La giustizia ingiusta

di Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

Chi commette un’ingiustizia è sempre più infelice di quello che la subisce – osservava Platone. A quanti italiani basta questa consolazione? Non c’è che l’imbarazzo della scelta. 10 anni di galera per 97 coltellate alla madre e al fratellino. A 320 all’ora in autostrada? Ritiro della patente e una multa. Cosa sarebbe accaduto a questi personaggi se fossero cittadini statunitensi nel loro Paese? Quanti cittadini in Italia sentono invece che la giustizia è troppo spesso ingiustizia? Secondo Die Presse l’Italia ricopre il 151esimo posto nella classifica internazionale sull’efficienza dei sistemi di giustizia del mondo. “Non possiamo andare avanti così. Il sistema giustizia in Italia è peggiore di quello di molti altri paesi africani come l’Angola, il Gabon, la Guinea e il São Tomé” ha detto Vincenzo Carbone, primo presidente della Cassazione. Pene troppo miti nel Bel Paese. Pene non scontate sino in fondo. Un male epocale mai guarito. Giudici che non rispondono penalmente dei loro errori. Giudici che non rispondono alla sete di giustizia dei citttadini. L’unico istituto giuridico veramente equo ed efficiente rimane – dal 1991 – il Giudice di Pace, che è un giudice professionale non togato.

A proposito.  Dall’ergastolo alla pena di morte nel primo caso. 10 anni di reclusione nel secondo. Sono le pene negli Stati Uniti per gli stessi crimini. Giustizia, integrità, servizio – c’è scritto sullo stemma dell’United States Marshal (il braccio armato della corte federale americana).

Qui questi valori sono spesso latitanti. Grandi esempi morali dalla giustizia italiana. Che fortuna delinquere in Italia!   

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it


Giudici senza senno e Stato laico

di Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

Credeva di ottenere un risultato eclatante. Aveva studiato giurisprudenza, ma non sapeva la differenza tra laicità dello Stato e laicismo. Era laicista. Non sapeva che in tutti i luoghi statali il crocefisso è simbolo dell’identità nazionale e della nostra cultura, come aveva ricordato un vero laico (non laicista) – l’ex Presidente Ciampi. Era stato a Roma, ma non aveva notato che sul Palazzo più statale che esista – il Palazzo del Quirinale – c’è sulla “Torre dei venti” un grande crocefisso accanto alle bandiere della Repubblica Italiana e del Quirinale. Sì, faceva il “giudice”, ma giudicò male, per cui dal 2005 si rifiutò di tenere udienze in aule dotate di crocefisso sopra la scritta “La legge è uguale per tutti”. Faceva il giudice. Era laicista. Oggi fa il disoccupato.

Luigi Tosti è stato rimosso tre giorni fa dall’ordine giudiziario. Già condannato in sede penale a 7 mesi di reclusione, fu poi assolto; , il giudice Tosti è stato rimosso dal suo compito dopo che s’era presentato al procedimento attuato a suo carico senza la consulenza di  alcun legale. Per il Csm il giudice anti-crocifisso, come era ormai noto “è venuto meno al dovere fondamentale di svolgimento della funzione e ha compromesso la credibilità personale ed il prestigio dell’istituzione giudiziaria“. Luigi Tosti, nel 2005, si era rifiutato di condurre 15 udienze nel suo ruolo di giudice della corte del tribunale di Camerino. Il motivo: nell’aula dove doveva svolgere il suo lavoro c’era un crocifisso e lui aveva richiesto fosse tolto. 

L’ex vice presidente del Csm, Nicola Mancino spiega che “con l’intenzione di risolvere una questione di principio, il giudice Luigi Tosti s’era rifiutato di tenere udienza anche dopo che il Presidente del Tribunale gli aveva messo a disposizione un’aula senza il Crocifisso, con ciò venendo meno all’obbligo deontologico e ai doveri assunti in qualità di magistrato che gli impongono di prestare servizio”. Il Presidente del Csm (Giorgio Napolitano) vive invece in una grande casa con un enorme crocefisso.

 “Il Csm non è né la Corte Costituzionale né la Corte Europea – rimarca Mancino – non doveva risolvere, e in effetti non ha risolto la questione della legittimità o meno di tenere il Crocifisso in un’aula giudiziaria. Il dottor Tosti è stato giudicato per essersi rifiutato di tenere comunque udienza fino a quando in tutti i Tribunali d’Italia non fossero stati rimossi i crocifissi“.

Il crocefisso c’è ancora e rimarrà in tutte le aule di giustizia, negli ospedali statali, nelle carceri, in molte stazioni di Pubblica Sicurezza. Hanno tolto invece Tosti. Un giudice laicista non fa onore ad uno Stato laico. Forse un giorno Tosti avrà un malore e si rifiuterà di salire su un’autoambulanza. Hanno tutte infatti il simbolo del soccorso e della salvezza: la croce cristiana. Tosti non si è mai lamentato dei 59 giorni di festa cattolici che si è goduto in un anno. Oggi ne avrà molti di più per meditare sul suo becero laicismo.

 “Rende stolti i consiglieri della terra, priva i giudici di senno” (Giobbe 12,17)

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it


Moralismo politico e bunga bunga

di Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

«La ferocia dei moralisti è superata soltanto dalla loro profonda stupidità.»  Lo diceva Filippo Turati. C’è qualcuno che può credere che un uomo come Silvio Berlusconi possa essere così sprovveduto da farsi ricattare da una ragazzina? Può darsi. Ma alla maggior parte degli italiani interessano i risultati politici, il programma di gorverno, le riforme. Quanto di ciò che un uomo politico fa nel privato conta? Quanti politici possono scagliare la prima pietra? L’onore della prima pietra della lapidazione veniva dato al più onorevole della comunità. Scandali più o meno costruiti per scalzare l’avversario politico. Dal sexgate di Bill Clinton con Monica Lewinsky del 1995 con tentativo di impeachment dei Repubblicani. Lo scandalo si sgonfiò nel 1998 con l’ammissione di colpa di Clinton in diretta tv.

Il mese scorso il presidente israeliano Moshe Katzav è stato incriminato dallo Stato di  Israele di ripetuti abusi sessuali e in un caso di stupro. Le accuse riguardano sia il periodo in cui era Ministro del Turismo dal 1988 al 1999, sia quando era presidente. Decisiva la testimonianza di alcune sue collaboratrici.

Certo, non un’ipotesi di reato come questa: “Chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.493 a euro 154.937. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 5.164. Nel caso in cui il fatto di cui al secondo comma sia commesso nei confronti di persona che non abbia compiuto gli anni sedici, si applica la pena della reclusione da due a cinque anni. Se l’autore del fatto di cui al secondo comma è persona minore di anni diciotto si applica la pena della reclusione o della multa, ridotta da un terzo a due terzi”. Difficile che Berlusconi – laureatosi in legge nel 1961 – non lo sappia.

Dunque, moralismo ipocrita a orologeria, in larga parte proveniente dagli eredi di un’ideologia nemica della libertà e dell’uomo. Molto strano…

Tutta da dimostrare l’induzione alla prostituzione. Il sesso con minorenni invece non è reato, a meno che sia:

  • con minori di 14 anni, quando il fatto è compiuto da persona maggiorenne (ovvero, che ha compiuto gli anni 18);
  • con minori di 13 anni, in qualsiasi caso, anche tra partner entrambi minorenni;
  • con minori di 16 anni, quando il fatto è compiuto da persona maggiorenne cui il minore è affidato per ragioni di cura, istruzione, educazione, vigilanza o custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza;
  • con minori di 18 anni, quando il fatto è compiuto dal genitore (sia biologico che adottivo), dall’ascendente o dal tutore del minore, o da altra persona che convive con una delle precedenti figure.
  • Qualcuno potrebbe anche sapere molto bene (e credere) che sedici anni fa, ad una sua amica di Sofia (Bulgaria) – allora ventenne – è stato offerto del denaro in cambio di una notte di sesso con  Berlusconi, ma a questo qualcuno interessa solo il suo programma di governo e che il federalismo venga presto approvato. Il gossip è altra cosa… E molti di più sono preoccupati che in un Paese come il nostro l’intercettazione e la violazione della privacy sia abuso e abitudine.

    A noi interessano i grandi risultati ottenuti del Governo contro la criminalità e la mafia, la lotta contro l’immigrazione clandestina, la riforma dell’Università, il federalismo… Se il Premier va a p…. non è un problema. Se ci va il Paese sì.

    La vita privata di Berlusconi non è un pericolo per la democrazia. La “giustizia” usata a fini politici sì.  E allora, bunga bunga Presidente! Si diverta, ma sia più prudente.

    Giorgio Nadali

    www.giorgionadali.it

    Verbali della Procura di Milano


    Cristianofobìa

     di Giorgio Nadali

    www.giorgionadali.it

    Nel 311 Galerio emanò l’Editto di tolleranza dei Cristiani che accordava la liceità del culto, poi confermata da Costantino nel 313. Cos’è cmbiato? Oggi 50 Paesi – un quarto del Mondo – perseguitano il Cristianesimo. L’unica Religione universale che considera tutti fratelli. Non così l’Ebraismo. Fratello è l’ebreo. Tu non ebreo sei un gohim. Non così l’Islam. Tu non musulmano sei un kafir. Non così l’Induismo – la religione più antica tuttora esistente – Sei sei di un’altra casta non vali nulla. Non così il Buddhismo. La tua vita è solo apparenza… E allora?  La fratellanza universale, proveniente dal Cristianesimo si paga con la cristianfobìa, anche in Italia presente con il laicismo anticlericale, beceramente intollerante e irriverente alla fede cristiano cattolica e all’Istituzione ecclesiale. In altri 50 Paesi del mondo 10 milioni di cristiani pagano un alto prezzo alla loro fede.  Si va dal rifiuto di un posto di lavoro, alla negazione di diffusione di materiale cristiano, sino agli omicidi.

    L’ espressione cristianofobia e’ stata introdotta per la prima volta nel 2003, in una Risoluzione del Terzo Comitato della 58a Assemblea Generale dell ONU. In tale circostanza, il termine venne associato alla islamofobia ed allo antisemitismo e, da allora, e’ comparso in vari Documenti ONU e di altri Organismi internazionali, senza tuttavia essere mai stato definito. Tutto considerato, mi pare che esso consista in un insieme di comportamenti, raggruppabili in 3 ambiti:

    – la erronea educazione, o addirittura la disinformazione sui cristiani e sulla loro religione, specie attraverso i media;
    – la intolleranza e la discriminazione subita dai cittadini cristiani segnatamente a causa della legislazione o di provvedimenti amministrativi rispetto a quanti professano altre religioni o non ne seguono alcuna;
    – le violenze e la persecuzione.

    Ecco i 50 Paesi dove la libertà religiosa cristiana subisce forti
    persecuizioni e limitazioni. Il più vicino geograficamente all’Italia è
    l’Algeria, seguita da Libia e Turchia (Paesi islamici). 9 di questi
    Paesi sono mete turistiche di italiani: Egitto, Maldive, India, Cuba,
    Emirati Arbiti Uniti, Turchia, Marocco, Tunisia e Cina. L’unico Paese
    europeo è la Bielorussia. L’unico nel continente americano è Cuba. 37 su
    50 sono Paesi islamici. Uno è un Paese di tradizione cristiano ortodossa
    (la Bielorussia). La persecuzione di crstiani più grave vicina
    all’Italia avviene in Algeria.

    1) Corea del Nord 2) Arabia Saudita (nel Paese non esistono chiese. E’
    consentito solo il culto islamico) 3) Iran 4) Afghanistan 5) Somalia 6)
    Maldive 7) Yemen 8 ) Laos 9) Eritrea 10) Uzbekistan 11) Buthan 12) Cina
    13) Pakistan 14) Turkmenistan 15) Comore 16) Iraq 17) Qatar 18)
    Mauritania 19) Algeria 20) Cecenia 21) Egitto 22) India 23) Vietnam 24)
    Birmania 25) Libia 26) Nigeria 27) Azerbaijan 28) Oman 29) Brunei 30)
    Sudan del Nord 31) Zanzibar 32) Kuwait 33) Cuba 34) Taijilistan 35)
    Emirati Arabi Uniti 36) Sri Lanka 37) Giordania 38) Gibuti 39) Turchia
    40) Marocco 41) Indonesia 42) Territori Palestinesi 43) Bangladesh 44)
    Bielorussia 45) Etiopia 46) Siria 47) Tunisia 48) Bahrein 49) Kenya
    (Nord-Est) 50) Kazakistan
    I cristiani del Maghreb, dell’Africa subsahariana, del Medio e dell’Estremo Oriente sono perseguitati, muoiono o scompaiono in una lenta emorragia, vittime del crescente anticristianesimo.
    La cristianofobia è multiforme e si nutre di motivazioni tra loro assai diverse: tuttavia, ogni anno fa parecchie centinaia o addirittura migliaia di morti. In alcuni casi essa è frutto dell’adozione di una politica ispirata a idee di «pulizia» etnica e religiosa il cui scopo è cacciare dalla culla del cristianesimo le popolazioni cristiane, ostinatamente fedeli al credo dei loro antenati.
    Il nostro silenzio in proposito ricorda altri silenzi di sinistra memoria, e nel giro di due o tre decenni provocherà forse nuovi imbarazzati appelli al pentimento e dichiarazioni di rimpianto per non aver voluto far affiorare una verità che doveva essere resa nota a tutti.
    Nel corso di anni di ricerche mi è capitato di incontrare, in Occidente, numerosi cristiani, cresciuti in famiglie cristiane, benché non praticanti, i quali non erano minimamente turbati dagli attacchi contro i loro fratelli. Sembrava che quelle persone fossero affette da cecità o amnesia. E quando ho presentato il dossier da me raccolto, quando ho tirato fuori fotografie e ritagli di giornali citando statistiche, bilanci e rapporti, mi sono trovato di fronte al rifiuto, talvolta cortese, di ascoltare quanto avevo da dire. Non ero credibile e, soprattutto, non ero «moderno».
    Agli occhi dei miei interlocutori avevo il grande torto di predicare per la mia parrocchia, i cui valori sono rigettati e condannati senza appello.
    Dapprincipio ho ingenuamente ritenuto che la colpa di questa situazione fosse da addebitare all’ignoranza. Ma essa non basta a spiegare tutto, anzi. Combattere l’antisemitismo e il razzismo, battaglie alle quali mi dedico con forza da decenni, non richiede necessariamente una conoscenza approfondita della letteratura rabbinica o della storia dello schiavismo. Non c’è alcun bisogno di avere un’empatia particolare con colui che soffre a causa della propria origine, vittima di una giustizia negata, per aver voglia di prendere le sue difese denunciando a gran voce il silenzio e l’oblio che circondano la sua condizione. Sono in ballo la dignità e i diritti umani.
    Una delle ragioni del silenzio e dell’oblio che circondano le minoranze cristiane è da ricercare nella loro progressiva emarginazione e nella continua perdita di peso politico e demografico da cui sono afflitte.
    I cristiani d’Oriente sono emigrati o stanno emigrando in massa; sono sempre meno numerosi e in mancanza di meglio sostengono i regimi al potere (ritenendoli preferibili all’avvento di regimi fondamentalisti); in pratica non hanno più alcun ruolo politico nei paesi in cui risiedono.
    In più, devono fare i conti con un circolo vizioso: sono emarginati in quanto cristiani, e, in quanto emarginati, di loro si parla sempre meno.
    Il loro isolamento è aggravato dal fatto che le persecuzioni contro i cristiani non sono generalmente menzionate nelle denunce delle violazioni dei diritti umani, per una ragione molto semplice: perlomeno in Occidente i cristiani faticano ad associare al cristianesimo il concetto di minoranza.
    La difesa dei diritti dell’uomo si è sviluppata a partire dalla lotta per la protezione delle minoranze religiose o etniche un tempo soggette a persecuzioni. Gli ebrei, i neri o i musulmani in Europa e in America rientrano in questo schema. La mobilitazione in loro favore è resa ancora più incisiva dal senso di colpa prodotto dal coinvolgimento delle Chiese cristiane nello sviluppo dell’antisemitismo, nello schiavismo e nel colonialismo (portatore di una visione umiliante per i musulmani).
    In Occidente prendere le difese dei cristiani equivale a schierarsi dalla parte della maggioranza.
    Il sempre più scristianizzato Occidente fa fatica a concepire che i cristiani possano essere perseguitati in quanto cristiani, perché essere tali, secondo uno slogan semplicistico che si sente ripetere spesso, significa stare dalla parte del potere.
    Occorre combattere la gravissima disinformazione che affligge l’opinione pubblica occidentale a proposito della situazione dei cristiani nel mondo e in particolare nelle regioni dove essi sono minoritari, come nel Maghreb, nell’Africa subsahariana, in Medio Oriente e in Estremo Oriente.
    L’esistenza dei cristiani orientali è poco nota. Coloro che non la ignorano ne danno spesso una valutazione troppo riduttiva, che tende a fare delle comunità cristiane d’Oriente una sorta di appendice del cristianesimo occidentale, o la conseguenza dell’espansione coloniale. In altre parole, i cristiani d’Oriente non sono considerati autoctoni, ma un elemento importato.
    Si dimentica che il cristianesimo è nato in Oriente dove si è sviluppato ben prima che l’Europa diventasse quasi completamente cristiana.
    Secondo il punto di vista occidentale, le persecuzioni a cui sono sottoposti i cristiani in quei luoghi lontani colpirebbero il cristianesimo non in quanto tale, ma nella sua qualità di emanazione dell’Occidente. Inoltre, poiché in Occidente il cristianesimo è maggioritario, non può aspirare allo status di minoranza in Oriente.
    Questo ragionamento sortisce l’effetto di negare implicitamente la sofferenza delle minoranze cristiane e di frenare la mobilitazione in loro favore. Al tempo stesso, iniziative a sostegno delle popolazioni cristiane d’Oriente sono scoraggiate, in quanto potenzialmente controproducenti: trasformare i cristiani orientali in «protetti» dell’Occidente potrebbe esporli a rischi ancora più gravi.
    Tuttavia, questa preoccupazione deve forse esonerarci dall’intervenire, dal momento che proprio noi parliamo di «dovere di ingerenza»? E l’indifferenza non apre forse la via all’oscurantismo?
    Le guerre di religione o i fenomeni religiosi ci sembrano appartenere a una lontana preistoria: da ciò deriva la radicale incapacità, da parte dell’Occidente, di affrontare la questione in tutti i suoi aspetti.
    Per esempio, nella nostra società, la difesa dei cristiani di altre parti del mondo è spesso vista come un tentativo di favorire il ritorno del religioso o di imporre i principi cristiani, che non sono più considerati valori fondamentali; ne consegue che coloro che si preoccupano della sorte delle minoranze cristiane sono guardati con gran sospetto: nella migliore delle ipotesi sono etichettati come ultraconservatori.
    Nel silenzio cristiano si deve scorgere altresì l’effetto di una svalutazione implicita e sistematica del cristianesimo, largamente incoraggiata da un laicismo ottuso e aggressivo, che spesso si manifesta nel modo in cui i media trattano le vicende che coinvolgono i cristiani.
    Tra fine novembre e i primi di dicembre del 2008 due avvenimenti legati alle tensioni interreligiose hanno fatto parlare di sé attirando l’interesse dei grandi media internazionali in modo assai diseguale: ci riferiamo al massacro compiuto a Mumbai da un gruppo di mujaheddin, che hanno ucciso 172 persone e ne hanno ferite circa 300, e alle sommosse anticristiane verificatesi in Nigeria, dove alcuni gruppi musulmani locali hanno attaccato i cristiani, uccidendone più di 300, saccheggiando i loro beni e devastando le loro chiese. Nel 2004 si erano scatenate violenze simili, che avevano lasciato sul terreno i cadaveri di oltre 700 cristiani.
    I fatti di Mumbai hanno occupato le prime pagine di quotidiani e telegiornali, mentre l’altro episodio è stato appena menzionato, sebbene l’ammontare delle vittime fosse assai più elevato e le distruzioni nettamente più gravi.
    Questo trattamento differenziato da parte dell’informazione è emblematico della difficoltà di sensibilizzare l’opinione pubblica, persino la più accorta, riguardo alle persecuzioni che colpiscono i cristiani in numerose regioni del mondo.
    Si usano due pesi e due misure; se qualcuno protesta, viene accusato di essere a favore della censura, contro la libertà di informazione e di essere un bigotto e un baciapile.
    Ho avuto occasione di sperimentare personalmente questo disprezzo a Parigi, nell’agosto del 1997, in occasione della Giornata mondiale della gioventù, che aveva riunito giovani giunti da ogni parte del globo.
    Prima della manifestazione la grande stampa internazionale aveva pressoché ignorato l’evento. Se n’erano occupati soltanto alcuni editorialisti, i quali avevano previsto che quel tentativo di «irreggimentare» e «manipolare» la gioventù si sarebbe risolto in un insuccesso. Durante la manifestazione un certo numero di giornalisti si è limitato a sottolineare i gravi disagi al traffico cittadino causati del raduno.
    Nessuno si interrogava sulle motivazioni che animavano i partecipanti, né sul significato profondo di quel ritorno al religioso.
    Di fronte a un giornalista che mi intervistava rivolgendomi domande sarcastiche sull’avvenimento, ho abbozzato una provocazione, domandandogli a mia volta quale fosse la sua reazione di fronte al pellegrinaggio islamico canonico alla Mecca (Hajj). Il mio interlocutore mi ha guardato stupito, come se le mie parole facessero di me un emulo degli antichi inquisitori.
    Ho quindi capito quanto sia difficile perorare la causa dei cristiani che soffrono nel mondo e quanto essere cristiano, agli occhi di molti, rappresenti un’intollerabile mancanza di buon gusto, per non dire un handicap che sarebbe meglio tentare di nascondere.
    Come si può chiedere all’opinione pubblica di mobilitarsi in favore dei cristiani d’Oriente, d’Africa, del Maghreb ecc., se il cristianesimo è la sola religione sottoposta a una sistematica denigrazione che si prefigge di snaturane lo spirito e il messaggio?
    La Francia è forse l’unico paese occidentale in cui è buona norma stigmatizzare coloro che si dichiarano credenti, e di conseguenza anche le Chiese ufficiali alle quali li lega la fede.
    Questo atteggiamento è evidente ogniqualvolta è tirata in ballo la laïcité, principio legislativo che gode di un consenso quasi unanime e di cui nessuna associazione religiosa ufficialmente costituita chiede l’abolizione. Anche i cristiani d’Oriente si richiamano alla laicità. Inchieste e sondaggi hanno dimostrato che i cattolici francesi, praticanti compresi, erano favorevoli alla legge del 1905, la quale è ormai sul punto di diventare quasi un testo sacro, almeno a giudicare dagli strepiti che provengono da certi ambienti dell’integralismo laicista quando si affronta l’argomento. La legge del 1905 è probabilmente il solo documento mai votato a Palazzo Borbone che sia considerato scolpito nella pietra. Chiunque osi suggerire l’idea di una sua revisione si attira l’accusa di minacciare le fondamenta stesse della République.
    Nella loro miopia, i campioni della ragione, del libero esame e della critica rifiutano ostinatamente di applicare queste virtù alla propria causa. Chi commette il sacrilegio di non pensarla come loro è regolarmente denunciato come un novello inquisitore!
    I conflitti politici sono resi ancor più aspri dal fatto che per lungo tempo hanno riguardato la religione: il castello contro il municipio, il curato contro il maestro pubblico ecc. L’adesione alla Repubblica della quasi totalità dei cristiani ha semplicemente cambiato i termini del confronto, spostandolo sul terreno della scuola: di qui le grandi crisi provocate, nel corso del XX secolo, dai progetti di riforma delle leggi che regolano i rapporti tra lo Stato e l’insegnamento confessionale. Mentre le manifestazioni del 1° maggio mostravano segni di logoramento, quelle a favore della scuola laica o confessionale del 1984 hanno richiamato in piazza centinaia di migliaia di persone.
    Sembra quasi che la Repubblica sia costantemente minacciata dalle oscure trame dei bigotti. Provate a parlare di «laicità positiva» e scatenerete immediatamente una bufera difficilmente comprensibile per gli osservatori stranieri, che si stupiscono nel vedere quanto facilmente noi francesi ci crogioliamo in vecchie questioni «fratricide».
    Gli anticlericali di un tempo hanno lasciato il posto ai nuovi professionisti dell’anticristianesimo, intolleranti e irrispettosi delle credenze di coloro che hanno la sfortuna di non pensarla come loro. La società francese continua a essere impregnata del tanfo di un anticlericalismo primario che si ripresenta ogniqualvolta si discute a proposito di laicità.
    Se vi azzardate a far notare la cosa sarete etichettati come «baciapile», e vi sarà quasi certamente sbattuto in faccia l’affare delle vignette danesi sul profeta Maometto.
    Peraltro, le prime vittime di quelle caricature non sono stati gli anticlericali e i laicisti d’Europa ma i cristiani del Pakistan e della Nigeria, che hanno pagato con la vita l’«errore» dell’Occidente, il quale tanto per cambiare non ha mosso un dito.

    da “Cristianofobia. La nuova persecuzione”, di René Guitton – Lindau Editore, Torino, 2010

    DOVE:

    Arabia Saudita: Probito qualsiasi culto che non sia quello islamico. Unico Paese al mondo senza luoghi di culto di altre Religioni

    Corea del Sud: 404.000 cristiani. I cristiani soffrono forti
    persecuzioni. Il solo culto consentito è quello del “Beneamato Leader”
    Kim Jong-il e di suo padre Kim II-Sung. I cristiani sono visti come
    minaccia per cui un numero semre in aumento è stato condannato ai lavoro
    forzati nei campi e ad esecuzioni capitali segrete.

    Cina: 21 milioni di cristiani. Esistono grandi squilibri nella libertà
    religiosa, con maggiore libertà per le chiese registrate e per I
    cristiani delle città, mentre quelli nelle areee rurali e delle chiese
    non registrate (di gradimento al regime) vengono arrestati.

    Algeria: Il governo regola la pratica religiosa cristiana. La metà delle
    52 chiese evangeliche ha dovuto chiudere. 10 cristiani arrestati per
    avere venduto copie della Bibbia. Quasi tutti i cristiani sono ex
    musulmani.

    Egitto: 8,3 milioni di cristiani. Nonostante il cristianesimo sia
    presente sin dal primo secolo, le chiese evangeliche in particolare sono
    sotto pressione dal governo. Vi è discriminazione di cristiani sul posto
    di lavoro e i musulmani spesso usano la shar’ia — legge isalmica — per
    discriminare i cristiani. I convertiti al cristianesimo subiscono
    pressioni per tornare all’Islam. Alcuni sono minaciati di morte.

    Bielorussia: 9 milioni di cristiani (96%). La chiesa ortodossa gode di
    privilegi. Le altre denominazioni cristiane vengono molestate e multate
    dalle autorità. Tutte le Chiese devono registrarsi e questo richide anni
    di burocrazia. Le proprietà ecclesiastiche vengonbo vandalizzate e la
    distribuzione di stampa cristiana è ristretta dalla legge. La Chiesa
    cattolica attende ancora la restituzione dei beni confiscati nel periodo
    sovietico, in modo particolare chiese e luoghi di culto.

    Giorgio Nadali

    www.giorgionadali.it


    Nuovi o vecchi cardinali? La politica degli uomini in rosso

    di Giorgio Nadali

    www.giorgionadali.it

    Mons. Gianfranco Ravasi ce l’ha fatta. Il biblista della gente se lo meritava. Ha fatto amare la Parola di Dio anche a chi non conosce nulla di teologia, di ebraico o greco biblici. Entra nel club esclusivo degli uomini in rosso. Il coetus peculiaris, come lo chiama il Papa. Con lui Mons. Elio Sgreccia, il grande paladino della bioetica che difende davvero la persona umana. 

    Mons. Rino Fisichella dovrà aspettare il prossimo concistoro per essere cardinale. Tanto c’è tempo. Ravasi (68) e Fisichella (59) si contenderanno il Soglio di Pietro nel prossimo Conclave.

    9 nuovi “posti liberi” nel 2011. 13 nel 2012 per riampiazzare gli ultraottantenni. La media di età rimane però alta- 78 anni. 73 tra gli elettori del futuro papa. Si va dai 57 anni del cardinale Marx ai 96 di Tonini.

     24 nuovi cardinali- 10 italiani – tutti di linea “politica” vicini a Benedetto XVI. Il numero dei cardinali sale a 203. Di cui 121 elettori e 82 non elettori perché ultraottantenni. 60 sinora i cardinali creati da Benedetto XVI. 69 le Nazioni rappresentate, su 197. Oggi la “visita di calore” di parenti e amici per i 24 neo porporati.Ventiquattro nuovi cardinali, di cui venti elettori (sotto gli ottant’anni), e tra questi dieci italiani, di cui otto elettori. Tra gli esponenti della Curia, hanno ricevuto la porpora Angelo Amato, Fortunato Baldelli, Raymond Leo Burke (Usa), Velasio De Paolis, Francesco Monterisi, Kurt Koch (Svizzera), Gianfranco Ravasi, Paolo Sardi, Robert Sarah (Guinea)e Mauro Piacenza. Tra gli arcivescovi diocesani, diventano cardinali Antonio Naguib (Egitto); Paolo Romeo (Palermo); Reinhard Marx (Monaco e Frisinga, Germania, Kazimierz Nycz (Varsavia, Polonia), Donald William Wuerl (Washington, Usa), Laurent Monsengwo Pasinya (Kinshasa, Congo), Medardo Joseph Mazombwe (emerito di Lusaka, Zambia), Albert Malcom Ranjith Patanbendige Don (Colombo, Sri Lanka), Raul Eduardo Vela Chiriboga (Quito, Ecuador) e Raymundo Damasceno Assis (Aparecida, Brasile). 4 di loro non entreranno in Conclave perchè hanno più di 80 anni: Elio Sgreccia, Domenico Bartolucci, Walter Brandmuller (Germania) e José Manuel Estepa Llaurens (Spagna).

     Ma… quali sono i “partiti politici” dei principi della Chiesa?  

    Corrente della “Riforma della Chiesa” “Sinistra” Corrente della “Luce del Mondo”“Centrosinistra” Corrente dei “Guardiani della Fede” “Destra”
    C’è bisogno di una morale paolina (basata sui valori), non di una morale rabbinica (basata sulla legge). Questo il pensiero di uno dei maggiori rappresentanti di questa corrente. Il Cardinale Carlo Maria Martini. I prìncipi della Chiesa “riformatori” ritengono che il dialogo sui temi scottanti sia essenziale. Nessuno di loro è d’accordo con l’ordinazione delle donne o con l’accettazione dell’omosessualità, ma lo stile di approccio ai temi è diversa. Recentemente il Cardinale Martini si è espresso a favore di un’apertura maggiore della Chiesa ai divorziati.Questa corrente è favorevole ad una maggiore collegialità dei vescovi e a una minore centralizzazione sulla Santa Sede.Vogliono che la Curia Romana funzioni come serva delle chiese locali, non come padrona. Si esprimono a favore di una maggiore libertà delle chiese locali nell’adattare gli insegnamenti le pratiche alle loro particolari circostanze. Il Concilio Vaticano II è stato per loro una stagione di riforme prematuramente interrotte dal pontificato di Giovanni Paolo II. Il rappresentante principale di questa corrente riformatrice è stato il Card. Franz Koenig, scomparso nel 2004. Altri sono Lehmann, Kasper, Danneels, Tettamanzi, Mahony, Cassidy e il già nominato Martini. Le loro strategie riformatrici della Chiesa sono diverse, ma hanno in comune il desiderio per una Chiesa più aperta, che condanni di meno e che sperimenti maggiormente il dialogo. I membri di questa corrente ritengono che il Popolo di Dio non debba perdere tempo in dibattiti teologici. Desiderano gettare ponti con le culture differenti da quella cattolica. Desiderano preservare la tradizione cattolica, ma sotto forma di influsso politico sui governi affinché questi adottino scelte in linea con la morale cattolica. Ad esempio – in Italia -col referendum contro la legge 40 in bioetica. L’ordine sociale deve riflettere gli insegnamenti cattolici. Interesse sulla questione sociale e su come il sistema sociale promuova la giustizia. Ad esempio attraverso la cancellazione del debito ai Paesi del Terzo Mondo. Fanno parte di questa corrente i cardinali McCarrick, Maradiaga, Arns, Ruini, Daarmatmadja, Napier. Sono molto preoccupati dell’impatto del relativismo e del secolarismo sulla Chiesa. Il relativismo è la negazione di verità assolute, specialmente in campo morale. Il secolarismo è invece la marginalizzazione o esclusione dei valori della fede religiosa nella vita quotidiana. Il relativismo pone diversi problemi perché mette in discussione l’autorità della Chiesa sulle questioni morali, che diventano un fatto soggettivo. Col relativismo non c’è più bisogno di un’autorità centrale della Chiesa che indichi una retta via. Ma manca anche la percezione di un bene e di un male assoluti per l’uomo. Il relativismo dovrebbe quindi anche negare i diritti umani universali proprio in quanto universali, cioè non relativi. Inoltre se tutte le religioni, tutte le verità si equivalgono non c’è più bisogno di conversione al Cattolicesimo. La secolarizzazione invece tende a separare a Chiesa dallo Stato e riduce o elimina l’influsso della Chiesa sulla politica di una nazione. È l’esempio di quelle nazioni che hanno approvato l’aborto, l’eutanasia, la contraccezione, ecc.Questi cardinali si preoccupano della perdita di identità cristiana dei fedeli, dell’obbedienza all’autorità della Chiesa e dell’assimilazione della cultura cristiana a culture estranee ai suoi valori. Due sono i rimedi: Ribadire i principi dottrinali e morali anche a costo di entrare in contrapposizione dura con il mondo non cattolico. La fedeltà e l’identità cattolica sono più importanti del dialogo. Il cardinale Biffi, ad esempio, ha suggerito di adottare leggi per ridurre l’immigrazione islamica al fine di preservare la cultura cattolica. Il leader del “”partito conservatore” all’interno il Collegio cardinalizio è stato sino alla sua elezione a Papa, Joseph Ratzinger. Benedetto XVI fu prefetto della Congregazione della Fede fino al 1981 e nel 2001 scrisse la Dominus Iesu ribadendo i principi del cattolicesimo e la relazione tra il Cattolicesimo e le altre Religioni, rassicurando della superiorità del Cattolicesimo. Un forte accento è messo anche sulla liturgia, perché questa dà identità ed è uguale in tutto il mondo e ha il potere di rinforzare e di alimentare la fede. Ad esempio, nel maggio 2001 il cardinale Medina ha promulgato nuove regole per i testi liturgici, il più possibile fedeli all’originale latino.Un altro accento è posto sulla forte distinzione tra clero e laicato. Vi è un’enfasi su una Chiesa aggressiva, che erge barriere contro gli “attacchi” delle culture estranee ad essa. Clericalismo quindi come barriera alle invasioni e agli attacchi contro la cultura (e all’autorità) cattolica. I membri di questa corrente di “destra” sono – tra gli altri – i cardinali Biffi, Medina, Schotte, Schoumn, Law, George, Degenhard, Dias, Cornell, Ambrozic, Tomko, Jaworski, Schonborn.[1]

     


    [1]              Giorgio Nadali, La croce e l’anello. Misteri e segreti delle carriere ecclesiastiche, Udine, Segno, 2010.

    Giorgio Nadali, I monaci sugli alberi e centinaia di altre cose curiose su Dio, la Bibbia, il Vaticano, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 2010  

     Giorgio Nadali

    www.giorgionadali.it


    La scuola del fare

    di Giorgio Nadali

    Il mondo cambia troppo velocemente per strgli dietro. Dobbiamo stargli davanti. Valentina Aprea cita il Premier durante l’incontro con Mariastella Gelmini alla festa nazionale del PdL al Castello Sforzesco di Milano. Questo è lo spirito della riforma. Bisogna trarre dalla scuola ciò che serve alla vita, senza dare un pezzo di carta – il diploma – che non rende più autonomi i ragazzi. Così il Ministro – che prosegue. E’ la scuola non del centro destra, ma della gente che lavora. Se la suola perde la vitalità di cambiare la condizione sociale, non va. Se vogliamo una scuola per lo sviluppo, dobbiamo puntare sulla qualità. E’ la qualità della didattica che fa la differenza. Non si può trattare allo stesso modo buoni e cattivi insegnanti! E parte l’applauso. Non è possibile che nella scuola avanzi solo per scatti di anzianità. Altro applauso. Lo stipendio per gli insegnanti che scaldano la sedia e per i buoni insegnanti non può essere lo stesso. Il Paese si è dimenticato degli insegnanti in questi anni, considerandola una professione tra le tante. Non si può chiedere più dirigenti scolastici  senza che questi abbiano effettivo potere. La scuola avrà 1 miliardo di euro all’anno. 10.000 i nuovi insegnanti e 6000 posti in più per il personale ATA. Un concorso per 2800 nuovi dirigenti scolastici. Questo è il governo della riforma, non dei tagli. E’ aumentato il numero degli insegnanti di sostegno. Classi sovraffollate? Sono più le classi con 12 alunni che quelle con 32. Abbiamo il terzo debito pubblico mondiale. Non possiamo permeterci di sprecare. Non ci si deve scandalizzare se per una volta non si buttano via i soldi. Tenere in ordine i contri pubblici è il più bel regalo che facciamo alle nuove generazioni. Dicendo di assumere tutti i precari non si fa qualità, ma consenso politico. La vendita di illusioni la lasciamo alla sinistra che dopo vent’anni scopre il problema del precariato. La sinistra ha prodotto posti di attesa nelel graduatorie, non posti di lavoro. Un sistema basato sul sindacato e sulla autoreferenzialità piò aiutare le giovani generazioni? I giovani sono le vittime designate di una politica che ha messo in ginocchio il Paese. L’integrazione non si fa facendo credere che venire nel nostro Paese voglia dire avere solo diritti e non avere doveri. Chi viene nel nostro paese deve essere disponibile ad accettae le regole che una società si dà per la propria sopravvivenza. A scuola e l’università è l’ambito in cui si vede meglio il fallimento della sinistra.  Così conclude tra gli appalusi la brillante avvocato trentasettenne bresciana, autrice della riforma per una scuola di qualità ed efficianza. Avvocato, non avvocata. Per il vocabolario Treccani Avvocata è solo la Madonna. Ma per una scuola seria i miracoli non servono. Ci basta un ministro con le…qualità giuste. Lo abbiamo. Era ora.

    Giorgio Nadali

    www.giorgionadali.it


    Fini come il Papa. Impossibile chiederne le dimissioni?

    di Giorgio Nadali  www.giorgionadali.it

    Il Papa può dimettersi. Il Codice di Diritto Canonico (322) prevede che “Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti”. Ma sia per il Papa, che per la seconda e terza carica dello Stato italiano non è possibile chiederne le dimissioni. I Presidenti di Camera  e Senato sono al di là del bene e del male. Per il Presidente della Repubblica è possibile la messa in stato di accusa – o impeachment- anche se in realtà questa procedura appartiene più alla politica degli Stati Uniti. La Costituzione all’Articolo 90 però lo prevede. “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune”. Il tentativo è stato fatto il 6 dicembre 1991 con il Presidente Cossiga. Accuse smentite poi dal comitato parlamentare il 12 maggio 1993.  Per il Presidente della Camera e del Senato questo non è previsto. Lo stesso vale per un Pontefice. E proprio così?

    Papa

    Per quanto riguarda il Papa non è possibile chiederne le dimissioni. Il dogma dell’infallibilità papale definito nella costituzione dogmatica Pastor Aeternus del 18 luglio 1870 prevede che il Papa non possa per virtù dello Spirito Santo pronunciare affermazioni contrarie alla dottrina cristiana.  il Papa non può sbagliare quando parla ex cathedra, ossia come dottore universale della Chiesa. Il dogma dunque vale solo quando egli proclama un nuovo dogma o afferma una dottrina in modo definitivo come rivelata. Una sola volta un Pontefice ha fatto uso dell’infallibilità ex cathedra per definire un dogma. Nel 1950 Papa Pio XII ha definito il dogma dell’Assunzione della Vergine Maria. Vi sono stati nella storia della Chiesa dei Papi deposti, ma in tempi molto antichi. San Silvestro (536 – 538), San Martino I (649 – 655), Romano (897 – 898), Leone V (903), Giovanni XII (956 – 964) accusato di omicidio, spergiuro, sacrilegio, incesto con parenti e due sorelle, Benedetto V (964 -965) esiliato dall’antipapa Leone VIII, Benedetto IX (1033 – 1044) cacciato dal popolo di Roma, vi ritornò te mesi dopo con l’aiuto dell’imperatore Corrado II. Attualmente non è prevista la possibilità dell”impeachment” di un Papa.

    Presidenti di Camera e Senato

    La Costituzione della Repubblica italiana non prevede la richiesta di dimissioni di queste cariche. Si possono sfiduciare singoli ministri, ma non i Presidenti di Camera e Senato. Per cui il Capo dello Stato non potrebbe mai accogliere una richiesta di questo tipo e deporre una di queste cariche. Nemmeno quando teoricamente (tutto da dimostrare)  perdessero la loro imparzialità. Sfiducia che comunque andrebbe votata a maggioranza dalla Camera dei Deputati. Un problema che riguarderà le riforme costituzionali. Per ora sta solo alla coscienza di chi è in carica dimettersi. Sinora non è mai accaduto che un Presidente del Consiglio chiedesse le dimissioni della terza carica dello Stato, ma nemmeno che quest’ultima pur presiedendo La Camera dei Deputati crei e guidi una forza politica in contrasto con chi lo ha fatto eleggere. In effetti la cosa brucerebbe a chiunque…

    Giorgio Nadali  www.giorgionadali.it


    Proibiti i campanili in Arabia Saudita. World Watch 2009: Persecuzione del Cristianesimo in 50 Paesi del Mondo. 37 di questi sono islamici

    di Giorgio Nadali

    Proibito il culto cristiano in Arabia Saudita. La culla dei minareti sui quali si sta interrogando l’Europa, dopo il referendum svizzero e quello italiano della Lega.  Open Doors redige ogni anno  una lista di Paesi dove il Cristianesimo è perseguitato e quali persecuzioni particolari subisce per ogni Paese. Viene distribuito un questionario nelle chiese o comunità e i fedeli rispondono in base alla difficoltà nel manifestare liberamente la loro fede in quel Paese. http://www.opendoorsusa.org/content/view/962/21 Il sito presenta (in inglese) anche la storia di martiri contemporanei perseguitati a causa della fede in Cristo: http://www.opendoorsusa.org/content/view/958/21
    100 milioni di persone sono perseguitate nel mondo a causa della fede cristiana. Ecco i 50 Paesi dove la libertà religiosa cristiana subisce forti persecuzioni e limitazioni. Il più vicino geograficamente all’Italia è l’Algeria, seguita da Libia e Turchia (Paesi islamici). 9 di questi Paesi sono mete turistiche di italiani: Egitto, Maldive, India, Cuba, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Marocco, Tunisia e Cina. L’unico Paese europeo è la Bielorussia. L’unico nel continente americano è Cuba. 37 su 50 sono Paesi islamici. Uno è un Paese di tradizione cristiano ortodossa (la Bielorussia). La persecuzione di cristiani più grave vicina
    all’Italia avviene in Algeria. 1) Corea del Nord 2) Arabia Saudita (nel Paese non esistono chiese. E’ consentito solo il culto islamico) 3) Iran 4) Afghanistan 5) Somalia 6) Maldive 7) Yemen  8. ) Laos 9) Eritrea 10) Uzbekistan 11) Buthan 12) Cina
    13) Pakistan 14) Turkmenistan 15) Comore 16) Iraq 17) Qatar 18) Mauritania 19) Algeria 20) Cecenia 21) Egitto 22) India 23) Vietnam 24) Birmania 25) Libia 26) Nigeria 27) Azerbaijan 28) Oman 29) Brunei 30) Sudan del Nord 31) Zanzibar 32) Kuwait 33) Cuba 34) Taijikistan 35) Emirati Arabi Uniti 36) Sri Lanka 37) Giordania 38) Gibuti 39) Turchia 40) Marocco 41) Indonesia 42) Territori Palestinesi 43) Bangladesh 44) Bielorussia 45) Etiopia 46) Siria 47) Tunisia 48) Bahrein 49) Kenya
    (Nord-Est) 50) Kazakistan La persecuizione più grave è in Corea del Nord. I Paesi dove vi è anche oppressione sono: Arabia Saudita, Yemen, Somalia, Maldive, Afghanistan, Iran.

    In particolare, alcune persecuzioni lontane e vicino all’Italia.

    Arabia Saudita: 543.000 cristiani. Il culto pubblico non islamico è
    proibito, col rischio di arresto, reclusione, fustigazione,
    deportazione, e talvolta tortura. La maggioranza dei cristiani ha
    espatriato: è generalmente consentito il culto private, ma alcuni sono
    stati arrestati, minacciati di morte e obbligati a nascondersi.
    Recentemente, vi è stato un aumento nel numero di arresti. La
    maggioranza dei cristiani sauditi devono tenere segreta la loro fede per
    non rischiare l’omicidio per onore — cioè qualsiasi musulmano potrebbe
    ucciderli senza incorrere in sanzioni legali. Almeno uno di questi è
    avvenuto con certezza nel 2008.

    Corea del Sud: 404.000 cristiani. I cristiani soffrono forti
    persecuzioni. Il solo culto consentito è quello del “Beneamato Leader”
    Kim Jong-il e di suo padre Kim II-Sung. I cristiani sono visti come
    minaccia per cui un numero sempre in aumento è stato condannato ai lavoro
    forzati nei campi e ad esecuzioni capitali segrete.

    Cina: 21 milioni di cristiani. Esistono grandi squilibri nella libertà
    religiosa, con maggiore libertà per le chiese registrate e per I
    cristiani delle città, mentre quelli nelle aree rurali e delle chiese
    non registrate (di gradimento al regime) vengono arrestati.

    Algeria: Il governo regola la pratica religiosa cristiana. La metà delle
    52 chiese evangeliche ha dovuto chiudere. 10 cristiani arrestati per
    avere venduto copie della Bibbia. Quasi tutti i cristiani sono ex
    musulmani.

    Egitto: 8,3 milioni di cristiani. Nonostante il cristianesimo sia
    presente sin dal primo secolo, le chiese evangeliche in particolare sono
    sotto pressione dal governo. Vi è discriminazione di cristiani sul posto
    di lavoro e i musulmani spesso usano la shar’ia — legge islamica — per
    discriminare i cristiani. I convertiti al cristianesimo subiscono
    pressioni per tornare all’Islam. Alcuni sono minacciati di morte.

    Bielorussia: 9 milioni di cristiani (96%). La chiesa ortodossa gode di
    privilegi. Le altre denominazioni cristiane vengono molestate e multate
    dalle autorità. Tutte le Chiese devono registrarsi e questo richiede anni
    di burocrazia. Le proprietà ecclesiastiche vengono vandalizzate e la
    distribuzione di stampa cristiana è ristretta dalla legge. La Chiesa
    cattolica attende ancora la restituzione dei beni confiscati nel periodo
    sovietico, in modo particolare chiese e luoghi di culto.

    www.giorgionadali.it

    Pubblicato su Affari Italiani del 04.01.2010  http://www.affaritaliani.it/politica/proibiti_campanili_arabia_saudita_persecuzioni040210.html


    La croce cristiana sulla bandiera italiana

    di Giorgio Nadali

    La croce è molto di più di un simbolo religioso. E’ il simbolo della cultura occidentale. Il cristianesimo ha fondato la storia di tutti gli stati dell’Occidente. Un simbolo di unità, non di divisione. In Italia è presente in tutti i luoghi statali. Tribunali, carceri, ospedali, stazioni di pubblica sicurezza. Anche a scuola il crocefisso ricorda la cultura nazionale. Cultura, religione, società e storia non possono essere separati in nessun Paese del mondo. Già un sociologo ateo se n’era accorto. Emile Durkheim diceva: ““Non esiste una società conosciuta, senza religione. La religione ha dato tutto ciò che è essenziale allo sviluppo della società”. Ma anche Frèderic Le Play: “I popoli vivono delle loro credenze e muoiono delle loro incredulità”. Multe di 150 euro decise da un sindaco leghista per i presidi che non affiggono il crocifisso nelle aule. I dirigenti scolastici avranno 7 giorni di tempo per “rimediare”. L’ordinanza è stata firmata in Lombardia dal primo cittadino di Besana Brianza, Vittorio Gatti.

    Questi sono i 25 Stati hanno il simbolo cristiano della croce sulla loro bandiera nazionale.

    Australia, Città del Vaticano, Danimarca, Dominica, Figi, Finlandia, Georgia, Grecia, Isola Anguilla, Isola Bouvet, Isole Cocos, Isole Cook, Isola Falkland, Isole Faroe, Islanda, Malta, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Repubblica Dominicana, Slovacchia, Svezia, Svizzera, Tonga, Tuvalu. Inoltre Andorra ha sulla sua bandiera uno stemma con la tiara del vescovo e il bastone pastorale.

    Per cui la proposta della Lega di apporre la croce, il simbolo della nostra cultura nazionale sulla bandiera nazionale italiana è perfettamente in linea con la scelta operata già da parecchi anni di 25 stati cristiani che hanno scelto di mostrarla come parte intergrante del loro vessillo.  

    La croce è dappertutto. Solo l’ignoranza no lo sa. Un esempio? La croce di San Giorgio (rossa su fondo bianco) è una delle due croci presenti sulla bandiera nazionale del Regno Unito – insieme a quella di Sant’Andrea – ed è parte anche del vessillo di Grecia, Georgia, Nuovo Galles del Sud e di due regioni italiane – Liguria e Sardegna. La croce è presente sullo stemma di 25 grandi città mondiali, di cui 17 italiane tra cui Milano, Mantova, Padova, Genova, Reggio Emilia. La croce di San Giorgio è anche sullo stemma di 9 società calcistiche italiane tra cui Milan, Genoa, Parma, Bologna, Novara e Sampdoria. L’immagine di San Giorgio a cavallo che uccide il  drago è presente su un totale di 135 stemmi di città e stati.  Inoltre è presente sullo stemma delle Forze armate russe, del Procuratore generale della Russia e dell’Arma di Cavalleria dell’Esercito Italiano. La croce greca è presente su tutte le autoambulanze dei Paesi occidentali…

    Il rischio Eurabia è reale.  Eurabia è una teoria geopolitica che si riferisce ad un ipotetico scenario futuro in cui l’Europa, a causa della continua massiccia immigrazione islamica e dello scarso tasso di natalità delle popolazioni europee autoctone rispetto a quello degli immigrati arabo-islamici, finirebbe con lo snaturare nel giro di qualche decennio la propria identità, mettendo allo stesso tempo a rischio le proprie libertà civili (in particolare quella d’espressione) oltreché la laicità dei vari Stati. Viene infatti prospettato il rischio che i musulmani, una volta divenuti “massa critica”, possano pretendere l’inserimento nei vari ordinamenti giuridici nazionali di norme provenienti dalla Shar’ia – la legge islamica. L’identità nazionale si difende anche con i simboli della cultura cristiana. Quella che ha fondato l’Occidente. La stessa dei Padri della Patria che hanno voluto la nostra Costituzione e la nostra bandiera. 

    E nella storia della bandira nazionale la croce c’è già stata. Bandiera Sensiglia del [15º Reggimento di Linea Messapia] del Regno delle Due Sicile, il Tricolore reca al centro la Croce del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio (dal 25 giugno 1860 al novembre 1860). I colori della bandiera italiana derivano da quelli in uso a Milano al momento dell’invasione napoleonica. La bandiera bianca con croce rossa, vessillo della città, ha origine ancor prima delle Crociate e rappresenta l’autonomia comunale. Sull’onda della centralità economica e del prestigio politico di Milano, fu rapidamente adottata da numerose altre città del Nord, tra cui Genova la quale, potenza marinara, la diffuse anche in Europa, e in particolare in Inghilterra.

    La Svizzera ha giustamente  detto no ai minareti anche per difendere la croce che dal 1918 è sulla sua bandiera, l’unica quadrata assieme a quella del Vaticano. Non si tratta di negare luoghi di culto agli immigrati. Si tratta di difendere e rivendicare un’identità, senza la quale non può esserci nemmeno accoglienza.

    Giorgio Nadali

    www.giorgionadali.it

    Pubblicato su “Affari Italiani” del 01.12.2009  http://www.affaritaliani.it/cronache/la_croce_cristiana_sulla_bandiera_italiana11209.html

    Pubblicato su “L’Opinionista” del 10.12.2009  http://www.lopinionista.it/notizia.php?id=346


    La difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale

    di Giorgio Nadali

    Gandhi diceva: “L’uomo si distrugge con la scienza senza umanita’”. E’ il cuore della bioetica. Quella riflessione etica sulle scoperte scientifiche e sulle relative applicazioni tecnologiche, che ci salva dall’autodistruzione. E’ lo studio sistematico della condotta umana nell’area delle scienze della vita e della cura della salute, quando tale condotta viene esaminata alla luce dei valori e dei princìpi morali. Già, ma quali princìpi? 

     Ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità di

    persona. Questo principio fondamentale, che esprime un grande « sì » alla vita umana, deve essere

    posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica, che riveste un’importanza sempre

    maggiore nel mondo di oggi. Il Magistero della Chiesa è già intervenuto più volte, al fine di chiarire e risolvere i relativi problemi morali.

    • La scienza è buona solo se difende, protegge, sviluppa, aiuta la vita umana, dal concepimento alla morte naturale.
    • L’uomo è persona dal concepimento alla morte naturale. La vita umana è un valore assoluto. Non dipende da opinioni, non dipende dal fatto che sia stata voluta o no. Qualsiasi vita umana vale sempre e comunque. Contro questo principio ci sono solo ingiustizie e barbarie.
    • L’uomo è sempre soggetto e mai oggetto. La vita umana non può mai essere usata. Non esistono vite meno importanti di altre. Agisci sempre in modo da trattare l’umanità sempre come fine e mai come mezzo (Kant). La persona umana è sempre un fine e mai un mezzo. Ad esempio no è lecito usare e distruggere embrioni di essere umano. Il desiderio di donare la vita deve essere sempre un dono e mai un capriccio in cui il più debole – il bambino chiamato alla vita – paga le conseguenze più alte.
    • L’uomo deve sempre preservare la sua vita e quella degli altri.
    • Il vero progresso scientifico deve difendere la vita e migliorarla. Non esiste vero progresso contro la dignità della persona umana.
    • L’uomo è persona anche quando non può comunicare o non può mostrare la sua intelligenza (perché è in coma o è malato di mente o è ancora un embrione o perché è semplicemente un deficiente). Va comunque sempre rispettato. L’intelligenza è una condizione necessaria ma non sufficiente per essere persona (gli animali sono intelligenti, ma non sono persone). La vita è un diritto. Allora esiste sempre il dovere corrispondente di rispettarla e difenderla. 

    Quanti sanno che un cuore già batte a 18 giorni dal concepimento e che il bambino è completo a 12 settimane (3 mesi) e impiega gli altri 6 mesi solo per ingrandirsi?

    Quanti sanno cos’è un aborto? Video: http://www.abort73.com/HTML/I-A-4-video.html

    La Chiesa cattolica, nel proporre principi e valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, attinge alla luce sia della ragione sia della fede, contribuendo ad elaborare una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita. Negli ultimi decenni le scienze mediche hanno sviluppato in modo considerevole le loro conoscenze sulla vita umana negli stadi iniziali della sua esistenza. Esse sono giunte a conoscere meglio le strutture biologiche dell’uomo e il processo della sua generazione. Questi sviluppi sono certamente positivi e meritano di essere sostenuti, quando servono a superare o a correggere patologie e concorrono a ristabilire il normale svolgimento dei processi generativi. Essi sono invece negativi, e pertanto non si possono condividere, quando implicano la soppressione di esseri umani o usano mezzi che ledono la dignità della persona oppure sono adottati per finalità contrarie al bene integrale dell’uomo.

    È convinzione della Chiesa che ciò che è umano non solamente è accolto e rispettato dalla fede, ma da essa è anche purificato, innalzato e perfezionato. Dio, dopo aver creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cf. Gn 1, 26), ha qualificato la sua creatura come « molto buona » (Gn 1, 31) per poi assumerla nel Figlio (cf. Gv 1, 14). Il Figlio di Dio nel mistero dell’Incarnazione ha confermato la dignità del corpo e dell’anima costitutivi dell’essere umano. Il Cristo non ha disdegnato la corporeità umana, ma ne ha svelato pienamente il significato e il valore: « In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo ».

    Alla luce di questi dati di fede, risulta ancor più accentuato e rafforzato il rispetto nei riguardi dell’individuo umano che è richiesto dalla ragione: per questo non c’è contrapposizione tra l’affermazione della dignità e quella della sacralità della vita umana. « I diversi modi secondo cui nella storia Dio ha cura del mondo e dell’uomo, non solo non si escludono tra loro, ma al contrario si sostengono e si compenetrano a vicenda. Tutti scaturiscono e concludono all’eterno disegno sapiente e amoroso con il quale Dio predestina gli uomini “ad essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8, 29) ». Questo valore si applica a tutti indistintamente. Per il solo fatto d’esistere, ogni essere umano deve essere pienamente rispettato. Si deve escludere l’introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute. Nell’uomo, creato ad immagine di Dio, si riflette, in ogni fase della sua esistenza, « il volto del suo Figlio Unigenito… Questo amore sconfinato e quasi incomprensibile di Dio per l’uomo rivela fino a che punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione — intelligenza, bellezza, salute, giovinezza, integrità e così via. In definitiva, la vita umana è sempre un bene, poiché “essa è nel mondo manifestazione di Dio, segno della sua presenza, orma della sua gloria” (Evangelium vitae, 34) ».

    La Chiesa, giudicando della valenza etica di certi risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti l’uomo e le sue origini, non interviene nell’ambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato. Ricorda loro che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita. L’intervento del Magistero rientra nella sua missione di promuovere la formazione delle coscienze, insegnando autenticamente la verità che è Cristo, e nello stesso tempo dichiarando e confermando autoritativamente i principi dell’ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana.

    Esistono visioni lontane dall’insegnamento dalla Chiesa. Vediamole brevemente:

    Lo scientismo tecnologico

    E’ quella visione che dà una fiducia esagerata alla scienza, senza alcuna riflessione etica.  Confonde il progresso con la scienza. Innanzi tutto il progresso non è solo un fatto legato alla scienza e alla tecnica. Qualsiasi miglioramento della condizione della vita umana, grazie all’arte, alla musica, alla politica, alla sociologia, alla filosofia, agli sforzi per la pace e la giustizia grazie alla religione, alla diplomazia, ecc. costituiscono
    un progresso per l’umanità. In campo scientifico e tecnico è progresso (da “pro”-“gradum” = “andare avanti”) solo ciò che difende e migliora la vita dell’uomo e la rispetta nella sua dignità.
    Non può essere considerato progresso ciò che danneggia la vita umana. Un cattivo utilizzo della scienza, contro la vita, non è un progresso, e diventa di fatto una violenza tecnologica (abuso delle forze per un fine sbagliato). Lo scientismo tecnologico si illude che ogni problema umano possa essere risolto in chiave tecnologica (dalle cose e non dai valori), dimenticando che l’uomo ha bisogno di significato profondi. nel suo agire (risposte di senso, che la scienza non può dare). In filosofia, lo scientismo è una concezione epistemologica secondo la quale la conoscenza scientifica deve essere il fondamento di tutta la conoscenza in qualunque dominio, anche in etica e in politica. Il termine scientismo è usato spesso in senso dispregiativo, per criticare un dogmatico eccesso di fiducia nel metodo scientifico o negli scienziati. Si vuole criticare così la mancanza di consapevolezza del fatto, supportato dallo studio delle grandi rivoluzioni scientifiche, che l’intero approccio epistemologico della scienza, i suoi metodi, i contenuti e lo stesso paradigma dominante in una data epoca storica sono soggetti a continue variazioni, e non possono essere fissati una volta per tutte. In sintesi, i termini del problema bioetico consistono nell’unire il “si può fare?” di tipo tecnico, (nel senso: “abbiamo le conoscenze scientifiche e tecniche per realizzare qualcosa?”) con il “si può fare?” di tipo etico, cioè:  ”E’ giusto farlo?” Tra il potere e il dovere sta il ponte dell’etica. Ma quali valori danno le risposte? 

    La visione “Radicale Nichilista”

    Ha come metro di giudizio solo la libertà individuale. Tutto ciò che si può fare è anche giusto farlo. Aborto libero, eutanasia libera, fecondazione assistita libera e senza limiti etici, e così via. 

    La visione “Sociologico Utilitarista”

    Ha come metro di giudizio l’opinione dominante della massa e la propria utilità. Se un bambino concepito non è ritenuto un essere vivente, una persona, dalla maggioranza, allora non lo è. Se mi è utile abortire, allora lo faccio. 

    La visione “Scientista”

    Ha come metro di giudizio la scienza. Tutto ciò che la scienza scopre e che la tecnica applica è giusto e automaticamente è un progresso. Nessuna riflessione etica sui suoi utilizzi. Considera il progresso solo sotto un punto di vista scientifico, mentre il progresso per essere tale deve sempre rispettare la dignità di ogni vita umana senza distinzioni – inoltre il progresso non riguarda solo scienza, ma la politica, l’arte, la promozione dei diritti umani, ecc.  

    La visione cristiana si chiama “Personalista” 

    Ha come metro di giudizio la vita e la dignità dell’uomo (valore della persona umana in quanto tale che non dipende da origini, pensieri , comportamenti, ecc. ma dalla legge naturale. Un essere umana ha la dignità umana per il solo fatto di essere una persona umana. Ogni vita umana vale sempre e comunque). E’ lecito solo e tutto ciò che difende, guarisce, protegge, sviluppa, promuove e rispetta la vita umana dal concepimento alla morte naturale. Questa visione è quella ufficiale cattolica, ma è trasversale a credi politici e religiosi. La vita non può esssre ridotta a ideologie e credi. 

    E’ un valore universale. Infatti il giuramento che ogni medico in ogni università statale, compie nel giorno della laurea, si basa su questo principio:  ”Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo,  GIURO:  di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacità professionali ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione; di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato”.

    Senza la difesa della vita. Di ogni vita, l’uomo ha solo la possibilità di distruggersi in sette modi “L’uomo si distrugge con la politica senza principi.  L’uomo si distrugge con la ricchezza senza lavoro. L’uomo si distrugge con l’intelligenza senza carattere. L’uomo si distrugge con gli affari senza morale. L’uomo si distrugge con la scienza senza umanità.
    L’uomo si distrugge con la religiosità esteriore senza fede. L’uomo si distrugge con la carità senza il sacrificio di sé”. (Gandhi) Strano che chi usa la sua immagine per le sue lotte politiche, ritenga che la scienza non debba avere limiti morali e che un bambino possa essere ucciso con l’aborto. La tradizione della Chiesa ha sempre ritenuto che la vita umana deve essere protetta e favorita fin dal suo inizio, come nelle diverse tappe del suo sviluppo. Opponendosi ai costumi del mondo greco-romano, la Chiesa dei primi secoli ha insistito sulla distanza che, su questo punto, separa da essi i costumi cristiani.

    Nella Didachè è detto chiaramente: «Tu non ucciderai con l’aborto il frutto del grembo e non farai perire il bimbo già nato».  Atenagora sottolinea che i cristiani considerano come omicide le donne che usano medicine per abortire; egli condanna chi assassina i bimbi, anche quelli che vivono ancora nel grembo della loro madre, dove si ritiene che essi «sono già l’oggetto delle cure della Provvidenza divina». Tertulliano non ha forse tenuto sempre il medesimo linguaggio; tuttavia egli afferma chiaramente questo principio essenziale: «È un omicidio anticipato impedire di nascere; poco importa che si sopprima l’anima già nata o che la si faccia scomparire sul nascere. È già un uomo colui che lo sarà». Ma . il rispetto della vita umana non si impone solo ai cristiani: è sufficiente la ragione a esigerlo basandosi sull’analisi di ciò che è e deve essere una persona. Dotato di natura ragionevole, l’uomo è un soggetto personale, capace di riflettere su se stesso, di decidere dei propri atti, e quindi del proprio destino; egli è libero. È, di conseguenza, padrone di sé, o piuttosto, poiché egli si realizza nel tempo, ha i mezzi per diventarlo: questo è il suo compito. Creata immediatamente da Dio, la sua anima è spirituale, e quindi immortale. Egli è inoltre aperto a Dio e non troverà il suo compimento che in lui. Ma egli vive nella comunità dei suoi simili, si nutre della comunicazione interpersonale con essi, nell’indispensabile ambiente sociale. Di fronte alla società e agli altri uomini, ogni persona umana possiede se stessa, possiede la propria vita, i suoi diversi beni, per diritto; la qual cosa esige da tutti, nei suoi riguardi, una stretta giustizia.

    La storia dell’umanità è testimone di come l’uomo abbia abusato, e abusi ancora, del potere e delle capacità che gli sono state affidate da Dio, dando luogo a diverse forme di ingiusta discriminazione e di oppressione nei confronti dei più deboli e dei più indifesi. I quotidiani attentati contro la vita umana; l’esistenza di grandi aree di povertà nelle quali gli uomini muoiono di fame e di malattia, esclusi dalle risorse conoscitive e pratiche di cui invece dispongono in sovrabbondanza molti Paesi; uno sviluppo tecnologico ed industriale che sta creando il concreto rischio di un crollo dell’ecosistema; l’uso delle ricerche scientifiche nell’ambito della fisica, della chimica e della biologia per scopi bellici; le numerose guerre che ancor oggi dividono popoli e culture, sono, purtroppo, soltanto alcuni segni eloquenti di come l’uomo possa fare un cattivo uso delle sue capacità e diventare il peggior nemico di se stesso, perdendo la consapevolezza della sua alta e specifica vocazione di essere collaboratore dell’opera creatrice di Dio.

    Dietro ogni « no » della Chiesa a pratiche bio-mediche immorali splende, nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande « sì » al riconoscimento della dignità e del valore inalienabili di ogni singolo ed irripetibile essere umano chiamato all’esistenza.

    Giorgio Nadali

    www.giorgionadali.it

    Pubblicato su L’Opinionista del 28.12.2009   http://www.lopinionista.it/notizia.php?id=356