prima di Giotto. Altri hanno suggerito che non si trattasse di un singolo oggetto celeste, ma di una congiunzione di pianeti: Keplero per primo segnalò che nel 7 a.C. vi fu una tripla congiunzione di Giove con Saturno, evento che, nella sua ripetitività nello stesso anno, si verifica ogni 805 anni. Nel febbraio del 6 a.C., invece, vi furono simultaneamente le congiunzioni di Giove con la Luna e di Marte con Saturno, entrambe nella costellazione dei Pesci.

La teoria del parallelismo tra Horus e Gesù

Nel 1999 la storica e archeologa D.M. Murdock nel libro The Christ Conspiracy mette in luce delle somiglianze notevoli che intercorrerebbero tra la figura di Gesù Cristo e quella del dio egizio Horus. In questo ripercorre sostanzialmente le tesi di Massey sul parallelismo Horus/Gesù. La questione relativa all’attendibilità delle sue tesi è tuttora molto controversa e il dibattito molto acceso. L’autrice non ha una formazione accademica in egittologia e una delle critiche sostanziali rivoltele è di non aver utilizzato fonti primarie, ma fonti poco attendibili come «Ancient Egypt: The Light of the World» di Gerald Massey. Nel suo libro «Christ in Egypt» l’autrice replica che il suo lavoro non si ispirerebbe a quello di Massey (sebbene a distanza di cento anni risulterebbe sostanzialmente corretto) ma su molteplici fonti di egittologi tra cui cita Margaret Murray, egittologa e antropologa vissuta negli anni Trenta, che nel libro «Il Dio delle streghe» si è occupata di stregoneria medievale cercando di trovare le sue radici nel periodo pre-cristiano. Anche la storicità del lavoro della Murray è ancora molto discussa e le sue argomentazioni sono oggi aspramente criticate in ambito accademico: tra gli storici che criticano la sua impostazione di ricerca e quindi i risultati raggiunti ci sono Norman Cohn, Ronald Hutton, G. L. Kitteredge, Keith Thomas, J. B. Russell and Carlo Ginzburg. Questo getta nuove ombre sulla canonicità storico/scientifica dell’opera della D.M. Murdock. Si consideri inoltre che, analogamente a quanto affermato dagli egittologi in relazione alle tesi di Massey, la ricostruzione della vita di Iside e Horus fatta dalla Murdock è in aperto contrasto con i risultati raggiunti dall’attuale egittologia e non trova riscontri nella narrazione delle vicende di Horus e Iside come narrate nella mitologia egizia.
D.M. Murdock afferma di aver ritrovato questi motivi nel corso dei suoi studi e di averli poi riordinati in una specie di racconto evangelico mettendo in luce le somiglianze di fondo. Tra lee analogie individuate dall’autrice nel suo libro : fu annunciata la sua nascita alla madre dall’angelo Thot, che le comunicò anche che il figlio sarebbe stato concepito verginalmente. Nacque in una grotta il 25 dicembre dalla vergine Iside, annunciato da una stella d’oriente. Fu adorato nella grotta da pastori e da tre saggi che gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Da bambino insegnò in un tempio. Ebbe dodici discepoli. All’età di trent’anni fu battezzato da una figura nota come Anup, che venne in seguito decapitato (come Giovanni Battista). Combatté quaranta giorni nel deserto contro Satana. Compì miracoli, come la resurrezione dei morti e la camminata sulle acque. Fu chiamato il “Santo Bambino” ed era noto con molti nomi, tra cui: “La Verità”, “La Luce”, “La Vita”, “L’Unto Figlio di Dio” e il “Buon Pastore”, “L’Agnello”, “La Stella del Mattino”. Horus nacque ad Annu, il “posto del pane”, mentre Gesù nacque a Bethleem (Betlemme) , la “casa del pane”. F crocefisso tra due ladroni e dopo tre giorni risorse dai morti. È rappresentato da una croce. Assieme a Iside e Osiride, Horo costituisce un membro della trinità egizia.

I doni a Gesù bambino

MirraSimbolo di sacrificio. La mirra era uno degli elementi per l’unzione dei defunti per prepararli alal sepoltura. Nella Bibbia è uno dei principali componenti dell’olio santo per le unzioni (Esodo, XXX,23), ma anche un profumo, citato sette volte nel Cantico dei Cantici. La mirra è una gommaresina romatica, estratta da un albero o arbusto del genere Commiphora, della famiglia delle Burseraceae. Attualmente la mirra è utilizzata come componente di prodotti farmaceutici (proprietà disinfettanti) e soprattutto nella profumeria ma in certi paesi come la Francia ed il Belgio. E’ citata 16 volte di cui 3 nei Vangeli. Probabilmente un flacone prezioso con olio di mirra.

Matteo 2:11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.

Marco 15:23 e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

Giovanni 19:39 Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre.

IncensoSimbolo di santità. Gesù sommo sacerdote. I cristiani ortodossi in Grecia lo comprano come le caramelle. Nel negozio scelgono il tipo desiderato e con una paletta lo mettono in un sacchetto e lo acquistano a peso. Sono grossi cristalli multicolore. Anche la chiesa russo ortodossa lo vende ai fedeli in scatolette colorate. I fedeli lo accendono personalmente in chiesa o in casa davanti alle icone.. A Gesù bambino fu donato dai Magi perché l’incenso è simbolo di santità. Non a caso la pianta da quale proviene l’incenso si chiama Boswellia Sacra ed è usato in diverse religioni. E’ citato 124 volte nella Bibbia, di cui 4 nei Vangeli e 1 nell’Apocalisse. Probabilmente un contenitore con grani di incenso.

Matteo 2:11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.

OroSimboleggia la regalità di Cristo. Nella Bibbia viene citato molte volte ed è l’elemento con cui doveva essere costruita l’Arca dell’Alleanza nell’Esodo (25,10-13) secondo la volontà di Dio stesso:  “Faranno dunque un’arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai intorno un bordo d’oro. Fonderai per essa quattro anelli d’oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro”. Probabilmente un cofanetto con alcuni piccoli lingotti, poi abbandonato nella grotta.

Giorgio Nadali


Zoroastrismo. Daxma: Le torri del silenzio e il funerale col sacro cane

Le daxma sono le torri del silenzio per la religione zoroastriana. È un’antica religione monoteista in India, ormai in via di scomparsa. I fedeli rimasti sono circa 182.000. Sulle torri del silenzio i defunti sono lasciati in balìa degli uccelli rapaci, per non contaminare la terra. A Bombay (India) è possibile vederne cinque, alte otto metri, sulla Malabar Hill. A causa dell’urbanizzazione che ha ridotto i volatili, oggi i corpi sono trattati con dei reagenti chimici per affrettarne la decomposizione. I resti sono poi gettati nella fossa centrale e coperti di carbone e sabbia. I familiari del defunto non possono entrare nelle torri, riservate ai ministri del culto funebre.

Dato che la morte e la decomposizione sono viste come armi del male, un cadavere è visto tradizionalmente come il luogo dove lo spirito distruttivo Angra Mayniu e le sue forze sono potentemente presenti. Tutto ciò che riguarda la morte è contaminante, in particolare la salma di una persona retta, perché rappresenta una grande vittoria del male. Il defunto non può quindi essere sepolto cremato o disperso in mare perché ciascuno di questi elementi, terra, aria, acqua fa parte della creazione del dio Aura Mazda. Le daxma sono strutture circolari aperte alla sommità, alte circa dieci metri. Vi sono tre cerchi concentrici di spazi chiamati pavis. Gli uomini sono esposti nel cerchio esteriore, le donne in quello mediano e i bambini in quello centrale. Delle canaline fanno defluire i flussi corporei.

La carne dei cadaveri è stata divorata dagli avvoltoi in circa venti minuti. È normale dar da mangiare ai volatili coloro che si sono nutriti di loro quando erano vivi. Nei Paesi occidentali gli zoroastriani accettano le normali procedure di cremazione e rinunciano agli avvoltoi per i loro defunti. L’interesse è duplice. Preoccuparsi dell’anima del defunto e non inquinare la natura. Tradizionalmente il sacerdote zoroastriano è chiamato al più presto possibile dopo la morte. È sempre accompagnato dall’animale sacro zoroastriano, il cane. L’animale protegge la gente dalle forze minacciose ed è particolarmente sensibile a una presenza estranea e può quindi “vedere ritualmente” il cadavere. Il termine sagdid che designa la parte centrale della cerimonia funebre vuol dire proprio sguardo (did) del cane (sag).

La salma è poi lavata con il rito sachkar e poi vestita con un sudre (camicia sacra) e un krusti (corda sacra). Seguono delle preghiere. Il corpo è deposto per terra, ma non in un luogo poroso per non contaminarla, ed è tracciato con un chiodo un cerchio attorno alla salma. All’interno del cerchio possono entrare solo i becchini (nasarsala). Quando tutto è pronto per il funerale i nasarsala portano la salma su una portantina di ferro, seguiti dal sacerdote, dal cane e da coloro che seguono le esequie che procedono in doppia fila indiana (paiwand). Tutti sono legati gli uni agli altri da una corda per proteggersi dalle forze maligne associate alla morte.

Una specie di cordata funebre. Giunti davanti alla daxma la salma viene posta sul del marmo non poroso, il copro viene spogliato, i nasarsala appaludono e lasciano che della salma si occupino gli a avvoltoi. Il quarto giorno la cerimonia uthumna chiederà delle offerte in denaro che andranno in beneficienza in memora del dufunto, perché ricordarlo in questo modo è ritenuto meglio di qualsiasi tomba.

Giorgio Nadali