Scoperto il rapporto tra intelligenza e ricchezza

C’è un rapporto tra intelligenza e ricchezza?

di Giorgio Nadali

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Una recente ricerca di Jonathan Wai della Duke University, negli USA  ha scoperto che c’è uno stretto rapporto tra intelligenza e ricchezza. Oggi ci sono 1542 miliardari nel mondo. Circa uno ogni cinque milioni di persone. 42 sono italiani. In costante crescita i miliardari che si sono arricchiti (onestamente) con le proprie forze. I “self-made men”, nel 1995, erano il 45% del totale, oggi siamo al 70%. Rispetto al 2016 il numero dei miliardari è cresciuto del 10% secondo lo studio di PwC e  Ubs.

Certo, non basta essere intelligenti per diventare miliardari. Tra le caratteristiche essenziali vi sono il fiuto e il talento per gli affari, la determinazione, la creatività, l’avere idee per prodotti vincenti e di largo consumo, la passione, non avere paura di rischiare, obiettivi chiari per i quali si è pronti a sacrificarsi e a non scoraggiarsi, incassando molti rifiuti prima di raggiungere il successo. Sono questi indicatori di intelligenza?

Chi parte da zero ha una grande voglia di rivincita. Qualche esempio di chi è partito da zero e ora è miliardario:. Jan Koum, amministratore delegato e co-fondatore di WhatsApp, giunto negli USA dall’Ucraina viveva di buoni pasto e spazzava pavimenti, prima di avere il patrimonio attuale di 9,7 miliardi di dollari. Leonardo Del Vecchio, imprenditore fondatore e presidente di Luxottica fu lasciato dalla madre al collegio milanese dei Martinitt per orfani e bambini abbandonati. Nel 1950, a 15 anni lavora alla fabbrica milanese Johnson di medaglie e coppe. I proprietari della fabbrica lo spingono a iscriversi ai corsi serali all’Accademia di Brera. Oggi è il secondo uomo più ricco d’Italia con 17,9 miliardi di euro di patrimonio. Tra le donne vi è Zhou Qunfei, ex operaia cinese. Oggi a 47 anni è la donna più ricca del mondo partita da zero. Ha fondato la Lens Technology e oggi dispone di un patrimonio personale di 12,3 miliardi di dollari. Oggi i miliardari danno lavoro a 27,7 milioni di persone nel mondo.

Per determinare se i ricchi sono più intelligenti, Jonathan Wai ha esaminato i punteggi dei test standard richiesti per l’ammissione a college ultra-selettivi e a scuole di specializzazione, come Harvard e Yale. Secondo Wai questi punteggi sono un indicatore ragionevole di intelligenza generale. Wai ha esaminato 2.254 persone in cinque gruppi di politici e dirigenti d’élite americani. La sua ricerca ha rilevato che circa il 45% dei miliardari, il 41% dei senatori, il 41% dei giudici federali e il 39% degli amministratori delegati hanno frequentato una scuola che richiede test con punteggi che solo l’1% degli studenti riesce a superare. I miliardari che hanno guadagnato i loro soldi dal settore degli investimenti sono stati i più propensi a frequentare una scuola d’élite, seguiti da coloro che hanno guadagnato i loro soldi nel settore tecnologico. La grande maggioranza dei più noti amministratori delegati e presidenti della Silicon Valley (il cuore del settore tecnologico digitale negli USA) ha un QI  superiore a 140.

Secondo la media mondiale del fattore di intelligenza (il QI) i Paesi più sviluppati mostrano livelli più alti, con Hong Kong al primo posto (108 di media) e l’Italia al quinto (102 di media). I ricercatori Richard Lynn e Tatu Vanhanen hanno condotto una ricerca in 80 Paesi nel mondo. Sono giunti alla conclusione che la differenza tra i guadagni dei cittadini sono correlati con la media nazionale di intelligenza (QI). Inoltre sostengono che la differenza nella media nazionale di intelligenza (QI) costituisce un importante fattore, anche se non l’unico che contribuisce alla differenza nella ricchezze nazionale e ai tassi di crescita economica.

Leggi anche il mio articolo su Vanity Fair