Fede e denaro. Esiste un rapporto tra ricchezza o povertà personale e la fede religiosa?

di Giorgio Nadali33059443_10215948646460141_1988158292806860800_oE’ una sorta di snobismo spirituale quello delle persone che pensano di poter essere felici senza denaro. Lo diceva Albert Camus…La Svizzera ha il quarto PIL (Prodotto Interno Lordo) per persona più alto del mondo, dopo Lussermburgo, Qatar e Norvegia. Italia al 27^ posto e Stati Uniti al 10^. 85.000 dollari annuali.
Gli svizzeri hanno in media 700.000 franchi in banca.Una certa idea falsata di Cristianesimo ha abituato a disprezzare il denaro. Di parere contrario è la Teologia della Prosperità, di matrice protestante. La Teologia della prosperità insegna che i cristiani hanno diritto al benessere perché la realtà fisica e quella spirituale sono viste come una realtà inscindibili. La teologia della prosperità insegna che Dio ci vuole vincenti. Sempre.

Non è male chiedere a Dio benessere e prosperità, anche economica. Una dottrina in contrasto con chiese cristiane che insegnano (solo a parole) un concetto falsato di povertà. La povertà è in realtà il distacco del cuore dalle cose materiali, non la miseria e la mediocrità. Se un uomo o una donna hanno successo – guadagnano molto bene e con questo denaro danno lavoro ad altri e fanno del bene – Dio è molto felice di questo. Aspetta solo che chi ha fede  e Gli chieda la stessa cosa per ricolmarlo del suo favore e aprirgli porte che sono impossibili agli uomini. Il denaro è solo un mezzo che amplifica ciò che la persona è già. Con molto denaro si può dare lavoro agli altri, si possono realizzare progetti utili a milioni di persone, si possono istituire fondazioni filantropiche, centri di ricerca e univeristà, salvare giornali in crisi, istituire facoltà universitarie, oppure…

Secondo uno studio della Banca mondiale la Svizzera è il Paese più ricco. In base a un nuovo studio di un istituto di ricerca sociale americano – Pew Research Center –  c’è un rapporto tra benessere economico personale e fede religiosa.

Ricchezza e religione sarebbero inversamente proporzionali: i paesi più religiosi quelli con un più alto tasso di povertà e viceversa, mentre quelli più ricchi i più tendenti all’ateismo. Unica eccezione gli Stati Uniti d’America, dove nonostante la ricchezza elevata in termini di PIL, il 54% della popolazione afferma la grande importanza della religione nella propria vita. Nel testo sociologico “Sacro e popolare. Religione e politica nel mondo globalizzato”, gli autori Pippa Norris e Ronald Inglehart sottolineano come la partecipazione alle pratiche religiose registri tassi più alti tra persone più incerte a livello economico e che si trovano ad affrontare più problemi di salute e povertà. Nell’ipotesi generale, il declino del valore della religione, della fede e delle attività religiose dipende dal mutamento di lungo periodo della sicurezza esistenziale: con il processo e il progresso dello sviluppo umano, l’importanza della religione nella vita degli individui diminuisce gradualmente.

Ho sentito il parere di tre importanti sociologi italiani:

Roberto Cipriani. Professore ordinario di Sociologia nell’Università Roma Tre.

Silvio Scanagatta. Docente di Sociologia del mutamento culturale all’Università di Padova

Paola Di Nicola. Presidente della Associazione Italiana di Sociologia. Docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Verona.

 

Siete d’accordo con la ricerca?

Cipriani:

Non è facile essere d’accordo con la ricerca perché le informazioni sulla metodologia sono insufficienti a valutare l’affidabilità. A livello comparativo fra nazioni ci sono moti problemi di omogeneità fra i dati raccolti.

 Scanagatta:

Non mi stupisce affatto. Gli Stati Uniti hanno una cultura decisamente diversa dall’Europa. Gli Stati Uniti sono gli unici che differiscono in questa variabile che va dal massimo di senso religioso rapportato con la povertà sino al minimo di senso religioso rapportato con la ricchezza. Gli Stati Uniti essendo più ricchi dell’Europa dimostrano che uno stato più coeso il senso religioso va perfettamente d’accordo con la ricchezza conseguita.

Di Nicola:

Indubbiamente al di là di tutte le questioni teologiche la religione ha avuto sempre una funzione consolatoria nei confronti dei soggetti e spesso questa funzione consolatoria ha trovato maggiore accoglimento tra le persone che sperimentano condizioni di vita altamente problematiche. Rimane il fatto che a livello personale le religioni sono fonte di conforto. È un dato di conforto. Soprattutto le religioni rivelate (Ebraismo, Cristianesimo e Islam).

 

Esiste a vostro parere un rapporto con la condizione economica personale e la propria fede religiosa?

Scanagatta:

Certamente c’è un rapporto. Il problema è che il tentativo di alcuni di dire che più si è ricchi e meno si è religiosi è contrastante no solo con un’infinità di realtà individuali, ma anche con realtà collettive dove società unite come quella americana dimostrano che si può far convivere benissimo il senso religioso con una grande ricchezza.

Cipriani:

Non necessariamente. Ci sono persone ricche poco religiose e poveri assai religiosi ma anche il contrario. Non si può generalizzare.

Di Nicola:

Bisogna distinguere tra la fede e la religiosità, che spesso si caratterizza anche con aspetti di tipo magico e di superstizione. Se per fede si intende un credere a livello personale nell’esistenza di un’Entità di tipo trascendente io credo che questo sentimento che possa essere presente a tutti gli uomini in tutte le classi sociali. Se invece pensiamo alla religiosità, che comprende anche tutti gli aspetti del rito,  indubbiamente nelle aree del Paese in cui esiste ancora uno sviluppo non ancora pienamente maturo, spesso questi atteggiamenti continuano a persistere.

 

Secondo voi la ricchezza economica allontana dalla fede religiosa (cristiana)?

Cipriani: Molto dipende dalla socializzazione e dall’educazione ricevute, che possono impedire di pensare che la ricchezza allontani dalla fede.

Scanagatta: No, no. L’aumento economico non allontana affatto dal senso religioso. Anzi, lo fa crescere perché spesso il livello culturale rende più sensibili e attenti al senso religioso, non necessariamente più distanti.

Di Nicola: Non è facile da dire. Con l’Europa del Settecento la religione ha perso un po’ la funzione di essere la guida per la vita e la risposta a tutti i problemi. Soprattutto con l’industrializzazione e l’aumento della ricchezza disponibile sia a livello individuale sia a livello collettivo ci si rende conto che si può avere una situazione di sicurezza autonomamente, per meriti personali, senza dover necessariamente ringraziare Qualcuno…

Cosa pensate della teologia della prosperità, di origine protestante, cioè che Dio desidera il nostro benessere economico personale e agisce anche per farcelo avere?

Cipriani:

La teologia della prosperità è un espediente per recuperare adesioni rispetto alla teologia della liberazione, promettendo esiti economici positivi in caso di adesione ad una certa linea teologica e cultuale.

Scanagatta:

Secondo un’idea protestante una persona deve la sua ricchezza non solo alla grazia che Dio gli dà ma anche al senso di comunità con cui esplica questa grazia ed è quello che può spiegare una convivenza tra ricchezza e senso religioso. In Europa invece prevale l’idea per essere ricchi bisogna distruggere il sistema di valori religiosi, in America succede esattamente il contrario. Non solo. Il cattolicesimo dice che la ricchezza è una colpa, ma anche il Paesi del Nord Europa dicono che la separazione tra senso religioso e ricchezza va operata a livelli massimi, tanto è vero che sono i Paesi del Nord che non hanno voluto riconoscere le radici giudaico cristiane della società europea.

Di Nicola:

Con il protestantesimo l’uomo è diventato la misura di tutte le cose, anche la misura della sua etica, della sua moralità e della sua religiosità. Nelle prime forme del Calvinismo per un uomo l’aver successo nella vita era un segno di essere un eletto e quindi nella grazia di Dio. Poi con il Novecento questa dimensione si è molto affievolita e l’obiettivo non stato più stato di arricchirsi per avere una misura del proprio stato di grazia, ma l’obiettivo era semplicemente quello di raggiungere livelli più alti di ricchezza indipendentemente dal fatto che questo fosse un indicatore di essere nelle grazie di Dio.

 

Secondo voi c’è un rapporto tra la condizione economico sociale e la fede religiosa in Italia?

Cipriani:

La condizione economica non è una variabile indipendente che presieda in Italia all’orientamento religioso.

Scanagatta:

Certamente c’è un rapporto. Il problema è che il tentativo di alcuni di dire che più si è ricchi e meno si è religiosi è contrastante no solo con un’infinità di realtà individuali, ma anche con realtà collettive dove società unite come quella americana dimostrano che si può far convivere benissimo il senso religioso con una grande ricchezza.

Di Nicola:

Bisogna distinguere tra la fede e la religiosità, che spesso si caratterizza anche con aspetti di tipo magico e di superstizione. Se per fede si intende un credere a livello personale nell’esistenza di un’Entità di tipo trascendente io credo che questo sentimento che possa essere presente a tutti gli uomini in tutte le classi sociali. Se invece pensiamo alla religiosità, che comprende anche tutti gli aspetti del rito,  indubbiamente nelle aree del Paese in cui esiste ancora uno sviluppo non ancora pienamente maturo, spesso questi atteggiamenti continuano a persistere. La tradizione dà delle sicurezze e chi sperimenta maggiore insicurezza quotidiana spesso trova nella tradizione religiosa dei punti di riferimento.


Hight Net Worth Individuals. Paperoni in crescita

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“Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare” (Ben Herbster).

227.800. È il numero degli HNWI italiani – le persone che dispongono di almeno un milione di euro di patrimonio globale netto personale, immobile di residenza escluso. Il 4,5% in più dello scorso anno! High Net Worth Individuals. Il mondo finanziario distingue in Sub-HNWI, con almeno 100.000 euro, una meta facile. Very-HNWI, con almeno 5 milioni di euro. Ultra-HNWI, sopra i 30 milioni: l’1% di tutti i 12 milioni di HNWI del mondo, cioè 120.000. Tra loro c’è anche la punta dei 2043 miliardari mondiali, (33 in Italia), con i nuovi 195 miliardari del 2017.  Dalla più giovane – Alexandra Andresen, 21 anni – al più anziano – Chang Yun Chun, 99 anni, dopo che David Rockefeller Sr. è passato qualche mese fa a miglior vita, se così si può dire…

Sono coloro che prima ancora della ricchezza legata al capitale, hanno adottato una mentalità vincente. Una mentalità ricca. Cosa che inevitabilmente entra in rotta di collisione con la mentalità del “povero” (non in senso stretto, si intende), molto abile a lamentarsi, invidiare e sperperare quel poco che ha, appena lo guadagna. Un destino segnato. Se invidi le persone di successo – scrive Brian Tracy – crei un campo di attrazione di forze negative che ti respinge dal fare le cose che ti servono per avere successo. Se ammiri le persone di successo, crei un campo di attrazione di forze positive che ti attira a diventare sempre più il tipo di persona che vorresti essere. L’invidia è devastante! È la cosa peggiore che esista per avere successo, insieme alla paura di cambiare.

Ecco dunque le due mentalità che avvicinano o allontanano dalla ricchezza. Il denaro ha  molti valori spirituali. Primo fra tutti è la libertà. Libertà di azione. Col denaro posso fare molte cose, aiutare molte persone, dare lavoro a chi non l’ha, frequentare corsi costosi, aprire una fondazione filantropica, viaggiare e conoscere popoli, proporre e fare conoscere su vasta scala le mie brillanti idee, fare beneficienza, lavorare per passione e non per bisogno. Infatti tutti i ricchi lavorano molto per il mantenere il loro business e per la responsabilità del lavoro di chi dipende da loro. La frase “se vinco alla lotteria mollo tutto e non lavoro più” è tipicamente da povero. E anche stupido.

D’altra parte “sia la povertà che la ricchezza sono il risultato del pensiero” – come diceva Napoleon Hill. Vediamo come.

Ci sono due strade. La prima è quella delle persone comuni. Non sono forse propriamente “povere”, ma la loro strada le porta verso la dipendenza dal denaro. Se lavori tanto per guadagnare molto in modo da sostenere tutte le tue spese, puoi essere ricco, ma non sei finanziariamente libero. La libertà finanziaria è il denaro che lavora per te con entrate passive “automatiche” che non dipendono dal tuo tempo. In questo caso sei libero finanziariamente, anche se non sei propriamente ricco. La libertà finanziaria è un passo avanti rispetto alla ricchezza!

La prima strada

È quella di coloro che lavorano per produrre denaro. Niente di male. Ma il denaro non li renderà liberi. Appena possono spendono e quel poco che rimane magari lo investono (in modo generalmente sbagliato). Mutui da pagare, rate da onorare, acquisti superiori alle entrate. Lavora una vita intera e poi aspetta la pensione. Se hai intrapreso questo percorso torna subito indietro. Sempre che tu voglia essere finanziariamente libero. Perché, sai, il trucco c’è! È il denaro che deve lavorare per te. Non il contrario.

Come? Per prima cosa ti consiglio di non pensare a come risparmiare. Una contraddizione? No. Pensiero positivo. Pensa piuttosto a come guadagnare di più. Non lavorando di più, ma con più valore! Sei sicuro di essere pagato per quello che veramente vali?

La seconda strada.

Non chiederti cosa può fare il tuo conto in banca per te, ma cosa puoi  fare tu per il tuo conto in banca! Per guadagnare di più devi prendere in esame la possibilità di cambiare lavoro. Lo so, non è facile. Devi superare la paura di non farcela e la mentalità perdente dei “soldi, pochi maledetti e subito”. Devi abbandonare la tua “zona di comfort” e navigare verso orizzonti più ampi e sconosciuti. Insomma, mettiti in proprio. Certo, non è essenziale per essere libero finanziariamente. Quello che però è fondamentale è aumentare il tuo valore di mercato. Perché, sai, il mercato è un po’ egoista. Lui ti paga molto solo se tu vali molto. Valere molto – per il mercato – non vuol dire solo essere una brava persona preparata Non basta. Vuol dire fare guadagnare molto la tua azienda o i tuoi clienti. Vuol dire produrre un servizio o un prodotto che molti vogliono. Anzi, che percepiscono come importante. Non devi abbassare il prezzo. Devi farlo percepire come essenziale per quello che offri. Ci vuole intelligenza. Devi farti conoscere e percepire come prezioso. Ci vogliono le giuste strategie. Un coach come me sarebbe felice di insegnartele. A pagamento, si intende! J

La ricchezza è direttamente proporzionale all’intelligenza. La povertà è inversamente proporzionale all’intelligenza. Scandaloso?

Adotta la mentalità dell’imprenditore

È necessario cambiare. Dall’essere un consumatore a essere un produttore. Ecco alcuni esempi: i consumatori consumano pizza, i produttori fanno la pizza; i consumatori guardano film, i produttori fanno film; i consumatori cercano posti di lavoro, i produttori offrono posti di lavoro. Ogni milionario è un produttore . Solo i produttori sono ricchi. L’obiettivo principale di un produttore non è quello di mangiare, ma di nutrire le persone. Quando adotterai una mentalità da produttore, sarai anche ricco.

Conosci il tuo valore quotidiano

Se stai guadagnando 100€ al giorno, dovresti cercare di raddoppiare. Cosa stai facendo per migliorare il tuo guadagno giornaliero? Accontentarti? Sbagliato. Se stai effettuando 10 chiamate di vendita al giorno, raddoppia il tuo numero di chiamate a 20. Naturalmente, sarebbe meglio mantenere o aumentare la tua qualità di lavoro mentre persegui questi sforzi.

Sacrifica e abbandona la paura

La grande maggioranza delle persone ha paura di fare sacrifici perché pensano di perdere qualcosa. La madre single non comprerà un libro da 20€ o un corso da 2000€ che la aiuterà a guadagnare di più. La stessa madre che ha paura del costo, comunque comprerà un videogioco per suo figlio per renderlo felice. Devi essere disposto a pagare il prezzo del sacrificio e investire su di te. Devi essere in grado di gestire il peggio se vuoi aspettarvi il meglio. Ci saranno molte volte in cui devi ritardare la gratificazione per concentrarti su un obiettivo più grande.

Eccoti 20 ostacoli al successo dai quali devi fuggire a gambe levate! Ne parlo in dettaglio nel mio corso di “Comunicazione & Successo”:

1)     La paura di correre rischi
2)     Mancanza di costanza
3)     Volere risultati immediati
4)     Dare poco spazio a se stessi
5)     Cercare scorciatoie
6)     Avidità
7)     Mancanza di convinzione
8)     Resistenza al cambiamento
9)     Rifiuto di organizzarsi
10)Razionalizzare
11)Non imparare dagli errori passati
12)Incapacità di riconoscere le opportunità
13)Paura
14)Incapacità di usare il talento
15)Mancanza di disciplina
16)Scarsa autostima
17)Mancanza di volere scoprire cose nuove
18)Atteggiamento fatalista
19)Mancanza di propositi
20)Mancanza di coraggio

 

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