Nella Bibbia la parola “successo” compare quarantasei volte. Tutte nell’Antico Testamento! Questa parola non esiste per niente nel Nuovo Testamento. Forse che il Cristianesimo sia contro il successo e la realizzazione personale? «Osservate dunque le parole di questa alleanza e mettetela in pratica, perché abbiate successo in quanto farete» Deuteronomio 29,8. «La persona benefica avrà successo» (Proverbi 11,26) e dell’uomo che osserva la Parola di Dio dice: «riusciranno tutte le sue opere» (Salmo 1). “Della prosperità dei giusti la città si rallegra” (Proverbi 11,10). Per alcune chiese cristiane l’auto realizzazione (e quindi il successo personale) può anche non esserci, anzi meglio l’annullamento personale per piacere a Dio. Come se Dio fosse lo Zeus dei pagani e fosse invidioso dell’azione di Prometeo. È la cupa visione cattolica, secondo cui ogni piacere e successo personale è visto con sospetto, se non con disprezzo, (dal sesso alla ricchezza economica) come se Dio gioisse nella vita mediocre e misera dei suoi figli. Una visione socratica. Socrate pensava: “Non fare nulla per il piacere”. Gesù disse: “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Giovanni 16,24). Dio ci ha chiamati figli e coeredi della sua gloria e desidera ricolmarci del suo favore materiale e spirituale. Insomma, Dio ama tutti, ma non si compiace certo della sfiga umana, voluta o subita. Rispettiamo chi ha pensato in buona fede di piacere a Dio nella povertà materiale, come a coloro che facevano sacrifici per ingraziarsi gli dei. Tuttavia non era necessario. Dio ama già per il fatto che siamo suoi figli. E per un figlio un Padre buono vuole sempre il massimo, sia materialmente che spiritualmente. Ci dispiace per chi confonde la ricchezza con l’avidità e la povertà di spirito delle Beatitudini con la miseria.
La visione di Joel Osteen – pastore della più grande chiesa cristiana indipendente degli Stati Uniti – è molto diversa da quella cattolica : Dio ci vuole sempre vincenti. Essere vincenti e di successo non è per niente contro la volontà di Dio, se ciò non danneggia il prossimo. Anzi, è proprio la volontà di Dio. La stessa croce di Cristo fu apparentemente una sconfitta, ma dopo tre giorni fu il successo della vita sulla morte.
Siate lieti nel Signore (Filippesi 3,1) – ammoniva San Paolo. La mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Giovanni 15,11) – insegnava Gesù. Quanti cristiani hanno perso oggi l’entusiasmo della fede? Troppe prediche funeree? Una teologia del peccato al posto di una teologia dell’amore di Dio? Quanti cristiani sono convinti che Dio si occupi personalmente di noi ogni giorno, al lavoro nel retroscena della nostra esistenza per prepararci grandi successi perché ci ama immensamente? Quanti credono che quello che ci accade, non succede a noi, ma per noi e che ogni delusione è solo un trampolino per nuovi successi o un’azione di Dio per metterci al riparo da grossi guai nel futuro? Dopotutto, le vie di Dio non sono le nostre vie e Lui sa cos’è meglio per noi. Ah, la fede genuina ed entusiasta dei primi cristiani. Quanti immaginano che successo e fede non sono per nulla in disaccordo, anzi, che Dio ci vuole proprio vincenti e che è pronto a realizzare i nostri sogni ben oltre le nostre semplici speranze, ricolmandoci del suo favore e della sua benedizione ogni singolo giorno? Anche la stessa croce di Cristo fu apparentemente una sconfitta, ma in realtà il più grande successo dell’amore di Dio. Il successo non è prevaricazione, superbia ed egoismo, ma il segno che siamo figli di un Dio che ci ama immensamente e che tutto è possibile per chi crede, se solo avessimo un po’ di fede, diciamo tanto quanto un piccolo granello di senape. Sinceramente, io credo che pochi vedano la fede in Cristo in questo modo. E questo sì, è veramente un peccato.
Qualcuno (vedi sopra) ha trasformato la religione della gioia, dell’amore e del successo in quella della colpa, del peccato, dell’indifferenza e dell’ira divina di un Dio che ci tiene il muso invece che nel palmo della sua mano. Menomale che lo spirito soffia dove vuole e che supera gli assurdi steccati storici e teologici che gli uomini – contro la volontà di Cristo stesso – hanno voluto erigere nella sua chiesa.
Texas. Il più grande stato continentale degli Stati Uniti d’America. Houston è la megalopoli che ospita la base della NASA per la conquista dello spazio. Nella stessa città, la più grande chiesa d’America – una megachurch – ha conquistato il cuore di milioni di fedeli. Joel Osteen (classe 1963) è il pastore di Lakewood Church, la più grande chiesa cristiana al mondo non-denominazionale. Non cattolico, ma neanche protestante o ortodosso. Semplicemente cristiano. Ci si dimentica spesso che prima di tutto un fedele cristiano è figlio di Dio, poi è un cristiano e solo dopo è anche cattolico o evangelico, ortodosso, anglicano e così via. Rimarcare le differenze tra le Chiese cristiane è dare più importanza alle divisioni umane che al messaggio del Vangelo. Una Bible based Church (chiesa basata sulla Bibbia).
Sono entrato per la prima volta nell’agosto 2005 nel Compaq Center di Houston, l’ex palazzetto dello sport, dove giocava a basket la squadra degli Houston Rockets della megalopoli texana. Un tempio dello sport appena acquistato e trasformato con solo quattrocento milioni di dollari nella casa di Dio della gioia, dell’entusiasmo della fede che anima la vita. Un luogo che farebbe gridare allo scandalo i tradizionalisti che hanno rubato ai luoghi di culto cristiani e alle loro celebrazioni liturgiche la gioia dei primi cristiani. Il cristianesimo ha trasformato le città dei morti – le necropoli – in “cimiteri”, cioè “luoghi dove si dorme”. Una fine terrena provvisoria. Resurrecturis! (Risorgeremo!) è scritto su diversi cimiteri di paese. Purtroppo qualcuno ha portato nella teologia e nella morale cristiana più colpa che redenzione, più tristezza che gioia. Col risultato di aver perso per la strada la grande massa di coloro oggi non si sognerebbero mai di guardare alla chiesa come alla casa della gioia e della speranza.
Qualche coro religioso con fazzoletti colorati e una papamobile allo stadio non basta più per far tornare molte, troppe pecorelle smarrite. Lakewood Church attira settimanalmente nella chiesa-ex tempio sportivo quattordicimila persone che cantano al Signore la genuina gioia della fede. Altri milioni sono raggiunti in diretta per televisione negli Stati Uniti e via internet in tutto il mondo. Nessuno si sente escluso. Famiglie certo, ma anche single e persone in situazioni difficili. Nessun catecumeno è espulso nel nartece della confessionalità. Naturalmente il culto è tutto tradotto nel linguaggio dei segni per i sordomuti. Un linguaggio inventato sì da un prete cattolico scolopio , ma mai usato nelle celebrazioni liturgiche cattoliche… Qui non si pensa a ciò che divide, ma a ciò che unisce. Quindi non parlerò del folclore di Lakewood Church, delle sue mani alzate verso il cielo, dei suoi megaschermi jumbotron e del cielo blu stellato artificiale, delle telecamere, degli abbracci, di chi ti accoglie all’ingresso con un sorriso, e del conforto reciproco dei fedeli che si abbracciano durante le celebrazioni, del mega mappamondo dorato che gira lentamente alle spalle di chi predica sul palco. Non parlerò della totale assenza di persone annoiate e distratte, dei canti moderni, di teste che annuiscono convinte durante la predica, di gente che prende appunti con entusiasmo, del clima di festa e di vera agape cristiana che regna durante il culto e nemmeno del suo mega parcheggio sotterraneo super affollato. Probabilmente queste cose non interessano ai confessionalisti, ai bigotti e ai fondamentalisti. Nemmeno a chi pensa che Dio abbia altro da fare e che magari ci voglia perdenti, con un acconto di purgatorio dantesco sulla terra. Parliamo invece del suo messaggio cristiano radicalmente fondato nella teologia della prosperità. Nel dicembre 2007 il Fox News Sunday evidenziò come Osteen evitasse di parlare del peccato come parte della vita. Osteen rispose «Cerco di insegnare alla gente come vivere la vita di ogni giorno, e quindi lo faccio, ma probabilmente non tanto quanto qualcuno vorrebbe». Joel Osteen dice di focalizzarsi sulla bontà di Dio, piuttosto che sul peccato, attraverso l’insegnamento di principi biblici con semplicità, con un accento particolare sul potere dell’amore e di un atteggiamento positivo.
I primi cristiani facevano così. Già; i primi… I suoi scritti e i suoi sermoni sono basati sui concetti della teologia e del Vangelo della prosperità. La convinzione che il benessere e la forza sono ricompense per chi dimostra un’autentica fede. Il culto inizia sempre con le parole di Osteen che tutti i quattordicimila presenti ripetono convintamente in coro: «This is my Bible. I am what it says I am. I can do what it says I can do. Today, I will be taught the Word of God. I boldly confess: My mind is alert, my heart is receptive. I will never be the same. I am about to receive the incorruptible, indestructible, ever-living seed of the Word of God. I will never be the same. Never, never, never. I will never be the same. In Jesus name. Amen» Poi Osteen racconta sempre una breve barzelletta religiosa, dicendo che vuole inizare con qualcosa di divertente e quindi introduce l’argomento del sermone.
Giorgio Nadali