Le opere di misericordia spirituale. 6. Sopportare le persone moleste

Scrive San Paolo: “Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale si dimostra nel sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo” (2 Corinzi 1,6). “Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore” (Efesini 4,1-2). Sopportare non è un atto di debolezza, ma di forza. Dio stesso ci sopporta. Sopportare è imitare la pazienza divina. Noi abbiamo dato al verbo sopportare un significato negativo.

Sopportare qualcuno non è amarlo. Si riferisce a qualcuno che ci infastidisce con il suo atteggiamento o comportamento e di cui faremmo volentieri a meno. In realtà per sopportazione qui va proprio intesa la pazienza che la carità cristiana esprime. La parola “pazienza” è presente 40 volte in tutta la Bibbia, di cui 26 nel Nuovo Testamento. San Giacomo scrive: “Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore. Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza” (Giacomo 5,10-11). Per quanto possibile bisogna evitare di reagire a tutte le piccole provocazioni che subiamo, riservando una reazione solo ai casi veramente importanti o penalmente rilevanti, contemplati dall’articolo 660 del Codice Penale che punisce le molestie in genere, lo stalking con l’articolo 612bis. Queste molestie generano grave ansia alla persona. Come cristiani abbiamo il diritto di difenderci, ma mai quello di vendicarci.

Il 28 per cento delle donne e il 10 per cento degli uomini hanno riferito in un’inchiesta del 2007 di aver subito molestie sessuali che vanno comunque sempre denunciate. In Italia il numero di vittime del mobbing – cioè le angherie sul posto di lavoro – è intorno a 1 milione e 200 mila. Sino a 5 milioni se si considerano anche le famiglie. Non esiste una legislazione italiana di difesa. Comunque diversi comportamenti che caratterizzano il mobbing rientrano già in vari articoli del codice penale italiano (abuso d’ufficio, percosse, lesione personale volontarie, ingiuria, diffamazione, minaccia, molestie). La persona equilibrata sa reagire con coraggio e pazienza alle “normali e inevitabili” piccole frustrazioni quotidiane che ci vengono dal nostro prossimo. Il cristiano ha anche una forza in più che gli proviene dalla preghiera. La mitezza è quindi la forza sotto controllo.
Le persone moleste (fuori dai casi giuridicamente penali) da sopportare sono quelle arroganti (ma qui può essere equilibrata con l’opera di misericordia di “ammonire i peccatori”), le persone che si lagnano sempre (oltre che sopportate andrebbero nei limiti del possibile allontanate, perché trascinano in basso anche noi), le persone maleducate (spesso vari problemi psicologici o non vivono i valori cristiani), le persone ipercritiche (altro problema psicologico). Sopportare è avere compassione dei difetti altrui, ricordando che è facile guardare la pagliuzza che è nell’occhio del fratello, e non accorgersi della trave nel proprio (Luca 6,41). È utile ricordare che qualsiasi cosa facciamo troveremo sempre qualcuno che avrà da ridire. Se dovessimo dare peso a tutti non vivremmo più e perderemmo di vista la missione particolare che Dio ha in serbo per ciascuno di noi. Il Mahatma Gandhi diceva che la «nonviolenza è la forza dell’anima o l’energia della divinità dentro di noi. Diventiamo simili a Dio nella misura in cui realizziamo la nonviolenza». La nonviolenza non va confusa con la debolezza, ma è la forza sotto il controllo della ragione e del cuore. L’uomo e la donna veramente forti sono miti. Sanno essere tolleranti con tutti e sopportare le piccole frustrazioni. Gesù dice: «Beati i miti, perché erediteranno la terra» (Matteo 5,5). La sopportazione è la forza stessa di Gesù che dice: «prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Matteo 11,29). Per sopportare occorre quindi essere umili, non deboli. Nell’Ebraismo la nonviolenza può essere espressa dal concetto di chesed. È l’amore-gentilezza come virtù fondamentale, simile alla mettā buddhista e alla “misericordia” nella vulgata della Bibbia. Ci sono alcuni che stanno, essi, nella pace e mantengono pace anche con gli altri. “Ci sono invece alcuni che non stanno in pace essi, né lasciano pace agli altri: pesanti con il prossimo, e ancor più con se stessi. Ci sono poi alcuni che stanno essi nella pace e si preoccupano di condurre alla pace gli altri. La verità è che la vera pace, in questa nostra misera vita, la dobbiamo far consistere nel saper sopportare con umiltà, piuttosto che nel non avere contrarietà. Colui che saprà meglio sopportare, conseguirà una pace più grande”. (Tommaso da Kempis).

Giorgio Nadali