Le opere di misericordia spirituale. 7. Pregare Dio per i vivi e per i morti

“La preghiera non è un ozioso passatempo per vecchie signore. Propriamente compresa e applicata, è lo strumento d’azione più potente”. (Mahatma Gandhi)

“Pregate incessantemente” scriveva San Paolo (1 Tessalonicesi 5,17). La preghiera è la forza spirituale del cristiano. Perché io respiro? Perché altrimenti morrei. Così la preghiera, diceva Kierkegaard. Pregare non è tanto ricordare a Dio ciò di cui abbiamo bisogno, ma ricordare a noi stessi di avere bisogno di Dio. È quindi anche un atto di umiltà. La parola “preghiera” è presente 148 nella Bibbia e l’ultimo passo è quello in cui l’Apostolo Pietro chiede di essere “moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera” (1 Pietro 4,7). Moderati e sobri non vuol dire depressi e nella miseria. Abbiamo un Dio grande e dobbiamo pregare in grande. Cosa significa? La gente è molto timida con Dio. Qualcuno le ha insegnato a non infastidirlo troppo. A tenere un basso profilo. Si ha come il timore di una preghiera “spudorata”. Anni di educazione religiosa ci hanno abituato a domandare a Dio il minimo indispensabile. “Signore, aiutami a tirare avanti”. Non è un a preghiera sbagliata. È una preghiera che limita Dio.

Per le cose ordinarie non c’è bisogno di un intervento divino. Nessuno ci ha mai insegnato a pregare in grande. Ad un grande Dio si chiedono cose grandi. Non è spudoratezza. È fede. Cosa vuol dire cose grandi? Vuol dire credere sul serio che a Dio nulla è impossibile (Luca 1,37) e credere nel suo amore che vuole donarci molto di più di quanto noi stessi osiamo sperare. Prova a pensare ad un sogno che ritieni irrealizzabile per la tua vita. Ecco, Dio vuole donarci ancora più di quello. Lo crediamo? Molti non lo credono affatto perché sono stati educati ad una fede mediocre. Pensano che ciò che hanno è già il massimo che Dio ha voluto donare per loro. Pensano che Dio non possa volere il nostro successo. Anzi, il successo personale è quasi un peccato. Meglio essere mediocri per essere di bravi cristiani. Invece, è un peccato proprio credere questo. Perché l’uomo vivente è la gloria di Dio e ciò che Dio vuole donarci di grande e “impossibile” è un segno agli altri del suo amore e della sua potenza. Non si dà una grande testimonianza andando in giro a testa bassa facendo credere al mondo che la tua fede in Cristo è quella della rassegnazione e del tirare a campare.

Un peccato contro lo Spirito Santo. Un peccato anche di ignoranza. La Parola di Dio dice: «cerca la gioia del Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore» (Salmo 36,4). I desideri del tuo cuore… Non barare. Tanto Dio li vede già, anche se non vuoi presentarglieli. Ora, qualcuno ti ha fatto credere che nessuno di questi desideri da presentare a Dio possa essere di natura materiale. Si confonde il benessere, anche economico con il materialismo (che è l’adorazione delle cose materiali). Invece Gesù ha incluso anche il pane quotidiano nelle richieste del Padre Nostro e il considerare la materia come impura è sconfinare in una filosofia che nulla ha a che fare col Cristianesimo. È gnosticismo. Eresia. Corpo, materia, esigenze terrene, benessere, successo, sesso, piacere e denaro non sono affatto cose “demoniache” in quanto tali, per il Cristianesimo. Sempre a patto di non confondere la fede con la bigotteria, ma Gesù aveva parecchio da ridire su quella dei “puri” Farisei del suo tempo. Probabilmente la maggioranza si ricorda il detto popolare «il denaro è lo sterco del diavolo» e le dichiarazioni di Gesù contro la ricchezza: «è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli» (Luca 18,25), «vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi» (Luca 18,22).

Si confonde il voto di povertà con il valore della povertà valido per ogni cristiano. Ci si è fatti l’idea che il Cristianesimo odi il benessere e il successo personali Si confonde il potere con l’arroganza e il successo con la prevaricazione. In realtà Gesù mette in guardia dalla ricchezza economica che – quando è abbondante – può facilmente può prendere il primo posto nel cuore della persona e sostituirsi a Dio. Per cui si confonde il valore della povertà evangelica con la miseria o la mediocrità e si crede che Dio voglia il minimo indispensabile per noi, non il massimo possibile.

La povertà è in realtà l’uso dei beni materiali con distacco in modo da non renderli un idolo. Il povero del Vangelo non è un pezzente. È la persona che sa godere dei suoi beni senza che questi prendano il posto di Dio nella sua vita. Anzi, con il suo benessere aiuta gli altri. Il mito del ricco uguale cattivo viene dall’invidia. Per cui non vi è nulla di male a chiedere a Dio una casa migliore, anzi, una casa decisamente molto bella o una professione di successo. Dio può aprire delle porte che agli uomini sono impossibili. Ma il limite di tutto ciò è proprio la fede di prega. Se chiedi a Dio di tirare a campare sino a fine mese, questo otterrai. Il fatto che Dio vuole e può molto di più per noi. Ma siccome non lo crediamo, non lo preghiamo neppure e di conseguenza non lo otterremo mai. E la frase d Gesù «Tutto è possibile per chi crede» (Marco 9,23) rimane una bella teoria spirituale che ben poco ha a che fare con la nostra vita concreta di ogni giorno. “La preghiera non può cambiare le cose rispetto a te, ma di sicuro cambia te rispetto alle cose” (Samuel M. Shoemaker). C’è una falsa vergona religiosa nei confronti di un Padre che – come ogni padre e molto di più – vuole il massimo per ogni singolo figlio e ha desideri e progetti di abbondanza per ognuno, non certo di mediocrità. Per cui dico la mi preghierina banale. Fammi tirare a campare come posso. Poi vado a giocare a Superenalotto e quant’altro. Se mi vergogno di chiedere a Dio il successo e il benessere, meglio chiederlo alla dea fortuna pagana, no?

Giorgio Nadali


Levitazione & Bilocazione. Sono possibili?

Maharishi Mahesh Yogi ha fondato nel 1975 una scuola di meditazione di volo yogico, come estensione della Meditazione Trascendentale, il quarto stadio di coscienza. Si chiama tecnica TM-Sidhi. Il volo yogico ha tre livelli. Lo stadio iniziale è saltellare su e giù seduti nella posizione del loto, il secondo stadio è lievitare, il terzo stadio è volare. Secondo Maharishi, il volo yogico è un fenomeno creato da uno specifico pensiero proveniente dal più semplice stato di coscienza, chiamato Coscienza Trascendentale. Bevam Morris, presidente della Maharishi University of Management, di Fairfield (Iowa, USA) ha organizzato il primo concorso nord americano di volo yogico nel 1986, presso il Civic Center di Washington. Ventidue praticanti della tecnica TM-Sidhi hanno partecipato in competizioni come i 25 metri a ostacoli, salto in lungo e corsa di 50 metri di volo yogico. Il concorso si è svolto ogni anno sino al 1989. Vicotria Dawson del «Wasgington Post» ha riferito che i partecipanti saltavano rimanendo seduti . Tuttavia nessuno di loro ha volato.

Nell’Induismo i poteri di levitazione del corpo sono chiamati “potere della rana” (dardura-siddhi) e sono attribuiti limitatamente ad alcuni maestri (guru) dotati di poteri spirituali: i siddha, coloro che hanno il potere (siddhi) della leggerezza (laghiman). Il maestro yoga Subbayah Pullavar nel 1936 ha levitato orizzontalmente davanti a 150 persone sospeso su di un bastone coperto da un panno. Shirdi Sai Baba era maestro della levitazione nel sonno. Nel Buddhismo questi poteri sono attribuiti storicamente allo yogi Milarepa.

Secondo il CICAP «a tutt’oggi non è mai stata dimostrata al di là di ogni dubbio l’autentica levitazione anche di un solo spillo. Nessun tavolo, medium o mediatore trascendentale si è mai sollevato di un millimetro (senza saltellare) in piena luce, sotto controllo davanti a una telecamera o, comunque, davanti a un prestigiatore competente. Gli illusionisti, naturalmente, riescono a creare l’illusione della levitazione con abili trucchi (il più spettacolare dei quali, in questo campo è quello presentato dall’americano David Copperfield)».
La bilocazione – la capacità di essere presenti contemporaneamente in due luoghi diversi – è attribuita nel Cristianesimo a Sant’Antonio, Santa Maria di Gesù da Agreda e San Padre Pio da Pietrelcina. Nessuno ha mai dimostrato di poter mostrare il doppio di se stesso nella stessa stanza dove si trovava.

Nel Cristianesimo il santo Giuseppe da Copertino (1603-1663) levitava a causa delle continue estasi mistiche e per questo era continuamente trasferito da un convento all’altro. Il potere di levitazione viene attribuito anche a San Francesco d’Assisi, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori che predicava a Foggia sospeso nell’aria, Santa Teresa d’Avila, San Martino de Porres, ritenuto capace di teletrasporto (attraverso porte chiuse) e levitazione, Serafino di Sarov (un santo della Chiesa russo ortodossa) levitò davanti all’imperatore Alessandro I, e San Padre Pio da Pietrelcina, ritenuto capace di bilocazione e lievitazione.

Giorgio Nadali