Divinazione shintoista e dono dell’invisibilità taoista

Esistono lotterie sacre? Nello Shintoismo, (nel Taosimo e nel Buddhismo) sì. L’omikuji shintoista predice le probabilità del fedele che le sue speranze diventino realtà, in generale su questioni di salute, fortuna, vita. Ricordo ancora quei bigliettini bianchi annodati sui rami dei pini dei santuari shintoisti in mezzo ai grattacieli di Tokyo. Sono gli omikuji, simili alle predizioni kau cim o chien tung dei templi taoisti e buddhisti e dell’oracolo di Kuan Yin nei templi buddhisti, in cui i resposi divini sono estratti da un bastoncino (chim) estratto a caso dai cento contenuti in un lungo bussolotto di bambù (chim tong) agitato davanti ad una statua del Buddha. Stesso criterio per i kamnaé, due piccoli parallelepipedi rossi di legno che i fedeli taoisti fanno rotolare sul pavimento del tempio con possibili responsi “sì”, “no”, “rifare”, a seconda di come cadono.

Per l’omikuji vai da un prete shintoista e gli dai una piccola offerta. Lui ti porge un bussolotto con dentro dei bastoncini. Tu ne estrai uno a caso. Poi ti fai dire a quale omikuji corrisponde. Lui ti risponderà (in giapponese) e ti consegnerà il foglietto col verdetto già prestampato (anche questo in giapponese). Se non sai il giapponese non ti preoccupi, ma se lo sai e ti capitano i seguenti responsi puoi già incominciare a fare gli scongiuri. Maledizione (kyō), piccola-maledizione (shō-kyō), mezza-maledizione (han-kyō), quasi-maledizione (sue-kyō), grande maledizione (dai-kyō). In questo caso corri subito ad annodare il foglietto omikuji ad uno dei rami più liberi di un pino del santuario (in tutti i santuari shintoisti c’è una bella area all’aperto). Il motivo è un gioco di parole sulla parola giapponese pino (matsu) e il verbo giapponese aspettare (matsu).

Quindi la sfortuna aspetterà l’albero di pino invece di attaccarsi al portatore. Se ti è andata bene puoi invece portartelo a casa oppure legarlo al pino per ottenere un effetto maggiore sulla fortuna. I responsi positivi sono: grande benedizione (dai-kichi), media benedizione (chū-kichi), piccola benedizione (shō-kichi), benedizione (kichi), mezza-benedizione (han-kichi), quasi-benedizione (sue-kichi), quasi-piccola-benedizione (sue-shō-kichi). L’omikuji elenca poi dei responsi su aspetti particolari della vita del fedele, che possono comprendere qualsiasi numero tra i seguenti, tra altre possibili combinazioni: hōgaku- direzione di buon / cattivo auspicio, negaigoto – il proprio desiderio o augurio, machibito– una persona attesa, usemono – oggetti perduti, tabidachi – viaggio, akinai – affari, gakumon, – studi o apprendimento, sōba – speculazioni finanziarie, arasoigoto – dispute, renai – relazioni romantiche, tenkyo – trasloco o cambio residenza, shussan – nascita, byōki – malattia, endan – proposta di matrimonio o fidanzamento.

I famosi “biscotti della fortuna” cinesi derivano dagli omikuji. Per quanto riguarda il kau cim, il luogo che richiama milioni di fedeli per questa pratica divinatoria è il tempio taoista di 18.000 metri quadri Wong Tai Sin di Hong Kong. In luoghi come il tempio di Thean Hou (Kuala Lumpur, Malesia) il bussolotto è sostituito con un contenitore più grande. Sulla parte interna sul fondo del contenitore vi sono delle sono sporgenze (come le teste dei bulloni di fissaggio). Per consultare l’oracolo, il fedele tiene i bastoncini in un fascio verticale, li solleva un po’ dentro il contenitore e li fa cadere liberamente. Ogni bastone che rimane diritto (perché è a riposo su una sporgenza, non avendo rimbalzato) è considerato parte della risposta divina.

Il dono dell’invisibilità

Se invece il futuro non vi preoccupa, ma vi piacrebbe qualche volta essere invibili trovate un maestro taoista e provate con le abilità magiche di trasformazione (bianhua zhi shu) sono alcune delle abilità elementari taoiste. Si riferiscono a vari tipi di abilità come il divenire invisibili, rendere gli oggetti invisibili o cambiare la forma delle cose. Nella dinastia Han molti maghi si sono dilettati in queste abilità che sono divenute un’importante parte di quelle taoiste. Nella dinastia Jin, Ge Hong ha trascritto queste capacità nel testo del «Libro interiore del maestro che abbraccia la semplicità».

Giorgio Nadali


Shintoismo. Il Kuyō: funerale degli oggetti e tempio delle bambole

Nello Shintoismo gli spiriti presenti negli oggetti inanimati sono chiamati tsukumogami. Quando un oggetto ha raggiunto un secolo di età potrebbe trasformarsi in uno spirito malvagio, se l’oggetto è stato gettato via senza attenzione. Potrebbe contenere uno tsukumogami. Per evitare questi problemi lo shintoismo conosce il funerale degli oggetti chiamato kuyō. Il funearale delle bambole è chiamato Ningyō Kuyō. Il Ningyo Kuyo è un servizio commemorativo per le vecchie bambole un tempo amate e ora non più volute.

Vengono offerte alla dea della misericordia (Kannon Bodhisattva). Prima della cerimonia le monache del tempio buddhista (rinzai) Hokyoji confortano le anime delle bambole cantando dei sutra. Kannon è particolarmente venerata dalle donne che desiderano una gravidanza e quindi portano le bambole sperando di avere dei bambini. Esiste anche il tempio religioso delle bambole, lo Ningyo-dera. Il tempio Hokyoji è un antico monastero femminile, che veniva usato come residenza imperiale per le pricipesse. In Giappone buddhismo e shintoismo convivono strettamente.

funerale bambole

Quando una giovane principessa veniva mandata al convento, la famiglia le mandava delle bellissime bambole per consolare la nostalgia di casa. Ad esempio la principessa Kin ricevette una bambola con dei lunghi capelli color rosso-arancione somigliante ad un attore del teatro giapponese kabuki.

Questo tipo di bambola era ritenuta capace di tenere lontano la varicella (hoso). Il tempio Hokyoji di Kyoto (Giappone) ha diverse bambole antiche e altri giochi imperiali. Il tempio è noto come Ningyo-dera, il tempio delle bambole. I servizi commemorativi religiosi per le bambole vengono celebrati al tempio Kiyomizu Kannon-do di Tokyo e al tempio Hokyoji di Kyoto. Il 25 settembre di ogni anno al tempio Kiyomizu Kannon-do di Tokyo vengono commemorate con una specie di servizio funebre centinaia di bambole che poi vengono bruciate in un falò rituale.
Nessun problema per gli oggetti elettrici o elettronici gettati via perché nessuno di essi può avere oggi cento anni. Bisogna prestare molta attenzione ai seguenti oggetti e disfarsene con ogni cura per evitare spiriti tsukumogami che tornino a cercarvi per animare e possedere gli oggetti di cui vi siete disfatti.

Il karakasa-obake, ombrello animato. La chōchinobake, lanterna animata. Il kosode-no-te, kimono (abito femminile tradizionale) animato. Il kameosa, contenitore di saké posseduto. Lo ungaikyo, specchio posseduto. Lo zorigami, orologio posseduto. I bakezōri, sandali di paglia posseduti. Lo ittan-momen, rotolo di cotone animato. La shirōneri, zanzariera animata. La morinji-no-okama, teiera posseduta. I jatai, abiti animati. Quindi fare molta attenzione alla raccolta differenziata della spazzatura. Tutto questo in uno dei Paesi più tecnologizzati del mondo, dove una fede antichissima e la modernissima tecnologia elettronica convivono pacificamente.

Giorgio Nadali


Sessualità & Religioni. 1. Il festival shintoista del fallo d’acciao

Il Kanamara Matsuri “Festival del fallo d’acciaio” è un annuale festival shintoista della fertilità che si svolge a Kawasaki, in Giappone la prima domenica di aprile, nel santuario Wakamiya Hachimangu, meglio conosciuto come Kanamara Jinjya. Il pene è il tema centrale della manifestazione che si riflette ovunque: illustrazioni, caramelle, verdure scolpite, decorazioni e una parata mikoshi. Il Kanamara Matsuri è incentrato attorno a un santuario locale della venerazione del pene un tempo molto popolare tra le prostitute che vi si recavano a pregare per la protezione contro le malattie sessualmente trasmesse. Gli shintoisti ritengono che in questo luogo si ottengano protezioni divine anche per gli affari e la prosperità del clan, un parto senza problemi, il matrimonio e l’armonia coppia di sposi. La leggenda vuole che nella città di Kawasaki vi era una ragazza posseduta da un demone, che si era infilato nella sua vagina. Il demone mordeva il pene dei giovani che provavano a possederla, castrandoli. Ma un bel giorno un fabbro ebbe un’idea geniale: costruì un grosso fallo d’acciaio, con cui penetrò la giovane, riuscendo finalmente a sconfiggere lo spirito maligno.

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A perenne ricordo di questa memorabile e commovente impresa fu costruito un tempio shintoista, in cui era venerato proprio il fallo di metallo. Presso il santuario, ogni primavera, viene celebrato il festival detto Kanamara Matsuri, la cui data varia di anno in anno, ma di solito cade la domenica. Il matsuri ha le sue radici nell’epoca Edo (1603-1867 d.C.), quando le prostitute usavano recarsi al tempio per pregare sia per l’incremento dei loro guadagni, sia per prevenire le malattie veneree come la sifilide, che all’epoca era molto temuta. Oggi il principale motivo del festival è pregare per il concepimento di un figlio, mentre la preoccupazione per la sifilide è stata sostituita da quella per l’AIDS, e la festività diventa anche spunto per campagne di prevenzione e raccolte fondi.

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Lo Hōnen matsuri è un festival della fertilità celebrato ogni anno il quindici marzo in Giappone. Hōnen significa “prospero anno”, in giapponese. Il più noto si svolge nella città di Komaki, a Nord di Nagoya. Protagonista è un fallo di duecento ottanta chili, lungo due metri e mezzo. Il fallo di legno è trasportato dal santuario Shinmei Sha negli anni pari, su una grande collina o dal santuario Kumano-sha negli anni dispari, verso il santuario Tagata Jinja.

Il festival inizia con la celebrazione e preparazione la mattina a Tagata Jinja, dove sono in vendita tutti i tipi di alimenti e souvenir di forma fallica. I preti shintoisti recitano preghiere e benedicono i fedeli, il mikoshi (baldacchino sacro) e il fallo di legno che dev’essere trasportato lungo l’itinerario del corteo. Quando la processione arriva al Tagata Jinja il fallo sopra il mikoshi viene agitato fortemente prima di essere deposto. Tutti poi si riuniscono nella piazza antistante il Tagata Jinja e attendono il mochi nage, momento in cui la folla è inondata di piccole torte di riso piccolo gettate dalle piattaforme rialzate.

Giorgio Nadali


Sumo. Lo sport rituale shintoista

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di Giorgio Nadali

Lo Shintoismo è stato storicamente utilizzato come mezzo per esprimere il nazionalismo giapponese e l’identità etnica, in particolare prima della fine della seconda guerra mondiale. È servito per simboleggiare e fornire un senso di appartenenza, di identificare e unificare il popolo giapponese culturalmente, e di servire come una barriera che delimita il giapponese da altri popoli, fornendo loro un senso di unicità culturale. Nella sua associazione con lo Shintoismo, il sumo – la lotta sportiva giapponese – è stato anche visto come un baluardo della tradizione.
Lo Shintoismo pervade la vita giapponese in molti modi. Ad esempio, l’origine del Sumo, sport nazionale giapponese, può essere fatta risalire agli antichi rituali shintoisti per invocare un raccolto abbondante e per onorare i kami (gli déi). Il baldacchino sopra la pedana (dohyo) di combattimento del sumo ricorda un santuario shintoista, l’arbitro è vestito in abito molto simile a quello di un sacerdote shintoista, e il lancio di sale prima di un incontro serve per purificare spiritualmente la zona di combattimento. Prima del 1952, sopra l’area da combattimento vi erano delle colonne a rappresentare quelle di un tempio shintoista. Ora vi sono quattro pendagli colorati che rappreseno i Si Ling dei punti cardinali: Verde – Drago azzurro dell’Est, Rosso – Uccello vermiglio del Sud, Bianco – Tigre bianca dell’Ovest e Nero – Tartaruga nera del Nord.
Il rito shintoista pervade ogni aspetto del sumo. Prima di un torneo, due gyoji agiscono come sacerdoti shintoisti mettendo in scena un rituale per consacrare la nuova zona di combattimento del sumo, detta dohyo, e vari rituali shintoisti vengono celebrati nel quartier generale e luogo di allenamento di una società di sumo, la sumō-heya. Sia la dohyo-iri, la cerimonia di entrata nella zona di combattimento celebrata dalle prime due squadre prima dell’inizio della loro giornata di competizione, sia i rituali celebrati da entrambi i combattenti immediatamente prima di un incontro, derivano dallo Shintoismo.
La cerimonia che lo yokozuna (il combattente – rikishi – di massimo grado nel sumo) celebra per entrare nell’area circolare della competizione è considerata un rituale di purificazione a sé stante, e talvolta viene eseguita nei santuari shintoisti per questo scopo. Ogni yokozuna neopromosso compie la sua prima cerimonia di entrata nell’area di competizione, presso il santuario shintoista Meiji di Tokyo. La tsuna è il grosso cordone di canapa che lo yokozuna indossa e dalal quale prende il nome del suo rango. La canapa è associata all’idea di purezza, con la capacità di allontanare gli spiriti cattivi. Il cordone pesa circa 15 chili ed è molto più spessa davanti rispetto all’annodatura sul fondoschiena del lottatore. Cinque shide, strisce di carta a zig-zag che simboleggiano i fulmini, sono appese sul davanti al kesho-mawashi (gonnellino) del lottatore. Ricordano le shimenawa usate per delimitare le aree sacre shintoiste.
La prove dell’associazione del sumo con lo shintoismo vanno oltre il mondo reale, come ad esempio le storie di kami (déi) in lotta per le terre del Giappone, caratteristica della mitologia giapponese. Prima di diventare uno sport professionistico nel periodo Tokugawa, il sumo veniva originariamente praticato sull’area di un santuario o di un tempio. L’attuale dohyo è ancora considerato sacro, in onore del tempo in cui le partite si svolgevano sul terreno sacro dei santuari e dei templi. Il tetto sopra il dohyo è chiamato yakata e in origine rappresentava il cielo con lo scopo di sottolineare la natura sacra del dohyo, che simboleggia la terra. Il giorno prima dell’inizio di ogni torneo, si svolgeva il dohyo-matsuri, una cerimonia di benedizione dell’area da competizione, eseguita da funzionari del sumo chiamati gyoji. I gyoji sono gli arbitri sul dohyo, che giudicano ogni incontro di sumo. I loro elaborati costumi colorati si basano su vesti cerimoniali di corte del periodo Heian (794-1185 d.C.).
Anche i loro cappelli neri sono copie esatte dei cappelli indossati dai sacerdoti shintoisti raffigurati in varie stampe d’arte Heian. Vestiti con la tunica bianca di un sacerdote shintoista i gyoji purificano e benedicono il dohyo in una solenne cerimonia durante la quale sale, konbu (fuco), surume (calamari secchi) e castagne vengono sotterrate nel centro del dohyo. Funzionari di gioco e ospiti bevono sake, la bevanda alcolica tradizionale giapponese, offerta a ciascuno. Il sake avanzato viene versato sopra il confine di paglia del dohyo, come offerta agli déi. Lo scopo del dohyo-matsuri è per placare i kami e chiedere la loro protezione dei rikishi, i lottatori di sumo che parteciperanno alla prossimo incontro. Il dohyo-iri è una breve cerimonia in cui rikishi vengono presentati al pubblico poco prima dell’inizio di ogni torneo. Quando i loro nomi vengono chiamati, i partecipanti all’incontro salgono sul dohyo, girano intorno al bordo col volto verso il pubblico. Dopo che l’ultimo partecipante è stato presentato, i partecipanti si girano verso l’interno dell’area di competizione e battono le mani, alzano una mano, sollevano leggermente i grembiuli cerimoniali chiamati kesho-mawashi, e alzano le mani, per poi proseguire il giro intorno all’area da competizione. Il rituale dell’applauso è un importante elemento dello Shintoismo e simboleggia l’applauso nei santuari shintoisti che ogni fedele compie per attirare l’attenzione degli déi.

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

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Il futuro delle Religioni

di Giorgio Nadali

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Con l’avvento dell’anno 2001 dell’era cristiana si è aperta la porta sul mistero di un nuovo millennio di storia, con le sua aspettative, angosce, speranze, previsioni. Certo non molto è cambiato per chi vive alla giornata o per quella maggioranza di noi che nella propria agenda ha scadenze entro l’anno in corso. L’odissea nello spazio non c’è stata e la fine del mondo ha deluso quei cinque milioni che l’aspettavano ansiosamente e l’avevano già segnata in rosso nelle scadenze da ricordare. Ma guardare al futuro è cercare di capire cosa ci attende anche a breve termine. L’uomo ha sempre cercato nel futuro risposte al presente. Dalle sfere di cristallo agli oroscopi online, dagli oracoli alle proiezioni della moderna statistica.

Molti cercano di prevedere i cambiamenti che ci attendono in questo decennio, altri si spingono sino ai confini del secolo e oltre. Alcuni tentano di predire il futuro delle religioni, come ad esempio il World Network of Religious Futurists, di Seattle (USA). Certamente i lettori più dotati di senso pratico si domanderanno il senso di tale preoccupazione. A loro potrebbero rispondere i lettori più attenti agli aspetti sociali. La religione è parte integrante degli usi e costumi di un popolo, e incide sulle scelte e sugli orientamenti etici della società nella quale viviamo. I lettori amanti delle statistiche si affretterebbero poi a portare i loro dati pieni di percentuali. Ci direbbero che, in base a varie proiezioni delle Nazioni Unite, il totale della popolazione mondiale crescerà sino al 2025 dai 6,25 miliardi attuali a 8,5 miliardi. Il Cristianesimo vedrà crescere il suo numero di fedeli dal 33,4% della popolazione della Terra, sino al 35,5%, mentre l’Islam passerà dal 18,5% al 20,2%. Gli agnostici diminuiranno. Dal 16,1% al 15%.  I non credenti si apriranno alla fede, almeno per quella differenza che farà calare la loro già esigua rappresentanza del 13%.  Le religioni orientali passeranno dal 3,4% al 2,7%  e le religioni tribali vedranno quasi dimezzati i loro credenti, dallo 1,5% allo 0,9% mentre Ebrei, Indù, Buddhisti e Sikh si manterranno su posizioni percentuali proporzionate a quelle attuali.

Il Cardinale Arinze, in una conferenza del 1997 presso il Center for Muslim-Christian Understanding della Georgetown University di Washington D.C, esordì ricordando che i cristiani costituiscono il 33% della popolazione mondiale. I musulmani il 18%. Ciò significa che più della metà del pianeta segue queste due grandi religioni monoteiste. E’ importante tenerne conto. Conflitti etnici tra cristiani e musulmani in Bosnia, Timor Est, Kosovo, hanno tristemente riempito pagine di quotidiani. In Italia è sorta la seconda grande moschea. Altre seguiranno, in base al trend dell’immigrazione.  La relazione tra cristiani e musulmani sarà una questione molto importante nel prossimo futuro. “E’ importante soprattutto educare le persone della propria religione ad accettare e rispettare gli altri e a cooperare per promuovere la pace. La dimensione delle relazioni tra Cristiani e Musulmani è importantissima per il secolo che sta per iniziare” –  ricordava Papa Giovanni Paolo II alla sesta assemblea della conferenza mondiale sulla religione e la pace (Roma, 3-11-1994).  I leaders religiosi devono chiaramente dimostrare di impegnarsi per la promozione della pace, proprio in forza del loro credo religioso”. Senza accordo e armonia tra le religioni è facile dunque prevedere che non ci sarà pace né vicino né lontano da noi. E la storia insegna.

 Durkheim ha scritto della capacità quasi illimitata degli uomini di apportare innovazioni in campo religioso. Nel mondo moderno tale capacità innovativa è favorita maggiormente dal facile accesso alla vasta gamma delle tradizioni religiose. In futuro, grazie alle comunicazioni che accrescono il contatto tra le culture su scala mondiale, la gente potrà conoscere meglio una serie di credenze religiose una volta considerate del tutto incompatibili tra loro e beneficerà delle pratiche che avrà trovato fuori delle proprie tradizioni religiose… La tendenza all’eclettismo potrà subire un’accelerazione. 1

La secolarizzazione è il tema dominante nel moderno assetto del futuro della religione. Secondo Webster, il termine secolare ha il significato “di chi appartiene al mondo e alle cose terrene distinguendo dalla chiesa e dagli affari religiosi”. La secolarizzazione quindi significa divenire immanenti. Più specificatamente, gli scrittori moderni usano il termine secolarizzazione per significare l’erosione della credenza nel soprannaturale – una perdita di fede nell’esistenza di forze ultraterrene.

Attraverso la secolarizzazione, le sette sono addomesticate e trasformate in chiese. La loro iniziale fede nell’ultraterreno viene ridotta e si riduce a mondanità. La secolarizzazione porta anche al collasso di organizzazioni religiose a causa della loro estrema mondanità – la loro vaga e debole concezione del soprannaturale – le lascia senza mezzi per soddisfare almeno la dimensione universale dell’impegno religioso. Quindi, la secolarizzazione è il processo auto limitante che genera revival (formazione di sette) ed innovazione (formazione di culti). La maggior parte degli studiosi, comunque, non considera l’andamento attuale della secolarizzazione come il messaggero del cambiamento religioso, ma proprio come il declino finale degli dei. Molti riconoscono che, nel passato, la secolarizzazione produceva nella nascita di nuove fedi, ma sono convinti che oggi si è inserito un nuovo fattore che ha eliminato questa equazione: la crescita della scienza è inversamente proporzionale alla crescita del sentimento religioso. La scienza dovrebbe rendere non plausibile la religione, e di conseguenza la secolarizzazione moderna non produrrà più nuove grandi religioni, bensì un’era di razionalità in cui il misticismo non può più trovare un posto significativo. Anthony F.C. Wallace, tra i più importanti antropologi della religione, diede voce alla grande maggioranza dei moderni sociologi quando scrisse:

“… L’evoluzione futura della religione è l’estinzione. La credenza in esseri e in forze soprannaturali che incidono sulla natura senza obbedire alle sue leggi si sgretolerà e diverrà un’interessante memoria storica. Con certezza, questo evento probabilmente non avverrà nella prossima generazione, il processo probabilmente avrà bisogno di diverse centinaia di anni, e ci saranno sempre individui, o occasionalmente piccoli gruppi religiosi, che risponderanno alle allucinazioni, al trance, e all’ossessione con interpretazioni soprannaturali. Ma come tratto culturale, la credenza in poteri soprannaturali è destinata a morire, in tutto il mondo, come risultato dell’aumentata adeguatezza e diffusione della conoscenza scientifica… il processo è inevitabile.”2

Chiaramente, la scienza è una nuova è potente forza culturale, e ha il suo forte impatto su molte organizzazioni religiose. Certamente, un grande elemento nella moderna secolarizzazione comporta il ritiro dalle strutture religiose da spiegazioni soprannaturali di vari fenomeni in quanto la scienza ha rivelato le cause naturali di questi fenomeni. Inoltre, l’impatto della scienza ha indubbiamente creato un periodo di eccezionalmente rapida ed estrema secolarizzazione. Oggi, molte delle importanti organizzazioni religiose della civiltà Occidentale sono così secolarizzate che, anche se si riferiscono a Dio, questi è il più distante, indistinto, impersonale ed inattivo delle entità.

Per cui, la questione è aperta. Siamo giunti all’era della fine della fede? La scienza è la base della “secolarizzazione finale” oppure lo sono le società? Oppure questa è solo una svolta drammatica del pendolo della storia? Avrà dei limiti quest’ondata di secolarizzazione? Sénaux ammoniva: “La scienza è capace di ingrandire la nostra gabbia. Solo la fede ha la chiave per aprirla”. Intendendo con questo che l’uomo non troverà mai nella scienza il senso ultimo della sua esistenza.

Ma la religione in realtà non è arrivata al capolinea della sua storia millenaria. Gli studiosi moderni hanno previsto male in quanto hanno erroneamente identificato le tradizioni religiose dominanti nella società moderna col fenomeno della religione in generale. La maggioranza degli osservatori ha notato correttamente che le principali organizzazioni Giudaico-Cristiane sono in crisi, (la pratica religiosa attiva si attesta tra il dieci e il teenta percento in Europa, ad esempio, e il ramo riformista del Giudaismo è quello predominante) ma non hanno apprezzato il vigore della religione in settori meno importanti.

La religione vivrà anche in futuro e questo è dimostrato da ciò che è e fa per l’uomo. I sociologi, e forse non solo loro, hanno letto male il futuro della religione, non solo perché desiderano ferventemente che sparisca dall’orizzonte della storia umana, ma anche perché non hanno riconosciuto il carattere dinamico delle religioni. Insistere solo sulla secolarizzazione è non vedere che questo processo è una parte di una struttura più grande. Mettendo sullo stesso piano le organizzazioni religiose con la religione stessa, gli intellettuali occidentali hanno letto la secolarizzazione di questi gruppi come la fine della religione in generale. Ma è sciocco guardare solo al tramonto senza pensare all’alba: la storia della religione non è solo declino, è anche nascita e crescita. Le sorgenti della fede oscillano costantemente nelle società, ma la religiosità nel cuore umano rimane relativamente costante.  Durkheim, notò che “non c’è società conosciuta senza religione” e sostenne che “la religione ha fatto nascere tutto ciò che è essenziale in una società”.3 Egli sostenne anche che tutte le culture sane sono unitarie, condividono un solo credo. Durkheim cercò di spiegare l’ubiquità della religione asserendo che essa soddisfa la funzione essenziale di rappresentare la società per i suoi membri, nelle forme di simboli sacri che sostengono un codice morale e un senso di unità culturale.

Per distinguere tra ideologia e religione può essere utile la definizione di James G. Frazer: “ La religione consiste di due elementi… un credo in poteri superiori all’uomo e un tentativo di propiziarseli e di rendersi a loro graditi”.4

Solo la divinità può rassicurare l’uomo che la sofferenza in questa vita sarà compensata in quella futura. Infatti, solo la divinità può garantire all’uomo una vita futura – una fuga dall’estinzione individuale. Solo la divinità può formulare un piano coerente per la vita, cioè dar senso in maniera umana all’esistenza del mondo naturale dei nostri sensi. Si può dimostrare con facilità che, sin quando l’uomo avrà questi desideri, i sistemi di pensiero che comprendono il soprannaturale avranno un grande vantaggio sui sistemi di significato solamente naturali. L’uomo per natura ha bisogno di trascendenza. Nel mio precedente libro citavo all’inizio Jung, il quale “notò che i suoi pazienti si rivolgevano a lui perché erano tutti privi di ciò che le religioni davano ai propri fedeli. Questi pazienti non miglioravano fino a quando non acquisivano un atteggiamento religioso verso la vita, nel senso di rispetto nei confronti di una realtà più grande di loro”.

Credenti e non credenti hanno bisogno di un orizzonte oltre il presente. Per i primi il futuro è l’orizzonte verso la pienezza dei tempi, quando “non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,5). Per gli altri – diceva Camus – il futuro è la sola trascendenza degli uomini senza Dio. Ma non c’è ragione di supporre che la diffusione della scienza (e della sua applicazione: la tecnologia) renderà gli uomini del futuro meno motivati a fuggire la morte, meno preoccupati della tragedia, meno inclini a chiedersi: “Cosa significa?” E’ vero, la scienza può sfidare alcune pretese poste dalle religioni storiche, ma non può soddisfare il bisogno primario dell’uomo, che da sempre è stata la ragione d’essere delle religioni: il senso profondo della vita umana… “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. (Gv 6,68)

Per approfondire:

Rodney Stark, William Sims Bainbridge – The Future of Religion. Secularization , revival and Cult formation – Los Angeles, University of California Press, 1985, pp. 429-431 e 2-5.

http://www.wnrf.org


1 (Cf. Peter B. Clarke – “Le grandi Religioni” De Agostini, 1995, p. 14)

2 Wallace Anthony F.C. Religion: An anthropological view, New York, Random House, 1966.

3 Durkheim Emile. The elementary forms of  the religious life. Londra, Allen and Unwin, 1915.

4 Frazer  James G. The golden bough. New York, Mcmillian, 1922


Aprile. Noi cristiani festeggiamo la Risurrezione e la Vita e gli shintoisti il…

di Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

Quest’anno la Festa civile della Liberazione

cade il giorno dopo la Festa cristiana della Libeazione

(dal peccato e dalla morte),  e della Vita – la Santa Pasqua.

http://giorgionadali.wordpress.com/2011/03/31/i-segreti-della-santa-pasqua/

Ma in Giappone festeggiano altro…

Il Kanamara Matsuri  “Festival del fallo d’acciaio”
è un annuale festival della
fertilità Shinto che si svolge a
Kawasaki, in Giappone in primavera, nel santuario Wakamiya Hachimangu, meglio conosciuto
come “Kanamara Jinjya.

Il pene è il tema centrale della manifestazione che
si riflette ovunque,
nelle illustrazioni, caramelle, verdure
scolpite, decorazioni e una parata mikoshi.

Il Kanamara Matsuri
è incentrata attorno
a un santuario locale della
venerazione del  pene un tempo molto popolare tra le prostitute che vi
si recavano a pregare per la
protezione contro le malattie sessualmente
trasmesse. Gli shintoisti ritengono che in questo luogo si ottengano protezioni divine anche
per gli affari e la prosperità del clan, un parto senza problemi, il matrimonio e l’armonia coppia di
sposi. La leggenda vuole che nella città di Kawasaki vi era una ragazza
posseduta da un demone, che si era infilato nella sua vagina. Esso mordeva il
pene dei giovani che provavano a possederla, castrandoli. Ma un bel giorno un
fabbro ebbe un’idea: costruì un grosso fallo d’acciaio, con cui penetrò la
giovane, riuscendo finalmente a sconfiggere lo spirito maligno.

A ricordo di questa impresa fu costruito un tempio shintoista, in cui era
venerato proprio il fallo di metallo.  Presso
il santuario, ogni primavera, viene celebrato il festival detto Kanamara
Matsuri, la cui data varia di anno in anno, ma di solito cade la domenica. Il
matsuri ha le sue radici nell’epoca Edo (1603-1867), quando le prostitute
usavano recarsi al tempio per pregare sia per l’incremento dei loro guadagni,
sia per prevenire le malattie veneree come la sifilide, che all’epoca era molto
temuta. Oggi il principale motivo del festival è pregare per il concepimento di
un figlio, mentre la preoccupazione per la sifilide è stata sostituita da
quella per l’AIDS, e la festività diventa anche spunto per campagne di
prevenzione e raccolta fondi.

Giorgio Nadali

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