Musica e fede

Nel 1589, con la bolla Cum pro nostri temporali munere, papa Sisto V riorganizzò il coro di S. Pietro allo scopo di ammettere castrati nelle sue fila, e nel 1599 i primi due – Pietro Paolo Folignato e Girolamo Rossini – vennero ammessi nel coro della Cappella Sistina, la cappella privata del papa (sebbene non sia da escludere che già da prima, dietro l’eufemismo di “falsettisti”, si celassero dei castrati, come Padre Soto, ammesso nel 1562). L’impiego dei castrati rimpiazzava quello delle voci bianche (che rimanevano tali solo per pochi anni) e dei falsettisti, dalle voci più deboli e meno affidabili; le donne non erano ammesse a cantare in chiesa, secondo anche quanto afferma il detto paolino mulier taceat in ecclesia («la donna taccia in chiesa») (1 Corinzi, 14,34). Nel 1700 la castrazione era un business: con il diffondersi dei cori polifonici, si aveva un sempre maggiore bisogno di voci bianche. Dato che una bolla pontificia vietava l’inserimento delle donne, si preferiva castrare i bambini (di circa otto-dieci anni) per far sì che mantenessero la capacità di cantare con voce femminile. Asportando chirurgicamente i testicoli, la mancata produzione di testosterone (che allarga laringe e faringe durante la pubertà) faceva sì che la voce mantenesse quel timbro anche da adulti. Ogni anno circa cinquemila ragazzi europei venivano castrati, soprattutto in Italia. Il medico fiorentino Antonio Santarelli, specialista in castrazioni, era tra i chirurghi meglio pagati dell’epoca. Il più celebre dei cantanti castrati è stato Carlo Broschi in arte Farinelli. L’ultimo grande castrato fu Giovanni Battista Velluti (1781-1861), che interpretò l’ultimo ruolo operistico scritto per un castrato: il ruolo di Armando ne «Il crociato in Egitto di Meyerbeer» (Venezia, 1824).

Poco dopo furono rimpiazzati come primi uomini dal nuovo tipo di tenore eroico incarnato dal francese Gilbert-Louis Duprez. Nel 1878, papa Leone XIII proibì l’ingaggio di castrati da parte della Chiesa; solo nella Cappella Sistina e in altre basiliche papali il loro impiego sopravvisse ancora per qualche anno: una foto di gruppo del coro della Sistina del 1898 mostra che all’epoca ne rimanevano sei (più il Direttore Perpetuo, il soprano Domenico Mustafà), e nel 1902 Leone XIII ribadì il suo divieto. La fine ufficiale per i castrati venne il 22 novembre 1903, quando il nuovo papa, Pio X, promulgò un motu proprio sulla musica sacra, Tra le sollecitudini, in cui si legge: «Se dunque si vogliono adoperare le voci acute dei soprani e contralti, queste dovranno essere sostenute dai fanciulli, secondo l’uso antichissimo della Chiesa». L’ultimo castrato della Sistina fu Alessandro Moreschi (1858-1922), l’unico castrato ad avere eseguito registrazioni. Su Moreschi le opinioni dei critici musicali divergono, alcuni lo considerano di livello mediocre e ritengono che le registrazioni abbiano un interesse puramente storico, come documentazione della voce di un castrato, altri lo giudicano un buon cantante, relativamente alla pratica e ai gusti del suo tempo.

Moreschi si ritirò ufficialmente nel 1913 e morì nel 1922. Il coinvolgimento della Chiesa Cattolica nel fenomeno dei castrati è stato a lungo fonte di polemiche, e recentemente vi sono state richieste di scuse ufficiali. In effetti, già nel 1748 papa Benedetto XIV aveva tentato di bandire i castrati dalle chiese, ma la loro popolarità all’epoca era tale che un provvedimento simile avrebbe avuto come risultato un drastico calo nella frequentazione delle chiese. «Chant» è un nuovo album di Canti Gregoriani registrato dai Monaci dell’Abbazia Cistercense di Stift Heiligenkreuz a Vienna, ritenuti attualmente i più eccelsi interpreti di questo repertorio oltre che cantori prediletti dal papa emerito Benedetto XVI. Mentre loro scalano le hit parade inglesi con un album dal titolo «Music for Paradise», Fratello Metallo, alias Frate Cesare Bonizzi – classe 1946 – si esibisce sul palco del Gods of Metal, una delle più importanti manifestazioni a livello internazionale dedicata alla musica heavy metal, al fianco di gente del calibro dei Judas Priest o Yngwie Malmsteen. Fratello Metallo è un frate Cappuccino minore al convento di Musocco (Milano) dal 1983. Nel 1990, assistendo ad un concerto dei Metallica, decise che Dio e l’heavy metal non sono inconciliabili. Ed è così che nel 2008 ha presentato, live, i brani dal suo ultimo e sedicesimo album “Misteri”. Un trio di preti che fatto successo con la musica è quello composto dagli irlandesi Padre Eugene, Padre Martin O’Hagan (suo fratello) e Padre David Delargy. Il Guinness dei Primati ha classificato un loro brano come il pezzo classico che ha venduto più velocemente in tutta la storia musicale della Gran Bretagna. Nel novembre 2009 è uscito il secondo album dei The Priests dal titolo Harmony. Erano compagni di scuola e iniziarono cantando per la prima volta insieme all’età di dodici anni. La loro passione per il canto continuò durante gli studi sacerdotali a Roma. Divenuti preti, tutti e tre incominciarono a dedicarsi ai rispettivi impegni parrocchiali senza però tralasciare il canto, che rientrava sia nella preghiera sia nel tempo libero quando si esibivano in opere, musical e cori locali. Da quando hanno firmato il contratto con la Sony Music nel 2008, The Priests hanno uno strepitoso successo a livello mondiale.[1] Il canto di chiesa più diffuso ed eseguito al mondo è Amazing Grace («Meravigliosa grazia») dell’inglese John Henry Newton (1725-1807). La musica è un canto di disperazione degli schiavi trasportati dalle navi che Newton comandava prima della sua conversione. Il brano è stato interpretato da moltissimi musicisti, tra cui KC and the Sunshine Band (anche dal vivo), Rod Stewart (sull’album «Every Picture Tells a Story») e Joan Baez. La versione più accreditata per una voce femminile è quella della regina del Soul, Aretha Franklin, registrata live in un suo album gospel chiamato proprio Amazing Grace. Il Guardiano del Faro ne ha realizzata una versione strumentale, intitolandola «Il gabbiano infelice», mentre i «Ricchi e Poveri» l’hanno incisa con un testo in italiano e il titolo «Amici miei».

Niente musica per gli Amish, la setta fondamentalista cristiana. Gli strumenti musicali sono proibiti perché sono contrari allo spirito di umiltà (glassenheit) e accendono emozioni.

Secondo la regola della kol isha non è consentito agli uomini ebrei ortodossi ascoltare il canto singolo di una voce femminile, tranne che nelle voci miste degli inni ebraici (zemirot). Il motivo che quella voce (arev) è associata alla nudità (ervah) nel Cantico dei Cantici (2,14).[2] Il dibattito è in corso tra le autorità religiose ebraiche (poskim) sul consentire l’ascolto di voci femminili registrate in cui non si conosca la donna che canta e l’uomo veda la fotografia della cantante.

Per l’Islàm è haram (proibito) lavorare come commesso in un negozio che vende strumenti musicali. È consentito vendere uno strumento per le sue parti, tale da averlo fuso, ecc. È haram vendere qualsiasi strumento musicale, perché equivale ad aiutare qualcuno a commettere il peccato di suonarlo. Strano perché proprio dai Paesi Islamici giunsero in occidente la chitarra e la viola.[3] È haram essere un musicista. Al-Baghawi ha dichiarato in una fatwa che è haram vendere tutti i tipi di strumenti musicali come mandolini, flauti, ecc Poi disse: Se le immagini vengono cancellate e gli strumenti musicali sono alterati, allora è lecito vendere le loro parti, d’argento, ferro, legno o qualsiasi altra cosa. (Sharh al-Sunnah, 8/28) Shaykh Ibn Taymiyah disse: Il Profeta ha permesso alcuni tipi di strumenti musicali in occasione di matrimoni e simili, e ha consentito alle donne a suonare il daff (tamburello) a matrimoni e in altre occasioni gioiose. In generale, si tratta di un principio ben noto della religione Islamica che il Profeta non abbia prescritto che gli uomini giusti, fedeli devoti e asceti di questa Ummah (comunità) possano radunarsi per ascoltare versi di poesia cantata con l’accompagnamento di battimani, legnetti o daffs. Non è lecito a nessuno di andare oltre i limiti dell’Islàm e seguire qualcosa di diverso da quello che è stato narrato nel Corano e nella Sunnah (tradizione). Ma il Profeta con una concessione per alcuni tipi di intrattenimento in occasione di matrimoni e simili, e ha anche ottenuto la concessione alle donne permettendo loro di battere il daff ai matrimoni e altre occasioni gioiose. Ma per quanto riguarda gli uomini, a nessuno di loro è concesso battere i daff o battere le mani, anzi è stato dimostrato al-Sahih disse: “Battere le mani è per le donne, e il Tasbeeh (usare il rosario Islamico) è per gli uomini” e ha maledetto le donne che imitano gli uomini e gli uomini che imitano le donne. Perché cantare, battere il daff e battere le mani sono azioni da donne. La Salaf (i pii antenati) chiamava un uomo che ha fatto questo un mukhannath (effeminato), e chiamavano i cantanti maschi makhaaneeth (pl. di mukhannath).

Lo suizen è una pratica Zen per raggiungere la realizzazione personale attraverso il suonare un flauto dritto di bambù chiamato shakuhachi. I taoisti usano uno strumento musicale chiamato “Pesce di legno” (muyu) per scandire la recitazione delle scritture. È usato insieme alla campana invertita (qing) perché la parola cinese “campana” ha lo stesso suono di “sveglia” e il termine “pesce di legno” ha lo stesso suono di “illuminazione”. Ecco perché il testo sacro «I segreti essenziali dell’Altissimo» dice che «Il pesce di legno e la campana pura svegliano l’universo». Nell’Ebraismo le melodie di preghiera – note come nusah– differiscono da comunità a comunità. Gli  Askenazim (ebrei di discendenza europea orientale) utilizzano una musica di preghiera molto differente rispetto ai Sefarditi (ebrei di origine spagnola). E anche all’interno di tali categorie di ashkenaziti e sefarditi, si possono trovare numerose varianti geografiche di nusah. L’utilizzo corretto di nusah garantisce permette a un ebreo di dormire per vent’anni e identificare il servizio che l’ha svegliato solo da suoi motivi musicali.

Nel Buddhismo tibetano il dungchen è un lungo corno suonato in genere da una coppia di monaci. Produce un suono molto basso caratteristico. I monaci buddhisti tibetani riescono a emettere un suono polifonico di più voci proveniente da un solo individuo, mettendo in risonanza le loro corde vocali con una tecnica chiamata fonazione ventricolare o canto difonico. Il canto buddhista tibetano è un sotto genere del canto mediante la gola. Diverse cerimonie usano questo tipo di canto. I diversi tipi di canto difonico tibetano sono il gyuke, con tono molto basso, lo dzoke e il gyer. Una tipica orchestra rituale buddhista tibetana comprende gli strumenti gyaling (il corno corto) dungchen (il corno lungo), kangling, lo strumento a fiato derivato da un femore o da una tibia umane oppure di legno. È meglio però il femore di un criminale o di una persona deceduta di morte violenta. Il suo suono serve per allontanare i demoni in rituali tantrici e ha lo stesso valore della recitazione dei mantra. Il kangling è usato solo nei rituali chöd[4] (che devono essere celebrati all’aperto) insieme al tamburello damaru chöd e alla campanella. Nel chöd tantrico chi suona il kangling motivato dalla compassione, lo fa come gesto di coraggio, per chiamare gli spiriti affamati e I demoni affinché essi possano soddisfare la loro fame e quindi lenire le sofferenze. Viene anche suonato per tagliare il proprio ego. Sì, ho scritto tagliare. Esiste anche uno speciale oggetto rituale per “tagliare” ritualmente il proprio ego. Si tratta della mezzaluna kartìka. Altri strumenti comprendono il dungkar (conchiglia), drillbu (campanelle), silnyen (cimbali verticali), e soprattutto il canto. Insieme la musica crea uno stato mentale per invitare o chiamare le divinità.

[1] Cfr.  G. NADALI, I monaci sugli alberi. E centinaia di altre cose curiose su Dio, la Bibbia, il Vaticano, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2010

[2] O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce.

[3] G. MANDEL KHAN, Islàm, Mondadori Electa, Milano, 2006, p. 264

[4] È’ una scuola di pensiero buddhista tibetana centrata sul «tagliare il prorio ego». Usa oggetti rituali come la tromba kangling di osso umano, un tamburo damaru più grande di quello induista, pugnali rituali phurba e la kartika, pugnale ricurbo a mezzaluna per tagliare l’egoismo. Va usato insieme alla ciotola derivata da un teschio umano piena del nettare della saggezza.

Giorgio Nadali


Satana in musica

Miracoli19am

di Giorgio Nadali

Vi è una parte della musica rock, soprattutto heavy metal, che è amica di Satana. La musica genera emozioni. Ascoltare musica romantica ovviamente fa pensare all’amore. Ma quali sentimenti può suscitare il rock satanico? I generi musicali interessati sono: gotica, metallica, heavy metal, trash, black, death metal, brutal death metal, grindcore, punk e doom). 5.096 gruppi musicali italiani, 19.060 americani, 3.613 inglesi, 8.695 tedeschi, 1.453 giapponesi… 32.172 i gruppi musicali che inneggiano alla morte (death metal) di cui 1.382 italiani[1]. 4.750 le canzoni col nome Satana nel titolo. 2.044 quelle che bestemmiano Cristo (Christ) già nel titolo della canzone. 8.376 i titoli di canzoni che insultano Dio e 651 quelle contro i cristiani. Il fenomeno riguarda quasi esclusivamente il pubblico giovanile. Le tre ragazze allora minorenni, Ambra, Veronica e Milena che hanno assassinato con diciannove coltellate la suora sessantenne Maria Laura Mainetti il 6 giugno (6.6…) 2000 a Chiavenna ascoltavano Marilyn Manson, uno dei rappresentanti più noti della musica rock “satanica”. Nei quaderni delle ragazze vi erano scritte sataniche e le stesse avevano fatto qualche mese prima un giuramento di sangue a Satana. Se avessero ascoltato Pupo forse non sarebbe successo.

Vi sono tre tipi di rock satanico. Il primo tipo è quello diretto. I testi (lyrics), quasi tutti in inglese, contengono lodi e invocazioni al demonio. Le copertine dei loro compact disc normalmente in commercio presentano chiaramente contenuti satanici. Ad esempio quella dei Celtic Frost («To Mega Therion», 1985) ha in copertina un Gesù Cristo usato come fionda. Oppure quella dei DeicideOnce upon the cross», 1995) con Gesù Cristo sbudellato da un’autopsia sulla croce. O ancora i Dead Kennedy’sIn God We Trust», 1981) con il 666 sopra la croce. Che dire di Gesù in putrefazione sulla croce nella copertina del gruppo ceco Törr (Messaggio: la morte vice sulla vita, il contrario della risurrezione: la vita che vince sulla morte. O ancora quella dei Mortuary («Blackened Images», 1991) con Gesù Cristo dilaniato da due demoni. Nel pezzo Abyss Angel  (Angelo dell’abisso) cantano «You want your death – it’s all you need» («Tu vuoi la tua morte – è tutto ciò di cui hai bisogno») e nel pezzo Reign of Dead (Regno dei morti) «Holding swords And killing Christians Total massacre await you In the reign of dead» («Impugnando spade e uccidendo cristiani. Il massacro totale ti aspetta nel regno dei morti»). Lo stesso messaggio lo fa passare la scenografia di Marilyn Manson al Forum di Assago (Milano), 2001 e Palasharp (Milano), 2007. Una gigantografia di un feto crocefisso sopra il palco scenico. Giovani truccati da Manson che strappano la Bibbia all’ingresso del Forum. Tredicimila gli spettatori paganti, in pratica tutti sotto i ventitré anni. E quale sentimenti fa passare la copertina di Ronnie James Dio («Holy Diver», 1983) che presenta Satana che fa affogare un prete cattolico incatenato? Certo Dio non è il suo vero nome. Quello vero era Ronald James Padavona. Comunque pace all’anima sua. Forse. La sua ultima opera è stata «The Devil You Know» (Il diavolo che conosci) con gli Heaven & Hell. Trentamila copie vendute. Sulla copertina compare un quadro dedicato a Satana e i numeri venticinque e quarantuno, riferiti al Vangelo di Matteo: «Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Matteo 25,41).

Il secondo tipo è quello del rock satanico indiretto. I testi delle canzoni non hanno invocazioni a Satana, ma contenuti violenti, razzisti o che invitano al male e a ogni genere di perversione possibile. Un esempio è la canzone «One on a million» dei Guns ‘n’ Roses (1988) dove l’intero testo è un invito al disprezzo e alla violenza razziale.

Il terzo tipo è il rock satanico criptato. I testi delle canzoni sono normali se ascoltate al dritto con un comune lettore cd o mp3. Se ascoltate con speciali apparecchiature o con programmi disponibili online, i testi delle canzoni presentano un testo completamente diverso, con invocazioni a Satana. La tecnica usata è la backmasking in sala di incisione[2].
Non è un caso. La tecnica era usata soprattutto con i vecchi dischi in vinile. Era facile far girare manualmente il disco al contrario per scoprire il messaggio nascosto. Solo un ingegnere del suono può rendere un testo che cantato al dritto ha un senso e che ascoltato al contrario ne ha un altro di senso compiuto. I primi ad usare questa tecnica sono stati i Beatles, con l’abum “Revolver” del 1966. Un esempio di backmasking è la canzone «Stairway to Heaven» (1971) dei Led Zeppelin che al dritto in un punto del testo dice in inglese: «If there’s a bustle in your hedgerow, don’t be alarmed now, it’s just a spring clean for the May queen. Yes there are two paths you can go by, but in the long run there’s still time to change the road you’re on». E al rovescio: «Oh here’s my sweet Satan, the one little path won’t make me sad, whose power is saint… he’ll give growth giving you six-six-six». Cioè: «Oh ecco il mio dolce Satana, (la cui) unica piccola via non mi renderà triste, il cui potere è sacro … egli (ti) darà forza dandoti il 666». Anche la canzone «Paparazzi» di Lady Gaga ha in backmasking la frase: «Evil save us! These stars above, above… we model it on the arts of Lucifer». O ancora Michael Jackson («Beat it»): «I believe it was satan in me». Esperimenti sono stati fatti anche da autori italiani come Zucchero Fornaciari che nella canzone «Miserere» ha introdotto un messaggio backmasking: «Hashish… eroina… hashish… eroina e droga». Certo, non tutti gli artisti hanno voluto diffondere il satanismo, ma vi hanno giocato. Nel 1983 lo stato della California ha proibito il backmasking nei dischi con la seguente motivazione: «Può manipolare il nostro comportamento senza la nostra consapevolezza e consenso e trasformarci in discepoli dell’Anticristo». Nel 1988 al processo contro il serial killer Richard Ramirez ha dichiarato che la canzone «Night Prowler» degli AC/DC lo ha ispirato a commettere gli omicidi. Il gruppo fondamentalista cristiano americano Dial-The-Truth-Ministries (Ministri «Telefona alla Verità») sostiene che tutto il rock è satanico e presenta sul suo sito un inquietante contatore delle anime che vanno all’inferno (situato secondo loro al centro della Terra) ogni secondo che passa. Sostengono anche che Santa Claus (Babbo Natale) è satanico. Nel 2002 il celebre artista di rock satanico Alice Cooper si è convertito al Cristianesimo.

Il rock satanico fa passare a giovani particolarmente sensibili e predisposti quattro pericolosi messaggi che nei loro effetti pratici potrebbero coinvolgere tutti, anche coloro che non sanno nulla di questo fenomeno, come testimoniano i fatti di cronaca nera. 1) La vita umana non ha valore 2) Il male è più forte del bene 3) Trasgredisci. Puoi essere felice e libero solo violando le leggi umane e morali. 4) Disprezza e dimentica tutto ciò che ti parla di Dio. Le emozioni forti che fa passare questa musica si radicano nell’inconscio per tutta la vita, anche di quella adulta.

Giorgio Nadali

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Articolo di Giorgio Nadali per il settimanale “Miracoli” Anno I, N. 19, 22 Novembre 2013

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[1] Fonte: Metal-archives.com


ReliGenio. In arrivo l’ottavo libro di Giorgio Nadali

di Giorgio Nadali

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 Albert Einstein diceva: «Senza la religione l’umanità si troverebbe oggi ancora allo stato di barbarie… E’ stata la religione che ha permesso all’umanità di progredire in tutti i campi». Un genio dotato di umiltà contro l’opinione laicista e superba, carica di odio e d’ignoranza convinta che la religione sia stata e ancora sia un ostacolo ai progressi scientifici. Non solo questa opinione è totalmente sbagliata, ma non tiene conto del contributo della religione al progresso dell’umanità va ben oltre le scoperte e le invenzioni in campo scientifico e tecnologico. Dagli occhiali al caffè cappuccino. Dalle note musicali ai caratteri ereditari della moderna genetica. Dal telescopio equatoriale all’uso dei segni più e meno in matematica, passando per le equazioni differenziali… Chi l’avrebbe mai detto che la funzione delle ovaie l’avesse scoperta un vescovo?

 Come la prenderebbe quel noto matematico piemontese anticlericale[1] che oltre a non conoscere i progressi della sua disciplina dovuti proprio al Cristianesimo e all’Islam, si permette di sproloquiare in un libro sul motivo per cui – a suo parere – Dio non esiste? Secondo lui «la vera religione è la matematica». Ma senza la religione oggi lui dovrebbe fare un altro lavoro. Forse potrebbe fare il matematico che rispetta la fede. “Fede” che – in un certo senso – c’è anche in matematica. Forse non ha pensato che la congettura di Golbach è un puro atto di “fede”. E’ data sì per vera, ma nessuno è mai riuscito a dimostrare che ogni numero pari maggiore di 2 può essere scritto come somma di due numeri primi. Dunque una cosa creduta e non dimostrata! Uno dei maggiori problemi irrisolti della teoria dei numeri. Teoria – detto per inciso – formulata da Pierre de Fermat, grande estimatore della consulenza dei matematici gesuiti. Gli stessi che hanno scoperto  le funzioni iperboliche e le equazioni differenziali, l’iperbole rettangolare, le geometrie non euclidee, e così via. Tutti preti.

 Che scacco per quel professore superbo che in storia della matematica meriterebbe il voto inventato proprio dai matematici induisti: lo zero. Un primo studio dello zero, dovuto a Brahmagupta, risale al 628. Allora, con molta umiltà e una buona dose di stupore forse è meglio conoscere ed essere grati a tanti uomini di scienza e di puro genio, che da Dio hanno ricevuto questo talento ed umilmente Gli sono stati grati. E noi a Lui per il loro ingegno. D’altra parte, l’uomo è più grande quando si inginocchia – come scriveva Alessandro Manzoni – e di conseguenza è ancora più piccolo quando dal basso della sua arroganza sfida Dio e per questo rimane cieco alla vera saggezza.  Per questo Gesù esclamò: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli». (Mt 11,25)I piccoli sono le persone umili e i geni che andremo a conoscere tra poco sono state tutte persone umili nella loro grandezza. Umili geni come Guglielmo Marconi, che disse: «La scienza è incapace di dare la spiegazione della vita; solo la fede ci può fornire il senso dell’esistenza: sono contento di essere cristiano». O come Louis Pasteur:  «Più studio e più acquisto la fede del contadino». O ancora Isaac Newton di cui quel professore arrogante è un grande estimatore:  «Questa notte io fui assorbito dalla meditazione della natura. Ammiravo il numero, la disposizione, la corsa di quei globi innumerevoli. Ma ammiravo ancor più l’Intelligenza infinita che presiede a questo vasto meccanismo. Dicevo a me stesso: Bisogna essere ben ciechi per non restare estasiati a questo spettacolo, sciocchi per non riconoscerne l’Autore, pazzi per non adorarlo… L’uomo che non ammette Dio è un pazzo». Proprio così. Newton darebbe del pazzo ad un suo estimatore malato di razionalismo. Cosa ben diversa dalla razionalità.

I religiosi hanno scoperto così tanto perché la conoscenza è un modo di avvicinarsi a Dio, fonte di ogni sapienza. Un modo per volere conoscere sempre di più con un atteggiamento di stupore e umiltà. Il grande scrittore russo  Lev Tolstoj scisse: «Ritengo che la verità religiosa sia l’unica verità accessibile all’uomo, e la dottrina cristiana io la ritengo una verità che – lo vogliano riconoscere gli uomini o no – si trova a fondamento di tutto il sapere umano». Inoltre il privilegio dello studio è stato per diversi secoli riservato ai membri del clero. 

“Nei cosiddetti Secoli Bui il progresso fu tale che, non più tardi del XIII secolo, l’Europa si era spinta ben oltre Roma, la Grecia e il resto del mondo. Perché? Principalmente perché il Cristianesimo insegnava che il progresso era “normale” e che “nuove invenzioni sarebbero sempre state prossime”. Questa era l’idea rivoluzionaria. E la fiducia nel progresso non si limitava solamente alla tecnologia e alla cultura più elevata. L’uomo medievale europeo era altrettanto incline a sviluppare modi migliori per fare le cose”.[2]    

 E’ l’immenso mistero della libertà dell’uomo che faceva dire a Isaac Newton «l’uomo che non ammette Dio è un pazzo» e a Stephen Hawking – dalla stessa cattedra di Cambridge tre secoli dopo – che Dio non esiste perché non esiste tempo prima del Big Bang e quindi nessuno può avere creato nulla prima del tempo. Teoria del Big Bang – per inciso – sviluppata nel 1927 da un giovane prete gesuita belga: Padre Georges Lemaître. Possiamo capire che Hawking sia depresso per il suo grave handicap e per non aver mai vinto il premio Nobel. Premio che nel 1909  fu assegnato a Guglielmo Marconi, che disse:  «Credo nella potenza della preghiera come cristiano e come scienziato… La scienza è incapace di dare la spiegazione della vita; solo la fede ci può fornire il senso dell’esistenza: sono contento di essere cristiano». Giustificare la non esistenza di Dio screditando millenni di culture e la fede di miliardi di persone con una pseudo teoria scientifica basata sul tempo non fa certo onore alla sua intelligenza. E’ stata la Chiesa che ha creato le prime università e ha giocato un ruolo primario nella rivoluzione scientifica. Questi contributi storici hanno reso possibile anche la sua carriera. La Bibbia dice: Lo stolto pensa: «Dio non esiste» (Salmo 53,2). La questione non riguarda tanto l’intelligenza, ma l’umiltà. Non è solo con l’intelligenza che si giunge alla fede. Non è l’intelligenza che può mettere in discussione l’esistenza di Dio. In realtà fede e ragione non sono in contrasto. La conoscenza della realtà non è mai solo un fatto razionale, come nell’illusione razionalista. Pensiamo all’amore. E’ un fatto razionale innamorarsi? Solo con la ragione il mondo finirebbe. Nessuno si innamorerebbe più di nessuno. Cosa conoscerei del mistero di una persona solo con la ragione? O del senso di quadro? Forse quanto è grande la cornice e quale tecnica è stata usata per dipingerlo. Troppo poco. Senza valori spirituali la conoscenza è incompleta e l’uomo si riduce ad una macchina pensante. Giovanni Paolo II scriveva:  «La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. E’ Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso»[3]. La fede senza la ragione e la ragione senza la fede sono due tipi di fanatismi estremi ed opposti che non portano allo sviluppo dell’uomo, ma solo a disastri ideologici. Il matematico italiano Vincenzo Flauti (1782-1863) pubblicò la “Teoria dei miracoli”, una dimostrazione matematica dell’esistenza di Dio. George Boole –  inventore della logica matematica – espresse in formule la dimostrazione dell’esistenza di Dio.

    Fatto sta che quando la scienza cerca di intromettersi nella fede religiosa per screditarla, fa solo un’operazione di goffa superbia. Quando la fede religiosa di tanti geni ha alimentato il  desiderio di capire, di scoprire e di inventare,  ha sempre portato a grandi progressi per l’umanità. 

    E – detto per inciso – la tesi di Stephen Hawking non tiene, perché il tempo non è (solo) un concetto scientifico, ma soprattutto metafisico. Come la fede. Dio è al di là del concetto di tempo, la vita intelligente non può generarsi da sola. Vita il cui senso ultimo va ben oltre le spiegazioni scientifiche. Le stesse leggi fisiche dell’universo potenti e costanti non possono generarsi da sole, ma necessitano di una Mente trascendente. Uno scienziato superbo non smonterà mai la fede religiosa. Solo gli umili geni hanno dato e continueranno a dare un importante aiuto all’umanità. Grazie anche alla loro grande fede. 


[1] Piergiorgio Odifreddi

[2] Rodney Stark, La vittoria della ragione. Come il Cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza – Torino, Lindau,2006., p. 93

[3] Giovanni Paolo II, Enciclica Fides et Ratio, 1, 1998

Giorgio Nadali

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