Zoroastrismo. Daxma: Le torri del silenzio e il funerale col sacro cane

Le daxma sono le torri del silenzio per la religione zoroastriana. È un’antica religione monoteista in India, ormai in via di scomparsa. I fedeli rimasti sono circa 182.000. Sulle torri del silenzio i defunti sono lasciati in balìa degli uccelli rapaci, per non contaminare la terra. A Bombay (India) è possibile vederne cinque, alte otto metri, sulla Malabar Hill. A causa dell’urbanizzazione che ha ridotto i volatili, oggi i corpi sono trattati con dei reagenti chimici per affrettarne la decomposizione. I resti sono poi gettati nella fossa centrale e coperti di carbone e sabbia. I familiari del defunto non possono entrare nelle torri, riservate ai ministri del culto funebre.

Dato che la morte e la decomposizione sono viste come armi del male, un cadavere è visto tradizionalmente come il luogo dove lo spirito distruttivo Angra Mayniu e le sue forze sono potentemente presenti. Tutto ciò che riguarda la morte è contaminante, in particolare la salma di una persona retta, perché rappresenta una grande vittoria del male. Il defunto non può quindi essere sepolto cremato o disperso in mare perché ciascuno di questi elementi, terra, aria, acqua fa parte della creazione del dio Aura Mazda. Le daxma sono strutture circolari aperte alla sommità, alte circa dieci metri. Vi sono tre cerchi concentrici di spazi chiamati pavis. Gli uomini sono esposti nel cerchio esteriore, le donne in quello mediano e i bambini in quello centrale. Delle canaline fanno defluire i flussi corporei.

La carne dei cadaveri è stata divorata dagli avvoltoi in circa venti minuti. È normale dar da mangiare ai volatili coloro che si sono nutriti di loro quando erano vivi. Nei Paesi occidentali gli zoroastriani accettano le normali procedure di cremazione e rinunciano agli avvoltoi per i loro defunti. L’interesse è duplice. Preoccuparsi dell’anima del defunto e non inquinare la natura. Tradizionalmente il sacerdote zoroastriano è chiamato al più presto possibile dopo la morte. È sempre accompagnato dall’animale sacro zoroastriano, il cane. L’animale protegge la gente dalle forze minacciose ed è particolarmente sensibile a una presenza estranea e può quindi “vedere ritualmente” il cadavere. Il termine sagdid che designa la parte centrale della cerimonia funebre vuol dire proprio sguardo (did) del cane (sag).

La salma è poi lavata con il rito sachkar e poi vestita con un sudre (camicia sacra) e un krusti (corda sacra). Seguono delle preghiere. Il corpo è deposto per terra, ma non in un luogo poroso per non contaminarla, ed è tracciato con un chiodo un cerchio attorno alla salma. All’interno del cerchio possono entrare solo i becchini (nasarsala). Quando tutto è pronto per il funerale i nasarsala portano la salma su una portantina di ferro, seguiti dal sacerdote, dal cane e da coloro che seguono le esequie che procedono in doppia fila indiana (paiwand). Tutti sono legati gli uni agli altri da una corda per proteggersi dalle forze maligne associate alla morte.

Una specie di cordata funebre. Giunti davanti alla daxma la salma viene posta sul del marmo non poroso, il copro viene spogliato, i nasarsala appaludono e lasciano che della salma si occupino gli a avvoltoi. Il quarto giorno la cerimonia uthumna chiederà delle offerte in denaro che andranno in beneficienza in memora del dufunto, perché ricordarlo in questo modo è ritenuto meglio di qualsiasi tomba.

Giorgio Nadali


Shintoismo. Il Kuyō: funerale degli oggetti e tempio delle bambole

Nello Shintoismo gli spiriti presenti negli oggetti inanimati sono chiamati tsukumogami. Quando un oggetto ha raggiunto un secolo di età potrebbe trasformarsi in uno spirito malvagio, se l’oggetto è stato gettato via senza attenzione. Potrebbe contenere uno tsukumogami. Per evitare questi problemi lo shintoismo conosce il funerale degli oggetti chiamato kuyō. Il funearale delle bambole è chiamato Ningyō Kuyō. Il Ningyo Kuyo è un servizio commemorativo per le vecchie bambole un tempo amate e ora non più volute.

Vengono offerte alla dea della misericordia (Kannon Bodhisattva). Prima della cerimonia le monache del tempio buddhista (rinzai) Hokyoji confortano le anime delle bambole cantando dei sutra. Kannon è particolarmente venerata dalle donne che desiderano una gravidanza e quindi portano le bambole sperando di avere dei bambini. Esiste anche il tempio religioso delle bambole, lo Ningyo-dera. Il tempio Hokyoji è un antico monastero femminile, che veniva usato come residenza imperiale per le pricipesse. In Giappone buddhismo e shintoismo convivono strettamente.

funerale bambole

Quando una giovane principessa veniva mandata al convento, la famiglia le mandava delle bellissime bambole per consolare la nostalgia di casa. Ad esempio la principessa Kin ricevette una bambola con dei lunghi capelli color rosso-arancione somigliante ad un attore del teatro giapponese kabuki.

Questo tipo di bambola era ritenuta capace di tenere lontano la varicella (hoso). Il tempio Hokyoji di Kyoto (Giappone) ha diverse bambole antiche e altri giochi imperiali. Il tempio è noto come Ningyo-dera, il tempio delle bambole. I servizi commemorativi religiosi per le bambole vengono celebrati al tempio Kiyomizu Kannon-do di Tokyo e al tempio Hokyoji di Kyoto. Il 25 settembre di ogni anno al tempio Kiyomizu Kannon-do di Tokyo vengono commemorate con una specie di servizio funebre centinaia di bambole che poi vengono bruciate in un falò rituale.
Nessun problema per gli oggetti elettrici o elettronici gettati via perché nessuno di essi può avere oggi cento anni. Bisogna prestare molta attenzione ai seguenti oggetti e disfarsene con ogni cura per evitare spiriti tsukumogami che tornino a cercarvi per animare e possedere gli oggetti di cui vi siete disfatti.

Il karakasa-obake, ombrello animato. La chōchinobake, lanterna animata. Il kosode-no-te, kimono (abito femminile tradizionale) animato. Il kameosa, contenitore di saké posseduto. Lo ungaikyo, specchio posseduto. Lo zorigami, orologio posseduto. I bakezōri, sandali di paglia posseduti. Lo ittan-momen, rotolo di cotone animato. La shirōneri, zanzariera animata. La morinji-no-okama, teiera posseduta. I jatai, abiti animati. Quindi fare molta attenzione alla raccolta differenziata della spazzatura. Tutto questo in uno dei Paesi più tecnologizzati del mondo, dove una fede antichissima e la modernissima tecnologia elettronica convivono pacificamente.

Giorgio Nadali


Teopazzia. Fanatici religiosi, perché?

La Muṭawwiʿiyyah è la polizia religiosa del governo saudita. E’ incaricata di fare osservare la sharia (legge Islamica) in quanto il Paese è teocratico, cioè religione e politica sono uniti. Di conseguenza qualsiasi peccato contro l’Islàm, qualsiasi infrazione della legge coranica è anche un reato. Il suo compito è definito dal suo nome ufficiale: Comitato per la promozione della virtù e l’interdizione del vizio. In Arabia Saudita può contare su 3.500 ufficiali e 1.000 volontari, spesso accompagnati dalla polizia ordinaria. La polizia religiosa può arrestare per i seguenti crimini. 1) Coppie composte da un uomo e da una donna non sposati sorpresi a socializzare. 2) Qualsiasi comportamento sessuale (pubblico) o di prostituzione. 3) Una donna non velata e vestita secondo I canoni Islamici. 4) Negozianti che non osservano la chiusura durante il periodo della preghiera (5 volte al giorno). 6) Chiunque consumi maiale o bevande alcoliche. 7) Chiunque utilizzi materiale anti Islamico come CD o DVD di gruppi musicali occcidentali, spettacoli televisivi e film contrari alla legge Islamica. 8) Chiunque faccia propaganda ad una religione diversa dall’Islàm. L’intera nazione è infatti considerata una moschea ed è l’unico Paese al mondo dove non esistono luoghi di culto di altre religioni. Non esiste, ad esempio alcuna chiesa. I pochi cristiani sauditi si ritrovano in gruppi di discussione su Internet e in incontri privati clandestini in case private.

Gli stranieri di religione cristiana hanno il permesso di partecipare a preghiere cristiane presso l’ambasciata del loro Paese (che è quindi territorio di quella Nazione). Ma solo dopo essersi registrati e aver mostrato il loro passaporto straniero. E’ a loro consentito anche partecipare a riunioni religiose presso le palestre di comunità recintate della compagnia nazionale di idrocarburi, la Aramco. Nessun ministro di culto non Islamico può entrare nel Paese. La conversione ad un’altra religione (apostasìa) è punita con la pena di morte. Oggetti di culto di altre religioni, come crocifissi, bibbie, rosari cristiani cattolici e ortodossi, statuette, oggetti con simboli di altre religioni, ecc. sono proibiti. Ai non musulmani (kafirun) è proibito entrare nelle città sante di Mecca e Medina. Le immagini di quelle città sono state eseguite da fotografi e cineoperatori musulmani. Alla polizia religiosa il compito di vigilare anche su queste disposizioni. La polizia Muṭawwiʿiyyah ha recentemente anche sanzionato i regali di San Valentino. L’11 marzo 2012 ha proibito alle alunne di una scuola della Mecca di scappare dall’incendio della loro scuola perché non erano velate, non indossavano la abaya (tunica nera) e non erano accompagnate da un tutore maschio. Nell’incendio sono morte 15 alunne e 50 sono rimaste ferite.

Diversi stati Islamici comminano la rajm, pena di morte per lapidazione, perché la sharia – la legge Islamica – è alla base del sistema giuridico di un Paese teocratico moderno.

Il Corano proibisce i rapporti sessuali fuori dal matrimonio. La lapidazione non è prescritta dal Corano, ma dagli hadith (detti del Profeta). La punizione per chi non osserva questa regola morale consiste in 100 frustate per i colpevoli non sposati o nella lapidazione per quelli sposati, secondo un hadith del profeta Maometto che recita: “Per bikr con bikr (la coppia non sposata) 100 frustate… Per al-thayyab con al-thayyabah (sposati) 100 frustate e la morte per lapidazione”. Il colpevole dev’essere un musulmano praticante adulto e l’accusa va sostenuta da quattro testimoni musulmani maschi testimoni della penetrazione della donna. Per i rapporti omosessuali la pena di morte è prevista in Arabia Saudita (con esecuzione in pubblico), Emirati Arabi Uniti, Iran, Mauritania, Sudan, Somalia e Yemen (dopo l’esecuzione pubblica di una tortura). Per l’adulterio (zina) e la blasfemìa è prevista la lapidazione in Arabia Saudita, Afghanistan (aree tribali), Emirati Arabi Uniti, Sudan, Somalia (corti Islamiche), Iran e dodici stati nel Nord della Nigeria. Il Corano (24,2) non parla di lapidazione, ma di flagellazione per l’adulterio. Se le parti accusate di adulterio si considerano sposate non sono punibili, così come la donna incinta e dopo il parto per la durata di sette anni. Il bambino è attribuito al marito (per i musulmani malikiti del Nord Africa).

Il codice penale iraniano descrive nel dettaglio come eseguire la lapidazione per un adulterio e fornisce suggerimenti di come lapidare sia per uccidere, sia per lasciare in vita. L’articolo 102 prescrive che un adultero uomo sia sepolto nella sabbia sino ai fianchi, mentre  un’adultera donna va sotterrata in una buca sino al seno, prima di essere lapidati a morte. L’articolo 103 si sofferma sul caso in cui il condannato riesca ad uscire dall’immersione nella sabbia. Se vi sono testimoni contro di lui o lei, va rifatta l’esecuzione, se invece il colpevole confessa, la pena va sospesa. L’articolo 104 prescrive che la dimensione delle pietre non debba essere troppo grande al punto da uccidere con uno o due lanci, ma nemmeno troppo piccole al punto da non essere chiamate pietre. L’esecuzione va iniziata dal giudice oppure dal testimone originale dell’adulterio (detto ‘na’aph). Da un’inchiesta del 2007 nel più grande stato Islamico, risulta che il 43% degli indonesiani è favorevole alla lapidazione (rajam) per adulterio. In Egitto la percentuale sale all’82%, in Giordania 70%, Pakistan 82%, Nigeria 56%.

Va detto che è più facile che l’Islàm si presti alla teocrazia e di conseguenza al fanatismo religioso perché la religione non prevede la separazione tra laico e religioso e quindi non prevede una democrazia laica. La legge o è coranica (sharìa) o non è legge.  

Nell’Ebraismo la lapidazione è prevista dalla legge rabbinica e può essere comminata solo da una corte di ventitre membri. E’ necessaria la testimonianza credibile di due testimoni oculari e il colpevole doveva essere stato avvisato. Il reo dev’essere maggiorenne, sano di mente e la colpa commessa in piena libertà senza l’aiuto di altri.

Giorgio Nadali


I segreti della crocifissione

Giorgio Nadali

Il supplizio della crocifissione esiste da quasi tremila anni. Le prime tracce di crocifissione risalgono al IX secolo a.C., al tempo del re assiro Salmanassar III. Una rudimentale forma di crocifissione era l’impalamento. Il condannato era infilzato da un grosso palo appuntito nello stomaco, senza toccare organi vitali e poi lasciato ad agonizzare lentamente. Nel 332 d.C Alessandro Magno fa crocifiggere duemila persone appese a pali di legno sulle coste del Mediterraneo. Il gladiatore Spartaco e i seimila schiavi ribelli da lui guidati furono crocefissi settant’anni prima della nascita di Cristo. Nel V secolo a.C. erano molto diffuse le crocifissioni.
Tuttavia la crocifissione assume celebrità solo con Gesù Cristo, nel I secolo d.C. I romani hanno affinato la tecnica della crocifissione. Storici e studiosi cercano di scoprire in che modo Gesù Cristo fu assicurato alla croce. L’arte l’ha sempre presentato con i chiodi conficcati nei palmi delle mani. In questo caso il peso del suo corpo lo avrebbe staccato dalla croce. Gli studi di Mark Benecke, patologo forense tedesco, seguono le orme di Pierre Barbet, il primo medico che nel 1950 studiò scientificamente la crocifissione di Cristo, mediante l’utilizzo di cadaveri. Le mani possono sopportare un peso dai diciotto ai ventisette chili. Una struttura con catene per simulare le braccia ha dimostrato che ogni singola mano del condannato a braccia spiegate sulla croce, sostiene tutto il peso del corpo. Quindi ogni mano non può sopportare il peso di 78 chili di un corpo di 180 centimetri, il peso e l’altezza presumibile di Gesù Cristo (in base agli studi sulla Sindone). È probabile che i romani crocifiggessero le mani in uno spazio compreso tra le ossa del polso, chiamato spazio di Destot. Il dolore è molto intenso e provoca continue scariche brucianti alla mano, perché quest’area è attraversata dal nervo mediano. Il pollice si ritrae (come si vede nell’immagine della Sindone). Inoltre in greco antico (la lingua originale del Nuovo Testamento) il termine χείρ non fa distinzione tra braccio, mano e polso. Erano presenti sia corde sia chiodi (presumibilmente lunghi dieci centimetri, in base al ritrovamento nel 1968 dell’osso detto di Yehonan, sugli antichi luoghi di crocifissione a Gerusalemme).

Il modo in cui erano inchiodati i piedi era determinante per la durata di resistenza sulla croce. Si andava da poche ore (rara, come per Gesù) sino a diversi giorni (molto frequenti). Difatti in caso di necessità i romani ponevano fine all’agonia mediante il crurifragium – la rottura delle tibie mediante una lunga mazza – fatto che fu risparmiato a Gesù perché era già morto (realizzando la profezia in Giovanni 19,36, Salmo 34,21 e Esodo 12,46). Nel caso di crocifissione dei piedi classica dell’arte sacra, la respirazione è molto difficoltosa e estremamente dolorosa perché i piedi assicurati allo stipes (il braccio verticale della croce) impediscono di bloccare le ginocchia e il condannato sostiene tutto il peso con i muscoli delle cosce, se non vuol pendere completamente dai chiodi. Ogni volta che il condannato cerca di sollevarsi per respirare, i nervi sono sollecitati ulteriormente. Il suppedaneo presente nell’arte sacra non è storicamente attendibile. I piedi erano inchiodati direttamente allo stipes. Le rappresentazioni artistiche sono state realizzate da artisti che non hanno mai assistito a una crocifissione. Il condannato cerca di sollevarsi per alleviare il dolore al nervo mediano, ma in questo modo carica la muscolatura e strofina la schiena contro lo stipes con maggiore perdita di sangue che fa andare in shock ipovolemico. Il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue agli organi vitali. In realtà nessuna posizione consente di alleviare il dolore.
La causa finale della morte di Cristo. A causa della difficoltà respiratoria nei polmoni aumenta il biossido di carbonio e diminuisce l’ossigeno del sangue. È l’ipossia che porta al soffocamento. Inoltre le cadute di Gesù con il patibulum sulle spalle, riportate dai Vangeli hanno provocato probabilmente una lesione cardiaca. Lo sforzo del muscolo cardiaco ha provocato un aneurisma. È probabile, secondo studi, che la frequenza cardiaca sulla croce fosse di 170 battiti al minuto. Se non curato il tessuto può rompersi. Il peso del patibulum (braccio orizzontale) è stimato in quarantacinque chili. Una caduta di questo tipo corrisponde ad un urto frontale in auto a cinquanta chilometri all’ora senza l’uso della cintura di sicurezza. Lo stesso vale per i colpi di flagello. È impossibile che il condannato portasse l’intera croce, stimata in centocinquanta chili. Ad un certo momento le funzioni vitali cessano di colpo. È il dolore stesso che uccide. Tuttavia, in base ai Vangeli, risulta che Gesù fosse ancora in grado di parlare lucidamente e di essere sentito chiaramente da sotto i 2,5 metri della croce (es. Luca 23,34). Il cervello era dunque irrorato normalmente. Non fu dunque lo shock ipovolemico a ucciderlo. Chi va in shock ipovolemico perde conoscenza e non è in grado di parlare lucidamente. Non fu nemmeno l’asfissia. Riusciva infatti a parlare ad alta voce. Fu dunque lucido e cosciente sino all’ultimo momento in cui una lesione cardiaca fece cedere improvvisamente il cuore. A questo punto la frequenza cardiaca è di 180 battiti al minuto e qualcosa di simile ad un infarto fa sopraggiungere la morte. Il cuore danneggiato continua a pompare sangue, ma la sacca pericardica è sotto pressione e cede all’istante. La morte di Cristo fu per rottura del muscolo cardiaco. Il dottor David Ball ha pubblicato nel 1989 le sue conclusioni sul «Journal of the Mississippi State Medical Association» confutando un altro studio pubblicato sul «Journal of the American Medical Association» secondo cui Cristo morì per soffocamento sulla croce.
Dagli esperimenti del dottor Ball risulta che la frequenza cardiaca di una persona legata sulla croce (senza le mani e i polsi bucati dai chiodi) passa subito da settantotto a centodieci battiti al minuto. Dopo due minuti e mazzo sopraggiunge giù il dolore nelle cosce. Dopo sette minuti la frequenza passa a centosettanta battiti e le gambe hanno tremori incontrollabili. Dopo quindici minuti e venti secondi i volontari appesi ad una croce (senza chiodi) hanno riferito che il dolore a gambe e braccia diventa insopportabile. L’aria inalata è diminuita del 10%. Il dottor David Ball ha dimostrato in pubblico – durante un servizio religioso evangelico nel 2007 – utilizzando dei manichini coperti di uretano, molto simile alla pelle umana, cosa significhi una flagellazione. La dimostrazione è avvenuta presso la Hartselle’s East Highland Baptist Church (Alabama, USA). «Dal costato di Cristo uscì sangue e acqua». (Giovanni 19,34). La scienza lo conferma. Nel cuore si accumula un liquido più chiaro (definito “acqua” dai Vangeli). Perforando in quella situazione il pericardio ne esce un forte getto sotto pressione. La lancia usata per quest’operazione è chiamata “Lancia di Longino”. Il nome del centurione romano che trafisse il costato di Cristo non è presente nei Vangeli canonici, ma in quello apocrifo di Nicodemo. Secondo la tradizione si convertì, morì martire decapitato a Mantova ed è oggi il santo patrono di militari e non vedenti. Già sotto la croce riconobbe la divinità di Cristo (Marco 15,39). A lui è dedicata una statua del Bernini alla base dell’altare maggiore della basilica di San Pietro in Vaticano. La punta della sua lancia è custodita nella Schatzkammer del museo dell’Hofburg a Vienna. Durante la Seconda Guerra Mondiale i nazisti cercarono di impossessarsene perché le vengono attribuiti poteri miracolosi.
Anche i nazisti usavano la crocifissione nei campi di concentramento, con la differenza, rispetto a Cristo, che il condannato era appeso con le braccia sopra la testa, con i piedi liberi. In questo modo vi è un soffocamento molto rapido. Tuttavia nel 1943 il soldato australiano Ringer Edwards catturato dai giapponesi resistette sessantatré ore su di una croce in questo modo e sopravvisse.
La crocifissione – chiamata haritsuke – era conosciuta anche in Giappone. Fu introdotta nel periodo Sengoku (1467–1573), dopo 350 anni senza pena di morte. I guerrieri ninja (le spie del Giappone feudale) reprimettero duramente il cristianesimo giapponese sino a ridurlo nel 1640 d.C. a pochissimi fedeli. Il 2 febbraio del 1597 il samurai Toyotomi Hideyoshi ordinò la crocifissione mediante la tecnica detta hikimawashi di sei giapponesi convertiti al Cristianesimo e di venti frati francescani. La tecnica è del tutto simile a quella della crocefissione di Gesù. I condannati dovettero inoltre camminare per i mille chilometri da Kyoto e Osaka a Nagasaki per poi subire lo stesso martirio di Cristo. In realtà i condannati furono crocefissi e immediatamente dopo infilzati da sotto con una lunga lancia nella gola, per una morte molto rapida. Una chiesa sulle colline Nishizaka di Nagasaki ricorda nei suoi mosaici i primi martiri cristiani in Giappone. I giapponesi usavano anche la tecnica chiamata sakasaharitsuke con la quale il condannato veniva crocifisso a testa in giù, come vuole la tradizione riguardo al martirio di San Pietro apostolo. Molti cristiani venivano crocefissi in Giappone con la tecnica mizuharitsuke. La croce era immersa nell’acqua della bassa marea, mentre il condannato attendeva la morte all’arrivo dell’alta marea che sommergeva la sua croce.
Oggi la crocifissione è usata come metodo di esecuzione capitale in Arabia Saudita, Sudan e Birmania. Si parla di crocifissione nella sura (capitolo) 5,33 del Corano come pena per il ladro che uccide la sua vittima. In Iran è in disuso, ma teoricamente prevista. Amnesty International ha denunciato ottantotto crocifissioni nel 2002 nella regione del Darfur, in Sudan.

Giorgio Nadali, I segreti delle religioni EBOOK, Edizioni Youcanprint, Tricase, 2015, ISBN: 978-88-911-7694-3


Zombie. Nel Vodou di Haiti il rituale di zombificazione esiste davvero

Secondo monsignor Guy Poulard, vescovo di Les Cayes, Haiti, una buona parte della popolazione partecipa ai riti Vodou di notte e a quelli cattolici di giorno. Forse l’aspetto più inquietante del Vodou sono gli zombie. I film dell’orrore li hanno resi celebri. Sono i morti viventi. Per il culto animista del Vodou di Haiti esistono veramente. Per capire in quale ambiente si inserisce il vero zombi, dobbiamo ricordare che Vodou vuol dire “spirito”. Il Vodou anima la società di Haiti. Sebbene quando si pensa al Vodou ci viene istintivamente in mente qualcosa che ha a che fare con la magia nera e la stregoneria, il Vodou è qualcosa di più complesso e profondo. È la religione popolare di Haiti, che si è formata attraverso la commistione di antiche credenze di origine africana (Benin). La forza del Vodou può essere usata per il male, ma anche per il bene. A Haiti vi è un rapporto molto particolare con i propri defunti. I bambini giocano sulle tombe di famiglia situate nel giardino di casa, buone anche per stendervi la biancheria lavata.

La zombificazione di una persona è una forma di stregoneria del Voodoo di Haiti. Consiste in una morte apparente per togliere la libertà a una persona, non più meritata a causa di qualche gesto grave compiuto, come l’omicidio o lo stupro. Chi ha subito un torto può rivolgersi a uno stregone Vodou, chiamato bokor. Lo zombie diverrà come uno schiavo. Potrà essere venduto e comprato. Se la persona che ha acquistato lo zombie muore, allora potrà riscattarsi (mediante una pozione antidoto), ma non potrà tornare al suo villaggio di origine, poiché è stato condannato. Come avviene la condanna per zombificazione? Tecnicamente attraverso una neurotossina che induce una forma catalettica che prelude a un avvelenamento successivo più grave e talvolta alla morte. Mediante i rospi di tipo amazzonico (Bufo alvarius, Bufo marinus) oppure il veleno del pesce palla, si estrae la bufotenina (5-MEO-DIMETILTRIPTAMMINA), o tetradotoxina (TTX), da cinquanta a cento volte più potente della digitale.

Il condannato sembra clinicamente morto ed è seppellito ancora cosciente. Di notte il corpo dello zombie è risvegliato dal bokor in un cimitero, con un’altra sostanza che cancellerà la personalità del condannato e lo renderà un automa, suo schiavo. Sarà senza memoria e volontà, con occhi vitrei e voce nasale. Potrà essere venduto. L’antidoto usato è la datura, una pianta che contiene nei semi e nei fiori degli alcaloidi come la scopolamina e l’atropina. Alcaloidi che producono effetti di controllo mentale. La parola zombie deriva da quella creola Nzambi, una divinità dell’Africa occidentale. La pratica di zombificazione non è molto frequente ed esiste ancora oggi, ma il governo haitiano non ha alcun controllo su queste pratiche clandestine e illegali. La zombificazione spaventa molto la gente di Haiti, anche perché ricorda l’antica schiavitù. Il cinema si è ispirato a questa pratica reale per i film sugli zombie.

Giorgio Nadali


Adorazione induista della Yoni, l’organo sessuale femminile

Nell’Induismo la Yoni è l’organo sessuale femminile. Il rito è suddiviso in tre categorie: adorazione, magia, meditazione. L’ultima è la più segreta. Il rito è considerato così importante al punto che chi lo pratica è esonerato da altre forme d’adorazione.
Il rito (chiamato anche stri puja o rahaja puja) è officiato con una donna in carne e ossa oppure con una scultura. Il più semplice stri puja è il kumari puja con una giovane di sedici anni (questo è il numero della perfezione nell’Induismo), tuttavia è richiesta la presenza di una yogini più matura al centro del rito. Nello yoni puja officiato con una statuetta di una dea oppure con una donna, sono versati cinque elementi liquidi simbolici sulla sua yoni. Sono gli elementi della cosmologia indù, rappresentati da alcuni alimenti: la terra (simboleggiata dallo yogurt), L’acqua (usata realmente), il fuoco (simboleggiato dal miele), l’aria (simboleggiata dal latte) e l’etere (simboleggiato da un qualsiasi olio commestibile). Gli elementi sono versati consecutivamente sulla yoni e poi raccolti in un vaso.
Il miscuglio (amrita), consumato poi dai partecipanti al rito, rende intimi con la dea, la quale restituisce l’offerta come dono. Sono poi recitati dei mantra, vale a dire delle preghiere davanti alla yoni, sia questa una statuetta della dea o una yoni di una donna in carne e ossa. I mantra riguardano preghiere generiche (stadio dell’adorazione), e richieste specifiche personali d’ogni tipo (stadio magico). Il rito non è osceno e l’intenzione dei fedeli indù è quella di rivolgere le loro preghiere alla sorgente e alla sede della vita, che mette in contatto il ventre materno con la realtà esterna fenomenica.
I testi tantrici raccomandavano che ogni stadio dell’unione sessuale fosse evidenziato dall’intonazione di diversi mantra, ripetuti molte volte sopra le parti del corpo interessate.
Lo scopo principale è quello di ottenere dallo yoni puja un’energia sottile chiamata yonitattva o yonipuspa (cioè “fiore della yoni”). L’adorazione della donna, delle dee, della yoni, è qui sopravvissuta dalle sue radici nel paleolitico, sino ai giorni nostri. Nella Bhagawat Gita, testo sacro della tradizione indù troviamo scritto: «balam balavatam caham kama-raga-vivarjitam dharmaviruddho bhutesu kamo ‘smi bharatarsabha» cioè: «Io sono la forza del forte, passione e desiderio. Io sono la vita sessuale, la quale non è contraria ai principi religiosi, O signore di Bharatas [Arjuna]». Lo virabhava è il rapporto sessuale di un Sadaka e della sua Shakti.

Gli adoratori della yoni non possono perdersi un pellegrinaggio al più importante tempio a lei dedicato. Il tempio Kamakhya di Guwahati (nello stato di Assam), dedicato alla dea omonima. Il garbhaghriha (la parte più interna, cuore di un tempio indù) è una caverna con una roccia a forma di yoni con una sorgente naturale d’acqua che proviene da essa. D’altra parte secondo la mitologia indù del testo sacro Kalika Purana, il tempio Kamakhya è il luogo dove Sati (nota anche come Dakshayani, la dea della felicità matrimoniale e della longevità) si ritirava per amare il dio Shiva e il luogo dove la sua yoni cadde dopo che Shiva danzò col suo cadavere. È naturale che questo tempio sia il centro della pratica del Tantra e migliaia dei suoi devoti non si perdono mai tutti gli anni lo Ambubachi Mela, il festival della yoni. L’offerta rituale (prasad) è in due forme, angodak e angabastra. Angodak è la parte fluida del corpo e angabastra significa il panno che copre il corpo. Nello specifico è una parte del panno rosso usato per coprire la roccia yoni durante i giorni delle mestruazioni. Esatto, anche la roccia yoni ha le mestruazioni.
Per par condicio ritengo doveroso indicare anche dove si trovi il più grande tempio del linga. È il santuario shintoista di Taga-Jinja, ad Uwajima, Giappone. Naturalmente c’è anche il grande festival del linga, il Kanamara Matsuri (vedi Shintoismo).

Duti puja

Nel tantrismo il duti puja è l’adorazione di una bella donna, che comprende il pancamakara. Il rito noto come pancamakara o dei “cinque essenziali” è officiato con cinque ingredienti che in sanscrito iniziano con la “m” e di cui solo i primi quattro si comprano al supermercato: grano (mudra), pesce (matsya), liquore (madya), carne (mamsa), e rapporto sessuale (maithuna). Viene anche definita come “Eucaristia Tantrica”. Lo scopo del rito è di svegliare i poteri spirituali e di soddisfarli. Sono invocate le divinità: Shiva e Shakti, Mahadeva e Mahadevi, Bhairava e Bhairavi. Le coppie cosmiche.
La coppia siede di fronte ad un fuoco. La donna alla sinistra del suo compagno. Il lato sinistro è infatti femminile, quello destro, maschile. La coppia inginocchiata unisce le mani nel tradizionale gesto di saluto namaste. Gli elementi vengono in parte versati nel fuoco e in parte imboccati alla partner, che rappresenta la divinità. Fatto questo la coppia gira intorno al fuoco tre volte e mezza, tante quante le spire della kundalini, l’energia sessuale. La donna è ritualmente elevata e purificata allo stato delle dee (Devi) mediante la meditazione e il nyasa. Il nyasa è il rituale che pone delle preghiere (mantra) o lettere sul corpo mediante il tocco o la visualizzazione, rendendolo divino e riempiendolo col potere della Shakti (il potere creativo di Shiva rappresentato dalla sua consorte). Poi ogni parte del corpo della donna viene adorata, in particolare il volto, i seni e l’organo genitale (yoni). Le sono offerti alcol, carne cotta e pesce. Il rituale culmina con il rapporto sessuale (maithuna) dell’adepto con lei. Nel coito (maithuna) la donna deve avere il controllo. L’unione è simbolica dell’unione del dio Shiva con la sua Shakti. Il maithuna rappresenta lo stato assoluto di beatitudine.

Giorgio Nadali


La scienza taoista per trasformare la sfortuna in fortuna

Nel Taoismo il confine tra religione e magia viene decisamente sorpassato, anche se in realtà l’attegiamento magico e l’atteggiamento religioso sono opposti. Nel primo è l’uomo che cerca di piegare i poteri soprannaturali al proprio interesse. Nel secondo l’uomo piega la sua volontà al divino per obbedienza, per riconoscenza e per umiltà, ma anche per ricevere protezione e favore. Un conto è accendere una candela in una chiesa o in un tempio (come semplice omaggio), un altro è accenderla in un rito magico (con un meccanismo di pretesa di tipo causa-effetto). Tra le grandi religioni forse il Taosimo è quello che si avvicina di più alla commistione tra magico e religioso. Il sistema taoista comprende numerose arti numerologiche (shushu), come la divinazione (suanming), la fisiognomia (kanxiang), la geomanzia (fengshui) per esaminare il vento e le acque, i presagi e le profezie (fuchen), che puntano alla divinazione (zhanayn) e all’ottenimento della buona fortuna.

Il Taoismo rimane una religione perché si relaziona a delle divinità, mentre la magia vera e propria è atea. Tra le arti numerologiche, vi sono i “Nove palazzi della suprema essenza” (taiyi jiugong), lo Liuren e il “Tempo Nascosto” sono chiamate le “Tre arti numerologiche” (sanqi) più importanti. Vengono molto considerate dai taoisti e sono presenti nel Canone taoista. Tra queste, quella chiamata “Tempo Nascosto” è la più conosciuta. È un’arte numerologica per la scelta del tempo e della direzione da prendere. È un’arte molto complessa. Con il “Tempo Nascosto” i fedeli taoisti usano degli speciali elementi temporali per trasformare la loro sfortuna in buona sorte. La sua essenza è nei metodi della “Tavola delle situazioni”, come la “Tavola celeste” (tianpan), la “Tavola terrestre” (dipan), e la “Tavola umana” (renpan). La “Tavola celeste” è composta dalle “Nove stelle” (jiuxing), facili da ricordare: tian peng, tian rui, tian chong, tian fu, tian qin, tian xin, tian zhu, tian ren, tian ying. La “Tavola terrestre” usa i “Nove palazzi” e “Otto tigrammi” (jiugong bagua). La “Tavola umana” usa gli “Otto cancelli” (bamen): riposo, morte, dolore, rifiuto, apertura, sorpresa, vita, e auspicio. La divinazione taoista è chiamata anche “Arte divinatoria dei quattro pilastri” (sizhuuiming shu) perché è basata sui “Blocchi celestiali” e i “Rami terrestri” dell’anno, mese, giorno e ora del proprio compleanno. È nota anche come “Arte divinatoria dei quattro caratteri” (pai bazi). I trigrammi (guaci) possono predire eventi politici a molti anni di distanza nel futuro

Giorgio Nadali

 

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Segreti di santi

 

I santi esistono in diverse religioni, ma sono numerosi e venerati soprattutto nel Cristianesimo cattolico e in quello ortodosso. Quest’ultimo però non proclama più nuovi santi, mentre il cattolicesimo dichiara tra santi e beati, almeno una quindicina di nuovi ogni anno. Nel Buddhismo si chiamano arya-pudgala e sono i “nobili individui” che hanno il darsana marga (il sentiero della visione). Nell’Induismo la persona diventa santa per acclamazione popolare (com’era un tempo per la Chiesa cristiana) e vi sono due tipi di santi. Le incarnazioni del divino e quelli che hanno modellato la loro vita come risposta al divino. Nell’Islàm i santi si chiamano awliya, letteralmente “gli amici di Allah”. Dai Sufi – mistici Islamici – il santo è considerato (anche se uomo) la “sposa di Allah”. L’Ebraismo ha i suoi tsaddik, santi che sono emulati, non venerati. Con il termine ebraico per carità tsedakah ha la stessa radice di tsaddik, perché corregge una società ingiusta.
Ma la parte del leone sui santi la fa la Chiesa cattolica. Il testo chiamato Martyrologium Romanum (Testimoni della fede) – nell’ultima versione del 2004 contiene l’elenco ufficiale dei 9.900 santi e beati (ventimila nella Bibliotheca Sanctorum) della Chiesa cattolica. Nel 2008 la Chiesa cattolica ha dichiarato quattordici nuovi beati e quattro nuovi santi. Nel 2009 sono stati canonizzati dieci santi di cui quattro italiani, due uomini e due donne.

L’ultima santa italiana laica – madre di quattro figli- è stata dichiarata nel 2004 Gianna Beretta Molla († 1962). L’ultimo santo italiano laico è stato il medico Giuseppe Moscati († 1927) nel 1987, patrono degli anatomo-patologi. Papa Giovanni XIII è l’ultimo italiano canonizzato il 27 aprile 2014. La più giovane santa italiana è Maria Goretti, morta a soli dodici anni nel 1902. Qualsiasi battezzato cattolico può chiedere la beatificazione di un altro fedele defunto. Il candidato è detto “Servo di Dio”. Una volta accertata l’eroicità delle virtù è definito “Venerabile. Per essere proclamato “beato” il candidato deve aver fatto un miracolo. Due per essere dichiarato “santo”, tranne che per i martiri. L’attore promuove la causa che è istruita sulle virtù eroiche o sul martirio del Servo di Dio e se ne assume le responsabilità morali ed economiche. Art. 10 – § 1. Possono costituirsi attore della causa il Vescovo diocesano o eparchiale ex officio, le persone giuridiche, quali diocesi o eparchie, strutture giurisdizionali a esse equiparate, parrocchie, Istituti di Vita Consacrata o Società di Vita Apostolica, o Associazioni di fedeli clericali e/o laicali ammesse dall’autorità ecclesiastica. § 2. Può costituirsi attore della causa anche una persona fisica, ossia chiunque faccia parte del popolo di Dio, purché in grado di garantire la promozione della causa nella sua fase diocesana o eparchiale e in quella romana. Art. 11 – § 1. La persona giuridica o fisica si costituisce attore della causa con un atto notarile. § 2. Il Vescovo accetta tale atto dopo aver verificato la capacità della persona giuridica o fisica di assumere gli impegni inerenti al ruolo di attore. Secondo un sondaggio SWG per il settimanale «Famiglia Cristiana» del 2006 il santo cattolico più venerato del Novecento è S. Pio da Pietrelcina (Padre Pio, 1887-1968).

Dal 1968 al 1995 sono stati segnalati 500.000 casi di grazie e miracoli ricevuti. 64.000 casi con descrizioni dettagliate e 500 casi clinicamente documentati. Il 21 giugno 2009 è stata inaugurata la cripta d’oro che custodirà le sue spoglie mortali. 2.711 è il numero di gruppi di preghiera a lui dedicati in Italia. 646 nel mondo in cinquantasei Paesi. Nel 2006 sei milioni di pellegrini hanno visitato il santuario di San Giovanni Rotondo (FG) – lo stesso numero di tutti i visitatori del mondo in Terra Santa. In Italia vi sono circa ottomila comuni. Le vie, piazze, viali dedicate ai Santi, Gesù Cristo, la Madonna, pontefici e persone legate alla religione cattolica sono oltre mezzo milione. Solo a Milano sono oltre duecento. 721 è il numero di comuni italiani che denominati col nome di un santo cattolico. Più due dedicati alla Madonna – Madonna del Sasso (VB) e Domus de Maria (CA). A questi vanno aggiunti circa cinquanta comuni col nome composto di un santo o legato comunque al cattolicesimo. Totale oltre il 10% dei comuni italiani. Il numero di Paesi mondiali col nome di un santo è due. San Marino e Santa Lucia. La santa più prolifica è Santa Brigida di Svezia (1303-1373), madre di otto figli e fondatrice dell’Ordine della Santissima Trinità. Vedova nel 1344. La seconda figlia (Santa Caterina di Svezia) fu suora e anch’essa canonizzata santa. Per battezzare un bambino nella Chiesa Cattolica è obbligatorio imporgli il nome di un santo. «Nel Battesimo il nome del Signore santifica l’uomo e il cristiano riceve il proprio nome nella Chiesa. Può essere il nome di un santo, cioè di un discepolo che ha vissuto con esemplare fedeltà al suo Signore.

Il patrocinio del santo offre un modello di carità ed assicura la sua intercessione. Il “nome di Battesimo” può anche esprimere un mistero cristiano o una virtù cristiana. “I genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non venga imposto un nome estraneo al senso cristiano”». S. Ambrogio. Il suo stemma presenta un alveare e due flagelli incrociati. L’alveare simboleggia l’eloquenza per difendere la Chiesa, i flagelli la stretta disciplina del primo vescovo di Milano. Il suo inno Obduxere polum nobila coeli viene cantato contro le alluvioni. Santa patrona delle hostess e operatrici turistiche: Santa Bona (1156-1207). Vergine pisana. Il 2 marzo 1962 Papa San Giovanni XXIII la rende Patrona delle Assistenti dei viaggiatori, in virtù della spiccata vocazione della Santa a confortare e sorreggere i pellegrini nei momenti più difficili. Le sue spoglie riposano nella Chiesa di San Martino, a Pisa, dove numerose assistenti di volo a lei devote si ritrovano il 29 maggio. Il simbolo della Santa è rappresentato da una croce con la lettera B. Essa è presente nel martirologio romano. Santo patrono dei pasticceri: Saint Honorè († 600). La torta Saint Honoré è una torta che prende il proprio nome dal santo patrono dei pasticceri francesi Saint Honoré o Honoratus (vescovo di Amiens nel VI secolo). La sua statua si trova nella cattedrale di Amiens (Francia). Santa Maria Egiziaca (Alessandria d’Egitto, 344 – 2 aprile 421) è stata una santa e monaca egiziana, già prostituta.

Il culto di Maria Egiziaca si diffuse rapidamente in tutta la cristianità. Santa patrona delle prostitute redente, viene ricordata il 2 aprile dalla chiesa cattolica, da quella ortodossa e da quella copta. S. Agnese di Roma (martire). La patrona dei giardinieri e delle vergini mostra in sogno il futuro marito di queste ultime, ma solo se hanno digiunato precedentemente la sua festa (21 gennaio). S. Benedetto da Norcia. Guardiano dell’ora della morte, ma solo dalle nove alle dieci. Le campane di S. Benedetto sono suonate per tenere lontano il diavolo dai morenti. S. Bonifacio. Occorre piantare i fagioli durante la sua festa (5 giugno) se si vuole un buon raccolto. S. Giuda Taddeo Apostolo. Patrono delle cause perse. S. Maria Maddalena. Le ragazze devono tagliarsi le trecce nel giorno della sua festa (22 luglio). Così avranno dei bei capelli lunghi. San La Muerte è un santo, non riconosciuto dalla chiesa cattolica, il cui culto è diffuso in Argentina e in Paraguay. È noto anche con i seguenti nomi: Señor de la buena Muerte, Señor de la Paciencia, San justo Nuestro Señor de la Buena Muerte, Nuestro Señor de Dios y de la Muerte, San Esqueleto, Ayucaba, Señor que Todo lo Puede, San Severo de la Muerte. A volte, per timore, è chiamato solamente “San”. S. Agata (martire). Il suo stemma presenta una tenaglia d’oro su fondo rosso, simbolo del suo martirio S. Marta di Betania. Nelle Repubblica Ceca chi fa il burro durante la sua festa (29 luglio) e ne offre un po’ alla Chiesa, avrà molto latte durante l’anno. S. Alberto di Lovanio. (21 novembre). Patrono dei pizzaioli e del Belgio. S. Ottilia di Hohenburg. Il 13 dicembre è la sua festa. Un sacerdote prende la camicia maleodorante custodita in chiesa, del padre della santa, patrona dell’Alsazia, e la indossa durante i due giorni precedenti del festival. S. Stefano I, re d’Ungheria. Chiunque usi una pistola il 20 agosto, giorno a lui dedicato, farà sicuramente centro. S. Giorgio di Cappadocia (martire). Se dovete usare una pozione d’amore o seppellire un tesoro fatelo nel suo giorno (23 aprile). Patrono dei cavalli, dei contadini e dell’Inghilterra. S. Marco Evangelista. Nel giorno della sua festa (25 giugno) il sale viene benedetto e dato alle mandrie mentre sono condotte al pascolo. S. Antonio Abate (17 gennaio) è il patrono dei becchini. S. Bernardo (1 giugno) è il patrono degli sciatori. S. Cristoforo (17 gennaio) è il patrono dei becchini. Sanata Bona da Pisa (29 maggio) è la patrona delle hostess. San Girolamo disse: «La tomba vuota è la culla del Cristianesimo» intendendo con questo che il Cristianesimo nasce con la tomba vuota per la risurrezione di Cristo. Disse anche che una donna cessa di essere tale e può essere chiamata uomo quando vuol servire più Cristo che il mondo (Comm. ad Ephesios III,5).

I segreti della produzione di santi

Italia, terra di poeti, navigatori e santi. È ovvio che in Italia abbia sede è il più grande santificio del mondo. Originariamente i santi erano riconosciuti in base al martirio o all’eroismo di vita cristiana, poi dal VI al XIII secolo i santi furono riconosciuti in base ai miracoli compiuti e così è ancora oggi. Niente miracolo, niente onore degli altari. Perciò all’impennata nel numero di santi dichiarati annualmente dalla Chiesa cattolica corrisponde un’impennata nel numero di miracoli riconosciuti. Il cardinale bolognese Prospero Lambertini, eletto papa Benedetto XIV, stabilì nel 1734 le norme per la dichiarazione di santità nel De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione. I santi sono presenti anche in altre religioni e anche nella Chiesa ortodossa. Un santo è venerato da tutte le Chiese cristiane, anche dai protestanti di solito poco inclini al culto dei santi. È il cosiddetto megalomartire San Giorgio. Tuttavia l’abbondante produzione annuale di santi e il riconoscimento dei relativi miracoli, necessari alla canonizzazione sono una specialità della Chiesa cattolica, insieme alle reliquie, da sempre. Non esiste oggi un altare cattolico senza la reliquia di almeno un santo inserita al momento della consacrazione della nuova chiesa. Per cui la reliquia più vicino a casa tua è cementata dentro l’altare della tua parrocchia. Il primo “avvocato del diavolo” – colui che sino al 1983 era incaricato di trovare criticamente motivi per non concedere la dichiarazione di santità – fu Prospero Lambertini, nominato nel 1708 da papa Clemente XI. Oggi al posto dell’avvocato del diavolo c’è un relatore della causa di beatificazione (per i beati) o canonizzazione (per i santi). Esclusi i martiri, è necessario dal 1975 il riconoscimento di un miracolo per la beatificazione e un altro per la canonizzazione, la quale può giungere anche dopo parecchi anni. Di questo si occupa la Consulta medica vaticana che convalida circa il 60% dei venticinque casi presentati in media ogni anno. Dal 1588 (data in cui papa Sisto V fondò la Congregazione dei Riti) al 1978 (elezione di papa San Giovanni Paolo II) sono stati dichiarati santi 296 fedeli e 827 beati. Dal 1978 vi è stata l’impennata del numero di canonizzazioni e beatificazioni. 464 le prime e 1.304 le seconde. Duemila sono in lista di attesa. Qualsiasi battezzato cattolico può chiedere la beatificazione di un altro fedele defunto. Il candidato è detto Servo di Dio. Una volta accertata l’eroicità delle virtù viene definito Venerabile. Per essere proclamato Beato il candidato deve aver fatto un miracolo. Due per essere dichiarato Santo, tranne che per i martiri. L’attore (questo è il termine legale) promuove la causa che viene istruita sulle virtù eroiche o sul martirio del Servo di Dio e se ne assume le responsabilità morali ed economiche. Art. 10 – § 1. Possono costituirsi attore della causa il Vescovo diocesano o eparchiale ex officio, le persone giuridiche, quali diocesi o eparchìe, strutture giurisdizionali ad esse equiparate, parrocchie, Istituti di Vita Consacrata o Società di Vita Apostolica, o Associazioni di fedeli clericali e/o laicali ammesse dall’autorità ecclesiastica. § 2. Può costituirsi attore della causa anche una persona fisica, ossia chiunque faccia parte del popolo di Dio, purché in grado di garantire la promozione della causa nella sua fase diocesana o eparchiale e in quella romana. Art. 11 – § 1. La persona giuridica o fisica si costituisce attore della causa con un atto notarile. § 2. Il Vescovo accetta tale atto dopo aver verificato la capacità della persona giuridica o fisica di assumere gli impegni inerenti al ruolo di attore.

Latrìa, Dulìa e Iperdulìa

La latrìa è il culto di adorazione riservato solo alle tre Persone della Santissima Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo). La venerazione è possibile anche alla Madonna (in questo caso si chiama iperdulìa), agli Angeli, ai Santi (cioè la dulìa e – solo per San Giuseppe – la protodulìa), ma l’adorazione (latrìa) è riservata esclusivamente a Dio. La latrìa si oppone ai peccati gravi – contro il primo Comandamento – di idolatrìa, che è l’adorazione nella vita di qualcos’altro al posto di Dio, divenendo di fatto un idolo per la persona, all’apostasia (abbandono della fede), all’eresia (fede scorretta) e alla magia (sostituirsi a Dio). È importante soprattutto nel Cattolicesimo e nell’Ortodossia distinguere nettamente tra l’adorazione (latrìa) dovuta solo a Dio e la venerazione. Il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica parla dell’adorazione solo in relazione a Dio. Essa è l’atto principale della virtù della religione. Adorare Dio è riconoscerlo come Dio come il Creatore e il Salvatore, il Signore e il Padrone di tutto ciò che esiste, l’Amore infinito e misericordioso. «Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai» (Luca 4,8), dice Gesù, citando il Deuteronomio. Adorare Dio è riconoscere nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il “nulla della creatura”, la quale non esiste che per Dio. Adorare Dio è come Maria nel Magnificat, lodarlo, esaltarlo, e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome. L’adorazione del Dio Unico libera l’uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall’idolatria del mondo (nn. 2096-97). Per questo motivo in chiesa la genuflessione va fatta solo davanti al Tabernacolo contenente l’Eucaristia. La venerazione (per Angeli, Santi, Madonna) è invece semplice riverenza e rispetto e quindi devozione (amore spirituale). Adorare qualcuno al posto di Dio (Angeli, Santi, Madonna) è un peccato grave contro il primo Comandamento.

Santi, superstizioni e credenze (attuali)

«La superstizione, l’idolatria e l’ipocrisia percepiscono ricchi compensi, mentre la verità va in giro a chiedere l’elemosina», diceva Martin Lutero. Teoricamente la superstizione non dovrebbe riguardare affatto la religione. Anzi, è proprio il suo contrario. La superstizione, dal latino super stitio, stare sopra, è la credenza che cose ed eventi abbiano un potere sulla libertà umana con un principio di causa-effetto. Un santo può intercedere, secondo la fede cattolica e quella ortodossa. Nessuna intercessione è necessaria per la fede evaangelica (protestante). Dio ascolta tutti. Quando si esagera però si entra nella superstizione. Il più alto numero di santi appartiene alla Chiesa cattolica, la quale scrive nel suo catechismo: «Il primo comandamento vieta di onorare altri déi, all’infuori dell’unico Signore che si è rivelato al suo popolo. Proibisce la superstizione e l’irreligione. La superstizione rappresenta, in qualche modo, un eccesso perverso della religione; l’irreligione è un vizio opposto, per difetto, alla virtù della religione. La superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero Dio, per esempio, quando si attribuisce un’importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie. Attribuire alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione» . Teoricamente, appunto. Tuttavia… (Solo qualche esempio)

Santo/a Superstizione/Credenza e patronato:
Adalberto di Praga L’acqua presa dai pozzi nell’immediata vicinanza delle chiese a lui dedicate hanno speciali poteri taumaturgici. Patrono della Boemia.
Sant’Agata di Catania Chiunque beva acqua santa nel giorno dedicato alla santa (5 febbraio) non sarà morso dai serpenti. Il pane di Sant’Agata protegge nei viaggi pericolosi. Patrona di Catania, degli orafi, dei costruttori di campane, balie. Protegge dai terremoti ed eruzioni vulcaniche, infiammazioni, malattie del seno.
Sant’Agnese di Roma Sant’Agnese mostra alle ragazze il loro futuro marito in sogno la notte prima della sua festa (21 gennaio). I polli cresceranno bene se ricevono un piccolo dolce il giorno di Sant’Agnese.
Sant’Ambrogio L’inno Obduxere polum nubila coeli viene cantato durante la siccità o pioggia costante per avere un tempo più clemente. Patrono di Milano e Bologna, dei fabbricanti di candele, apicultori, fabbricanti di pan di zenzero e scalpellini. Il suo stemma presenta un alveare e due flagelli incrociati. L’alveare simboleggia l’eloquenza per difendere la Chiesa, i flagelli la stretta disciplina del primo vescovo di Milano.
Sant’Andrea Apostolo La vigilia della sua festa (30 novembre) le ragazze desiderose di trovare marito spazzano la loro stanza completamente nude e Sant’Andrea farà incontrare loro il futuro marito (si suppone in un secondo momento). Ma se un uomo o una donna single vedono una bara dietro ad un albero lo stesso giorno rimarranno single. Patrono di Russia, Spagna, Grecia, Scozia, Sicilia, pescatori, macellai, infertilità e mal di gola.
Samt’Anna Madre della Madonna (secondo i Vangeli apocrifi, non quelli ufficiali). Patrona delle vedove, donne incinte, coppie di sposi, sarti, droghieri… Le donne incinte tengono un’immaginetta di Sant’Anna tra i seni.
Sant’Antonio di Egitto Non bisogna spazzare le stanze nel suo giorno (17 gennaio) per assicurarsi l’assenza di insetti in casa. (Allgau, Germania).
Sant’Antonio da Padova Patrono di Padova, Lisbona, donne, bambini, amanti, coppie sposate, asini, minatori. Invocato contro febbre, infertilità, demoni, naufragi, guerra, ritrovamento di oggetti perduti. Protegge dagli spiriti malvagi in cerca di un tesoro.
Santa Barbara Chiunque accenda una candela a Santa Barbara nel giorno della sua festa (4 dicembre) morirà di morte naturale. Patrona di chef di cucina, macellai, scavatori di tombe, pompieri, carpentieri e artiglieri.
San Barnaba La pioggia durante il suo giorno (11 giugno cattolici, 11 aprile ortodossi) rovina la raccolta di uva.
San Bernardino da Siena (Bernardino degli Albizechi) Scrive contro la superstizione nel suo De idolatriae cultu, ma tollera moti abusi dal tardo Medioevo. Secondo la leggenda fa testimoniare un bambino di otto mesi l’innocenza di sua mamma e fa risuscitare un uomo.
Santa Bona Santa patrona delle hostess e operatrici turistiche: Santa Bona (1156-1207). Vergine pisana. Il 2 marzo 1962 Papa San Giovanni XXIII la rende Patrona delle Assistenti dei viaggiatori, in virtù della spiccata vocazione della Santa a confortare e sorreggere i pellegrini nei momenti più difficili. Le sue spoglie riposano nella Chiesa di San Martino, a Pisa, dove numerose assistenti di volo a lei devote si ritrovano il 29 maggio.
Santa Brigitta di Svezia Benedizione dei cavalli nella sua festa (8 ottobre). Patrona di balbuzienti, pellegrini, viaggiatori, Svezia. Invocata quando i bambini tardano a parlare.
Santa Caterina da Siena La testa è a Siena, un piede a Venezia. La Santa protegge le lavandaie e dal mal di testa. Durante la notte di Santa Caterina (30 aprile) sboccia il fiore di Santa Caterina.
San Carlo Borromeo La più alta statua di un santo – il “Sancarlone” – è a lui dedicata ad Arona (Novara), sua città natale. 31,88 metri. Il suo dito indice è lungo 1,95 metri. Si può salire all’interno della statua con elmetto e scala a pioli sino agli occhi. San Carlo predisse la fine della peste a Milano dopo aver visto una visione di un angelo che rimetteva la spada nel fodero. Patrono di Milano con Ambrogio. Il cosiddetto “castissimo” non parlava mai con le donne, parenti comprese. I suoi pronipoti sono proprietari delle tre isole del Lago Maggiore.
San Cristoforo Patrono dell’America, viaggi in auto, marinai, atleti, giardinieri. Gli amuleti di San Cristoforo vengono fissati sui cruscotti delle auto. Le preghiere a San Cristoforo aiutano a trovare tesori e prosperità.
Santa Chiara di Assisi Sul suo letto di morte Chiara ha una visione della Messa di San Francesco. Per questo è patrona della televisione.
Sant’Elmo (Erasmo di Formia) La luce blu che si vede vicino a oggetti alti durante un temporale prende il nome di fuoco di Sant’Elmo, perché quando fu arso vivo (303 d.C.) una luce bluastra si erse dal rogo e fu ritenuta la sua anima. È una scarica elettro luminescente ionizzata simile al plasma. Spesso si presenta sugli alberi delle navi per cui i marinai credono che il fuoco di Sant’Elmo di presenti solo quando un uomo è caduto in mare.
San Giorgio Il giorno di San Giorgio (23 aprile) è il più favorevole per le pozioni d’amore e per cercare tesori nascosti
Santa Gertrude di Nivelles Durante la piaga dell’invasione dei topi a Colonia, sono state fatte processioni anti topi con offerte votive di un topo d’argento e uno d’oro. È patrona degli ospedali, viaggiatori e pellegrini e aiuta contro le invasioni di ratti.
San Gregorio Magno Patrono di insegnanti e studenti, scuole, coristi, cori scolastici, cantanti, musicisti. Nel suo giorno (3 settembre) erano eletti i vescovi bambini nel Medio Evo. Nel 2008 la Chiesa anglicana ne ha eletto uno di tredici anni: Myles Simpson. (All Saints’ Church di Wellingborough, Northamptonshire, Inghilterra).
San Giacomo Apostolo Le candele di San Giacomo allontanano gli spiriti malvagi. Nelle alpi tirolesi i fabbri battono su incudini fredde durante il suo giorno (25 luglio) per rinforzare le catene che imprigionano Satana.
San Giovanni Apostolo Il vino e la birra di San Giovanni servono da rimedi contro i demoni, proteggono contro i fulmini, l’avvelenamento e l’annegamento. Nel giorno del giudizio San Giovanni porta i bambini non battezzati in paradiso. È patrono degli scultori, stampatori, librai, autori, scrittori. Viene invocato contro epilessia e avvelenamenti.
San Giovanni Battista I bambini svezzati nel suo giorno (24 giugno) sono fortunati.
Saint Honorè (Sant’Onorato) Santo patrono dei pasticceri. Saint Honorè († 600). La torta Saint Honoré è il dolce che trae il nome dal santo patrono dei pasticceri francesi Saint Honoré o Honoratus (vescovo di Amiens nel VI secolo). La sua statua si trova nella cattedrale di Amiens (Francia).
San Leonardo abate Patrono di allevatori, minatori, autisti, cavalli, fabbri, fruttivendoli. A Ramsach (Austria) le donne pettinano i loro capelli con l’acqua della fonte della chiesa di San Leonardo per proteggere il bestiame da epidemie. A Gaishof (Svizzera) i cavalli sono portati per tre volte attorno alla chiesa durante il suo giorno (6 novembre) e le loro teste sono spinte in un buco nel muro della chiesa. Ad Aigen (Austria) i tronchi di San Leonardo servono come prova di forza e di coscienza.
Santa Lucia In Ungheria non si può dare ospitalità agli stranieri durante il giorno di Santa Lucia (13 dicembre) altrimenti lo straniero porterà con sé l’immagine della casa. Sempre in Ungheria nel suo giorno è inserita una piuma nell’impasto di un dolce che viene cotto per ogni membro della famiglia. Chi trova il dolce con la piuma bruciata al suo interno morirà l’anno successivo. Patrona dei ciechi, prostitute, escort, sellai, scrittori, sarti. Protegge dalle malattie degli occhi, cecità, mal di gola e infezioni.
San Luca evangelista Oltre ad essere patrono dei medici, pittori, scultori, macellai, tori e bestiame vario, San Luca guarisce i malati se vengono posti dei fogli con formule magiche sul malato anche quando i medici hanno perso ogni speranza.
Santa Margherita di Antiochia (alias Santa Marina) Patrona delle partorienti, di quarantasei comuni italiani, delle vergini, donne sposate e incinte. Invocata contro l’infertilità. Le donne che hanno difficoltà con la gravidanza misurano il loro sottopancia e accendono una candela a Santa Margherita. A Starzedel (Germania) le donne che hanno appena partorito un altro figlio offrono il cordone ombelicale secco del loro bambino (di sei settimane di età) a Santa Margherita. A Salisburgo (Austria) le bambine nate “illegittimamente” (fuori dal matrimonio) devono avere anche il nome di Marina in aggiunta ad un altro nome cristiano per poter crescere in maniera sana.
San Marco evangelista Nel giorno di San Marco (25 aprile cattolici, 11 gennaio greci ortodossi) il sale viene benedetto e dato alle mandrie prima di essere portate al pascolo.
Santa Marta (di Betania) Nella Repubblica Ceca chi fa il burro nel suo giorno (29 luglio) e ne donerà un po’ in chiesa, avrà molto latte durante l’anno. Patrona delle massaie, cuochi, cameriere, pittori, scultori, lavandaie e lavanderie.
San Martino di Tours In Ungheria chi si ubriaca di vino il giorno di San Martino di Tours (11 novembre) non soffrirà di mal di testa e di stomaco per un anno intero. Nel suo giorno la gente può rubare ciò che vuole . Patrono dei mendicanti, viaggiatori, prigionieri, mandriani, albergatori.
Maria di Nazareth (la Madonna) In Ungheria una lampada accesa al notte di Natale assicura che Maria porti fortuna . Chi cattura una rondine il giorno di Natale deve prendere una parte del suo stomaco come rimedio per l’epilessia. Patrona dei marinai, pescatori, della verginità e della castità, donne incinte.
Maria Maddalena Se vengono tagliate le trecce alle ragazzine nel suo giorno (22 luglio) avranno capelli bellissimi. Il suo giorno è sfortunato per matrimoni, viaggi, affari importanti, scalate in montagna e nuotate.
San Matteo Apostolo 21 settembre. Le persone nate nel suo giorno devono, in certe notti, accompagnare gli spiriti a spasso nel cimitero. Ad Hannover le ragazze profetizzano sul loro matrimonio ponendo dei foglietti sull’acqua e interpretandone i movimenti. Patrono degli esattori delle tasse, ufficiali di dogana, cambiavalute, ospedali, navi, etilisti (alcolizzati).
San Mattia Apostolo Chi vede uno spirito senza testa nel cimitero durante la notte della sua festa (14 maggio) morirà nell’anno in corso.
San Nicola Tolentino Il pane di San Nicola Tolentino gettato nel fuoco ne controlla le deflagrazioni.
San Patrizio Nel giorno di San Patrizio (17 marzo) in Irlanda va sacrificato un galletto nero. Il 17 marzo è sempre bel tempo in Irlanda, grazie a San Patrizio. Patrono dei parrucchieri, Irlanda, minatori, fabbri e bestiame.
San Paolo Le giovani donne devono girare i materassi dal verso sbagliato e chiedere a San Paolo di mostrare loro il futuro marito. Patrono dei fabbricanti di tende, stampa cattolica, teologi e colombe. Invocato contro i morsi di serpenti e tempeste in mare.
San Pietro apostolo San Pietro controlla gli eventi atmosferici. Il giorno della cattedra di San Pietro (22 febbraio) è in Olanda i bambini possono ottenere ciò che vogliono. A Erfurt (Germania) nessuno può essere eletto sindaco se porta questo nome.
San Filippo apostolo La sera della vigila della festa originale di San Filippo (1 maggio; oggi 3 maggio) è la notte di Valpurga, notte delle streghe, o vigilia di San Filippo. La notte ha preso il posto della festa della santa (Santa Valpurga). Le streghe escono e danzano al chiaro di luna. Patrono di pastai e droghieri
Santa Rita da Cascia L’olio di Santa Rita da Cascia è un medicamento miracoloso. La santa aiuta in casi difficili.
San Simone zelota apostolo Il giorno della sua festa, 28 ottobre, i mariti non devono contraddire le loro mogli. Se la moglie si sveglia prima del marito in quel giorno, potrà impartire ordini al coniuge per un anno intero.
Santo Stefano martire Numerose credenze tra cui la prima dimostrabile pozione d’amore mai creata. Quella di Santo Stefano in epoca carolingia. I contadini devono leccare il sale di Santo Stefano se partono per un lungo viaggio. I panni messi sull’altare del santo hanno poteri curativi.
S. Stefano I, re d’Ungheria. Chiunque usi una pistola il 20 agosto, giorno a lui dedicato, farà sicuramente centro.
San Tommaso apostolo Il giorno di San Tommaso (3 luglio) è favorevole per conoscere il futuro. Il metodo più geniale è quello di mettere dei foglietti con numeri scritti sopra, dentro gli gnocchi e scommettere su quale gnocco emerge galleggiando per primo dall’acqua bollente. Nella notte di San Tommaso bisogna dormire dalla parte “sbagliata” del letto in modo da conoscere gli eventi del prossimo anno. Architetti, costruttori, cavapietre, falegnami e teologi hanno il loro patrono.
San Vito Patrono di attori e commedianti, minatori, sordi, muti, zoppi, ciechi ed epilettici, morsi di serpente e di cani (preghiera siciliana contro il morso di cane), fulmini. Il ballo di San Vito è l’epilessia. San Vito guarisce dalla rabbia canina, a patto di girare tre volte intorno alla sua chiesa prima di entrarvi.

Giorgio Nadali


Le immagini sacre aiutano a sopportare il dolore

Le credenze religiose possono essere molto potenti e possono avere effetti fisici. Uno studio[1] guidato da Katja Wiech[2] dell’Università di Oxford ha coinvolto ventiquattro individui divisi in due gruppi. Dodici erano studenti cattolici praticanti. Gli altri dodici erano studenti atei. Sono state mostrate loro alcune immagini. Una era un’immagine della Vergine Maria del pittore Giovanni Battista Salvi detto «Il Sassoferrato» (XVII secolo). L’altra era «La dama con l’ermellino», di Leonardo da Vinci. Immagini molto simili. Dopo aver guardato le foto per trenta secondi, i volontari sono stati sottoposti a piccole scosse elettriche per dodici secondi. Ogni volta, è stato chiesto di classificare come il livello di dolore su una scala da zero a cento. I soggetti sono stati poi sottoposti a risonanza magnetica cerebrale.

Quando la squadra della Wiech controllò le scansioni cerebrali dei due gruppi, ha trovato marcate differenze tra di loro. Dopo aver visto il quadro della Vergine Maria, una zona del cervello chiamata corteccia prefrontale risultava illuminata solo nei volontari religiosi. I membri del gruppo religioso riferivano di provare meno dolore quando guardano l’immagine della Vergine Maria, di quando guardavano il quadro di Leonardo. Per i cattolici dodici per cento in meno di dolore. Sul gruppo di non religiosi le immagini non hanno avuto alcun effetto.

Katja Weich ha concluso che: «I cattolici erano coinvolti in un meccanismo cerebrale che è ben noto dalla ricerca come effetto placebo, analgesia e disimpegno emotivo che aiuta le persone a reinterpretare il dolore e renderlo meno minaccioso. Queste persone si sentivano sicure guardando la Vergine Maria, si sentivano protetti, quindi l’intero contesto del test è cambiato per loro. È altamente probabile che anche le persone non religiose potrebbero raggiungere una simile capacità di controllare il dolore, forse attraverso la meditazione o altre strategie mentali».

 Giorgio Nadali

 

 

[1] Religious belief can help relieve pain, say researchers, «The Guardian», 01/10/2008

[2] Katja Wiech è ricercatrice presso la Functional Magnetic Resonance Imaging del Centro per il Cervello, Università di Oxford, fondata dal Centro di Oxford per la Neuroetica