I valori cristiani. 4. L’umiltà. Benessere dell’anima

Umiltà. Una parola che ci mette un po’ a disagio. Cosa significa umiltà? E’ la virtù che si oppone alla superbia. La persona umile non ha una bassa autostima. Ha piuttosto una percezione di sé equilibrata. In sostanza, non si sente né un verme inutile, ma neanche un Padre Eterno. A proposito, nella fede cristiana Dio ha dimostrato facendosi uomo di essere estremamente umile, pur essendo per definizione il massimo della potenza. L’umile quindi non è un dimesso e tantomeno un depresso. Non va in giro a testa bassa. Ma… una persona umile può avere successo? Dipende da cosa intendiamo per successo. Dio vuole sempre il successo dei suoi figli, ma per ottenerlo occorre riconoscere di avere bisogno di lui. È il contrario dell’uomo presuntuoso e autosufficiente. Nel Cristianesimo Dio sceglie l’umiltà per dimostrare la sua vicinanza e il suo amore per l’umanità. Attraverso l’umiltà di una ragazzina ebrea di quattordici anni – nella Nazareth di quasi duemila anni fa – si incarna e nasce a Betlemme in una condizione di disagio e povertà. Maria di Nazareth loda Dio dicendo: «ha guardato l’umiltà della sua serva… ha innalzato gli umili e ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore» (Luca 1,51).

Dunque Dio fa cose grande attraverso gli umili. Dobbiamo però chiarire che gli umili non sono i poveracci e che un poveraccio può benissimo non essere umile. L’umiltà è soprattutto una disposizione interiore, un tratto della personalità. La povertà del Vangelo non è quella materiale. Per viverlo non è necessario fare il voto di povertà. E’ però necessario mettere la propria fiducia in Dio e non nelle cose materiali. Usarle, possederle sì, ma senza avidità rendendole di fatto degli idoli. Lo stesso vale per il denaro. Dunque l’umile ritiene di ricevere da Dio la forza per realizzare i propri sogni, per essere innalzato. Gesù Cristo afferma “prendete esempio da me che sono mite e umile di cuore”. Anche qui è bene chiarire che mite non significa debole. Mitezza significa potenza sotto controllo. Il mite ha il controllo di se stesso. E’ il debole che perde le staffe facilmente. Mitezza e umiltà sono grande amiche. Improbabile riuscire ad essere umili senza essere miti, e viceversa. Arroganza e violenza sono purtroppo alleate. Non necessariamente violenza fisica. La violenza è anche morale e psicologica. Forse le più diffuse. La violenza psicologica più diffusa è la menzogna, la bugia. La violenza morale più diffusa è l’insulto, l’offesa. Quindi l’umiltà aiuta molto ad essere sinceri e a rispettare, a considerare anche l’altro e il suo valore. L’umiltà però non è un comportamento derivante dalla presa di coscienza dei propri insuccessi. Il verbo cauchaomài in greco sta a significare la fiera dignità dell’umile. Ma «Per essere grandi bisogna prima di tutto saper essere piccoli.

L’umiltà è la base di ogni vera grandezza», come ha ricordato Papa Francesco. L’esperienza cristiana favorisce e sostiene l’umiltà. Quali effetti benefici essa può avere sull’affettività? Perché mai la persona matura dovrebbe essere umile? Lo è di fatto? «Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato» (MT 23, 11) «L’orgoglio dell’uomo ne provoca l’umiliazione» (PR 29, 23). «Tutte le visioni, rivelazioni e sentimenti celesti non valgono il minimo atto di umiltà» scrive San Giovanni della Croce . Ed Edith Stein: «Nell’aridità e nel vuoto l’anima diventa umile. L’orgoglio di un tempo sparisce quando in se stessi non si trova più nulla che dia l’autorizzazione a guardare gli altri dall’alto in basso» mentre l’autore de L’imitazione di Cristo afferma: «Quando uno si umilia per i propri difetti facilmente fa tacere gli altri, e acquieta senza difficoltà coloro che si sono adirati contro di lui… Verso l’umile Dio si china; all’umile largisce tanta grazia, innalzandolo alla gloria, perché si è fatto piccolo; all’umile Dio rivela i suoi segreti, invitandolo e traendolo a sé con dolcezza». Non dobbiamo confondere psicologicamente l’umiltà con il senso di inferiorità e con l’assenza di autostima. L’umiltà è piuttosto la coscienza dei propri limiti, la conversione dai propri falsi idoli, l’accettazione di una realtà trascendente la propria esistenza.

Proprio l’affettività matura dà all’individuo la possibilità di essere umile. Questi, avendo scoperto il proprio valore e avendo raggiunto la piena accettazione di sé nell’autostima, non avrà bisogno di crearsi dei sostituti mentali al proprio senso di inadeguatezza e di insicurezza. Sostituti mentali che definiamo come «idoli», ai quali la persona si affida per surrogare la stima di se stessa, generando il sentimento di orgoglio. Quest’ultimo non ha nulla a che fare con l’autostima; è invece la causa di una mancanza di questa. L’individuo orgoglioso dipenderà dalle lodi e dall’apprezzamento altrui come condizione essenziale per autostimarsi ed accettarsi, ben lontano dal semplice bisogno fondamentale di essere amato. In realtà la persona è profondamente dipendente dalla rimozione del suo senso di inadeguatezza e dalla sua conseguente proiezione reattiva, che può dargli l’illusione di sentirsi autosufficiente e superiore. L’esperienza cristiana favorendo l’autostima elimina il falso sentimento di orgoglio (e quindi di «idolatria») sfociante nella superbia.

Incontra come modello di umiltà il Cristo «mite e umile di cuore» (Matteo 11, 29). Ridimensiona l’orizzonte terreno eliminando gli idoli, mettendo l’uomo di fronte alla realtà di creatura limitata. «Perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni» (Luca 12, 15), ma allo stesso stimola la consapevolezza e l’impegno alla collaborazione con Dio per realizzare il suo Regno, in un rapporto di fiducia filiale, anche nel momento della caduta e del peccato. «Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» (Matteo 9, 2). Parole che nella Chiesa continuano a risollevare la persona che è consapevole di valere proprio perché è amata da un Dio più grande del suo cuore (1 Giovanni 3, 20). La persona si pente proprio perché si scopre amata e scoprendosi amata non ha bisogno di cercare «idoli» che compensino la sfiducia in se stessa.

Giorgio Nadali