I segreti del Nirvana

Nel Buddhismo il nirvana è l’estinzione (nir) di ogni desiderio (vana), lo scopo finale dell’esistenza e la liberazione finale dal dolore: «Tutto è dolore Il dolore si combatte eliminando il desiderio». In psicoanalisi il «Principio del Nirvana» è quello che esprime la tendenza a raggiungere uno stato non conflittuale di libertà dal dolore o dalle preoccupazioni. Il desiderio di uno stato di oblio come manifestazione dell’istinto di morte. Per Schopenhauer è la negazione della volontà di vivere la cui esigenza scaturisce dalla conoscenza della natura dolorosa e tragica della vita. Il mokṣa è la liberazione in questa vita (jivanmukti) o escatologica (karmamukti) dal ciclo di reincarnazioni, il samsàra.

Il funerale tradizionale taiwanese con le spogliarelliste funebri

Dentro il padiglione funebre – nella casa del defunto – è fatto il lamento funebre e i famigliari strisciano fino alla bara. Il defunto ha lascito per tempo le sue ultime volontà e disattenderle può portare mala sorte alla famiglia. Il figlio maggiore indossa le vesti cerimoniali. A Taiwan le ballerine erotiche vengono ingaggiate per eventi come matrimoni e funerali. Molti pensano che spettacoli esotici e costosi siano onorevoli e facciano felici déi, spiriti e uomini. In casa viene offerto cibo al defunto per il suo viaggio. Poi viene deposto nella bara, piena dei soldi finti chiamati jīnzhǐ.

A Taiwan il rispetto per il defunto si misura con la folla, i soldi spesi per il funerale (in genere almeno quindicimila euro) e il numero più alto possibile di decibel della musica festosa. Una banda con majorettes, sassofoni, suonatori di tamburo trasportati da carrelli motorizzati e cantanti col microfono accompagnano il feretro. È chiamato il “carro di Buddha” e apre il corteo funebre. Poi segue il grande dragone di carta con i ballerini che fanno la danza del drago. Due bande musicali interamente femminili. Vengono cantati pezzi pop. A seguire, un altro carro allegorico funebre con palcoscenico mobile e ballerine di lap dance che la per giusta somma di denaro si spogliano durante il corteo funebre e anche davanti alla lapide. Tutto per fare felice il defunto. Nella bara viene fatta un’apertura affinché il defunto possa guardare le ragazze mentre ballano al cimitero. Poi è interrata. Nella cultura buddhista la morte non è affatto qualcosa di triste.

Il Naraka, l’inferno Indù e Buddhista

Nel codice di Manu (induista) si parla non di uno, ma di ben ventuno inferni diversi, ciascuno col suo nome. Ciascun inferno ha una sua pena. È escluso che Dante Alighieri si sia ispirato al Codice di Manu nella sua descrizione delle pene infernali, ma è strano notare la somiglianza dei vari inferni buddhisti e induisti con le pene del contrappasso dantesco. È fuori discussione che l’inferno sia caldo. Questo però solo nella visione cristiana. Infatti, Gesù parla di «fuoco eterno» dell’inferno (Matteo 25,41). Il Codice di Manu parla anche di otto inferni freddi, oltre a otto inferni caldi. Nel Naraka Huhuva si battono i denti. È proprio chiamato “Il Naraka dei denti che battono”. Stranamente si parla di “stridore di denti” infernali anche nel Vangelo di Luca 13,28 e in altri sei passi evangelici.

Il Taoismo conosce un rito dei denti che battono, il K’ou-ch’ih. Il Naraka Nirarbuda è l’inferno freddo delle vesciche scoppiate. Nel Naraka Aṭaṭa i dannati hanno così freddo che non fanno altro che balbettare «at, at, at», da cui il nome: il Naraka del tremito. Il Codice di Manu descrive anche la durata della vita infernale. Non è eterna, come nella visione cristiana e islamica, ma è notevolmente lunga. L’inferno caldo Naraka Pratāpana, quello «dell’immenso calore» per intenderci, dura un numero astronomico di anni: 42.467.328 per dieci alla decima. In sostanza più anni d’inferno che del numero delle stelle nell’universo; tutti ospiti di Yama, il padrone di casa del naraka. No, non è Satana.
L’Avichi è l’inferno peggiore. I naraka freddi e caldi sono circondati da sedici inferi secondari. I dannati sono triturati, spezzettati, mangiati vivi da uccelli col becco di ferro, tagliati a pezzi dalle affilatissime foglie degli alberi infernali. Una speranza però c’è.

Il rito dell’ullambana. Letteralmente significa “salvare i defunti appesi sottosopra”. Questo rituale a favore dei defunti è praticato sia dall’Induismo, sia dal Taoismo, sia dallo Shintoismo. Il termine ullambana deriva dal sanscrito avalambana: e significa “appeso a testa in giù”. È questo il tormento dal quale si vogliono salvare i defunti. In Cina è praticato il quindicesimo giorno del settimo mese buddhista (agosto) per aiutare gli spiriti affamati (preta) mediante offerte di cibo, spesso in forma simbolica e di carta (vedi Jīnzhǐ). In Giappone lo urabon si tiene il 15 luglio e il 15 agosto.

Funerale simulato da vivi

In Corea del Sud vi è il più alto tasso di suicidi al mondo. Dai 400.000 ai 779.000 nel mondo. Dei venti Paesi con alti tassi di suicidio, diciassette appartengono all’area dei Paesi più ricchi e benestanti; lo status socioeconomico delle persone non costituisce un fattore rilevante di rischio suicida; più una persona, o uno Stato, è religiosa e minore è il suo tasso di suicidio; i protestanti presentano un tasso di suicidio più alto degli ebrei, e questi, a loro volta, più alto dei cattolici .

La Cheonan la Coffin Academy (“Accademia della bara”) offre un programma che vuole prevenire i suicidi. Il momento più importante del macabro rituale è il finto funerale in cui i partecipanti sono chiusi ognuno nella propria bara posta in una grande sala. Si scatta la foto della persona da porre con un lumino sulla bara. Viene indossato il tradizionale sudario coreano e letto l’elogio funebre di ciascuno dei partecipanti. Il coperchio della bara è chiuso con un martello dopo che il partecipante vi si è sdraiato. Per dieci minuti ognuno riflette sulla propria vita, prima che la bara sia riaperta. Nessuno dei partecipanti al rito si è poi suicidato.

Monaci buddhisti robotizzati al cimitero

Al cimitero centrale di Yokohama (Giappone) la Elevator Systems Co. di Tokyo ha installato un monaco buddhista robot del valore di 380.000 dollari. Il monaco robot inizia automaticamente alle nove di mattina a intonare le preghiere di quattro sette buddhiste, sbattendo le palpebre e aprendo la bocca in base alla registrazione su cd rom. Svolge la funzione di quattro monaci. Un altro monaco robot è installato presso il tempio buddhista Hotoku-ji, a Kakogawa (Giappone). Di solito sta fermo in meditazione, ma quando i suoi sensori sentono l’avvicinarsi di un fedele, il monaco robot creato da Yoshihiro Motooka inizia a intonare un sutra, mentre lo shumoku (pestello) che tiene nella sua mano destra batte ritmicamente il suo bel mokugyo (gong di legno buddhista). Il robot è stato creato con parti usate di altri apparecchi. Il monaco robot è rasato, tiene in mano un rosario juzu ed è inginocchiato.

Giorgio Nadali


Segreti taoisti a luci rosse per allungare la vita. V.M. 18

Lo Huang-Ching è l’esercizio sessuale taoista per prolungare la vita. Il suo nome significa “far tornare indietro il seme”. Il fedele fa circolare nel corpo l’essenza (ching) unita al respiro (ch’i) portandola dall’alto al basso cinabro (tan-t’ien) per rinforzare il cervello (pu-nao). Viene praticato evitando l’eiaculazione durante il rapporto sessuale. Nello Huang-Ching pu-nao l’uomo cinge, immediatamente prima dell’eiaculazione, la radice del pene con due dita, respira profondamente con la bocca e digrigna i denti. Grazie a ciò il seme può salire nel più alto campo di cinabro (tan-t’ien) del cervello.

L’effetto di ringiovanimento di questo metodi si basa sulla fusione del seme (ching) con l’energia vitale (ch’i).
Questa fusione ha luogo, secondo la teoria, nella trachea, dove sale l’essenza, oppure dal basso campo di cinabro, dove scende il respiro. Così fusi, entrambe circolano nel corpo finché vengono di nuovo condotti dal basso all’alto campo di cinabro, più precisamente, nella parte del campo conosciuta come Ni-huan; attraverso ciò il cervello viene rinforzato. Il metodo funziona. L’ha provato l’’imperatore giallo Huang-ti che lo applicò quando ebbe rapporti sessuali con milleduecento concubine, una dopo l’altra, senza riportare danni alla salute. In sostanza nove giorni di rapporti sessuali ininterrotti, 24 ore su 24… Provate!

Il metodo dello Huang-chi pu-nao è conosciuto dal tempo della dinastia Han ed è molto diffuso anche oggi e può essere usato con facilità anche da chi ha meno di milleduecento concubine. La maggior parte delle opere taoiste sottolinea che, in questa tecnica, non si tratta del seme in sé, ma dell’essenza dello stesso, perché esiste già prima del seme materiale. Il processo dello Huang-chin pu-nao inizia al momento dell’erezione e del risveglio dell’energia sessuale. Infatti, secondo la concezione taoista, l’erezione non è necessariamente collegata all’attività sessuale; è soprattutto indizio del fatto che l’energia è presente nel corpo in maniera sufficiente, e può circolare liberamente. L’erezione può sopraggiungere anche quando colui che pratica la meditazione raggiunge una condizione libera da pensieri e desideri… Forse. Concepito in questo senso, il metodo di lasciar tornare indietro il seme per “rinforzare il cervello” può essere praticato anche da quei taoisti che non hanno molte concubine come l’Imperatore di Giada o che rifiutano le tecniche sessuali.

Un termnine taoista collettivo indica molto chiaramente quali sono queste tecniche sessuali. È Fang-chung shu, cioè le “arti della camera interna”. Queste tecniche sono importanti perché uniscono l’utile al dilettevole. Grazie al sesso fanno realizzare il Tao e raggiungere l’immortalità (Ch’ang-sheng pu-ssu). E non è poco. Le differenti tecniche sessuali taoiste mirano ad alimentare e a conservare il seme, l’essenza (ching), perciò il discepolo ha bisogno dell’energia dell’altro sesso, dal momento che solo sotto l’influsso dello Yin femminile, l’uomo può rinforzare il suo Yang e viceversa. I metodi più importanti per alimentare il ching consistono nell’evitare l’eiaculazione e nel “ritrarre il ching” per “rinforzare il cervello”.

Pratiche sessuali collettive sono attestate sin dalle antiche scuole taoiste. I seguaci del Taismo dei cinque stai di riso (Wu-tou-mi Tao) e della via della pace suprema (T’ai-pin’g Tao) praticavano la cosiddetta fusione del respiro (Ho-ch’i). Un elemento sostanziale nei metodi sessuali è lo scambio di energie. Per rafforza il suo Yang l’uomo può durante il coito bere molte energie Yin, che si riflettono fortemente sulla propria energia, sotto la lingua o dal seno della donna. Ma le essenze più potenti vengono sprigionate durante l’orgasmo. L’uomo le coglie con il suo pene nella vagina della donna e la donna con la vagina dal pene dell’uomo.

Questo scambio di Yin e Yang assicura la salute e allunga la vita. Spesso però le esigenze superano lo scambio e l’accumulo di energia passa in primo piano. Il discepolo taoista deve allora imparare, per evitare l’eiaculazione, a trattenere tutto il suo ching nel corpo. Contemporaneamente deve preoccuparsi di portare più volte all’orgasmo la sua partner per poter quindi prenderne l’energia Yin sprigionata. L’uomo può l’efficacia di questa tecinca avendo rapporti con molte diverse partner giovani e belle, uno dopo l’altro. Il leggendario imperatore giallo (Huang-ti) secondo la tradizione fece l’amore con milleduecento concubine senza riportare danni alla salute perché sapeva bene come evitare l’eiaculazione. Il livello successivo è costituito dalla ritrazione del seme per rinforzare il cervello. Questa tecnica è stata praticata anche come esercizio preliminare alle pratiche meditative di respirazione del Taoismo che si propongono lo sviluppo di un “embrione sacro” (Sheng-t’ai), l’anima immortale del fedele taoista.

Queste tecniche sessuali sono state certamente praticate a danno delle partner femminili. Perciò un’altra tradizione insegna che entrambi i partner devono frenare l’orgasmo e aspirare a un più alto livello di unione. Un testo afferma che per vivere a lungo, senza invecchiare, un uomo deve prima giocare con la donna. Egli deve bere il liquido di giada, ossia deve bere la sua saliva; così in entrambi la passione cresce. Poi l’uomo deve premere con le dita della sua mano sinistra il punto P’ing-i.

(Il punto P’ing-i si trova circa 2,5 cm. sopra il capezzolo del seno destro ed è anche indicato come “Yin presente in Yang”). Nel suo (basso) campo di cinabro (Tan T’ien)… egli deve immaginarsi un’essenza chiara, rossa, dentro gialla e fuori rossa e bianca. Quindi si deve immaginare che questo liquido si divida in sole e luna, che si muovano nella sua pancia e che raggiungano nel suo cervello il punto Ni-huan, dove le due metà poi si ricongiungono.

Questa simbolica ritrazione del seme culmina dunque nell’unione del principio maschile e femminile, rappresentato dal sole e dalla luna. L’arte cinese presenta innumerevoli simboli sessuali. La pesca, con il suo intaglio interno, rappresenta la vulva femminile. Altri simboli per la parte femminile sono vasi, nuvole, fiori di peonia aperti, funghi, la tigre bianca, stelle reniformi ecc. Simboli per la parte maschile sono, tra gli altri, la giada, le pecore, formazioni rocciose che ricordano il fallo, il drago verde, il colore verde, la fenice.

Giorgio Nadali

Italiadagustare


I segreti della crocifissione

Giorgio Nadali

Il supplizio della crocifissione esiste da quasi tremila anni. Le prime tracce di crocifissione risalgono al IX secolo a.C., al tempo del re assiro Salmanassar III. Una rudimentale forma di crocifissione era l’impalamento. Il condannato era infilzato da un grosso palo appuntito nello stomaco, senza toccare organi vitali e poi lasciato ad agonizzare lentamente. Nel 332 d.C Alessandro Magno fa crocifiggere duemila persone appese a pali di legno sulle coste del Mediterraneo. Il gladiatore Spartaco e i seimila schiavi ribelli da lui guidati furono crocefissi settant’anni prima della nascita di Cristo. Nel V secolo a.C. erano molto diffuse le crocifissioni.
Tuttavia la crocifissione assume celebrità solo con Gesù Cristo, nel I secolo d.C. I romani hanno affinato la tecnica della crocifissione. Storici e studiosi cercano di scoprire in che modo Gesù Cristo fu assicurato alla croce. L’arte l’ha sempre presentato con i chiodi conficcati nei palmi delle mani. In questo caso il peso del suo corpo lo avrebbe staccato dalla croce. Gli studi di Mark Benecke, patologo forense tedesco, seguono le orme di Pierre Barbet, il primo medico che nel 1950 studiò scientificamente la crocifissione di Cristo, mediante l’utilizzo di cadaveri. Le mani possono sopportare un peso dai diciotto ai ventisette chili. Una struttura con catene per simulare le braccia ha dimostrato che ogni singola mano del condannato a braccia spiegate sulla croce, sostiene tutto il peso del corpo. Quindi ogni mano non può sopportare il peso di 78 chili di un corpo di 180 centimetri, il peso e l’altezza presumibile di Gesù Cristo (in base agli studi sulla Sindone). È probabile che i romani crocifiggessero le mani in uno spazio compreso tra le ossa del polso, chiamato spazio di Destot. Il dolore è molto intenso e provoca continue scariche brucianti alla mano, perché quest’area è attraversata dal nervo mediano. Il pollice si ritrae (come si vede nell’immagine della Sindone). Inoltre in greco antico (la lingua originale del Nuovo Testamento) il termine χείρ non fa distinzione tra braccio, mano e polso. Erano presenti sia corde sia chiodi (presumibilmente lunghi dieci centimetri, in base al ritrovamento nel 1968 dell’osso detto di Yehonan, sugli antichi luoghi di crocifissione a Gerusalemme).

Il modo in cui erano inchiodati i piedi era determinante per la durata di resistenza sulla croce. Si andava da poche ore (rara, come per Gesù) sino a diversi giorni (molto frequenti). Difatti in caso di necessità i romani ponevano fine all’agonia mediante il crurifragium – la rottura delle tibie mediante una lunga mazza – fatto che fu risparmiato a Gesù perché era già morto (realizzando la profezia in Giovanni 19,36, Salmo 34,21 e Esodo 12,46). Nel caso di crocifissione dei piedi classica dell’arte sacra, la respirazione è molto difficoltosa e estremamente dolorosa perché i piedi assicurati allo stipes (il braccio verticale della croce) impediscono di bloccare le ginocchia e il condannato sostiene tutto il peso con i muscoli delle cosce, se non vuol pendere completamente dai chiodi. Ogni volta che il condannato cerca di sollevarsi per respirare, i nervi sono sollecitati ulteriormente. Il suppedaneo presente nell’arte sacra non è storicamente attendibile. I piedi erano inchiodati direttamente allo stipes. Le rappresentazioni artistiche sono state realizzate da artisti che non hanno mai assistito a una crocifissione. Il condannato cerca di sollevarsi per alleviare il dolore al nervo mediano, ma in questo modo carica la muscolatura e strofina la schiena contro lo stipes con maggiore perdita di sangue che fa andare in shock ipovolemico. Il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue agli organi vitali. In realtà nessuna posizione consente di alleviare il dolore.
La causa finale della morte di Cristo. A causa della difficoltà respiratoria nei polmoni aumenta il biossido di carbonio e diminuisce l’ossigeno del sangue. È l’ipossia che porta al soffocamento. Inoltre le cadute di Gesù con il patibulum sulle spalle, riportate dai Vangeli hanno provocato probabilmente una lesione cardiaca. Lo sforzo del muscolo cardiaco ha provocato un aneurisma. È probabile, secondo studi, che la frequenza cardiaca sulla croce fosse di 170 battiti al minuto. Se non curato il tessuto può rompersi. Il peso del patibulum (braccio orizzontale) è stimato in quarantacinque chili. Una caduta di questo tipo corrisponde ad un urto frontale in auto a cinquanta chilometri all’ora senza l’uso della cintura di sicurezza. Lo stesso vale per i colpi di flagello. È impossibile che il condannato portasse l’intera croce, stimata in centocinquanta chili. Ad un certo momento le funzioni vitali cessano di colpo. È il dolore stesso che uccide. Tuttavia, in base ai Vangeli, risulta che Gesù fosse ancora in grado di parlare lucidamente e di essere sentito chiaramente da sotto i 2,5 metri della croce (es. Luca 23,34). Il cervello era dunque irrorato normalmente. Non fu dunque lo shock ipovolemico a ucciderlo. Chi va in shock ipovolemico perde conoscenza e non è in grado di parlare lucidamente. Non fu nemmeno l’asfissia. Riusciva infatti a parlare ad alta voce. Fu dunque lucido e cosciente sino all’ultimo momento in cui una lesione cardiaca fece cedere improvvisamente il cuore. A questo punto la frequenza cardiaca è di 180 battiti al minuto e qualcosa di simile ad un infarto fa sopraggiungere la morte. Il cuore danneggiato continua a pompare sangue, ma la sacca pericardica è sotto pressione e cede all’istante. La morte di Cristo fu per rottura del muscolo cardiaco. Il dottor David Ball ha pubblicato nel 1989 le sue conclusioni sul «Journal of the Mississippi State Medical Association» confutando un altro studio pubblicato sul «Journal of the American Medical Association» secondo cui Cristo morì per soffocamento sulla croce.
Dagli esperimenti del dottor Ball risulta che la frequenza cardiaca di una persona legata sulla croce (senza le mani e i polsi bucati dai chiodi) passa subito da settantotto a centodieci battiti al minuto. Dopo due minuti e mazzo sopraggiunge giù il dolore nelle cosce. Dopo sette minuti la frequenza passa a centosettanta battiti e le gambe hanno tremori incontrollabili. Dopo quindici minuti e venti secondi i volontari appesi ad una croce (senza chiodi) hanno riferito che il dolore a gambe e braccia diventa insopportabile. L’aria inalata è diminuita del 10%. Il dottor David Ball ha dimostrato in pubblico – durante un servizio religioso evangelico nel 2007 – utilizzando dei manichini coperti di uretano, molto simile alla pelle umana, cosa significhi una flagellazione. La dimostrazione è avvenuta presso la Hartselle’s East Highland Baptist Church (Alabama, USA). «Dal costato di Cristo uscì sangue e acqua». (Giovanni 19,34). La scienza lo conferma. Nel cuore si accumula un liquido più chiaro (definito “acqua” dai Vangeli). Perforando in quella situazione il pericardio ne esce un forte getto sotto pressione. La lancia usata per quest’operazione è chiamata “Lancia di Longino”. Il nome del centurione romano che trafisse il costato di Cristo non è presente nei Vangeli canonici, ma in quello apocrifo di Nicodemo. Secondo la tradizione si convertì, morì martire decapitato a Mantova ed è oggi il santo patrono di militari e non vedenti. Già sotto la croce riconobbe la divinità di Cristo (Marco 15,39). A lui è dedicata una statua del Bernini alla base dell’altare maggiore della basilica di San Pietro in Vaticano. La punta della sua lancia è custodita nella Schatzkammer del museo dell’Hofburg a Vienna. Durante la Seconda Guerra Mondiale i nazisti cercarono di impossessarsene perché le vengono attribuiti poteri miracolosi.
Anche i nazisti usavano la crocifissione nei campi di concentramento, con la differenza, rispetto a Cristo, che il condannato era appeso con le braccia sopra la testa, con i piedi liberi. In questo modo vi è un soffocamento molto rapido. Tuttavia nel 1943 il soldato australiano Ringer Edwards catturato dai giapponesi resistette sessantatré ore su di una croce in questo modo e sopravvisse.
La crocifissione – chiamata haritsuke – era conosciuta anche in Giappone. Fu introdotta nel periodo Sengoku (1467–1573), dopo 350 anni senza pena di morte. I guerrieri ninja (le spie del Giappone feudale) reprimettero duramente il cristianesimo giapponese sino a ridurlo nel 1640 d.C. a pochissimi fedeli. Il 2 febbraio del 1597 il samurai Toyotomi Hideyoshi ordinò la crocifissione mediante la tecnica detta hikimawashi di sei giapponesi convertiti al Cristianesimo e di venti frati francescani. La tecnica è del tutto simile a quella della crocefissione di Gesù. I condannati dovettero inoltre camminare per i mille chilometri da Kyoto e Osaka a Nagasaki per poi subire lo stesso martirio di Cristo. In realtà i condannati furono crocefissi e immediatamente dopo infilzati da sotto con una lunga lancia nella gola, per una morte molto rapida. Una chiesa sulle colline Nishizaka di Nagasaki ricorda nei suoi mosaici i primi martiri cristiani in Giappone. I giapponesi usavano anche la tecnica chiamata sakasaharitsuke con la quale il condannato veniva crocifisso a testa in giù, come vuole la tradizione riguardo al martirio di San Pietro apostolo. Molti cristiani venivano crocefissi in Giappone con la tecnica mizuharitsuke. La croce era immersa nell’acqua della bassa marea, mentre il condannato attendeva la morte all’arrivo dell’alta marea che sommergeva la sua croce.
Oggi la crocifissione è usata come metodo di esecuzione capitale in Arabia Saudita, Sudan e Birmania. Si parla di crocifissione nella sura (capitolo) 5,33 del Corano come pena per il ladro che uccide la sua vittima. In Iran è in disuso, ma teoricamente prevista. Amnesty International ha denunciato ottantotto crocifissioni nel 2002 nella regione del Darfur, in Sudan.

Giorgio Nadali, I segreti delle religioni EBOOK, Edizioni Youcanprint, Tricase, 2015, ISBN: 978-88-911-7694-3


Segreti di santi

 

I santi esistono in diverse religioni, ma sono numerosi e venerati soprattutto nel Cristianesimo cattolico e in quello ortodosso. Quest’ultimo però non proclama più nuovi santi, mentre il cattolicesimo dichiara tra santi e beati, almeno una quindicina di nuovi ogni anno. Nel Buddhismo si chiamano arya-pudgala e sono i “nobili individui” che hanno il darsana marga (il sentiero della visione). Nell’Induismo la persona diventa santa per acclamazione popolare (com’era un tempo per la Chiesa cristiana) e vi sono due tipi di santi. Le incarnazioni del divino e quelli che hanno modellato la loro vita come risposta al divino. Nell’Islàm i santi si chiamano awliya, letteralmente “gli amici di Allah”. Dai Sufi – mistici Islamici – il santo è considerato (anche se uomo) la “sposa di Allah”. L’Ebraismo ha i suoi tsaddik, santi che sono emulati, non venerati. Con il termine ebraico per carità tsedakah ha la stessa radice di tsaddik, perché corregge una società ingiusta.
Ma la parte del leone sui santi la fa la Chiesa cattolica. Il testo chiamato Martyrologium Romanum (Testimoni della fede) – nell’ultima versione del 2004 contiene l’elenco ufficiale dei 9.900 santi e beati (ventimila nella Bibliotheca Sanctorum) della Chiesa cattolica. Nel 2008 la Chiesa cattolica ha dichiarato quattordici nuovi beati e quattro nuovi santi. Nel 2009 sono stati canonizzati dieci santi di cui quattro italiani, due uomini e due donne.

L’ultima santa italiana laica – madre di quattro figli- è stata dichiarata nel 2004 Gianna Beretta Molla († 1962). L’ultimo santo italiano laico è stato il medico Giuseppe Moscati († 1927) nel 1987, patrono degli anatomo-patologi. Papa Giovanni XIII è l’ultimo italiano canonizzato il 27 aprile 2014. La più giovane santa italiana è Maria Goretti, morta a soli dodici anni nel 1902. Qualsiasi battezzato cattolico può chiedere la beatificazione di un altro fedele defunto. Il candidato è detto “Servo di Dio”. Una volta accertata l’eroicità delle virtù è definito “Venerabile. Per essere proclamato “beato” il candidato deve aver fatto un miracolo. Due per essere dichiarato “santo”, tranne che per i martiri. L’attore promuove la causa che è istruita sulle virtù eroiche o sul martirio del Servo di Dio e se ne assume le responsabilità morali ed economiche. Art. 10 – § 1. Possono costituirsi attore della causa il Vescovo diocesano o eparchiale ex officio, le persone giuridiche, quali diocesi o eparchie, strutture giurisdizionali a esse equiparate, parrocchie, Istituti di Vita Consacrata o Società di Vita Apostolica, o Associazioni di fedeli clericali e/o laicali ammesse dall’autorità ecclesiastica. § 2. Può costituirsi attore della causa anche una persona fisica, ossia chiunque faccia parte del popolo di Dio, purché in grado di garantire la promozione della causa nella sua fase diocesana o eparchiale e in quella romana. Art. 11 – § 1. La persona giuridica o fisica si costituisce attore della causa con un atto notarile. § 2. Il Vescovo accetta tale atto dopo aver verificato la capacità della persona giuridica o fisica di assumere gli impegni inerenti al ruolo di attore. Secondo un sondaggio SWG per il settimanale «Famiglia Cristiana» del 2006 il santo cattolico più venerato del Novecento è S. Pio da Pietrelcina (Padre Pio, 1887-1968).

Dal 1968 al 1995 sono stati segnalati 500.000 casi di grazie e miracoli ricevuti. 64.000 casi con descrizioni dettagliate e 500 casi clinicamente documentati. Il 21 giugno 2009 è stata inaugurata la cripta d’oro che custodirà le sue spoglie mortali. 2.711 è il numero di gruppi di preghiera a lui dedicati in Italia. 646 nel mondo in cinquantasei Paesi. Nel 2006 sei milioni di pellegrini hanno visitato il santuario di San Giovanni Rotondo (FG) – lo stesso numero di tutti i visitatori del mondo in Terra Santa. In Italia vi sono circa ottomila comuni. Le vie, piazze, viali dedicate ai Santi, Gesù Cristo, la Madonna, pontefici e persone legate alla religione cattolica sono oltre mezzo milione. Solo a Milano sono oltre duecento. 721 è il numero di comuni italiani che denominati col nome di un santo cattolico. Più due dedicati alla Madonna – Madonna del Sasso (VB) e Domus de Maria (CA). A questi vanno aggiunti circa cinquanta comuni col nome composto di un santo o legato comunque al cattolicesimo. Totale oltre il 10% dei comuni italiani. Il numero di Paesi mondiali col nome di un santo è due. San Marino e Santa Lucia. La santa più prolifica è Santa Brigida di Svezia (1303-1373), madre di otto figli e fondatrice dell’Ordine della Santissima Trinità. Vedova nel 1344. La seconda figlia (Santa Caterina di Svezia) fu suora e anch’essa canonizzata santa. Per battezzare un bambino nella Chiesa Cattolica è obbligatorio imporgli il nome di un santo. «Nel Battesimo il nome del Signore santifica l’uomo e il cristiano riceve il proprio nome nella Chiesa. Può essere il nome di un santo, cioè di un discepolo che ha vissuto con esemplare fedeltà al suo Signore.

Il patrocinio del santo offre un modello di carità ed assicura la sua intercessione. Il “nome di Battesimo” può anche esprimere un mistero cristiano o una virtù cristiana. “I genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non venga imposto un nome estraneo al senso cristiano”». S. Ambrogio. Il suo stemma presenta un alveare e due flagelli incrociati. L’alveare simboleggia l’eloquenza per difendere la Chiesa, i flagelli la stretta disciplina del primo vescovo di Milano. Il suo inno Obduxere polum nobila coeli viene cantato contro le alluvioni. Santa patrona delle hostess e operatrici turistiche: Santa Bona (1156-1207). Vergine pisana. Il 2 marzo 1962 Papa San Giovanni XXIII la rende Patrona delle Assistenti dei viaggiatori, in virtù della spiccata vocazione della Santa a confortare e sorreggere i pellegrini nei momenti più difficili. Le sue spoglie riposano nella Chiesa di San Martino, a Pisa, dove numerose assistenti di volo a lei devote si ritrovano il 29 maggio. Il simbolo della Santa è rappresentato da una croce con la lettera B. Essa è presente nel martirologio romano. Santo patrono dei pasticceri: Saint Honorè († 600). La torta Saint Honoré è una torta che prende il proprio nome dal santo patrono dei pasticceri francesi Saint Honoré o Honoratus (vescovo di Amiens nel VI secolo). La sua statua si trova nella cattedrale di Amiens (Francia). Santa Maria Egiziaca (Alessandria d’Egitto, 344 – 2 aprile 421) è stata una santa e monaca egiziana, già prostituta.

Il culto di Maria Egiziaca si diffuse rapidamente in tutta la cristianità. Santa patrona delle prostitute redente, viene ricordata il 2 aprile dalla chiesa cattolica, da quella ortodossa e da quella copta. S. Agnese di Roma (martire). La patrona dei giardinieri e delle vergini mostra in sogno il futuro marito di queste ultime, ma solo se hanno digiunato precedentemente la sua festa (21 gennaio). S. Benedetto da Norcia. Guardiano dell’ora della morte, ma solo dalle nove alle dieci. Le campane di S. Benedetto sono suonate per tenere lontano il diavolo dai morenti. S. Bonifacio. Occorre piantare i fagioli durante la sua festa (5 giugno) se si vuole un buon raccolto. S. Giuda Taddeo Apostolo. Patrono delle cause perse. S. Maria Maddalena. Le ragazze devono tagliarsi le trecce nel giorno della sua festa (22 luglio). Così avranno dei bei capelli lunghi. San La Muerte è un santo, non riconosciuto dalla chiesa cattolica, il cui culto è diffuso in Argentina e in Paraguay. È noto anche con i seguenti nomi: Señor de la buena Muerte, Señor de la Paciencia, San justo Nuestro Señor de la Buena Muerte, Nuestro Señor de Dios y de la Muerte, San Esqueleto, Ayucaba, Señor que Todo lo Puede, San Severo de la Muerte. A volte, per timore, è chiamato solamente “San”. S. Agata (martire). Il suo stemma presenta una tenaglia d’oro su fondo rosso, simbolo del suo martirio S. Marta di Betania. Nelle Repubblica Ceca chi fa il burro durante la sua festa (29 luglio) e ne offre un po’ alla Chiesa, avrà molto latte durante l’anno. S. Alberto di Lovanio. (21 novembre). Patrono dei pizzaioli e del Belgio. S. Ottilia di Hohenburg. Il 13 dicembre è la sua festa. Un sacerdote prende la camicia maleodorante custodita in chiesa, del padre della santa, patrona dell’Alsazia, e la indossa durante i due giorni precedenti del festival. S. Stefano I, re d’Ungheria. Chiunque usi una pistola il 20 agosto, giorno a lui dedicato, farà sicuramente centro. S. Giorgio di Cappadocia (martire). Se dovete usare una pozione d’amore o seppellire un tesoro fatelo nel suo giorno (23 aprile). Patrono dei cavalli, dei contadini e dell’Inghilterra. S. Marco Evangelista. Nel giorno della sua festa (25 giugno) il sale viene benedetto e dato alle mandrie mentre sono condotte al pascolo. S. Antonio Abate (17 gennaio) è il patrono dei becchini. S. Bernardo (1 giugno) è il patrono degli sciatori. S. Cristoforo (17 gennaio) è il patrono dei becchini. Sanata Bona da Pisa (29 maggio) è la patrona delle hostess. San Girolamo disse: «La tomba vuota è la culla del Cristianesimo» intendendo con questo che il Cristianesimo nasce con la tomba vuota per la risurrezione di Cristo. Disse anche che una donna cessa di essere tale e può essere chiamata uomo quando vuol servire più Cristo che il mondo (Comm. ad Ephesios III,5).

I segreti della produzione di santi

Italia, terra di poeti, navigatori e santi. È ovvio che in Italia abbia sede è il più grande santificio del mondo. Originariamente i santi erano riconosciuti in base al martirio o all’eroismo di vita cristiana, poi dal VI al XIII secolo i santi furono riconosciuti in base ai miracoli compiuti e così è ancora oggi. Niente miracolo, niente onore degli altari. Perciò all’impennata nel numero di santi dichiarati annualmente dalla Chiesa cattolica corrisponde un’impennata nel numero di miracoli riconosciuti. Il cardinale bolognese Prospero Lambertini, eletto papa Benedetto XIV, stabilì nel 1734 le norme per la dichiarazione di santità nel De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione. I santi sono presenti anche in altre religioni e anche nella Chiesa ortodossa. Un santo è venerato da tutte le Chiese cristiane, anche dai protestanti di solito poco inclini al culto dei santi. È il cosiddetto megalomartire San Giorgio. Tuttavia l’abbondante produzione annuale di santi e il riconoscimento dei relativi miracoli, necessari alla canonizzazione sono una specialità della Chiesa cattolica, insieme alle reliquie, da sempre. Non esiste oggi un altare cattolico senza la reliquia di almeno un santo inserita al momento della consacrazione della nuova chiesa. Per cui la reliquia più vicino a casa tua è cementata dentro l’altare della tua parrocchia. Il primo “avvocato del diavolo” – colui che sino al 1983 era incaricato di trovare criticamente motivi per non concedere la dichiarazione di santità – fu Prospero Lambertini, nominato nel 1708 da papa Clemente XI. Oggi al posto dell’avvocato del diavolo c’è un relatore della causa di beatificazione (per i beati) o canonizzazione (per i santi). Esclusi i martiri, è necessario dal 1975 il riconoscimento di un miracolo per la beatificazione e un altro per la canonizzazione, la quale può giungere anche dopo parecchi anni. Di questo si occupa la Consulta medica vaticana che convalida circa il 60% dei venticinque casi presentati in media ogni anno. Dal 1588 (data in cui papa Sisto V fondò la Congregazione dei Riti) al 1978 (elezione di papa San Giovanni Paolo II) sono stati dichiarati santi 296 fedeli e 827 beati. Dal 1978 vi è stata l’impennata del numero di canonizzazioni e beatificazioni. 464 le prime e 1.304 le seconde. Duemila sono in lista di attesa. Qualsiasi battezzato cattolico può chiedere la beatificazione di un altro fedele defunto. Il candidato è detto Servo di Dio. Una volta accertata l’eroicità delle virtù viene definito Venerabile. Per essere proclamato Beato il candidato deve aver fatto un miracolo. Due per essere dichiarato Santo, tranne che per i martiri. L’attore (questo è il termine legale) promuove la causa che viene istruita sulle virtù eroiche o sul martirio del Servo di Dio e se ne assume le responsabilità morali ed economiche. Art. 10 – § 1. Possono costituirsi attore della causa il Vescovo diocesano o eparchiale ex officio, le persone giuridiche, quali diocesi o eparchìe, strutture giurisdizionali ad esse equiparate, parrocchie, Istituti di Vita Consacrata o Società di Vita Apostolica, o Associazioni di fedeli clericali e/o laicali ammesse dall’autorità ecclesiastica. § 2. Può costituirsi attore della causa anche una persona fisica, ossia chiunque faccia parte del popolo di Dio, purché in grado di garantire la promozione della causa nella sua fase diocesana o eparchiale e in quella romana. Art. 11 – § 1. La persona giuridica o fisica si costituisce attore della causa con un atto notarile. § 2. Il Vescovo accetta tale atto dopo aver verificato la capacità della persona giuridica o fisica di assumere gli impegni inerenti al ruolo di attore.

Latrìa, Dulìa e Iperdulìa

La latrìa è il culto di adorazione riservato solo alle tre Persone della Santissima Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo). La venerazione è possibile anche alla Madonna (in questo caso si chiama iperdulìa), agli Angeli, ai Santi (cioè la dulìa e – solo per San Giuseppe – la protodulìa), ma l’adorazione (latrìa) è riservata esclusivamente a Dio. La latrìa si oppone ai peccati gravi – contro il primo Comandamento – di idolatrìa, che è l’adorazione nella vita di qualcos’altro al posto di Dio, divenendo di fatto un idolo per la persona, all’apostasia (abbandono della fede), all’eresia (fede scorretta) e alla magia (sostituirsi a Dio). È importante soprattutto nel Cattolicesimo e nell’Ortodossia distinguere nettamente tra l’adorazione (latrìa) dovuta solo a Dio e la venerazione. Il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica parla dell’adorazione solo in relazione a Dio. Essa è l’atto principale della virtù della religione. Adorare Dio è riconoscerlo come Dio come il Creatore e il Salvatore, il Signore e il Padrone di tutto ciò che esiste, l’Amore infinito e misericordioso. «Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai» (Luca 4,8), dice Gesù, citando il Deuteronomio. Adorare Dio è riconoscere nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il “nulla della creatura”, la quale non esiste che per Dio. Adorare Dio è come Maria nel Magnificat, lodarlo, esaltarlo, e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome. L’adorazione del Dio Unico libera l’uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall’idolatria del mondo (nn. 2096-97). Per questo motivo in chiesa la genuflessione va fatta solo davanti al Tabernacolo contenente l’Eucaristia. La venerazione (per Angeli, Santi, Madonna) è invece semplice riverenza e rispetto e quindi devozione (amore spirituale). Adorare qualcuno al posto di Dio (Angeli, Santi, Madonna) è un peccato grave contro il primo Comandamento.

Santi, superstizioni e credenze (attuali)

«La superstizione, l’idolatria e l’ipocrisia percepiscono ricchi compensi, mentre la verità va in giro a chiedere l’elemosina», diceva Martin Lutero. Teoricamente la superstizione non dovrebbe riguardare affatto la religione. Anzi, è proprio il suo contrario. La superstizione, dal latino super stitio, stare sopra, è la credenza che cose ed eventi abbiano un potere sulla libertà umana con un principio di causa-effetto. Un santo può intercedere, secondo la fede cattolica e quella ortodossa. Nessuna intercessione è necessaria per la fede evaangelica (protestante). Dio ascolta tutti. Quando si esagera però si entra nella superstizione. Il più alto numero di santi appartiene alla Chiesa cattolica, la quale scrive nel suo catechismo: «Il primo comandamento vieta di onorare altri déi, all’infuori dell’unico Signore che si è rivelato al suo popolo. Proibisce la superstizione e l’irreligione. La superstizione rappresenta, in qualche modo, un eccesso perverso della religione; l’irreligione è un vizio opposto, per difetto, alla virtù della religione. La superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero Dio, per esempio, quando si attribuisce un’importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie. Attribuire alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione» . Teoricamente, appunto. Tuttavia… (Solo qualche esempio)

Santo/a Superstizione/Credenza e patronato:
Adalberto di Praga L’acqua presa dai pozzi nell’immediata vicinanza delle chiese a lui dedicate hanno speciali poteri taumaturgici. Patrono della Boemia.
Sant’Agata di Catania Chiunque beva acqua santa nel giorno dedicato alla santa (5 febbraio) non sarà morso dai serpenti. Il pane di Sant’Agata protegge nei viaggi pericolosi. Patrona di Catania, degli orafi, dei costruttori di campane, balie. Protegge dai terremoti ed eruzioni vulcaniche, infiammazioni, malattie del seno.
Sant’Agnese di Roma Sant’Agnese mostra alle ragazze il loro futuro marito in sogno la notte prima della sua festa (21 gennaio). I polli cresceranno bene se ricevono un piccolo dolce il giorno di Sant’Agnese.
Sant’Ambrogio L’inno Obduxere polum nubila coeli viene cantato durante la siccità o pioggia costante per avere un tempo più clemente. Patrono di Milano e Bologna, dei fabbricanti di candele, apicultori, fabbricanti di pan di zenzero e scalpellini. Il suo stemma presenta un alveare e due flagelli incrociati. L’alveare simboleggia l’eloquenza per difendere la Chiesa, i flagelli la stretta disciplina del primo vescovo di Milano.
Sant’Andrea Apostolo La vigilia della sua festa (30 novembre) le ragazze desiderose di trovare marito spazzano la loro stanza completamente nude e Sant’Andrea farà incontrare loro il futuro marito (si suppone in un secondo momento). Ma se un uomo o una donna single vedono una bara dietro ad un albero lo stesso giorno rimarranno single. Patrono di Russia, Spagna, Grecia, Scozia, Sicilia, pescatori, macellai, infertilità e mal di gola.
Samt’Anna Madre della Madonna (secondo i Vangeli apocrifi, non quelli ufficiali). Patrona delle vedove, donne incinte, coppie di sposi, sarti, droghieri… Le donne incinte tengono un’immaginetta di Sant’Anna tra i seni.
Sant’Antonio di Egitto Non bisogna spazzare le stanze nel suo giorno (17 gennaio) per assicurarsi l’assenza di insetti in casa. (Allgau, Germania).
Sant’Antonio da Padova Patrono di Padova, Lisbona, donne, bambini, amanti, coppie sposate, asini, minatori. Invocato contro febbre, infertilità, demoni, naufragi, guerra, ritrovamento di oggetti perduti. Protegge dagli spiriti malvagi in cerca di un tesoro.
Santa Barbara Chiunque accenda una candela a Santa Barbara nel giorno della sua festa (4 dicembre) morirà di morte naturale. Patrona di chef di cucina, macellai, scavatori di tombe, pompieri, carpentieri e artiglieri.
San Barnaba La pioggia durante il suo giorno (11 giugno cattolici, 11 aprile ortodossi) rovina la raccolta di uva.
San Bernardino da Siena (Bernardino degli Albizechi) Scrive contro la superstizione nel suo De idolatriae cultu, ma tollera moti abusi dal tardo Medioevo. Secondo la leggenda fa testimoniare un bambino di otto mesi l’innocenza di sua mamma e fa risuscitare un uomo.
Santa Bona Santa patrona delle hostess e operatrici turistiche: Santa Bona (1156-1207). Vergine pisana. Il 2 marzo 1962 Papa San Giovanni XXIII la rende Patrona delle Assistenti dei viaggiatori, in virtù della spiccata vocazione della Santa a confortare e sorreggere i pellegrini nei momenti più difficili. Le sue spoglie riposano nella Chiesa di San Martino, a Pisa, dove numerose assistenti di volo a lei devote si ritrovano il 29 maggio.
Santa Brigitta di Svezia Benedizione dei cavalli nella sua festa (8 ottobre). Patrona di balbuzienti, pellegrini, viaggiatori, Svezia. Invocata quando i bambini tardano a parlare.
Santa Caterina da Siena La testa è a Siena, un piede a Venezia. La Santa protegge le lavandaie e dal mal di testa. Durante la notte di Santa Caterina (30 aprile) sboccia il fiore di Santa Caterina.
San Carlo Borromeo La più alta statua di un santo – il “Sancarlone” – è a lui dedicata ad Arona (Novara), sua città natale. 31,88 metri. Il suo dito indice è lungo 1,95 metri. Si può salire all’interno della statua con elmetto e scala a pioli sino agli occhi. San Carlo predisse la fine della peste a Milano dopo aver visto una visione di un angelo che rimetteva la spada nel fodero. Patrono di Milano con Ambrogio. Il cosiddetto “castissimo” non parlava mai con le donne, parenti comprese. I suoi pronipoti sono proprietari delle tre isole del Lago Maggiore.
San Cristoforo Patrono dell’America, viaggi in auto, marinai, atleti, giardinieri. Gli amuleti di San Cristoforo vengono fissati sui cruscotti delle auto. Le preghiere a San Cristoforo aiutano a trovare tesori e prosperità.
Santa Chiara di Assisi Sul suo letto di morte Chiara ha una visione della Messa di San Francesco. Per questo è patrona della televisione.
Sant’Elmo (Erasmo di Formia) La luce blu che si vede vicino a oggetti alti durante un temporale prende il nome di fuoco di Sant’Elmo, perché quando fu arso vivo (303 d.C.) una luce bluastra si erse dal rogo e fu ritenuta la sua anima. È una scarica elettro luminescente ionizzata simile al plasma. Spesso si presenta sugli alberi delle navi per cui i marinai credono che il fuoco di Sant’Elmo di presenti solo quando un uomo è caduto in mare.
San Giorgio Il giorno di San Giorgio (23 aprile) è il più favorevole per le pozioni d’amore e per cercare tesori nascosti
Santa Gertrude di Nivelles Durante la piaga dell’invasione dei topi a Colonia, sono state fatte processioni anti topi con offerte votive di un topo d’argento e uno d’oro. È patrona degli ospedali, viaggiatori e pellegrini e aiuta contro le invasioni di ratti.
San Gregorio Magno Patrono di insegnanti e studenti, scuole, coristi, cori scolastici, cantanti, musicisti. Nel suo giorno (3 settembre) erano eletti i vescovi bambini nel Medio Evo. Nel 2008 la Chiesa anglicana ne ha eletto uno di tredici anni: Myles Simpson. (All Saints’ Church di Wellingborough, Northamptonshire, Inghilterra).
San Giacomo Apostolo Le candele di San Giacomo allontanano gli spiriti malvagi. Nelle alpi tirolesi i fabbri battono su incudini fredde durante il suo giorno (25 luglio) per rinforzare le catene che imprigionano Satana.
San Giovanni Apostolo Il vino e la birra di San Giovanni servono da rimedi contro i demoni, proteggono contro i fulmini, l’avvelenamento e l’annegamento. Nel giorno del giudizio San Giovanni porta i bambini non battezzati in paradiso. È patrono degli scultori, stampatori, librai, autori, scrittori. Viene invocato contro epilessia e avvelenamenti.
San Giovanni Battista I bambini svezzati nel suo giorno (24 giugno) sono fortunati.
Saint Honorè (Sant’Onorato) Santo patrono dei pasticceri. Saint Honorè († 600). La torta Saint Honoré è il dolce che trae il nome dal santo patrono dei pasticceri francesi Saint Honoré o Honoratus (vescovo di Amiens nel VI secolo). La sua statua si trova nella cattedrale di Amiens (Francia).
San Leonardo abate Patrono di allevatori, minatori, autisti, cavalli, fabbri, fruttivendoli. A Ramsach (Austria) le donne pettinano i loro capelli con l’acqua della fonte della chiesa di San Leonardo per proteggere il bestiame da epidemie. A Gaishof (Svizzera) i cavalli sono portati per tre volte attorno alla chiesa durante il suo giorno (6 novembre) e le loro teste sono spinte in un buco nel muro della chiesa. Ad Aigen (Austria) i tronchi di San Leonardo servono come prova di forza e di coscienza.
Santa Lucia In Ungheria non si può dare ospitalità agli stranieri durante il giorno di Santa Lucia (13 dicembre) altrimenti lo straniero porterà con sé l’immagine della casa. Sempre in Ungheria nel suo giorno è inserita una piuma nell’impasto di un dolce che viene cotto per ogni membro della famiglia. Chi trova il dolce con la piuma bruciata al suo interno morirà l’anno successivo. Patrona dei ciechi, prostitute, escort, sellai, scrittori, sarti. Protegge dalle malattie degli occhi, cecità, mal di gola e infezioni.
San Luca evangelista Oltre ad essere patrono dei medici, pittori, scultori, macellai, tori e bestiame vario, San Luca guarisce i malati se vengono posti dei fogli con formule magiche sul malato anche quando i medici hanno perso ogni speranza.
Santa Margherita di Antiochia (alias Santa Marina) Patrona delle partorienti, di quarantasei comuni italiani, delle vergini, donne sposate e incinte. Invocata contro l’infertilità. Le donne che hanno difficoltà con la gravidanza misurano il loro sottopancia e accendono una candela a Santa Margherita. A Starzedel (Germania) le donne che hanno appena partorito un altro figlio offrono il cordone ombelicale secco del loro bambino (di sei settimane di età) a Santa Margherita. A Salisburgo (Austria) le bambine nate “illegittimamente” (fuori dal matrimonio) devono avere anche il nome di Marina in aggiunta ad un altro nome cristiano per poter crescere in maniera sana.
San Marco evangelista Nel giorno di San Marco (25 aprile cattolici, 11 gennaio greci ortodossi) il sale viene benedetto e dato alle mandrie prima di essere portate al pascolo.
Santa Marta (di Betania) Nella Repubblica Ceca chi fa il burro nel suo giorno (29 luglio) e ne donerà un po’ in chiesa, avrà molto latte durante l’anno. Patrona delle massaie, cuochi, cameriere, pittori, scultori, lavandaie e lavanderie.
San Martino di Tours In Ungheria chi si ubriaca di vino il giorno di San Martino di Tours (11 novembre) non soffrirà di mal di testa e di stomaco per un anno intero. Nel suo giorno la gente può rubare ciò che vuole . Patrono dei mendicanti, viaggiatori, prigionieri, mandriani, albergatori.
Maria di Nazareth (la Madonna) In Ungheria una lampada accesa al notte di Natale assicura che Maria porti fortuna . Chi cattura una rondine il giorno di Natale deve prendere una parte del suo stomaco come rimedio per l’epilessia. Patrona dei marinai, pescatori, della verginità e della castità, donne incinte.
Maria Maddalena Se vengono tagliate le trecce alle ragazzine nel suo giorno (22 luglio) avranno capelli bellissimi. Il suo giorno è sfortunato per matrimoni, viaggi, affari importanti, scalate in montagna e nuotate.
San Matteo Apostolo 21 settembre. Le persone nate nel suo giorno devono, in certe notti, accompagnare gli spiriti a spasso nel cimitero. Ad Hannover le ragazze profetizzano sul loro matrimonio ponendo dei foglietti sull’acqua e interpretandone i movimenti. Patrono degli esattori delle tasse, ufficiali di dogana, cambiavalute, ospedali, navi, etilisti (alcolizzati).
San Mattia Apostolo Chi vede uno spirito senza testa nel cimitero durante la notte della sua festa (14 maggio) morirà nell’anno in corso.
San Nicola Tolentino Il pane di San Nicola Tolentino gettato nel fuoco ne controlla le deflagrazioni.
San Patrizio Nel giorno di San Patrizio (17 marzo) in Irlanda va sacrificato un galletto nero. Il 17 marzo è sempre bel tempo in Irlanda, grazie a San Patrizio. Patrono dei parrucchieri, Irlanda, minatori, fabbri e bestiame.
San Paolo Le giovani donne devono girare i materassi dal verso sbagliato e chiedere a San Paolo di mostrare loro il futuro marito. Patrono dei fabbricanti di tende, stampa cattolica, teologi e colombe. Invocato contro i morsi di serpenti e tempeste in mare.
San Pietro apostolo San Pietro controlla gli eventi atmosferici. Il giorno della cattedra di San Pietro (22 febbraio) è in Olanda i bambini possono ottenere ciò che vogliono. A Erfurt (Germania) nessuno può essere eletto sindaco se porta questo nome.
San Filippo apostolo La sera della vigila della festa originale di San Filippo (1 maggio; oggi 3 maggio) è la notte di Valpurga, notte delle streghe, o vigilia di San Filippo. La notte ha preso il posto della festa della santa (Santa Valpurga). Le streghe escono e danzano al chiaro di luna. Patrono di pastai e droghieri
Santa Rita da Cascia L’olio di Santa Rita da Cascia è un medicamento miracoloso. La santa aiuta in casi difficili.
San Simone zelota apostolo Il giorno della sua festa, 28 ottobre, i mariti non devono contraddire le loro mogli. Se la moglie si sveglia prima del marito in quel giorno, potrà impartire ordini al coniuge per un anno intero.
Santo Stefano martire Numerose credenze tra cui la prima dimostrabile pozione d’amore mai creata. Quella di Santo Stefano in epoca carolingia. I contadini devono leccare il sale di Santo Stefano se partono per un lungo viaggio. I panni messi sull’altare del santo hanno poteri curativi.
S. Stefano I, re d’Ungheria. Chiunque usi una pistola il 20 agosto, giorno a lui dedicato, farà sicuramente centro.
San Tommaso apostolo Il giorno di San Tommaso (3 luglio) è favorevole per conoscere il futuro. Il metodo più geniale è quello di mettere dei foglietti con numeri scritti sopra, dentro gli gnocchi e scommettere su quale gnocco emerge galleggiando per primo dall’acqua bollente. Nella notte di San Tommaso bisogna dormire dalla parte “sbagliata” del letto in modo da conoscere gli eventi del prossimo anno. Architetti, costruttori, cavapietre, falegnami e teologi hanno il loro patrono.
San Vito Patrono di attori e commedianti, minatori, sordi, muti, zoppi, ciechi ed epilettici, morsi di serpente e di cani (preghiera siciliana contro il morso di cane), fulmini. Il ballo di San Vito è l’epilessia. San Vito guarisce dalla rabbia canina, a patto di girare tre volte intorno alla sua chiesa prima di entrarvi.

Giorgio Nadali


Sumo. Lo sport rituale shintoista

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di Giorgio Nadali

Lo Shintoismo è stato storicamente utilizzato come mezzo per esprimere il nazionalismo giapponese e l’identità etnica, in particolare prima della fine della seconda guerra mondiale. È servito per simboleggiare e fornire un senso di appartenenza, di identificare e unificare il popolo giapponese culturalmente, e di servire come una barriera che delimita il giapponese da altri popoli, fornendo loro un senso di unicità culturale. Nella sua associazione con lo Shintoismo, il sumo – la lotta sportiva giapponese – è stato anche visto come un baluardo della tradizione.
Lo Shintoismo pervade la vita giapponese in molti modi. Ad esempio, l’origine del Sumo, sport nazionale giapponese, può essere fatta risalire agli antichi rituali shintoisti per invocare un raccolto abbondante e per onorare i kami (gli déi). Il baldacchino sopra la pedana (dohyo) di combattimento del sumo ricorda un santuario shintoista, l’arbitro è vestito in abito molto simile a quello di un sacerdote shintoista, e il lancio di sale prima di un incontro serve per purificare spiritualmente la zona di combattimento. Prima del 1952, sopra l’area da combattimento vi erano delle colonne a rappresentare quelle di un tempio shintoista. Ora vi sono quattro pendagli colorati che rappreseno i Si Ling dei punti cardinali: Verde – Drago azzurro dell’Est, Rosso – Uccello vermiglio del Sud, Bianco – Tigre bianca dell’Ovest e Nero – Tartaruga nera del Nord.
Il rito shintoista pervade ogni aspetto del sumo. Prima di un torneo, due gyoji agiscono come sacerdoti shintoisti mettendo in scena un rituale per consacrare la nuova zona di combattimento del sumo, detta dohyo, e vari rituali shintoisti vengono celebrati nel quartier generale e luogo di allenamento di una società di sumo, la sumō-heya. Sia la dohyo-iri, la cerimonia di entrata nella zona di combattimento celebrata dalle prime due squadre prima dell’inizio della loro giornata di competizione, sia i rituali celebrati da entrambi i combattenti immediatamente prima di un incontro, derivano dallo Shintoismo.
La cerimonia che lo yokozuna (il combattente – rikishi – di massimo grado nel sumo) celebra per entrare nell’area circolare della competizione è considerata un rituale di purificazione a sé stante, e talvolta viene eseguita nei santuari shintoisti per questo scopo. Ogni yokozuna neopromosso compie la sua prima cerimonia di entrata nell’area di competizione, presso il santuario shintoista Meiji di Tokyo. La tsuna è il grosso cordone di canapa che lo yokozuna indossa e dalal quale prende il nome del suo rango. La canapa è associata all’idea di purezza, con la capacità di allontanare gli spiriti cattivi. Il cordone pesa circa 15 chili ed è molto più spessa davanti rispetto all’annodatura sul fondoschiena del lottatore. Cinque shide, strisce di carta a zig-zag che simboleggiano i fulmini, sono appese sul davanti al kesho-mawashi (gonnellino) del lottatore. Ricordano le shimenawa usate per delimitare le aree sacre shintoiste.
La prove dell’associazione del sumo con lo shintoismo vanno oltre il mondo reale, come ad esempio le storie di kami (déi) in lotta per le terre del Giappone, caratteristica della mitologia giapponese. Prima di diventare uno sport professionistico nel periodo Tokugawa, il sumo veniva originariamente praticato sull’area di un santuario o di un tempio. L’attuale dohyo è ancora considerato sacro, in onore del tempo in cui le partite si svolgevano sul terreno sacro dei santuari e dei templi. Il tetto sopra il dohyo è chiamato yakata e in origine rappresentava il cielo con lo scopo di sottolineare la natura sacra del dohyo, che simboleggia la terra. Il giorno prima dell’inizio di ogni torneo, si svolgeva il dohyo-matsuri, una cerimonia di benedizione dell’area da competizione, eseguita da funzionari del sumo chiamati gyoji. I gyoji sono gli arbitri sul dohyo, che giudicano ogni incontro di sumo. I loro elaborati costumi colorati si basano su vesti cerimoniali di corte del periodo Heian (794-1185 d.C.).
Anche i loro cappelli neri sono copie esatte dei cappelli indossati dai sacerdoti shintoisti raffigurati in varie stampe d’arte Heian. Vestiti con la tunica bianca di un sacerdote shintoista i gyoji purificano e benedicono il dohyo in una solenne cerimonia durante la quale sale, konbu (fuco), surume (calamari secchi) e castagne vengono sotterrate nel centro del dohyo. Funzionari di gioco e ospiti bevono sake, la bevanda alcolica tradizionale giapponese, offerta a ciascuno. Il sake avanzato viene versato sopra il confine di paglia del dohyo, come offerta agli déi. Lo scopo del dohyo-matsuri è per placare i kami e chiedere la loro protezione dei rikishi, i lottatori di sumo che parteciperanno alla prossimo incontro. Il dohyo-iri è una breve cerimonia in cui rikishi vengono presentati al pubblico poco prima dell’inizio di ogni torneo. Quando i loro nomi vengono chiamati, i partecipanti all’incontro salgono sul dohyo, girano intorno al bordo col volto verso il pubblico. Dopo che l’ultimo partecipante è stato presentato, i partecipanti si girano verso l’interno dell’area di competizione e battono le mani, alzano una mano, sollevano leggermente i grembiuli cerimoniali chiamati kesho-mawashi, e alzano le mani, per poi proseguire il giro intorno all’area da competizione. Il rituale dell’applauso è un importante elemento dello Shintoismo e simboleggia l’applauso nei santuari shintoisti che ogni fedele compie per attirare l’attenzione degli déi.

Giorgio Nadali

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