Sessualità & Religioni. 2. Buddhismo gay e lesbico

Nel Buddhismo Thailandia e India hanno una tradizione religiosa buddhista, con i kathoey, maschi biologici che assumo un’identità femminile passiva…

 

Il Buddhismo guarda con sospetto il piacere sessuale come “veleno” perché, secondo le Quattro Nobili Verità, ogni desiderio è causa di sofferenza in questa vita e in quelle future. Nel Buddhismo classico la forma ideale di vita è quella monastica con assoluta astensione da qualsiasi attività sessuale. Ad ogni modo tranne che in Tibet e in Mongolia, la comunità monastica è solo una piccola parte dei buddhisti, le restrizioni riguardanti la morale sessuale buddhista sono veramente poche e si limitano a quelle gravi che comportano la violenza (stupro) o l’inganno (adulterio). Le comunità buddhiste hanno tollerato monogamia, poligamia e poliandria.

L’amore tra due persone dello stesso sesso non è un problema. Il Buddhismo non ha una visione positiva del desiderio sessuale, ad ogni modo omosessualità ed eterosessualità non fanno differenza. Sono buone se sono consensuali.
Missionari cattolici come Matteo Ricci e San Francesco Saverio hanno notato con orrore la tolleranza dell’omosessualità nei monasteri buddhisti in Cina e in Giappone. Paese quest’ultimo che ha una lunga tradizione che esalta l’amore omosessuale maschile, in particolare tra samurai anziani e giovani attori del teatro kabuki e i loro impresari; tra monaci buddhisti e i loro accoliti. Si pensa che l’amore gay sia stato introdotto in Giappone dalla Cina da Kukai, il fondatore della scuola tantrica buddhista Shingon. Vi è una lunga tradizione di prosa e di poesia gay buddhista e persino una teologia sessuale dell’erotismo maschile particolarmente legata alle scuole Shingon e Tendai del Buddhismo giapponese.

Non esiste una letteratura simile in Tibet e in Mongolia. Comunque osservatori e viaggiatori in Tibet e Mongolia hanno osservato la diffusione dell’omosessualità maschile tra i monaci anziani e i loro accoliti, che assumevano un ruolo passivo nel sesso intercrurale (cioè il rapporto sessuale interfemorale) considerato una violazione minore delle regole monastiche perché non prevede alcuna penetrazione in orifizi.
La Tailandia e l’India hanno una tradizione religiosa gay con i kathoey, maschi biologici che assumono identità femminile passiva. Il Dalai Lama dei tibetani ha ribadito il voto di castità per i monaci e si è espresso a favore delle relazioni gay laiche. Il movimento religioso buddhista Soka Gakkai accetta gay e lesbiche ed è stata la prima religione a celebrare matrimoni omosessuali.

Giorgio Nadali

(foto dell’autore, Hong Kong)


Buddhamanìa. In aumento in Italia i fedeli del Buddha

In aumento in Italia i fedeli di Buddha. Scopriamo perché

Abbiamo incontrato cinque monaci italiani – appartenenti a diverse tradizioni buddhiste – presso il Centro Mandala di Milano

Tutti provengono dalla originaria fede cattolica e da una professione avviata, che hanno lasciate per diventare missionari del Buddhismo. Hanno acquisito un nome buddhista (accanto al loro nome e cognome italiano), vestono da monaci solo nelle occasioni ufficiali e nel tempio e non praticano la questua come fanno i monaci buddhisti in Estremo Oriente. Oggi i fedeli del Buddha in Italia sono 103.000 su 483 milioni nel mondo. I monaci : ven. Seiun Fushin del tempio buddhista del Lagorai (Trentino), ven. Taehye Sunim e ven. Kusalananda del Tempio buddhista MusangAm di Lerici, ven. Lama Paljin del Mandala – Centro studi tibetani di Milano, ven. Tubten Tharpa dell’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia.

Come vi siete avvicinati al Buddhismo?

Lama Paljin: Veniamo tutti dal Cattolicesimo e nel corso della nostra vita abbiamo incontrato il Buddhismo e lo abbiamo scelto come sentiero spirituale e come terreno di pratica.
Perché?
Lama Paljin: Per quanto mi riguarda ho notato che il Buddhismo responsabilizza l’individuo e attraverso la sua consapevolezza gli permette di raggiungere uno stato mentale equilibrato. Mi sentivo molto più libero di fare delle scelte. Non é dogmatico il Buddhismo. Sono responsabile di me, compio le mie azioni, incontro le conseguenze. Non c’è nessuna entità che mi deve giudicare. Sono buddhista da circa quarant’anni.
Monaco Seiun: Io ero cattolico, molto attivo come capo scout o e animatore dei gruppi dell’oratorio. Il Buddhismo ha dato pienamente alle mie domande personali la risposta giusta al mio modo di pensare.
Monaco Taehye: Io vengo da una famiglia protestante in Finlandia. Mi sono avvicinato al Buddhismo perché mi piace ciò che dice sugli animali, sul fatto di essere vegetariani e perché mi sembra più razionale sula spiegazione della vita.

Quante persone frequentano il Centro Mandala?

Lama Paljin: Il centro è frequentato da tre tipi da persone. I praticanti, che seguono la trazione buddhista. Le persone interessate alle nostre attività che vengono con la curiosità di conoscere meglio il Buddhismo e poi ci sono i simpatizzanti che arrivano spinti dalle notizie del momento. Ad esempio dall’uscita di un libro del Dalai Lama o di un film. Nell’arco dell’anno abbiamo credo 1.500 presenze e i nostri soci sono 300. I veri praticanti sono 50. L’ottanta per cento dei frequentatori sono donne. Sono tutti laureati o diplomati e l’età media è di cinquant’anni, ma negli ultimi anni si è abbassata.
Monaco Seiun: Da noi ci sono anche ragazzini mandati dai genitori per avere un’esperienza di meditazione e di lavoro in comunità. Abbiamo anche ventenni che vogliono integrare la loro pratica di arti marziali con la conoscenza del Buddhismo. Ci sono anche persone più anziane.

Perché il Buddhismo attrae?

Monaco Tubten Tharpa: Ci sono tante risposte. Una possibile è un’alternativa a un momento di bisogno interiore di una situazione specifica. Un problema personale, una situazione di sofferenza.
Lama Paljin: Il Buddhismo è una tradizione recente in Occidente. La gente è incuriosita perché è un fenomeno di moda. Ed è interessata alla meditazione. il Buddhismo è una scienza della mente e oggi la mente è al centro dell’attenzione non solo scientifica, ma anche culturale. Si parla molto dei benefici di una buona meditazione. La gente pensa che il Buddhismo non sia una religione, ma un modo di vivere. Vengono con l’intenzione di conoscere, non di convertirsi. Quelli che vengono qui e sono cattolici vanno a Messa la domenica e poi vengono alla meditazione al giovedì. Non sposano una tradizione buddhista, ma seguono le indicazioni del Lama [guida spirituale] riguardo alla pratica meditativa in sé. Quando è morto il papa Giovanni Paolo II abbiamo recitato con novanta persone un’Ave Maria.

Ci sono persone che sono rimaste deluse da altre esperienze religiose?

Monaco Tubten Tharpa: Il confronto tra quello che sappiamo da sempre e quello che arriva da amici o da persone che sono cambiate nel periodo un cui hanno frequentato percorsi di meditazione ha incuriosito e avvicinato altri. Ha contribuito anche la diffusione dei centri buddhisti.

Avete delle divinità?

Lama Paljin: molte divinità del Buddhismo tibetano derivano da quelle induiste. Non sono figure reali, ma di riferimento per il nostro percorso spirituale.
Monaco Tubten Tharpa: Tutto sta nell’atteggiamento con cui ci si confronta con queste figure divine. Se uno viene con lo stesso atteggiamento con cui pregava la Madonna o Gesù non sta avendo la stessa comprensione che dovrebbe avere in un contesto buddhista.

Cosa pensate di Gesù?

Monaco Tubten Tharpa: Personalmente ritengo che possa essere considerato un bodhisattva, cioè un essere che ha rinunciato alla sua vita per aiutare altri.
Secondo voi una religione vale l’altra?
Lama Paljin: Una religione vale l’altra nel momento in cui una persona ha lo spirito puro per praticarla.
Avete norme morali?
Lama Paljin Abbiamo i cinque precetti che sono le linee guida che un laico deve seguire per rimanere sul sentiero spirituale.
Monaco Tubten Tharpa: Quello che può essere interessante è l’atteggiamento di assenza di condanna, ad esempio nei comportamenti sessuali o nel contesto di sensi di colpa nei confronti di qualcosa che pensiamo sia morale o non morale fare.

Nelle altre tradizioni religiose secondo voi c’è molto il senso di colpa?

Monaco Tubten Tharpa: Molto. Può allontanare e fare avvicinare ad altre tradizioni religiose anche su temi che come la morte qui sono accolte come parte della vita e non messi da parte come tabù.

Celebrate tutti i rituali come funerali e matrimoni?

Monaco Tubten Tharpa: Certo. Devono essere persone che lo richiedono specificatamente, anche non buddhiste.
C’è una vera conoscenza del Buddhismo in Italia?
Lama Paljin : La maggior parte delle persone si avvicina grazie ai mezzi di comunicazione di massa, ma una vera conoscenza del Buddhismo non c’è. Dovranno sorgere più monasteri in Italia.

Una persona molto ricca come Richard Gere può essere buddhista?

Lama Paljin : Una persona molto ricca che pratica il Buddhismo è privilegiata perché ha l’opportunità di vivere bene la propria ricchezza e praticare l’ altruismo e la compassione. Una persona ricca che pratica il Buddhismo secondo la tradizione è maggiormente di aiuto al prossimo. Richard Gere è una figura che ha una generosità spiccata supportata da una fede buddhista consolidata.

Avete i voti di castità e di povertà?

Lama Paljin: Io sono vedovo, ho un figlio e mi sono accostato al Buddhismo prima di essere vedovo. Abbiamo i voti di povertà e castità. Il voto di castità ci aiuta a sentire il distacco dagli attaccamenti terreni. Ci sono però monaci buddhisti tibetani e di altre tradizioni che sono sposati e che non vivono nel monastero.

A Comiso c’è il più grande stupa in Italia [grande costruzione buddhista, reliquario a forma di cono]. Voi avete in progetto di costruirne uno?

Monaco Tubten Tharpa: Noi abbiamo in progetto di costruirne tre, ma piccoli.
Lama Paljin: Penso sia un monumento di grandissimo significato, ma non è fondamentale. A Milano se tutti i buddhisti tibetani trovassero un’area e avessero i permessi per costruirne uno, sarebbe una grande benedizione. Ma non abbiamo i soldi.

Come vi finanziate?

Lama Paljin: Attraverso le quote associative e le offerte dei frequentatori del centro.

Nella tradizione buddhista i monaci fanno la questua. E voi?
Monaco Kusalananda: Sarebbe ridicolo.

Non è un obbligo?

Lama Paljin: È la cultura locale in Occidente che non lo accetta.

Di cosa vi occupavate prima di essere monaci buddhisti?

Monaco Tubten Tharpa: L’imprenditore tessile. Ero buddhista anche prima di vendere l’azienda. Avevo dieci dipendenti, ma non ero soddisfatto della mia vita. Mi mancava sempre qualcosa. Vivevo da solo in una casa di 600 metri quadrati sul lago di Como. Ora vivo in una baita non mia di quindici metri quadri. Ho tutto. La motivazione principale è stata causata da una società con un’etica materialista.
Lama Paljin : Il dirigente d’azienda. Ho lasciato il lavoro per dedicarmi alla diffusione del buddhismo.
Monaco Taehye: Ho studiato in università in Finlandia
Monaco Kusalananda: Musicista compositore pianista e lo faccio ancora, ma non è più il mio lavoro a tempo pieno.

Qualcuno di voi vive in comunità?

Monaco Taehye : Noi viviamo in un piccolo tempio
Lama Paljin: Ho la mia casa
Monaco Seiun: Sto nella casa di famiglia
Voi cosa fate per i bisognosi?
Lama Paljin : recentemente Abbiamo adottato sette bambini rimasti orfani durante terremoto in Nepal e pagheremo loro gli studi in un collegio.

Giorgio Nadali

(foto dell’autore)

 


Rosario brucia l’incenso

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di Giorgio Nadali

L’uso dell’incenso nelle Religioni è testa a testa con l’uso dell’oggetto sacro che nel Cattolicesimo è chiamato “rosario”.

Il rosario è un oggetto di culto comune a diverse religioni. La preghiera meditativa è scandita dai grani dei rosari cattolici, ortodossi, islamici, induisti, buddhisti e degli Hare Krishna. Il rosario cattolico è una “Corona di rose” offerta alla Madonna, da cui il suo nome. Si diffonde nasce nel tardo Medio Evo grazie alle confraternite del Santo Rosario, fondate dal frate Pietro da Verona. Quello ordinario ha 50 grani, mentre la versione francescana ne ha 70. I 50 grani sono 5 decine composte da un Padre nostro, dieci Ave Maria, un Gloria al Padre. La decina termina con la “Preghiera di Fatima” o l’Eterno Riposo per i defunti. Al termine delle cinque decine si recita il “Salve Regina”. Il rosario completo è composto in realtà da quindici decine. Le prime cinque vengono recitate il lunedì e giovedì (o sabato) e meditano ciascuna i “misteri gaudiosi”, le secondo cinque il martedì e venerdì e meditano i “misteri dolorosi” della Passione di Cristo. Il mercoledì e la domenica (o sabato) si meditano i cinque “misteri gloriosi” con le ultime cinque decine. Dal 2002 è possibile aggiungere il giovedì anche altre cinque decine dei “misteri luminosi”, voluti con la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae del 16 ottobre 2002, da San Giovanni Paolo II. La lettera dice tra l’altro: “Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale”. Il rosario ortodosso (Russia, Ucraina, Romania, Bulgaria, Bielorussia, Serbia, Grecia, ecc.) si chiama “corda da preghiera” e non ha lunghezza fissa. Di solito i grani sono 33, 50 o 100 ed è comunemente fatto di lana annodata. La corda da preghiera ortodossa è basata sulla “preghiera del cuore”, o preghiera di Gesù, basata sulla preghiera della parabola del pubblicano nel Vangelo di Luca: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore”. Il rosario greco ortodosso si chiama komboloi. Il rosario islamico è il misbaha o tasbīḥ. È formato da 99 grani, oppure da 33 ripetuti 3 volte. Ciascun grano (fatto di legno, avorio, perla o plastica) è uno dei 99 nomi di Allah. Recitarli a memoria è la dhikr. I primi ad usarlo furono i sufi, i mistici islamici. Il rosario induista si chiama japa mala (che significa ghirlanda) o rudraksha. È fatto di semi di Elaeocarpus ganitrus. Composto da 108 grani, ciascuno è un mantra (preghiera, a volte composta anche da una sola sillaba come “OM”) o invocazione del nome di una divinità. Va usato con la mano destra e il pollice che fa passare i grani. Il mala va avvolto sul dito indice che rappresenta il proprio ego, ciò che frena la propria realizzazione personale. Il mala (rosario) buddhista è molto più antico di quello cristiano (il Buddhismo ha 2500 anni). Serve per la recitazione di mantra e di dhāraṇī (gzung-ma in tibetano), cioè di versetti rituali composti da sillabe, come il nembutsu (o nianfo), la ripetizione del nome di Amitābha, un Buddha celestiale. Infine il mala (rosario) degli Hare Krishna (organizzazione religiosa di matrice induista nata nel 1966 negli USA) viene recitato con la mano che scorre i grani del rosario racchiuso dentro un sacchetto di tela e serve per recitare il grande (maha) mantra o Vaishnava mantra composto da sedici parole.

L’incenso è simbolo di santità. I suoi fumi rappresentano le preghiere degli uomini che salgono in cielo. A Gesù bambino l’incenso fu donato dai Magi per questo motivo. Purifica l’ambiente sacro e immette nella dimensione divina. Non a caso la pianta dalla quale proviene si chiama Boswellia Sacra. È usato da diverse religioni. Cristianesimo cattolico e ortodosso, Induismo, Buddhismo, Taoismo, Shintoismo. Quello cattolico viene generalmente usato solo dal sacerdote, è in granelli che vengono posti nella navicella e poi posti con un cucchiaino dentro al turibolo insieme alla carbonella. Nel Cristianesimo ortodosso e in tutte le altre religioni l’incenso è acquistato e usato direttamente dai fedeli. Nell’Induismo, Buddhismo e Taoismo di solito viene usato dai fedeli quello in piccoli bastoncini da bruciare al tempio oppure in forma di spirali coniche (Taoismo). Nel Buddhismo e Taoismo i bastoni di incenso possono essere anche di grandi dimensioni – sino ad un metro – e costosi. Sono acquistati e lasciati bruciare presso un’immagine sacra. L’incenso è citato 124 volte nella Bibbia, di cui 4 nei Vangeli e 1 nell’Apocalisse. I cristiani ortodossi in Grecia lo comprano come le caramelle. Nel negozio scelgono il tipo desiderato e con una paletta lo mettono in un sacchetto e lo acquistano a peso. Sono grossi cristalli multicolore. Anche la chiesa russo ortodossa lo vende ai fedeli in scatolette colorate. I fedeli lo accendono personalmente in chiesa o in casa davanti alle icone… L’incenso “non combustibile” è una combinazione di ingredienti aromatici che non sono preparati o modellati in una forma particolare ed è per lo più inadatto per la combustione diretta. L’uso di questa classe di incenso richiede una sorgente separata di calore poiché generalmente questo incenso non può accendersi senza altre sostanze. Questo incenso può variare per la durata della sua combustione e per la struttura del materiale. Gli ingredienti più fini tendono a bruciare più rapidamente, mentre quello macinato grossolanamente o intero può consumarsi a poco a poco, in quanto ha meno superficie totale. Il calore è tradizionalmente fornito da carbone o brace. In Occidente, gli incensi più noti di questo tipo sono il franchincenso e la mirra, probabilmente a causa loro numerose menzioni nella Bibbia cristiana. Nel tipo intero l’incenso viene bruciato direttamente nella sua forma. In polvere o granulato. Questo incenso brucia rapidamente e fornisce un breve periodo di profumi intensi. Nella pasta di incenso il materiale in polvere o in granulato viene miscelato con un legante appiccicoso e incombustibile, come frutta secca, miele, o una resina morbida e quindi modellato in sfere o piccole pastiglie. Queste vengono lasciate maturare in un ambiente controllato in cui i profumi possono mescolarsi e unirsi. Nell’ambito della tradizione orientale cristiana ortodossa, l’incenso grezzo viene macinato in una polvere fine e poi mescolato con vari oli essenziali profumati. Gli incensi più aromatici sono la canfora borneola, il benzoino di Sumatra, l’incenso dell’Oman, il guggul, l’incenso dorato, il balsamo del Tolu, la mirra di Somalia e il sandalo indiano bianco.

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it


Il futuro delle Religioni

di Giorgio Nadali

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Con l’avvento dell’anno 2001 dell’era cristiana si è aperta la porta sul mistero di un nuovo millennio di storia, con le sua aspettative, angosce, speranze, previsioni. Certo non molto è cambiato per chi vive alla giornata o per quella maggioranza di noi che nella propria agenda ha scadenze entro l’anno in corso. L’odissea nello spazio non c’è stata e la fine del mondo ha deluso quei cinque milioni che l’aspettavano ansiosamente e l’avevano già segnata in rosso nelle scadenze da ricordare. Ma guardare al futuro è cercare di capire cosa ci attende anche a breve termine. L’uomo ha sempre cercato nel futuro risposte al presente. Dalle sfere di cristallo agli oroscopi online, dagli oracoli alle proiezioni della moderna statistica.

Molti cercano di prevedere i cambiamenti che ci attendono in questo decennio, altri si spingono sino ai confini del secolo e oltre. Alcuni tentano di predire il futuro delle religioni, come ad esempio il World Network of Religious Futurists, di Seattle (USA). Certamente i lettori più dotati di senso pratico si domanderanno il senso di tale preoccupazione. A loro potrebbero rispondere i lettori più attenti agli aspetti sociali. La religione è parte integrante degli usi e costumi di un popolo, e incide sulle scelte e sugli orientamenti etici della società nella quale viviamo. I lettori amanti delle statistiche si affretterebbero poi a portare i loro dati pieni di percentuali. Ci direbbero che, in base a varie proiezioni delle Nazioni Unite, il totale della popolazione mondiale crescerà sino al 2025 dai 6,25 miliardi attuali a 8,5 miliardi. Il Cristianesimo vedrà crescere il suo numero di fedeli dal 33,4% della popolazione della Terra, sino al 35,5%, mentre l’Islam passerà dal 18,5% al 20,2%. Gli agnostici diminuiranno. Dal 16,1% al 15%.  I non credenti si apriranno alla fede, almeno per quella differenza che farà calare la loro già esigua rappresentanza del 13%.  Le religioni orientali passeranno dal 3,4% al 2,7%  e le religioni tribali vedranno quasi dimezzati i loro credenti, dallo 1,5% allo 0,9% mentre Ebrei, Indù, Buddhisti e Sikh si manterranno su posizioni percentuali proporzionate a quelle attuali.

Il Cardinale Arinze, in una conferenza del 1997 presso il Center for Muslim-Christian Understanding della Georgetown University di Washington D.C, esordì ricordando che i cristiani costituiscono il 33% della popolazione mondiale. I musulmani il 18%. Ciò significa che più della metà del pianeta segue queste due grandi religioni monoteiste. E’ importante tenerne conto. Conflitti etnici tra cristiani e musulmani in Bosnia, Timor Est, Kosovo, hanno tristemente riempito pagine di quotidiani. In Italia è sorta la seconda grande moschea. Altre seguiranno, in base al trend dell’immigrazione.  La relazione tra cristiani e musulmani sarà una questione molto importante nel prossimo futuro. “E’ importante soprattutto educare le persone della propria religione ad accettare e rispettare gli altri e a cooperare per promuovere la pace. La dimensione delle relazioni tra Cristiani e Musulmani è importantissima per il secolo che sta per iniziare” –  ricordava Papa Giovanni Paolo II alla sesta assemblea della conferenza mondiale sulla religione e la pace (Roma, 3-11-1994).  I leaders religiosi devono chiaramente dimostrare di impegnarsi per la promozione della pace, proprio in forza del loro credo religioso”. Senza accordo e armonia tra le religioni è facile dunque prevedere che non ci sarà pace né vicino né lontano da noi. E la storia insegna.

 Durkheim ha scritto della capacità quasi illimitata degli uomini di apportare innovazioni in campo religioso. Nel mondo moderno tale capacità innovativa è favorita maggiormente dal facile accesso alla vasta gamma delle tradizioni religiose. In futuro, grazie alle comunicazioni che accrescono il contatto tra le culture su scala mondiale, la gente potrà conoscere meglio una serie di credenze religiose una volta considerate del tutto incompatibili tra loro e beneficerà delle pratiche che avrà trovato fuori delle proprie tradizioni religiose… La tendenza all’eclettismo potrà subire un’accelerazione. 1

La secolarizzazione è il tema dominante nel moderno assetto del futuro della religione. Secondo Webster, il termine secolare ha il significato “di chi appartiene al mondo e alle cose terrene distinguendo dalla chiesa e dagli affari religiosi”. La secolarizzazione quindi significa divenire immanenti. Più specificatamente, gli scrittori moderni usano il termine secolarizzazione per significare l’erosione della credenza nel soprannaturale – una perdita di fede nell’esistenza di forze ultraterrene.

Attraverso la secolarizzazione, le sette sono addomesticate e trasformate in chiese. La loro iniziale fede nell’ultraterreno viene ridotta e si riduce a mondanità. La secolarizzazione porta anche al collasso di organizzazioni religiose a causa della loro estrema mondanità – la loro vaga e debole concezione del soprannaturale – le lascia senza mezzi per soddisfare almeno la dimensione universale dell’impegno religioso. Quindi, la secolarizzazione è il processo auto limitante che genera revival (formazione di sette) ed innovazione (formazione di culti). La maggior parte degli studiosi, comunque, non considera l’andamento attuale della secolarizzazione come il messaggero del cambiamento religioso, ma proprio come il declino finale degli dei. Molti riconoscono che, nel passato, la secolarizzazione produceva nella nascita di nuove fedi, ma sono convinti che oggi si è inserito un nuovo fattore che ha eliminato questa equazione: la crescita della scienza è inversamente proporzionale alla crescita del sentimento religioso. La scienza dovrebbe rendere non plausibile la religione, e di conseguenza la secolarizzazione moderna non produrrà più nuove grandi religioni, bensì un’era di razionalità in cui il misticismo non può più trovare un posto significativo. Anthony F.C. Wallace, tra i più importanti antropologi della religione, diede voce alla grande maggioranza dei moderni sociologi quando scrisse:

“… L’evoluzione futura della religione è l’estinzione. La credenza in esseri e in forze soprannaturali che incidono sulla natura senza obbedire alle sue leggi si sgretolerà e diverrà un’interessante memoria storica. Con certezza, questo evento probabilmente non avverrà nella prossima generazione, il processo probabilmente avrà bisogno di diverse centinaia di anni, e ci saranno sempre individui, o occasionalmente piccoli gruppi religiosi, che risponderanno alle allucinazioni, al trance, e all’ossessione con interpretazioni soprannaturali. Ma come tratto culturale, la credenza in poteri soprannaturali è destinata a morire, in tutto il mondo, come risultato dell’aumentata adeguatezza e diffusione della conoscenza scientifica… il processo è inevitabile.”2

Chiaramente, la scienza è una nuova è potente forza culturale, e ha il suo forte impatto su molte organizzazioni religiose. Certamente, un grande elemento nella moderna secolarizzazione comporta il ritiro dalle strutture religiose da spiegazioni soprannaturali di vari fenomeni in quanto la scienza ha rivelato le cause naturali di questi fenomeni. Inoltre, l’impatto della scienza ha indubbiamente creato un periodo di eccezionalmente rapida ed estrema secolarizzazione. Oggi, molte delle importanti organizzazioni religiose della civiltà Occidentale sono così secolarizzate che, anche se si riferiscono a Dio, questi è il più distante, indistinto, impersonale ed inattivo delle entità.

Per cui, la questione è aperta. Siamo giunti all’era della fine della fede? La scienza è la base della “secolarizzazione finale” oppure lo sono le società? Oppure questa è solo una svolta drammatica del pendolo della storia? Avrà dei limiti quest’ondata di secolarizzazione? Sénaux ammoniva: “La scienza è capace di ingrandire la nostra gabbia. Solo la fede ha la chiave per aprirla”. Intendendo con questo che l’uomo non troverà mai nella scienza il senso ultimo della sua esistenza.

Ma la religione in realtà non è arrivata al capolinea della sua storia millenaria. Gli studiosi moderni hanno previsto male in quanto hanno erroneamente identificato le tradizioni religiose dominanti nella società moderna col fenomeno della religione in generale. La maggioranza degli osservatori ha notato correttamente che le principali organizzazioni Giudaico-Cristiane sono in crisi, (la pratica religiosa attiva si attesta tra il dieci e il teenta percento in Europa, ad esempio, e il ramo riformista del Giudaismo è quello predominante) ma non hanno apprezzato il vigore della religione in settori meno importanti.

La religione vivrà anche in futuro e questo è dimostrato da ciò che è e fa per l’uomo. I sociologi, e forse non solo loro, hanno letto male il futuro della religione, non solo perché desiderano ferventemente che sparisca dall’orizzonte della storia umana, ma anche perché non hanno riconosciuto il carattere dinamico delle religioni. Insistere solo sulla secolarizzazione è non vedere che questo processo è una parte di una struttura più grande. Mettendo sullo stesso piano le organizzazioni religiose con la religione stessa, gli intellettuali occidentali hanno letto la secolarizzazione di questi gruppi come la fine della religione in generale. Ma è sciocco guardare solo al tramonto senza pensare all’alba: la storia della religione non è solo declino, è anche nascita e crescita. Le sorgenti della fede oscillano costantemente nelle società, ma la religiosità nel cuore umano rimane relativamente costante.  Durkheim, notò che “non c’è società conosciuta senza religione” e sostenne che “la religione ha fatto nascere tutto ciò che è essenziale in una società”.3 Egli sostenne anche che tutte le culture sane sono unitarie, condividono un solo credo. Durkheim cercò di spiegare l’ubiquità della religione asserendo che essa soddisfa la funzione essenziale di rappresentare la società per i suoi membri, nelle forme di simboli sacri che sostengono un codice morale e un senso di unità culturale.

Per distinguere tra ideologia e religione può essere utile la definizione di James G. Frazer: “ La religione consiste di due elementi… un credo in poteri superiori all’uomo e un tentativo di propiziarseli e di rendersi a loro graditi”.4

Solo la divinità può rassicurare l’uomo che la sofferenza in questa vita sarà compensata in quella futura. Infatti, solo la divinità può garantire all’uomo una vita futura – una fuga dall’estinzione individuale. Solo la divinità può formulare un piano coerente per la vita, cioè dar senso in maniera umana all’esistenza del mondo naturale dei nostri sensi. Si può dimostrare con facilità che, sin quando l’uomo avrà questi desideri, i sistemi di pensiero che comprendono il soprannaturale avranno un grande vantaggio sui sistemi di significato solamente naturali. L’uomo per natura ha bisogno di trascendenza. Nel mio precedente libro citavo all’inizio Jung, il quale “notò che i suoi pazienti si rivolgevano a lui perché erano tutti privi di ciò che le religioni davano ai propri fedeli. Questi pazienti non miglioravano fino a quando non acquisivano un atteggiamento religioso verso la vita, nel senso di rispetto nei confronti di una realtà più grande di loro”.

Credenti e non credenti hanno bisogno di un orizzonte oltre il presente. Per i primi il futuro è l’orizzonte verso la pienezza dei tempi, quando “non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,5). Per gli altri – diceva Camus – il futuro è la sola trascendenza degli uomini senza Dio. Ma non c’è ragione di supporre che la diffusione della scienza (e della sua applicazione: la tecnologia) renderà gli uomini del futuro meno motivati a fuggire la morte, meno preoccupati della tragedia, meno inclini a chiedersi: “Cosa significa?” E’ vero, la scienza può sfidare alcune pretese poste dalle religioni storiche, ma non può soddisfare il bisogno primario dell’uomo, che da sempre è stata la ragione d’essere delle religioni: il senso profondo della vita umana… “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. (Gv 6,68)

Per approfondire:

Rodney Stark, William Sims Bainbridge – The Future of Religion. Secularization , revival and Cult formation – Los Angeles, University of California Press, 1985, pp. 429-431 e 2-5.

http://www.wnrf.org


1 (Cf. Peter B. Clarke – “Le grandi Religioni” De Agostini, 1995, p. 14)

2 Wallace Anthony F.C. Religion: An anthropological view, New York, Random House, 1966.

3 Durkheim Emile. The elementary forms of  the religious life. Londra, Allen and Unwin, 1915.

4 Frazer  James G. The golden bough. New York, Mcmillian, 1922


La fortuna di essere donna in un Paese cristiano

di Giorgio Nadali

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EBRAISMO

1)    E’ un “eser”, cioè un aiuto per l’uomo (Genesi 2,18) Per amore suo l’uomo si separerà dai genitori (Genesi 2,24)

2)    Le donne hanno più fede degli uomini (Talmud)

3)    Le donne hanno più potere discernimento degli uomini (Talmud)

4)    Le donne hanno un cuore più tenero degli uomini (Talmud)

5)    Israele è stato redento dall’Egitto dalla virtù di donne israelite

6)    Su 10 misure del parlare nel mondo, le donne ne hanno prese 9 (Talmud)

7)    Un uomo senza moglie vive senza gioia, benedizione e bene (Talmud)

8)    Un uomo deve amare sua moglie come se stesso e rispettarla più di se stesso (Talmud)

9)    Un uomo deve essere attento a non dire cose che urtino la sensibilità più propensa alle lacrime, delle donne (Talmud)

10)  Secondo la halakà (la legge ebraica) le donne sono esenti dalla maggioranza dei mitzvoth (comandamenti) positivi (cioè dei doveri) e dallo studio della Torah (la Parola di Dio)

11)  Le donne devono avere figli

12)  Nell’Ebraismo ortodosso una donna non può essere presidente di una congregazione e non può essere rabbino (nell’Ebraismo riformato, specie negli Stai Uniti, sì)

13)  La donna durante il ciclo mestruale è ridda, cioè impura per 7 giorni. E’ impura anche dopo il parto. Nelle sinagoghe c’è una piscina rituale chiamata mikvah per la purificazione delle donne dopo questi eventi

14)  Nel ramo dell’Ebraismo ortodosso la donna non può indossare tallit (velo della preghiera) e teffilin (il filatterio). Non può inoltre leggere in pubblico la torah (Parola di Dio). Non può essere cantore

15)  La Bibbia contiene 3 libri che hanno il nome di donna: Ruth, Giuditta e Ester

16)  Delle 50 imposizioni di nomi biblici, circa la metà avviene ad opera di donne. In base al matriarcato, Isacco viene fatto sposare a Rebecca, la cui approvazione è necessaria.

17)  Nonostante il predominio dell’uomo, entrambe i genitori vanno onorati (Esodo 20,12)

18)  Il marito deve garantire alla moglie 3 diritti: cibo, vestiti, attività sessuale

19)  La procreazione è un dovere maschile, non femminile

20)  Il Talmud afferma che la donna è spiritualmente superiore all’uomo. Lei ha varie funzioni tra cui guidare e ispirare il marito e dargli soddisfazione sessuale

21)  Nel diritto religioso la donna non ha parità. Il divorzio dipende molto dall’uomo, ma sono ebrei solo i figli di madre ebrea. La discendenza ebraica è trasmessa dalla. Si nasce ebrei se la madre è ebrea

22)  Il maschio rimane l’elemento a cui si conferisce più importanza e a cui si presta maggiore attenzione. Una figlia viene accolta con minor gioia e la madre che l’ha partorita dovrà compiere una purificazione più lunga che se avesse dato alla luce un maschio. L’educazione delle bambine – soprattutto quella religiosa – è sommaria perché riservata agli uomini (Ebraismo Ortodosso)

23)  La donna sposata è l’elemento fondamentale della cellula familiare

24)  Nelle famiglie osservanti è la donna-moglie ad accende la candela dello Shabbath (Sabato), al tramonto del venerdì

25)  Preghiera ebraica maschile:  Benedetto tu Signore Nostro Dio Re del mondo che non mi hai fatto non ebreo. Benedetto tu Signore Nostro Dio Re del mondo che non mi hai fatto schiavo. Benedetto tu Signore Nostro Dio Re del mondo che non mi hai fatto donna. Le donne recitano solo le prime due parti e al posto della terza dicono: “Benedetto tu (o Signore Nostro Dio Re del mondo) che mi ha fatto secondo la sua volontà”. Questa è la formula del rito sefardita e ashkenazita (Ebraismo Ortodosso)

CRISTIANESIMO

1)    Gesù rompe con la tradizione del suo popolo (ebraico). Conversa con le donne (i rabbi non lo facevano). Parla anche con donne peccatrici, eretiche e pagane. Considera le stesse necessità di uomini e donne allo stesso modo.

2)    Loda la grande fede della donna: “Donna, davvero grande è la tua fede” (Matteo 15,28) dice ad una donna cananea (quindi estranea al popolo ebraico).

3)    Gesù vede il ruolo della donna anzitutto nella sua maternità, ma privilegia i vincoli maestro-discepolo, non quelli madre-figlio/a (Luca 11,27-28).

4)    Difende la donna, che nell’Ebraismo del suo tempo poteva essere ripudiata dal marito anche per una sciocchezza con un semplice foglietto chiamato libello del ripudio. Lei a quel punto era rovinata e rifiutata da tutti. Gesù afferma quindi che “chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio” (Matteo 19, 8). Gesù abolisce il divorzio, di cui la donna era vittima.

5)    Gesù chiama la donna “figlia di Abramo”. Un titolo che in tutto l’Antico Testamento era riservato agli uomini. (Luca 13,16).

6)    La figura più venerata – come donna – in tutte le Religioni è Maria, la Madonna. E’ venerata come “Regina degli Angeli”. La Chiesa Cattolica vede in Maria la massima espressione del genio femminile. Maria è anche il massimo dell’umiltà e della disponibilità umana a Dio.

7)    Gesù non chiama apostoli donna (almeno tra i 12), ma ha un seguito femminile di discepole: Susanna, Giovanna, Maria di Magdala (La maddalena), Maria di Giacomo.

8)    La metà dei 9900 santi canonizzati è donna

9)    4 “dottori della Chiesa” storici su 34 sono donne. Di queste Santa Caterina da Siena è Patrona d’Italia.

10)  La più giovane santa italiana è Santa Maria Goretti (morta a 14 anni)

11)  La dignità della donna si collega intimamente con l’amore che ella riceve a motivo stesso della sua femminilità e altresì con l’amore che a sua volta dona. La forza morale della donna, la sua forza spirituale si unisce con la consapevolezza che Dio le affida in modo speciale l’uomo. Naturalmente Dio affida ogni uomo a tutti e ciascuno. Tuttavia questo affidamento riguarda in modo speciale la donna. In tutto l’insegnamento di Gesù come anche nel suo comportamento, nulla si incontra che rifletta la discriminazione propria del suo tempo, della donna. Al contrario, le sue parole e le sue opere esprimono sempre il rispetto e l’onore dovuto alla donna. (Papa Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Mulieris Dignitatem, sulla dignità della donna)

12)  Dio stesso si serve di una donna – della disponibilità e dell’umiltà di una ragazzina: Maria di Nazareth – per dare inizio al suo immenso piano di salvezza e per incarnarsi come uomo in Gesù Cristo.

ISLAM

1)    Come credente è pari all’uomo

2)    Secondo gli hadith (detti di Maometto): “Temi Allah nel rispetto delle donne”

3)    Un uomo ha più sapienza di un a donna. L’uomo è superiore alla donna, come afferma la sura 2,228  del Corano

4)    “I migliori di voi sono coloro che si comportano meglio con le loro mogli”

5)    Un musulmano non deve odiare sua moglie e se è dispiaciuto con un suo difetto (di lei), sia dilettato con una sua qualità

6)    “Più un musulmano è gentile con sua moglie, più è perfetta la sua fede”

7)    Il Corano stabilisce che l’uomo è colui che protegge e mantiene le donne

8)    La preghiera deve essere separata tra uomini e donne. Le donne stanno dietro un angolo coperto da una tenda verde all’interno della moschea

9)    Una donna non può essere imam (guida della preghiera in moschea)

10)  Il ruolo principale della donna è quello di moglie e madre

11)  Se la donna lavora, non può restare sola con un uomo sul posto di lavoro

12)  Sì alla poliginìa (un uomo può avere più mogli). No alla poliandrìa (donna con più mariti). Massimo 4 mogli solo se il musulmano può permettersi di mantenerle tutte senza fare preferenze. Non molto comune. Il Corano dice: “Sposate allora di fra le donne che vi piacciono, due, tre, quattro” (Sura 4,3)

13)  Una vedova eredita ¼ delle proprietà del marito, ma se ha figli si riduce a 1/8

14)  Il Corano considera l’amore tra marito e moglie, un segno di Dio

15)  L’infibulazione (mutilazione genitale femminile) NON è legata al Corano, ma è un fatto tradizionale e culturale in Africa.

16)  Un uomo può picchiare la moglie se teme la sua ribellione (Sura 4,34 del Corano). La ribellione è la nushuz. Il Corano dice: “Quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammoni tele, poi lasciatele sole nei loro letti, poi battetele” (Sura 4,34)

17)  La Sura 24,31 del Corano richiede che la donna si veli i capelli. La nazione più rigida è l’Iran. La più libera è la Tunisia (velo non necessario). Si va dall’hijab (velo semplice tipo foulard) al Niqab (velo nero integrale con fessura che lasciano intravedere solo gli occhi e con sportellino per mangiare. Va indossato solo in pubblico. Arabia Saudita, Yemen, Bahrain, Kuwait, Qatar, Onam, Emirati Arabi Uniti, Pakistan. Dalla pubertà (14 anni in su). Il Chador è invece il velo totale ma fa intravedere l’ovale del volto. Il Burqa è il velo totale con un retina per vedere. Non si vedono nemmeno gli occhi. Si usa solo in Afghanistan. La polizia religiosa islamica è chiamata muttawia o muttaween. E’ il comitato per l’imposizione della virtù e l’interdizione del vizio. Opera in Iran contro le donne non velate bene.

18)  Il paradiso islamico prevede 40 vergini (dette huri) pronte ad allietare i defunti uomini

19)  Le donne hanno la metà dei diritti degli uomini nelle testimonianze pubbliche (sura 2,282) e nelle eredità (sura 4,11)

20)   L’Islam considera la moglie come possesso (sura 3,14 del Corano)

21)  Maometto insegna che le donne sono mancanti di intelligenza e religione: “Io non ho mai visto qualcuno più deficiente di intelligenza e religione delle donne” (Al Bukhari 2,541)

22)  Maometto insegna che le donne sono di cattivo auspicio: “Dopo di me non lascio alcuna afflizione che sia più nociva agli uomini delle donne” (Al Bukhari vol. 7,33). Maometto ebbe 11 mogli.

23)   Un uomo può divorziare da sua moglie per mezzo di una dichiarazione pubblica, mentre la moglie non possiede tale diritto “Il ripudio vi è concesso due volte” (Sura 2,229)

24)  I bambini vanno educati secondo la religione del padre musulmano. Se lui divorzia da lei, egli otterrebbe la custodia dei bambini, e lei non rivedrebbe più i figli.

25)  La donna è proprietà del marito e deve sottostare a 6 regole della qiwamah, cioè custodia. 1) Non può ricevere estranei, regali, proprietà, senza il permesso del marito 2) Il marito può limitare i movimenti della moglie 3) La moglie non può contestare il marito 4) La moglie non può contestare al marito il diritto al concubinato (avere amanti) 5) Con il matrimonio accetta le regole della qiwamah 6) la moglie deve sottostare al diritto del marito di rivendicare in ogni caso la paternità

26)  Secondo Maometto la maggioranza dei dannati all’inferno sono donne

27)  Con la regola detta “djabr” il padre può far sposare la figlia con chi vuole lui (ma questo non è nel Corano)

28)  La donna come credente è pari all’uomo

29)  I musulmani venerano Maria e credono nella sua eccellenza e verginità, testimoniata nella Sura XIX del Corano, senza però considerarla Madre di Dio. Nel Corano la figura di Maria (Maryam) è preminente su tutte le figure altre femminili e viene ricordata più volte, oltre alla presenza nel capitolo 19 a lei intitolato; è anche l’unica donna citata nel Corano con un nome proprio. I musulmani la chiamano Sayyida, che significa Signora, Padrona” e corrisponde al termine cristiano “Madonna” (Mea Domina – Mia Signora)

30) “Gli uomini sono preposti alle donne, perché Allah ha elevato alcuni di loro [esseri umani] su altri, e per il fatto che essi spendono [per esse] dei propri beni. Le [donne] probe sono dunque devote, salvaguardano in assenza [dei propri mariti, i loro diritti e la propria castità], per ciò che Allah ha preservato [per esse]. E quelle di cui temete la ribellione, ebbene, [prima] consigliatele, [e se ciò non dovesse rivelarsi efficace] abbandonatele nei [loro] letti, [e se anche questo non dovesse essere sufficiente] battetele. Se poi vi obbediscono, non cercate, contro di esse, [alcuna] via [per opprimerle]. In verità, Allah è sublime, grande”.

31) Picchiare la moglie è un evento presente in tutte le culture, ma solo nell’Islam è santificato da una autorizzazione di Dio. Amnesty International riporta che “secondo l’Istituto di Scienze Mediche del Pakistan, oltre il 90% delle donne sposate riferiscono di essere state prese a calci, schiaffeggiate, picchiate, o sottoposte ad abusi sessuali quando i mariti non erano soddisfatti della loro cucina o della pulizia della casa, o quando si dimostravano ‘incapaci’ di rimanere incinte o avevano partorito una femmina invece di un maschio”. In Tunisia picchiare la moglie viene sanzionato con 5 anni di carcere.

32) La Sharia (Legge Islamica) stabilisce che nei matrimoni misti “i bambini seguiranno la migliore tra le due religioni dei genitori”, la quale, nel tuo caso, sarebbe considerata l’Islam. Il Corano afferma che l’Islam è l’unica vera religione: “La religione presso Dio è l’Islam.” (Sura 3:19). Dei non-musulmani non possono essere tutori di musulmani: “O voi che credete! Non preferite prender per patroni gli infedeli piuttosto che i credenti.” (Sura 4:144). Se la moglie sopravvive al marito musulmano e le sue proprietà si trovassero in un paese islamico, la legge islamica verrebbe applicata. La moglie che non si è convertita all’Islam non eredita nulla, mentre la moglie che si è convertita all’Islam eredità molto poco. Secondo il Corano una moglie non eredita tutto il patrimonio di suo marito. Se il marito morisse non lasciando eredi, lei percepirebbe un quarto del suo patrimonio, e i suoi genitori, i fratelli, gli zii etc. percepirebbero il resto. Se il marito deceduto lasciasse eredi allora la moglie percepirebbe un ottavo e i figli il resto, un figlio maschio eredita il doppio di una femmina: “Ed esse (mogli) avranno a loro volta un quarto di tutto quel che voi morendo lascerete, se non avete figli; ché se li avrete, ad esse spetterà un ottavo, dopo che siano stati pagati eventuali lasciti o debiti.” (Sura 4:12).

INDUISMO

 1)    La  dottrina religione sostiene che non si è veramente adulti senza un figlio maschio

2)    La donna indù è tenuta a 3 obbedienze: a) al padre b) al marito c) ai propri figli

3)    Nella sterminata campagna indiana – in centinaia di villaggi – è molto diffuso l’infanticidio femminile eseguito allattando la neonata con un seno cosparso di veleno

4)    Secondo i Rig Veda (scritture sacre indù): “Un figlio deve sempre servire sua madre anche se lei è una fuori casta”

5)    Il professore è equivalente a dieci insegnanti, il padre è equivalente a cento professori, la madre è molto più di un migliaio di padri, nell’onore” (Rig Veda)

6)    “Tutti i peccati sono espiabili, ma chi ha maledetto la madre non sarà mai liberato” (dal ciclo di reincarnazioni detto samsàra)

7)    “Un padre fuori casta può essere perdonato, ma non la madre. Lei non è mai una fuori casta per il figlio”

8)    Esistono migliaia di divinità femminili

9)    Secondo il Mahatma Gandhi “Le donne costituiscono la metà migliore dell’umanità”

10)   Nei testi sacri la donna è pari all’uomo

11)  Nel 1829 venne abolita la pratica della “sati”. Una vedova si immolava da viva sulla pira funeraria del marito a simbolo del suo essere priva del suo valore in sé, senza il marito. Questa pratica è ancora in uso in forma clandestina nell’India rurale. E’ segno di amore immortale e purifica la coppia dai peccati accumulati

12)   Le vedove e le divorziate possono risposarsi, ma vanno incontro a disapprovazione sociale e pesanti obblighi economici. Il divorzio (manusamhita) è lecito se il marito è diventato un asceta, un fuori casta, è disperso, è un impotente, è un traditore.

13)  Le vedove devono vestire un sari bianco (lutto) e rinunciare a ornamenti, compreso il punto rosso (bindi) sulla fronte, segno di buon auspicio. Le vedove devono dedicarsi solo a obblighi religiosi.

14)  La dote rappresenta ancora il lato più tragico della condizione femminile indiana. Il matrimonio ha conservato il carattere di affare economico. Esiste una specie di “borsa” dei potenziali mariti: più elevato è il loro grado sociale, più elevata è la dote richiesta. Spesso, dopo il matrimonio, la famiglia del marito esige altri beni, ma quella dello sposo è ormai dissanguata. La sposa allora viene bruciata solitamente dal marito della suocera, anche se poi gli assassini dichiarano che la donna è morta ustionata accidentalmente mentre era in cucina. Tra il 1975 e il 1978 sono state uccise in questo modo 5425 donne in tutta l’india.

15)   Sita, la moglie del dio Rama è l’ideale femminile, anche se un po’ in declino. Sempre obbediente e pronta a soddisfare i desideri del suo signore

16)  Nell’induismo nepalese la Kumari è una dea bambina in carne e ossa. E’ nata nel 2006 a Kathmandu (Nepal). Abita in una casa-tempio a lei dedicato a Kathmandu, servita e riverita come dea. Protegge la monarchia nepalese e la nazione. Ha venti milioni di seguaci indù e buddhisti. E’ l’incarnazione della dea Taleju. Ma solo sino alle prime mestruazioni, segno di umanità. Taleju da quel momento si cerca un’altra bambina in cui incarnarsi (avatara). La Kumari – così viene chiamata – deve avere le “32 perfezioni”. Non deve avere difetti fisici, dev’essere bella, non vede avere mai avuto perdite di sangue, ferite o cicatrici. La Kumari non può piangere, mostrarsi disinteressata o irrequieta, e non deve muoversi durante i riti. Questi gesti sono causa di grandi e gravi sciagure per il Nepal. Non è facile diventare la dea bambina. Tra le 32 caratteristiche che deve avere ci sono anche: organo sessuale non sporgente, una bella ombra, ciglia come quelle di una mucca, guance come quelle di un leone, lingua piccola, cosce di daino e corpo come un albero di banano. I Kumarimi, col loro capo – il Chitaidar – si occupano di ogni necessità e desiderio della Kumari e devono istruirla sui suoi obblighi cerimoniali. Dal 2008 la Kumari è Matina Shakya, 6 anni. Non può ricevere cure da un medico e non deve mai perdere sangue se non vuole essere detronizzata perché  significa che la Dea Taleju ha abbandonato il corpo mortale. La Kumari viene scelta tra le caste più alte delle famiglie buddhiste Newar residenti a Kathmandu da almeno tre generazioni.

BUDDHISMO

 1)    Secondo il canone Pali delle scritture sacre buddhiste, un essere si reincarna donna se ha fatto qualcosa di grave nella vita precedente. Esiste il detto: “Ho ottenuto un corpo di donna perché ho commesso il male in una passata esistenza”

2)    Il Buddha storico (il principe indiano Siddartha Gautama) diceva: “Io non conosco, o monaci, altra forma che sia così attraente, così eccitante, così inebriante, così avvincente, così seducente così contraria alla vita serena, come proprio la forma della donna. A causa della sua forma, gli esseri sono avvinti, attratti e arsi nel fuoco della brama e della passione e gemono a lungo sotto l’incendio della forma femminile. Io non conosco, o monaci, altra voce, altro odore, altro sapore, altro contatto che sia così attraente, così eccitante, così inebriante, così avvincente, così seducente, così contrario alla vita serena, come proprio la voce, l’odore, il sapore, il contatto della donna. A causa della voce, dell’odore, del sapore, del contatto della donna gli esseri sono vinti, attratti e arsi nel fuoco della brama e della passione, e gemono al lungo sotto l’incanto del contatto femminile. Che la donna si muova o stia, che sieda o giaccia, che rida o parli, che canti o pianga, che sia vestita o nuda; persino come cadavere la donna avvince il cuore dell’uomo”

3)    Buddha non condanna la donna in sé, ma la donna come fonte di piacere. Condanna il sesso maschile e femminile e quindi anche il potere di seduzione della donna, non perché lo consideri impuro, contaminante o osceno, ma perché lo ritiene la radice principale di quell’attaccamento alla vita che, attraverso le generazioni, perpetua la condizione di essere nel mondo e vincola di conseguenza l’individuo al suo dolore, alla sua cieca ignoranza, al ciclo di reincarnazioni. Nel buddhismo, tutto è dolore e il dolore si combatte e eliminando i desideri

4)    Secondo le scritture sacre buddhiste la donna può giungere all’illuminazione, ma non può esserci un Buddha donna (secondo la Bahudhātuka-sutta). Però nell’iconografia tantrica del ramo Vajrayana vi sono Buddha femminili come la Vajrayogini.

5)    La donna può essere monaca buddhista. La prima fu Mahapajapati Gotami, zia e matrigna di Siddartha Gautama.

6)    Nel Buddhismo tibetano è prevista la poliandrìa adèlfica, in cui una donna si sposa con un uomo e tutti i componenti maschili della famiglia del marito

 CONFUCIANESIMO

1)    Confucio diceva: “Non è conveniente avere a che fare con le donne e con le persone di bassa condizione. Se si dimostra loro troppa amicizia, diventano turbolente; se le si tiene a distanza, sono piene di risentimento”

2)    La dottrina confuciana, innalzata a ideologia di stato, unica ufficiale e obbligatoria, ha imposto alle donne solo doveri. Ha tollerato l’uccisione delle neonate e tramandato nei secoli il detto: “Se una donna no ha nessuna qualità, questa è la sua virtù”

3)    Confucio diceva: “Picchia tua moglie una volta al giorno. Tu non sai perché, ma lei sì”.

4)     Il catechismo della moglie perfetta è il libro “I precetti delle donne”, scritto nel I Secolo dalla Dama Pan. Nel manuale è detto che il primo dovere della donna dev’essere quello di restare assolutamente sottomessa al marito e di applicare tutto il suo ingegno per piacergli mettendo in pratica quotidianamente questi 3 doveri: A) Essere umile, compiacente, rispettosa e piena di riverenza. Porsi dietro agli altri Non parlare dei propri meriti e non discutere e difendere le proprie mancanze. Sopportare i rimproveri e le mancanze di riguardo. Agire in ogni circostanza con circospezione. Questo comportamento dimostra la sottomissione della donna. B) Alzarsi presto, coricarsi tardi. Non sottrarsi alla fatica dal’alba al tramonto. Non discutere dei propri affari privati. Metter lo stesso impegno nei compiti difficili e facili. Essere pulita e ordinata. Questo si chiama essere donna diligente. C) Comportarsi opportunamente, rispettando le forme, nel servire il marito. Essere serena e padrona di se stessa, evitando gli scherzi e il riso. Dedicarsi con ogni cura da offrire agli antenati. Questo si chiama essere degna di continuare la discendenza del marito.

 Giorgio Nadali

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Fede e capelli

di Giorgio Nadali

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La tonsura è presente in varie religioni. Nell’Islam i pellegrini che si recano alla Mecca si radono il capo in segno di purezza e di rifiuto della vanità. Nel buddhismo la tonsura è una parte del rito di pabbajja  per diventare un monaco. Questa tonsura viene rinnovata spesso per mantenere il viso rasato e la cute del cuoio capelluto completamente calva. Alcuni monaci buddhisti cinesi hanno 6, 9 o 12 punti neri nella parte superiore dello scalpo, come risultato della combustione del cuoio capelluto con la punta di un bastone di incenso fumante. Nell’Induismo, il concetto alla base è che i capelli costituiscono una simbolica offerta agli dèi. In India – a Tirumala – c’è il tempio Tirumala Venkateswara nei pressi di Tirupati, dedicato  al dio Venkateswara, dove i pellegrini si radono a zero. Il tempio raccoglie una tonnellata di capelli al giorno, poi venduti per 6 milioni di dollari all’anno. Questo rappresenta un vero e proprio sacrificio di bellezza e in cambio ricevono benedizioni in proporzione al loro sacrificio. Il taglio di capelli (in sanscrito cuda karma, cuda karana) è uno dei tradizionali riti di passaggio detti samskara, eseguiti per i bambini: “secondo l’insegnamento dei testi rivelati, il Kudakarman (tonsura) deve essere eseguita, per ragioni di merito spirituale, da tutti gli uomini nati due volte nel primo o nel terzo anno.” In alcune tradizioni la testa è completamente rasata mentre in altri è lasciato un piccolo ciuffo di capelli chiamato sikha. Le vedove si radono a zero dopo la morte del marito e non è raro vedere tonsure sulla testa di un bambino dopo la morte di un genitore (di solito il padre).

Oggi nel Cristianesimo  Ortodosso e nelle chiese orientali cattoliche di rito bizantino, ci sono tre tipi di tonsura: battesimale, monastica e clericale. In tutti e tre i casi (per bambini e adulti) consiste dal taglio di quattro ciocche di capelli in forma di croce: nella parte anteriore della testa mentre il celebrante dice “nel nome del Padre”, nella parte posteriore della testa, mentre pronuncia le parole” e del Figlio” e su entrambi i lati della testa mentre dice “e dello Spirito Santo”.  In tutti i casi, è consentito far crescere i capelli nella parte posteriore del capo. La tonsura, come tale, non è adottata come acconciatura.

Negli Atti degli Apostoli 18,18:  “Paolo si trattenne ancora parecchi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era fatto tagliare i capelli a causa di un voto che aveva fatto”.

Paolo, forse per mostrare ai Giudei che rispettava le usanze ebraiche, aveva fatto il voto temporaneo di “nazireato” per cui doveva astenersi dal vino, non tagliarsi i capelli finché non avesse offerto il sacrificio a Gerusalemme.

Nel rito occidentale della Chiesa cattolica, la “prima tonsura” fu, nel Medioevo, il rito per inserire un uomo nel clero. La tonsura era un prerequisito per ricevere gli ordini minori e maggiori. Lasciare la tonsura equivaleva ad abbandonare lo stato clericale e nel 1917 il codice di diritto canonico dichiarava che ogni chierico degli ordini minori che non avesse ripreso la tonsura entro un mese dopo essere avvertito dal suo vescovo, avrebbe perso lo stato clericale.

Nel corso del tempo, l’aspetto della tonsura variò, e si arrivò ad una tonsura non monastica per il clero. Consisteva in un simbolico taglio a forma di croce di un ciuffo e di una piccola area circolare totalmente rasata sulla nuca, a seconda degli ordini religiosi. Quest’area non doveva però essere inferiore alla dimensione di un’ostia per l’Eucaristia. I Paesi non  cattolici avevano eccezioni a questa regola, soprattutto nel mondo anglofono. In Inghilterra e in America, ad esempio, il punto rasato è stato soppresso, probabilmente a causa delle persecuzioni che sarebbero potute derivare dall’essere parte del clero cattolico, ma la cerimonia del taglio dei capelli nella prima tonsura clericale è sempre stato richiesto.

Oltre a questa generale tonsura clericale, alcuni ordini monastici di rito occidentale, ad esempio certosini e trappisti, usano una versione molto completa della tonsura, rasando la testa completamente calva e mantenendo solo un anello stretto di capelli corti, talvolta chiamato “la corona monastica”, dal momento dell’ingresso in noviziato monastico per tutti i monaci, se destinati al servizio come sacerdoti o fratelli. Alcuni ordini monastici e singoli monasteri mantengono la tradizione di una tonsura monastica.

La forma più completa di tonsura clericale portò ad indossare uno zucchetto per tenere la testa calda. Lo zucchetto è indossato ancora oggi dal Papa (bianco), dai cardinali (rosso) e dai vescovi (viola-fucsia) sia durante sia al di fuori delle cerimonie religiose. I sacerdoti possono indossare un semplice zucchetto nero, solo di fuori dei servizi religiosi, anche se non è mai usato tranne da alcuni monaci.

La consuetudine di rasare completamente il capo fu in uso nell’antichità cristiana dapprima presso i monaci e passò quindi anche ai chierici.

Con la lettera apostolica in forma di motu proprio Ministeria Quaedam “con la quale nella Chiesa Latina viene rinnovata la disciplina riguardante la prima tonsura, gli ordini minori e il suddiaconato”- del 15 agosto 1972 – papa Paolo VI abolì il rito della prima tonsura:

 “I. La Prima Tonsura non viene più conferita; l’ingresso nello stato clericale è annesso al diaconato. II. Quelli che finora erano chiamati Ordini minori, per l’avvenire dovranno essere detti «ministeri». III. I ministeri possono essere affidati anche ai laici, di modo che non siano più considerati come riservati ai candidati al sacramento dell’Ordine”.

Da quel momento, tuttavia, alcuni istituti sono stati autorizzati a utilizzare la prima tonsura clericale, come ad esempio la fraternità sacerdotale di San Pietro (1988), l’Istituto di Cristo Sacerdote e Re  (1990) e l’amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney, (2001).

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it