Segreti taoisti a luci rosse per allungare la vita. V.M. 18

Lo Huang-Ching è l’esercizio sessuale taoista per prolungare la vita. Il suo nome significa “far tornare indietro il seme”. Il fedele fa circolare nel corpo l’essenza (ching) unita al respiro (ch’i) portandola dall’alto al basso cinabro (tan-t’ien) per rinforzare il cervello (pu-nao). Viene praticato evitando l’eiaculazione durante il rapporto sessuale. Nello Huang-Ching pu-nao l’uomo cinge, immediatamente prima dell’eiaculazione, la radice del pene con due dita, respira profondamente con la bocca e digrigna i denti. Grazie a ciò il seme può salire nel più alto campo di cinabro (tan-t’ien) del cervello.

L’effetto di ringiovanimento di questo metodi si basa sulla fusione del seme (ching) con l’energia vitale (ch’i).
Questa fusione ha luogo, secondo la teoria, nella trachea, dove sale l’essenza, oppure dal basso campo di cinabro, dove scende il respiro. Così fusi, entrambe circolano nel corpo finché vengono di nuovo condotti dal basso all’alto campo di cinabro, più precisamente, nella parte del campo conosciuta come Ni-huan; attraverso ciò il cervello viene rinforzato. Il metodo funziona. L’ha provato l’’imperatore giallo Huang-ti che lo applicò quando ebbe rapporti sessuali con milleduecento concubine, una dopo l’altra, senza riportare danni alla salute. In sostanza nove giorni di rapporti sessuali ininterrotti, 24 ore su 24… Provate!

Il metodo dello Huang-chi pu-nao è conosciuto dal tempo della dinastia Han ed è molto diffuso anche oggi e può essere usato con facilità anche da chi ha meno di milleduecento concubine. La maggior parte delle opere taoiste sottolinea che, in questa tecnica, non si tratta del seme in sé, ma dell’essenza dello stesso, perché esiste già prima del seme materiale. Il processo dello Huang-chin pu-nao inizia al momento dell’erezione e del risveglio dell’energia sessuale. Infatti, secondo la concezione taoista, l’erezione non è necessariamente collegata all’attività sessuale; è soprattutto indizio del fatto che l’energia è presente nel corpo in maniera sufficiente, e può circolare liberamente. L’erezione può sopraggiungere anche quando colui che pratica la meditazione raggiunge una condizione libera da pensieri e desideri… Forse. Concepito in questo senso, il metodo di lasciar tornare indietro il seme per “rinforzare il cervello” può essere praticato anche da quei taoisti che non hanno molte concubine come l’Imperatore di Giada o che rifiutano le tecniche sessuali.

Un termnine taoista collettivo indica molto chiaramente quali sono queste tecniche sessuali. È Fang-chung shu, cioè le “arti della camera interna”. Queste tecniche sono importanti perché uniscono l’utile al dilettevole. Grazie al sesso fanno realizzare il Tao e raggiungere l’immortalità (Ch’ang-sheng pu-ssu). E non è poco. Le differenti tecniche sessuali taoiste mirano ad alimentare e a conservare il seme, l’essenza (ching), perciò il discepolo ha bisogno dell’energia dell’altro sesso, dal momento che solo sotto l’influsso dello Yin femminile, l’uomo può rinforzare il suo Yang e viceversa. I metodi più importanti per alimentare il ching consistono nell’evitare l’eiaculazione e nel “ritrarre il ching” per “rinforzare il cervello”.

Pratiche sessuali collettive sono attestate sin dalle antiche scuole taoiste. I seguaci del Taismo dei cinque stai di riso (Wu-tou-mi Tao) e della via della pace suprema (T’ai-pin’g Tao) praticavano la cosiddetta fusione del respiro (Ho-ch’i). Un elemento sostanziale nei metodi sessuali è lo scambio di energie. Per rafforza il suo Yang l’uomo può durante il coito bere molte energie Yin, che si riflettono fortemente sulla propria energia, sotto la lingua o dal seno della donna. Ma le essenze più potenti vengono sprigionate durante l’orgasmo. L’uomo le coglie con il suo pene nella vagina della donna e la donna con la vagina dal pene dell’uomo.

Questo scambio di Yin e Yang assicura la salute e allunga la vita. Spesso però le esigenze superano lo scambio e l’accumulo di energia passa in primo piano. Il discepolo taoista deve allora imparare, per evitare l’eiaculazione, a trattenere tutto il suo ching nel corpo. Contemporaneamente deve preoccuparsi di portare più volte all’orgasmo la sua partner per poter quindi prenderne l’energia Yin sprigionata. L’uomo può l’efficacia di questa tecinca avendo rapporti con molte diverse partner giovani e belle, uno dopo l’altro. Il leggendario imperatore giallo (Huang-ti) secondo la tradizione fece l’amore con milleduecento concubine senza riportare danni alla salute perché sapeva bene come evitare l’eiaculazione. Il livello successivo è costituito dalla ritrazione del seme per rinforzare il cervello. Questa tecnica è stata praticata anche come esercizio preliminare alle pratiche meditative di respirazione del Taoismo che si propongono lo sviluppo di un “embrione sacro” (Sheng-t’ai), l’anima immortale del fedele taoista.

Queste tecniche sessuali sono state certamente praticate a danno delle partner femminili. Perciò un’altra tradizione insegna che entrambi i partner devono frenare l’orgasmo e aspirare a un più alto livello di unione. Un testo afferma che per vivere a lungo, senza invecchiare, un uomo deve prima giocare con la donna. Egli deve bere il liquido di giada, ossia deve bere la sua saliva; così in entrambi la passione cresce. Poi l’uomo deve premere con le dita della sua mano sinistra il punto P’ing-i.

(Il punto P’ing-i si trova circa 2,5 cm. sopra il capezzolo del seno destro ed è anche indicato come “Yin presente in Yang”). Nel suo (basso) campo di cinabro (Tan T’ien)… egli deve immaginarsi un’essenza chiara, rossa, dentro gialla e fuori rossa e bianca. Quindi si deve immaginare che questo liquido si divida in sole e luna, che si muovano nella sua pancia e che raggiungano nel suo cervello il punto Ni-huan, dove le due metà poi si ricongiungono.

Questa simbolica ritrazione del seme culmina dunque nell’unione del principio maschile e femminile, rappresentato dal sole e dalla luna. L’arte cinese presenta innumerevoli simboli sessuali. La pesca, con il suo intaglio interno, rappresenta la vulva femminile. Altri simboli per la parte femminile sono vasi, nuvole, fiori di peonia aperti, funghi, la tigre bianca, stelle reniformi ecc. Simboli per la parte maschile sono, tra gli altri, la giada, le pecore, formazioni rocciose che ricordano il fallo, il drago verde, il colore verde, la fenice.

Giorgio Nadali

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Divinazione shintoista e dono dell’invisibilità taoista

Esistono lotterie sacre? Nello Shintoismo, (nel Taosimo e nel Buddhismo) sì. L’omikuji shintoista predice le probabilità del fedele che le sue speranze diventino realtà, in generale su questioni di salute, fortuna, vita. Ricordo ancora quei bigliettini bianchi annodati sui rami dei pini dei santuari shintoisti in mezzo ai grattacieli di Tokyo. Sono gli omikuji, simili alle predizioni kau cim o chien tung dei templi taoisti e buddhisti e dell’oracolo di Kuan Yin nei templi buddhisti, in cui i resposi divini sono estratti da un bastoncino (chim) estratto a caso dai cento contenuti in un lungo bussolotto di bambù (chim tong) agitato davanti ad una statua del Buddha. Stesso criterio per i kamnaé, due piccoli parallelepipedi rossi di legno che i fedeli taoisti fanno rotolare sul pavimento del tempio con possibili responsi “sì”, “no”, “rifare”, a seconda di come cadono.

Per l’omikuji vai da un prete shintoista e gli dai una piccola offerta. Lui ti porge un bussolotto con dentro dei bastoncini. Tu ne estrai uno a caso. Poi ti fai dire a quale omikuji corrisponde. Lui ti risponderà (in giapponese) e ti consegnerà il foglietto col verdetto già prestampato (anche questo in giapponese). Se non sai il giapponese non ti preoccupi, ma se lo sai e ti capitano i seguenti responsi puoi già incominciare a fare gli scongiuri. Maledizione (kyō), piccola-maledizione (shō-kyō), mezza-maledizione (han-kyō), quasi-maledizione (sue-kyō), grande maledizione (dai-kyō). In questo caso corri subito ad annodare il foglietto omikuji ad uno dei rami più liberi di un pino del santuario (in tutti i santuari shintoisti c’è una bella area all’aperto). Il motivo è un gioco di parole sulla parola giapponese pino (matsu) e il verbo giapponese aspettare (matsu).

Quindi la sfortuna aspetterà l’albero di pino invece di attaccarsi al portatore. Se ti è andata bene puoi invece portartelo a casa oppure legarlo al pino per ottenere un effetto maggiore sulla fortuna. I responsi positivi sono: grande benedizione (dai-kichi), media benedizione (chū-kichi), piccola benedizione (shō-kichi), benedizione (kichi), mezza-benedizione (han-kichi), quasi-benedizione (sue-kichi), quasi-piccola-benedizione (sue-shō-kichi). L’omikuji elenca poi dei responsi su aspetti particolari della vita del fedele, che possono comprendere qualsiasi numero tra i seguenti, tra altre possibili combinazioni: hōgaku- direzione di buon / cattivo auspicio, negaigoto – il proprio desiderio o augurio, machibito– una persona attesa, usemono – oggetti perduti, tabidachi – viaggio, akinai – affari, gakumon, – studi o apprendimento, sōba – speculazioni finanziarie, arasoigoto – dispute, renai – relazioni romantiche, tenkyo – trasloco o cambio residenza, shussan – nascita, byōki – malattia, endan – proposta di matrimonio o fidanzamento.

I famosi “biscotti della fortuna” cinesi derivano dagli omikuji. Per quanto riguarda il kau cim, il luogo che richiama milioni di fedeli per questa pratica divinatoria è il tempio taoista di 18.000 metri quadri Wong Tai Sin di Hong Kong. In luoghi come il tempio di Thean Hou (Kuala Lumpur, Malesia) il bussolotto è sostituito con un contenitore più grande. Sulla parte interna sul fondo del contenitore vi sono delle sono sporgenze (come le teste dei bulloni di fissaggio). Per consultare l’oracolo, il fedele tiene i bastoncini in un fascio verticale, li solleva un po’ dentro il contenitore e li fa cadere liberamente. Ogni bastone che rimane diritto (perché è a riposo su una sporgenza, non avendo rimbalzato) è considerato parte della risposta divina.

Il dono dell’invisibilità

Se invece il futuro non vi preoccupa, ma vi piacrebbe qualche volta essere invibili trovate un maestro taoista e provate con le abilità magiche di trasformazione (bianhua zhi shu) sono alcune delle abilità elementari taoiste. Si riferiscono a vari tipi di abilità come il divenire invisibili, rendere gli oggetti invisibili o cambiare la forma delle cose. Nella dinastia Han molti maghi si sono dilettati in queste abilità che sono divenute un’importante parte di quelle taoiste. Nella dinastia Jin, Ge Hong ha trascritto queste capacità nel testo del «Libro interiore del maestro che abbraccia la semplicità».

Giorgio Nadali


La scienza taoista per trasformare la sfortuna in fortuna

Nel Taoismo il confine tra religione e magia viene decisamente sorpassato, anche se in realtà l’attegiamento magico e l’atteggiamento religioso sono opposti. Nel primo è l’uomo che cerca di piegare i poteri soprannaturali al proprio interesse. Nel secondo l’uomo piega la sua volontà al divino per obbedienza, per riconoscenza e per umiltà, ma anche per ricevere protezione e favore. Un conto è accendere una candela in una chiesa o in un tempio (come semplice omaggio), un altro è accenderla in un rito magico (con un meccanismo di pretesa di tipo causa-effetto). Tra le grandi religioni forse il Taosimo è quello che si avvicina di più alla commistione tra magico e religioso. Il sistema taoista comprende numerose arti numerologiche (shushu), come la divinazione (suanming), la fisiognomia (kanxiang), la geomanzia (fengshui) per esaminare il vento e le acque, i presagi e le profezie (fuchen), che puntano alla divinazione (zhanayn) e all’ottenimento della buona fortuna.

Il Taoismo rimane una religione perché si relaziona a delle divinità, mentre la magia vera e propria è atea. Tra le arti numerologiche, vi sono i “Nove palazzi della suprema essenza” (taiyi jiugong), lo Liuren e il “Tempo Nascosto” sono chiamate le “Tre arti numerologiche” (sanqi) più importanti. Vengono molto considerate dai taoisti e sono presenti nel Canone taoista. Tra queste, quella chiamata “Tempo Nascosto” è la più conosciuta. È un’arte numerologica per la scelta del tempo e della direzione da prendere. È un’arte molto complessa. Con il “Tempo Nascosto” i fedeli taoisti usano degli speciali elementi temporali per trasformare la loro sfortuna in buona sorte. La sua essenza è nei metodi della “Tavola delle situazioni”, come la “Tavola celeste” (tianpan), la “Tavola terrestre” (dipan), e la “Tavola umana” (renpan). La “Tavola celeste” è composta dalle “Nove stelle” (jiuxing), facili da ricordare: tian peng, tian rui, tian chong, tian fu, tian qin, tian xin, tian zhu, tian ren, tian ying. La “Tavola terrestre” usa i “Nove palazzi” e “Otto tigrammi” (jiugong bagua). La “Tavola umana” usa gli “Otto cancelli” (bamen): riposo, morte, dolore, rifiuto, apertura, sorpresa, vita, e auspicio. La divinazione taoista è chiamata anche “Arte divinatoria dei quattro pilastri” (sizhuuiming shu) perché è basata sui “Blocchi celestiali” e i “Rami terrestri” dell’anno, mese, giorno e ora del proprio compleanno. È nota anche come “Arte divinatoria dei quattro caratteri” (pai bazi). I trigrammi (guaci) possono predire eventi politici a molti anni di distanza nel futuro

Giorgio Nadali

 

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I funghi taoisti dell’immortalità

 

Lo Ch’ang Shen Pu-ssu è l’obiettivo del Taoismo in molte delle sue pratiche. Inizialmente il Taoismo riguardava la vera e propria immortalità fisica da raggiungere tramite gli esercizi detti tao-yin e fang-chung shu. La ginnastica taoista tao-yin (letteralmente signifca “condurre” o “guidare”) consiste in esercizi di stretching e di flessioni atte a facilitare la permeazione del respiro vitale (ch’i) in tutto il corpo. Una tecnica per raggiungere l’immortalità trascendente o almeno la longevità. Si parla già di queste tecniche nel testo del III secolo a.C. Chuang Tzu. La versione più nota oggi è l’esercizio simile ad una danza lenta noto come t’ai-chi-ch’uan (“grande-estrema-boxe”) praticato ogni giorno da milioni di persone in estremo Oriente. Chi ottiene l’immortalità (hsien) sale al cielo (fei-sheng) visibilmente o altrimenti sembra che muoia e che venga sepolto, ma quando la bara viene aperta è in realtà vuota. Il Taoismo di Lao-Tzu o di Chuang-Tzu riguardava un’immortalità spirituale più importante e l’unica possibile. Essa comporta l’unione con il Tao attraverso i metodi delle varie scuole taoiste. Ma dato che il linguaggio esteriore è un mezzo per quello interiore (e viceversa) non è sempre chiaro quale percorso una scuola segua. L’immortalità può comunque essere provvisoria, rallentanto la morte per un certo periodo di tempo. Molti simboli dell’immortalità appaiono nell’arte cinese sotto l’influenza taoista. I più frequenti sono le pesche coltivate da Hsi Wang mu (uno dei più noti immortali cinesi, gli hsien), l’erba o i funghi dell’immortalità (ling-chih), una gru che tiene nel becco il ling-chih, pini, e un bastone di legno nodoso. Anticamente il fungo dell’immortalità era riservato ai nobili e nascosto alla gente comune. Il ling shih (o reishi per i giapponesi), “fungo soprannaturale” che rapprsenta grande salute e immortalità, è il Ganoderma lucidum e purtroppo non è un fungo commestibile ed è decisamente amaro. Viene usato come fungo officinale dalla medicina cinese in più di venti patologie. Fare un’amara scorpacciata di questi funghi non cotti ha comunque l’effetto sperato e funziona davvero. Manda nell’aldilà dopo poche ore. Anche se il leggendario eremita Sennin lo usava abitualmente nella sua dieta. Ma sono cose più adatte ai fumetti manga giapponesi di Dragon Ball, dove infatti è di casa.

Giorgio Nadali


Rosario brucia l’incenso

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di Giorgio Nadali

L’uso dell’incenso nelle Religioni è testa a testa con l’uso dell’oggetto sacro che nel Cattolicesimo è chiamato “rosario”.

Il rosario è un oggetto di culto comune a diverse religioni. La preghiera meditativa è scandita dai grani dei rosari cattolici, ortodossi, islamici, induisti, buddhisti e degli Hare Krishna. Il rosario cattolico è una “Corona di rose” offerta alla Madonna, da cui il suo nome. Si diffonde nasce nel tardo Medio Evo grazie alle confraternite del Santo Rosario, fondate dal frate Pietro da Verona. Quello ordinario ha 50 grani, mentre la versione francescana ne ha 70. I 50 grani sono 5 decine composte da un Padre nostro, dieci Ave Maria, un Gloria al Padre. La decina termina con la “Preghiera di Fatima” o l’Eterno Riposo per i defunti. Al termine delle cinque decine si recita il “Salve Regina”. Il rosario completo è composto in realtà da quindici decine. Le prime cinque vengono recitate il lunedì e giovedì (o sabato) e meditano ciascuna i “misteri gaudiosi”, le secondo cinque il martedì e venerdì e meditano i “misteri dolorosi” della Passione di Cristo. Il mercoledì e la domenica (o sabato) si meditano i cinque “misteri gloriosi” con le ultime cinque decine. Dal 2002 è possibile aggiungere il giovedì anche altre cinque decine dei “misteri luminosi”, voluti con la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae del 16 ottobre 2002, da San Giovanni Paolo II. La lettera dice tra l’altro: “Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale”. Il rosario ortodosso (Russia, Ucraina, Romania, Bulgaria, Bielorussia, Serbia, Grecia, ecc.) si chiama “corda da preghiera” e non ha lunghezza fissa. Di solito i grani sono 33, 50 o 100 ed è comunemente fatto di lana annodata. La corda da preghiera ortodossa è basata sulla “preghiera del cuore”, o preghiera di Gesù, basata sulla preghiera della parabola del pubblicano nel Vangelo di Luca: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore”. Il rosario greco ortodosso si chiama komboloi. Il rosario islamico è il misbaha o tasbīḥ. È formato da 99 grani, oppure da 33 ripetuti 3 volte. Ciascun grano (fatto di legno, avorio, perla o plastica) è uno dei 99 nomi di Allah. Recitarli a memoria è la dhikr. I primi ad usarlo furono i sufi, i mistici islamici. Il rosario induista si chiama japa mala (che significa ghirlanda) o rudraksha. È fatto di semi di Elaeocarpus ganitrus. Composto da 108 grani, ciascuno è un mantra (preghiera, a volte composta anche da una sola sillaba come “OM”) o invocazione del nome di una divinità. Va usato con la mano destra e il pollice che fa passare i grani. Il mala va avvolto sul dito indice che rappresenta il proprio ego, ciò che frena la propria realizzazione personale. Il mala (rosario) buddhista è molto più antico di quello cristiano (il Buddhismo ha 2500 anni). Serve per la recitazione di mantra e di dhāraṇī (gzung-ma in tibetano), cioè di versetti rituali composti da sillabe, come il nembutsu (o nianfo), la ripetizione del nome di Amitābha, un Buddha celestiale. Infine il mala (rosario) degli Hare Krishna (organizzazione religiosa di matrice induista nata nel 1966 negli USA) viene recitato con la mano che scorre i grani del rosario racchiuso dentro un sacchetto di tela e serve per recitare il grande (maha) mantra o Vaishnava mantra composto da sedici parole.

L’incenso è simbolo di santità. I suoi fumi rappresentano le preghiere degli uomini che salgono in cielo. A Gesù bambino l’incenso fu donato dai Magi per questo motivo. Purifica l’ambiente sacro e immette nella dimensione divina. Non a caso la pianta dalla quale proviene si chiama Boswellia Sacra. È usato da diverse religioni. Cristianesimo cattolico e ortodosso, Induismo, Buddhismo, Taoismo, Shintoismo. Quello cattolico viene generalmente usato solo dal sacerdote, è in granelli che vengono posti nella navicella e poi posti con un cucchiaino dentro al turibolo insieme alla carbonella. Nel Cristianesimo ortodosso e in tutte le altre religioni l’incenso è acquistato e usato direttamente dai fedeli. Nell’Induismo, Buddhismo e Taoismo di solito viene usato dai fedeli quello in piccoli bastoncini da bruciare al tempio oppure in forma di spirali coniche (Taoismo). Nel Buddhismo e Taoismo i bastoni di incenso possono essere anche di grandi dimensioni – sino ad un metro – e costosi. Sono acquistati e lasciati bruciare presso un’immagine sacra. L’incenso è citato 124 volte nella Bibbia, di cui 4 nei Vangeli e 1 nell’Apocalisse. I cristiani ortodossi in Grecia lo comprano come le caramelle. Nel negozio scelgono il tipo desiderato e con una paletta lo mettono in un sacchetto e lo acquistano a peso. Sono grossi cristalli multicolore. Anche la chiesa russo ortodossa lo vende ai fedeli in scatolette colorate. I fedeli lo accendono personalmente in chiesa o in casa davanti alle icone… L’incenso “non combustibile” è una combinazione di ingredienti aromatici che non sono preparati o modellati in una forma particolare ed è per lo più inadatto per la combustione diretta. L’uso di questa classe di incenso richiede una sorgente separata di calore poiché generalmente questo incenso non può accendersi senza altre sostanze. Questo incenso può variare per la durata della sua combustione e per la struttura del materiale. Gli ingredienti più fini tendono a bruciare più rapidamente, mentre quello macinato grossolanamente o intero può consumarsi a poco a poco, in quanto ha meno superficie totale. Il calore è tradizionalmente fornito da carbone o brace. In Occidente, gli incensi più noti di questo tipo sono il franchincenso e la mirra, probabilmente a causa loro numerose menzioni nella Bibbia cristiana. Nel tipo intero l’incenso viene bruciato direttamente nella sua forma. In polvere o granulato. Questo incenso brucia rapidamente e fornisce un breve periodo di profumi intensi. Nella pasta di incenso il materiale in polvere o in granulato viene miscelato con un legante appiccicoso e incombustibile, come frutta secca, miele, o una resina morbida e quindi modellato in sfere o piccole pastiglie. Queste vengono lasciate maturare in un ambiente controllato in cui i profumi possono mescolarsi e unirsi. Nell’ambito della tradizione orientale cristiana ortodossa, l’incenso grezzo viene macinato in una polvere fine e poi mescolato con vari oli essenziali profumati. Gli incensi più aromatici sono la canfora borneola, il benzoino di Sumatra, l’incenso dell’Oman, il guggul, l’incenso dorato, il balsamo del Tolu, la mirra di Somalia e il sandalo indiano bianco.

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it


Il futuro delle Religioni

di Giorgio Nadali

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Con l’avvento dell’anno 2001 dell’era cristiana si è aperta la porta sul mistero di un nuovo millennio di storia, con le sua aspettative, angosce, speranze, previsioni. Certo non molto è cambiato per chi vive alla giornata o per quella maggioranza di noi che nella propria agenda ha scadenze entro l’anno in corso. L’odissea nello spazio non c’è stata e la fine del mondo ha deluso quei cinque milioni che l’aspettavano ansiosamente e l’avevano già segnata in rosso nelle scadenze da ricordare. Ma guardare al futuro è cercare di capire cosa ci attende anche a breve termine. L’uomo ha sempre cercato nel futuro risposte al presente. Dalle sfere di cristallo agli oroscopi online, dagli oracoli alle proiezioni della moderna statistica.

Molti cercano di prevedere i cambiamenti che ci attendono in questo decennio, altri si spingono sino ai confini del secolo e oltre. Alcuni tentano di predire il futuro delle religioni, come ad esempio il World Network of Religious Futurists, di Seattle (USA). Certamente i lettori più dotati di senso pratico si domanderanno il senso di tale preoccupazione. A loro potrebbero rispondere i lettori più attenti agli aspetti sociali. La religione è parte integrante degli usi e costumi di un popolo, e incide sulle scelte e sugli orientamenti etici della società nella quale viviamo. I lettori amanti delle statistiche si affretterebbero poi a portare i loro dati pieni di percentuali. Ci direbbero che, in base a varie proiezioni delle Nazioni Unite, il totale della popolazione mondiale crescerà sino al 2025 dai 6,25 miliardi attuali a 8,5 miliardi. Il Cristianesimo vedrà crescere il suo numero di fedeli dal 33,4% della popolazione della Terra, sino al 35,5%, mentre l’Islam passerà dal 18,5% al 20,2%. Gli agnostici diminuiranno. Dal 16,1% al 15%.  I non credenti si apriranno alla fede, almeno per quella differenza che farà calare la loro già esigua rappresentanza del 13%.  Le religioni orientali passeranno dal 3,4% al 2,7%  e le religioni tribali vedranno quasi dimezzati i loro credenti, dallo 1,5% allo 0,9% mentre Ebrei, Indù, Buddhisti e Sikh si manterranno su posizioni percentuali proporzionate a quelle attuali.

Il Cardinale Arinze, in una conferenza del 1997 presso il Center for Muslim-Christian Understanding della Georgetown University di Washington D.C, esordì ricordando che i cristiani costituiscono il 33% della popolazione mondiale. I musulmani il 18%. Ciò significa che più della metà del pianeta segue queste due grandi religioni monoteiste. E’ importante tenerne conto. Conflitti etnici tra cristiani e musulmani in Bosnia, Timor Est, Kosovo, hanno tristemente riempito pagine di quotidiani. In Italia è sorta la seconda grande moschea. Altre seguiranno, in base al trend dell’immigrazione.  La relazione tra cristiani e musulmani sarà una questione molto importante nel prossimo futuro. “E’ importante soprattutto educare le persone della propria religione ad accettare e rispettare gli altri e a cooperare per promuovere la pace. La dimensione delle relazioni tra Cristiani e Musulmani è importantissima per il secolo che sta per iniziare” –  ricordava Papa Giovanni Paolo II alla sesta assemblea della conferenza mondiale sulla religione e la pace (Roma, 3-11-1994).  I leaders religiosi devono chiaramente dimostrare di impegnarsi per la promozione della pace, proprio in forza del loro credo religioso”. Senza accordo e armonia tra le religioni è facile dunque prevedere che non ci sarà pace né vicino né lontano da noi. E la storia insegna.

 Durkheim ha scritto della capacità quasi illimitata degli uomini di apportare innovazioni in campo religioso. Nel mondo moderno tale capacità innovativa è favorita maggiormente dal facile accesso alla vasta gamma delle tradizioni religiose. In futuro, grazie alle comunicazioni che accrescono il contatto tra le culture su scala mondiale, la gente potrà conoscere meglio una serie di credenze religiose una volta considerate del tutto incompatibili tra loro e beneficerà delle pratiche che avrà trovato fuori delle proprie tradizioni religiose… La tendenza all’eclettismo potrà subire un’accelerazione. 1

La secolarizzazione è il tema dominante nel moderno assetto del futuro della religione. Secondo Webster, il termine secolare ha il significato “di chi appartiene al mondo e alle cose terrene distinguendo dalla chiesa e dagli affari religiosi”. La secolarizzazione quindi significa divenire immanenti. Più specificatamente, gli scrittori moderni usano il termine secolarizzazione per significare l’erosione della credenza nel soprannaturale – una perdita di fede nell’esistenza di forze ultraterrene.

Attraverso la secolarizzazione, le sette sono addomesticate e trasformate in chiese. La loro iniziale fede nell’ultraterreno viene ridotta e si riduce a mondanità. La secolarizzazione porta anche al collasso di organizzazioni religiose a causa della loro estrema mondanità – la loro vaga e debole concezione del soprannaturale – le lascia senza mezzi per soddisfare almeno la dimensione universale dell’impegno religioso. Quindi, la secolarizzazione è il processo auto limitante che genera revival (formazione di sette) ed innovazione (formazione di culti). La maggior parte degli studiosi, comunque, non considera l’andamento attuale della secolarizzazione come il messaggero del cambiamento religioso, ma proprio come il declino finale degli dei. Molti riconoscono che, nel passato, la secolarizzazione produceva nella nascita di nuove fedi, ma sono convinti che oggi si è inserito un nuovo fattore che ha eliminato questa equazione: la crescita della scienza è inversamente proporzionale alla crescita del sentimento religioso. La scienza dovrebbe rendere non plausibile la religione, e di conseguenza la secolarizzazione moderna non produrrà più nuove grandi religioni, bensì un’era di razionalità in cui il misticismo non può più trovare un posto significativo. Anthony F.C. Wallace, tra i più importanti antropologi della religione, diede voce alla grande maggioranza dei moderni sociologi quando scrisse:

“… L’evoluzione futura della religione è l’estinzione. La credenza in esseri e in forze soprannaturali che incidono sulla natura senza obbedire alle sue leggi si sgretolerà e diverrà un’interessante memoria storica. Con certezza, questo evento probabilmente non avverrà nella prossima generazione, il processo probabilmente avrà bisogno di diverse centinaia di anni, e ci saranno sempre individui, o occasionalmente piccoli gruppi religiosi, che risponderanno alle allucinazioni, al trance, e all’ossessione con interpretazioni soprannaturali. Ma come tratto culturale, la credenza in poteri soprannaturali è destinata a morire, in tutto il mondo, come risultato dell’aumentata adeguatezza e diffusione della conoscenza scientifica… il processo è inevitabile.”2

Chiaramente, la scienza è una nuova è potente forza culturale, e ha il suo forte impatto su molte organizzazioni religiose. Certamente, un grande elemento nella moderna secolarizzazione comporta il ritiro dalle strutture religiose da spiegazioni soprannaturali di vari fenomeni in quanto la scienza ha rivelato le cause naturali di questi fenomeni. Inoltre, l’impatto della scienza ha indubbiamente creato un periodo di eccezionalmente rapida ed estrema secolarizzazione. Oggi, molte delle importanti organizzazioni religiose della civiltà Occidentale sono così secolarizzate che, anche se si riferiscono a Dio, questi è il più distante, indistinto, impersonale ed inattivo delle entità.

Per cui, la questione è aperta. Siamo giunti all’era della fine della fede? La scienza è la base della “secolarizzazione finale” oppure lo sono le società? Oppure questa è solo una svolta drammatica del pendolo della storia? Avrà dei limiti quest’ondata di secolarizzazione? Sénaux ammoniva: “La scienza è capace di ingrandire la nostra gabbia. Solo la fede ha la chiave per aprirla”. Intendendo con questo che l’uomo non troverà mai nella scienza il senso ultimo della sua esistenza.

Ma la religione in realtà non è arrivata al capolinea della sua storia millenaria. Gli studiosi moderni hanno previsto male in quanto hanno erroneamente identificato le tradizioni religiose dominanti nella società moderna col fenomeno della religione in generale. La maggioranza degli osservatori ha notato correttamente che le principali organizzazioni Giudaico-Cristiane sono in crisi, (la pratica religiosa attiva si attesta tra il dieci e il teenta percento in Europa, ad esempio, e il ramo riformista del Giudaismo è quello predominante) ma non hanno apprezzato il vigore della religione in settori meno importanti.

La religione vivrà anche in futuro e questo è dimostrato da ciò che è e fa per l’uomo. I sociologi, e forse non solo loro, hanno letto male il futuro della religione, non solo perché desiderano ferventemente che sparisca dall’orizzonte della storia umana, ma anche perché non hanno riconosciuto il carattere dinamico delle religioni. Insistere solo sulla secolarizzazione è non vedere che questo processo è una parte di una struttura più grande. Mettendo sullo stesso piano le organizzazioni religiose con la religione stessa, gli intellettuali occidentali hanno letto la secolarizzazione di questi gruppi come la fine della religione in generale. Ma è sciocco guardare solo al tramonto senza pensare all’alba: la storia della religione non è solo declino, è anche nascita e crescita. Le sorgenti della fede oscillano costantemente nelle società, ma la religiosità nel cuore umano rimane relativamente costante.  Durkheim, notò che “non c’è società conosciuta senza religione” e sostenne che “la religione ha fatto nascere tutto ciò che è essenziale in una società”.3 Egli sostenne anche che tutte le culture sane sono unitarie, condividono un solo credo. Durkheim cercò di spiegare l’ubiquità della religione asserendo che essa soddisfa la funzione essenziale di rappresentare la società per i suoi membri, nelle forme di simboli sacri che sostengono un codice morale e un senso di unità culturale.

Per distinguere tra ideologia e religione può essere utile la definizione di James G. Frazer: “ La religione consiste di due elementi… un credo in poteri superiori all’uomo e un tentativo di propiziarseli e di rendersi a loro graditi”.4

Solo la divinità può rassicurare l’uomo che la sofferenza in questa vita sarà compensata in quella futura. Infatti, solo la divinità può garantire all’uomo una vita futura – una fuga dall’estinzione individuale. Solo la divinità può formulare un piano coerente per la vita, cioè dar senso in maniera umana all’esistenza del mondo naturale dei nostri sensi. Si può dimostrare con facilità che, sin quando l’uomo avrà questi desideri, i sistemi di pensiero che comprendono il soprannaturale avranno un grande vantaggio sui sistemi di significato solamente naturali. L’uomo per natura ha bisogno di trascendenza. Nel mio precedente libro citavo all’inizio Jung, il quale “notò che i suoi pazienti si rivolgevano a lui perché erano tutti privi di ciò che le religioni davano ai propri fedeli. Questi pazienti non miglioravano fino a quando non acquisivano un atteggiamento religioso verso la vita, nel senso di rispetto nei confronti di una realtà più grande di loro”.

Credenti e non credenti hanno bisogno di un orizzonte oltre il presente. Per i primi il futuro è l’orizzonte verso la pienezza dei tempi, quando “non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,5). Per gli altri – diceva Camus – il futuro è la sola trascendenza degli uomini senza Dio. Ma non c’è ragione di supporre che la diffusione della scienza (e della sua applicazione: la tecnologia) renderà gli uomini del futuro meno motivati a fuggire la morte, meno preoccupati della tragedia, meno inclini a chiedersi: “Cosa significa?” E’ vero, la scienza può sfidare alcune pretese poste dalle religioni storiche, ma non può soddisfare il bisogno primario dell’uomo, che da sempre è stata la ragione d’essere delle religioni: il senso profondo della vita umana… “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. (Gv 6,68)

Per approfondire:

Rodney Stark, William Sims Bainbridge – The Future of Religion. Secularization , revival and Cult formation – Los Angeles, University of California Press, 1985, pp. 429-431 e 2-5.

http://www.wnrf.org


1 (Cf. Peter B. Clarke – “Le grandi Religioni” De Agostini, 1995, p. 14)

2 Wallace Anthony F.C. Religion: An anthropological view, New York, Random House, 1966.

3 Durkheim Emile. The elementary forms of  the religious life. Londra, Allen and Unwin, 1915.

4 Frazer  James G. The golden bough. New York, Mcmillian, 1922