A spasso per l’Aldilà. 1

Inizia oggi la nostra serie di carrellate su aspetti particolari della credenza sulla vita ultraterrena nel mondo. Aspettiamo i vostri commenti! Buon viaggio!

ZOMBIE (Vodou)

I film dell’orrore li hanno resi celebri. Sono i morti viventi. Per il culto animista del Vodou di Haiti esistono veramente. Per capire in quale contesto si inserisce il vero zombi, dobbiamo ricordare che Vodou vuol dire “spirito”. Il Vodou anima la società di Haiti. Sebbene quando si pensa al Vodou ci viene istintivamente in mente qualcosa che ha a che fare con la magia nera e la stregoneria, il Vodou è qualcosa di più complesso e profondo. E’ la religione popolare di Haiti, che si è formata attraverso la commistione di antiche credenze di origine africana (Benin). Per Mons. Guy Poulard, vescovo di Haiti, una buona parte della popolazione partecipa ai riti Vodou di notte e a quelli cattolici di giorno. La forza del Vodou può essere usata per il male, ma anche per il bene. Ad Haiti vi è un rapporto molto particolare con i propri defunti. I bambini giocano sulle tombe di famiglia situate nel giardino di casa, buone anche per stendervi la biancheria lavata. La zombificazione di una persona è una forma di stregoneria del Voodoo di Haiti. Consiste in una morte apparente per togliere la libertà ad una persona, non più meritata a causa di qualche gesto grave compiuto, come l’omicidio o lo stupro. Chi ha subito un torto può rivolgersi ad uno stregone Voodoo, chiamato bokor. Lo zombie diverrà come uno schiavo. Potrà essere venduto e comprato. Se la persona che ha acquistato lo zombie muore, allora potrà riscattarsi (mediante una pozione antidoto), ma non potrà tornare al suo villaggio di origine, poiché è stato condannato. Come avviene la condanna per zombificazione? Tecnicamente attraverso una neurotossina che induce una forma catalettica che prelude ad un avvelenamento successivo più grave e talvolta alla morte. Mediante dei rospi di tipo amazzonico (Bufo alvarius, Bufo marinus) oppure il veleno del pesce palla, si estrae la bufotenina (5-MEO-DIMETILTRIPTAMMINA), o tetradotoxina (TTX), da cinquanta a cento volte più potente della digitale. Il condannato sembra clinicamente morto e viene seppellito ancora cosciente. Di notte il corpo dello zombie viene risvegliato dal bokor in un cimitero, con un’altra sostanza che cancellerà la personalità del condannato e lo renderà un automa, suo schiavo. Sarà senza memoria e volontà, con occhi vitrei e voce nasale. Potrà essere venduto. L’antidoto usato è la datura, una pianta che contiene nei semi e nei fiori degli alcaloidi come la scopolamina e l’atropina. Alcaloidi che producono effetti di controllo mentale. La parola zombie deriva da quella creola Nzambi, una divinità dell’Africa occidentale. La pratica di zombificazione non è molto frequente ed esiste ancora oggi, ma il governo haitiano non ha alcun controllo su queste pratiche clandestine e illegali. La zombificazione spaventa molto la gente di Haiti, anche perché ricorda l’antica schiavitù. Il cinema si è ispirato a questa pratica reale per i film sugli zombie.

CIMITERI (Cristianesimo)

I luoghi di sepoltura si chiamavano anticamente “Necropoli”, cioè “Città dei morti”. Con la nascita del Cristianesimo il termine è mutato in “cimiteri”. Questa parola proviene dal greco koimetérion, “luogo di riposo”: il verbo κοιμᾶν (“koimân”) significa “fare addormentare”. Questo è dovuto alla fede cristiana nella risurrezione di coloro che vi sono sepolti, che si risveglieranno per la risurrezione, secondo la promessa di Gesù nel Vangelo di Giovanni 6,40.

INDULGENZE (Cristianesimo cattolico)

La dottrina dell’indulgenza è nata in ambito cattolico si riferisce alla credenza nella possibilità di cancellare una parte ben precisa delle conseguenze di un peccato (detta pena temporale), dal peccatore che abbia confessato sinceramente il suo errore e sia stato perdonato tramite il sacramento della confessione. A seguito della riforma protestante, che contestò questa dottrina sostenendo che essa non abbia un fondamento nella Bibbia, rimase un uso prettamente cattolico. La vendita delle indulgenze spaccò la Chiesa con la Riforma protestante di Martin Lutero, nel 1517, il quale rifiutava il valore delle indulgenze e soprattutto il fatto di offrirle a seguito di un’offerta di denaro. Con la vendita delle indulgenze è stata edificata la Basilica di San Pietro in Vaticano. Ancora oggi si dice “lucrare un’indulgenza”, da “lucro”, cioè denaro. Ovviamente le condizioni non riguardano più il denaro per acquistare la bolla di indulgenza. Lucra validamente un’indulgenza chi riceve il Sacramento della Riconciliazione (Confessione), l’Eucaristia, recita il Credo, prega secondo le intenzioni del Papa. Chi muore martire o dovesse morire subito dopo aver lucrato validamente un’indulgenza plenaria va direttamente in Paradiso senza passare dal Purgatorio. Quest’ultimo è presente solo nella dottrina cattolica. Il martire “lava” la sua anima dalle pene del Purgatorio col proprio sangue versato a causa diretta ed evidente della sua fede in Cristo. L’ultima martire canonizzata in Italia (nel 1950 da Papa Pio XII) è stata la dodicenne Maria Goretti.

CREMAZIONE (Induismo)

Il funerale può incominciare anche da vivi, col rito dello adya-shrada. Chi non ha figli che possano occuparsi del rito funerario al momento della propria morte o chi ritiene che il proprio funerale non verrà fatto per qualche ragione, può chiedere il rito funerario anticipato (…senza cremazione, ovviamente), chiamato appunto adya-shrada. Normalmente però il rito funerario avviene da morti. E’ il sedicesimo sacramento dell’Induismo, chiamato antyeshti, cioè “cremazione”. Le norme per il rito sono contenute nel testo Aswalayana Grhya Sutra. Gli uomini sono avvolti in un sudario bianco o color zafferano e le donne in uno rosso. Il volto è cosparso da polvere rossa (sindur) simbolo del sacro. Se il defunto è un uomo, il rito verrà officiato da uomini (parenti e amici), se è il defunto è donna, verrà officiato da donne. Per la cremazione vengono utilizzati alcuni ingredienti: muschio, zafferano, legno di sandalo, canfora, legna da ardere, burro chiarificato (detto ghi). La cremazione avviene sempre sulla riva di un fiume. Al termine del processo di combustione, che può durare dalle due alle tre ore e mezza, le ceneri saranno affidate alle acque fluviali. Il corpo è deposto su una kunda (una struttura rettangolare di pietra con un buco nel centro) sulla quale vengono deposte tre cataste di legna e della paglia. Il volto del defunto deve sempre essere rivolto a Nord. Se è uomo, dev’essere prima sbarbato. Il fuoco viene appiccato sempre a partire da Nord. Dev’essere accesa una lampada alimentata dal burro ghi e da questa fiamma va accesa della canfora, la quale a sua volta accenderà la pira. Alla salma vengono rivolte le parole: “Caro defunto!
Dopo la morte, possa il potere della tua vista essere assorbito nel sole, la tua anima nell’atmosfera, possa tu andare nella regione luminosa della terra, secondo i tuoi meriti spirituali, o và alle acque, se quello è il tuo luogo, o alle piante, assumendo corpi diversi”. Nel 1829 venne abolita la pratica della “sati”. Una vedova si immolava da viva sulla pira funeraria del marito a simbolo del suo essere priva del suo valore in sé, senza il marito. Questa pratica è ancora in uso in forma clandestina nell’India rurale. E’ segno di amore immortale e purifica la coppia dai peccati accumulati.

PURGATORIO (Cristianesimo cattolico)

La fede nell’esistenza del Purgatorio è esclusiva del cattolicesimo. A Lione (Francia) il 7 maggio 1274 si apre il 14° Concilio ecumenico. Viene fissato il dogma del Purgatorio, che sarà confermato dai Concili di Basilea, Firenze, Ferrara e Roma (1431-1449) e dal Concilio di Trento (1545-1563) come “luogo e condizione in cui le anime dei morti, giustificati, ma ancora in condizione di peccato, si trovano per completare la purificazione prima di ascendere in paradiso.”

TOMBE EBRAICHE (Ebraismo)

Gli ebrei non mettono fiori sulle tombe, ma sassolini perché ricordano le sepolture affrettate nel deserto al tempo dell’Esodo dall’Egitto (1200 a.C.). Inoltre nella simbologia ebraica, la roccia simboleggia Dio. Il popolo di Israele nell’antichità trascorreva molto tempo nelle zone aride del deserto. Abramo, Isacco, Giacobbe e Lot erano pastori nomadi. Per ritrovare i luoghi dove erano sepolti i loro defunti erigevano delle piccole montagnole di pietre.

ISLAM E DEFUNTI DONNA (Islam)

Muhammad (Maometto) disse: “Mi è stato mostrato il fuoco dell’Inferno e che la maggioranza dei suoi abitanti sono donne”.

TOMBA E CULLA (Cristianesimo)

San Girolamo disse: “La tomba vuota è la culla del Cristianesimo” intendendo con questo che il Cristianesimo nasce con la tomba vuota per la risurrezione di Cristo. Ma disse anche che una donna cessa di essere tale e può essere chiamata uomo quando vuol servire più Cristo che il mondo (Comm. ad Ephesios III,5).

MING BI (Taoismo)

I jīnzhǐ (o míng bì, “denaro dell’ombra”) sono oggetti di carta di bambù o carta di riso, noti anche come “carta degli spiriti”. Modellini di auto, case, ma soprattutto soldi finti con la scritta in cinese e in inglese “Hell banknotes”, cioè “Banconote dell’Inferno”, lo “Hell Passport”, il “Passaporto per l’Inferno” e addirittura un biglietto aereo finto con la scritta “Hell Airlines”, Linee Aeree dell’Inferno. I fedeli li comprano nel “negozio di carta per il mondo degli spiriti”, che si trova spesso vicino ad un tempio taoista e li bruciano – dopo averle ben piegate – in un apposito piccolo forno dentro il tempio. In questo modo i propri defunti avranno molte cose nell’aldilà e saranno liberi dall’inferno. L’immagine sulle banconote è dell’imperatore di giada, Yù Huáng, guardiano dell’aldilà. L’esatta parola cinese sulle banconote è diyu, che significa “prigione ultaterrena”. I jīnzhǐ vengono in genere bruciati insieme ai yunbao, piccoli lingotti d’oro finti. Attenzione. E’ molto offensivo darne una a una persona vivente. Esistono anche le Paradise Banknotes, banconote (finte) per il paradiso, bruciate in onore degli déi taoisti. Dal 2006 in Cina è però proibito dal ministero per gli affari civili bruciare i modellini di carta di auto e case perché è ritenuta una pratica feudale.

CHIESA E INFERNO (Cristianesimo cattolico)

La Chiesa non cita alcun nome di persona che sia con certezza all’Inferno. Non si può sapere se un pentimento possa essere giunto anche negli ultimi istanti di vita come è narrato nel Vangelo per uno dei condannati alla crocifissione accanto a Gesù. Solo Dante Alighieri nella Divina Commedia fa dei nomi di persone che lui riteneva fossero dannate. La Chiesa fa nomi certi di persone solo per il Paradiso. Questo vale per tutte le Chiese cristiane – ortodossi, cattolici, anglicani, protestanti.
Papi all’Inferno
Secondo Dante Alighieri vi sono 6 papi all’Inferno. Nella “La Divina Commedia” sono: Niccolò III (Giovanni Gaetano Orsini, 1277-1280) nella terza bolgia dell’ottavo girone dell’Inferno, per i simoniaci (venditori di cose spirituali) insieme a Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1294-1303) e papa Clemente V (Betrand de Gouth, 1305-1314). Bonifacio VIII è citato anche nella bolgia VIII per i consiglieri fraudolenti insieme a papa Silvestro I (314-335). Nel sesto cerchio vi è papa Anastasio II (496-498) con gli eretici. Infine papa Celestino V (Pietro Angeleri, 1294) nell’antinferno con gli ignavi. Di questi papi Celestino V è santo.

MARTIRI (Cristianesimo, Islam)

E’ una delle massime aspirazioni per ogni uomo musulmano. Non solo fondamentalista. Si chiama talab alsahada, l’aspirazione a diventare un sahada (un martire). E questo, a differenza del martirio cristiano (che significa perdere la propria vita a causa della fedeltà a Cristo), vuol dire quasi sempre far morire anche altre persone in nome dell’Islam. Il conflitto israelo-palestinese ne ha conosciuti molti negli ultimi anni. Campi specializzati addestrano giovani celibi, pronti a morire in mezzo ai discendenti di Davide, imbottiti di esplosivo, per la causa dell’Islam. Un martire è già puro. Morendo per l’Islam uccidendo altre persone, ha il Paradiso garantito. E non un Paradiso qualsiasi. Uno molto sensuale: “Invece i timorati di Dio staranno in luogo sicuro – fra giardini e fontane – rivestiti di seta e di broccato, faccia a faccia. Così sarà. E daremo loro in ispose fanciulle dai grandi occhi neri, – e là chiederanno ogni sorta di frutti e ne godranno sicuri”. (Sura del fumo “ad-Dukhan” XLIV,51-54)

Nel Cristianesimo invece il martire è un testimone (dal greco martyrion) della fede, a costo della propria vita. Il detto “vita, morte e miracoli” deriva proprio dal processo per dichiarare santo (canonizzare) un fedele. Vengono infatti esaminate la vita, il momento della morte e almeno un miracolo avvenuto per sua intercessione sua. Solo per i martiri il miracolo non viene più richiesto, per volontà di papa Paolo VI. L’ultima martire canonizzata in Italia (nel 1950 da Papa Pio XII) è stata la dodicenne Maria Goretti.

DEFUNTI DA BERE (Religione tribale Yanomami)

Gli indigeni Yanomami del Sud America non seppelliscono i defunti. Li cremano e mescolano le ceneri con una bevanda alla banana. Il parente più prossimo poi beve la miscela. In questo modo lo spirito del defunto è soddisfatto e non torna a tormentarli.

PARADISO ISLAMICO (Islam)

Le Huri, ḥūr o ḥūrīyah secondo la tradizione islamica sono delle fanciulle che attendono nel paradiso coloro che nel giorno del giudizio arriveranno lì. Secondo la tradizione le Huri sarebbero giovani ragazze perennemente vergini il cui compito sarebbe quello di ricompensare l’uomo arrivato nel paradiso. Sempre secondo la tradizione, le giovani avrebbero la capacità di concepire e generare. Per il sesso femminile esistono ugualmente gli ghulām. Nel Corano la parola hûr indica le giovani fanciulle vergine promesse ai credenti. La radice di questa parola è collegata all’idea di “bianchezza” in particolare ai grandi occhi della gazzella e al contrasto tra il bianco dell’occhio e il nero della pupilla, hawrâ’ è una donna dai grandi occhi neri e dalla pelle molto chiara. Quasi tutti i versetti che parlano di hûrî sono del periodo meccano, quando è particolarmente sentito da Muhammad il tema del Giudizio Universale. I versetti coranici ci dicono che non sono mai state toccate né dagli uomini né dai jinn, la sostanza da cui sono state create per alcuni è lo zafferano, per altri sono di zafferano, muschio, canfora e ambra. I loro muscoli sono delicati e i loro tendini paiono fatti di fili di seta. Sui loro seni sono iscritti due nomi: da una parte quello Dio, sull’altro quello del proprio marito. Vivono in castelli con 70 letti, hanno 33 anni come i loro mariti, la loro verginità viene rinnovata eternamente, il loro corpo è sempre puro, non hanno mestruazioni, bisogni umani. Le donne che in vita sono state virtuose in Paradiso si ricongiungeranno al proprio marito e lì continueranno la loro vita insieme. Se una donna in vita ha avuto più mariti ne sceglierà uno, mentre gli uomini poligami avranno diritto a tutte le mogli legittime. I commentatori però non dicono nulla sulla sorte di quelle donne che andranno in Paradiso, ma che in vita non sono state sposate. Su questa base coranica la tradizione ha aggiunto dettagli dando alle hûrî un carattere molto sensuale. Non tutti gli esegeti hanno accettato questa idea prettamente materialista, al-Baydâwî dice che non si possono fare raffronti tra il godimento del cibo, delle hûrî, la condizione umana terrena è altra rispet-to a quella del Paradiso, certo è che la mentalità popolare musulmana è permeata da questi concetti. E’ solo in un hadîth che si parla delle 70 vergini che attendono tutti gli eletti, non solo i martiri.

DONNA E REINCARNAZIONE (Buddhismo)

Secondo il canone Pali delle scritture sacre buddhiste, un essere si reincarna donna se ha fatto qualcosa di grave nella vita precedente. Esiste il detto: “Ho ottenuto un corpo di donna perché ho commesso il male in una passata esistenza”

RISURREZIONE DEI CORPI UMANI (Cristianesimo)

Risurrezione del nostro corpo. Come sarà? La dottrina della risurrezione è presente anche nell’Ebraismo e nell’Islam.
Il Signore Gesù Cristo ce lo ha promesso: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». (Gv 6,54). Appartiene al dogma della risurrezione che essa avvenga coi corpi che abbiamo ora (“cum suis propiis resurgent corporibus quae nunc gestant” – IV Concilio del Laterano – e “in hac carne, qua nunc vivimus” – Fidei Damasi). Il corpo sarà non solo specificamente lo stesso (il corpo che ho ora). Con questa affermazione, si evita ogni modo di pensare che suggerisca una metempsicosi o una tramigrazione delle anime da un corpo all’altro… Vi sono tre ipotesi teologiche sul come riavremo il nostro corpo il giorno della risurrezione. Gesù Cristo promette che questo avverrà alla fine dei tempi. In Giovanni 6:54 dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Le ipotesi sulla nostra risurrezione sono:
Identità materiale – perché il corpo sia numericamente lo stesso, si richiederebbe che fosse composto nella stessa materia. Intesa in tutto il suo di rigore, la teoria difficilmente accettabile. D’altra parte, il principio secondo il quale un’identità materiale necessaria perché il corpo possa essere considerato lo stesso, è scientificamente assai discutibile. Dato il metabolismo costante del corpo umano, il mio corpo attuale ha rinnovato totalmente la sua materia da com’era sette anni or sono; e tuttavia, penso con ragione che sia rimasto realmente lo stesso corpo.
Identità formale – una teoria che si colloca all’estremo opposto sarebbe quella proposta, già nel Medio Evo da Durando di San Porciano (+ 1334). Durando suppone che, quale sia la materia di cui è composto un corpo, è il mio corpo per il fatto medesimo che esso s’unisce la mia anima… Bisogna riconoscere che, esposta in questo modo e senza altri particolari, questa teoria lascia l’impressione di una certa somiglianza con la teoria della trasmigrazione delle anime… Joseph Ratzinger [attuale papa Benedetto XVI, n.d.A.] pensa che non sia necessaria la stessa materia perché il corpo possa essere considerato lo stesso, e ha fatto notare che tutta la tradizione ecclesiastica (dottrinale e liturgica) impone come limite che il corpo risuscitato deve includere le reliquie dell’antico corpo terreno, se si esistono ancora come tali quando avviene la risurrezione. Tali “reliquie” saranno nuovamente animate dall’anima santa al corpo della quale appartennero. D’altra parte, insistendo sul fatto che la nostra risurrezione gloriosa non può essere spiegata senza un parallelismo con la risurrezione di Gesù, pare necessario affermare, come secondo limite, una certa continuità di somiglianza morfologica col corpo mortale.
Identità sostanziale – Alois Winklhofer ha proposto, recentemente una nuova ipotesi… di fronte a un cadavere che comincia a corrompersi, Dio sottrae e conserva separatamente questa sostanza non fenomenologica del corpo. Il cadavere, a dispetto della sua continuità fenomenologica col mio corpo, non sarebbe più, in questo caso, il mio corpo. Al contrario, partendo dalla sostanza non fenomenologica del mio corpo, Dio ricostruirebbe il mio corpo risuscitato; e appunto la permanenza di questa sostanza (l’identità sostanziale) farebbe sì che sia il mio corpo e non un altro.

Giorgio Nadali

 


Tutti possiamo comunicare con i trapassati

“Tutti possiamo comunicare coi trapassati”, assicura il medico…
Il dottor Claudio Pisani è un mio amico dotato di una personalità assai vivace e singolare, nonché di una intelligenza assai lucida e orientata in senso pratico. Altrettanto singolare è la sua esperienza, poiché Claudio ha saputo trasformare lo straziante dolore del padre che si vede partire per l’altro mondo figlioletto minore di sei anni nella passione del ricercatore , il quale vuole vederci chiaro. “Dio ha permesso che il bimbo partisse per l’altro mondo, ma dove è scritto che non ci potremo più n rivedere né sentire sino al giorno del nostro trapasso? Se l’aldilà esiste, deve pur esistere anche un modo per comunicare i qualche modo con quella misteriosa dimensione, tanto più che, da che mondo è mondo, sono sempre circolate, seppur spesso in termini vaghi e confusi,notizie di presunte comunicazioni con l’altra dimensione””, si diceva Claudio, da quell’uomo razionale che è sempre stato.
Detto fatto: nel giro di poco tempo Claudio, assieme alla moglie Giovanna, si mette alla ricerca di vari “medium” ritenuti attendibili, affrontando lunghi viaggi in vari Paesi, compresi gli Stati Uniti. Come sempre succede in questi casi, la pazienza viene premiata: i due coniugi ottengono svariati messaggi da numerosi medium, in grado di convincere chiunque vuoi dell’autenticità della fonte vuoi della attuale sorte, assolutamente invidiabile del figlioletto.
Tuttavia Claudio, il quale era già diventato quel grande ricercatore nel campo della scienza di confine che è tuttora, non si sentiva ancora soddisfatto di tutto ciò. Consapevole di una grande, ancora purtroppo sostanzialmente ignorata legge di natura, la quale vuole in linea di principio possibili a una specie intera (nel nostro caso, quella umana) le prestazioni che riesce a raggiungere un membro solo della razza in questione, si chiedeva perché mai ciò non dovesse valere anche per la comunicazione con l’altra dimensione, una volta accertata l’autenticità del fenomeno (fatto del quale ormai era sicuro). In effetti, da più parti – e da più “medium”- si era sentito dire che tale grande possibilità è accessibile a tutti.. Il problema, a quel punto era solo uno: trovare la strada.
Il medico di Lauria (Potenza) prosegue allora la sua ricerca, finché si imbatte in Bruce Moen, interessante e singolare figura di ingegnere informatico americano, sulla quale torneremo. Fu come la scintilla nel motore. “Grazie al metodo ideato e insegnato da Moen sono giunto, alla fine degli Anni Novanta, alla consapevolezza in virtù della quale posso dichiarare con tutta sincerità”, spiega il dottor Pisani, che in fin dei conti, non è nemmeno necessario rivolgerci ai “medium” per contattare i nostri cari. Possiamo pure “andare a trovarli” noi. Io ce l’ho fatta di conseguenza, tutti possono riuscirvi. Seguendo appunto il metodo citato, Claudio, oltre a incontrare il proprio figlioletto (come è logico), “si sintonizza sulla. lunghezza d’onda” di un determinato trapassato, per voi verificare rigorosamente, assieme al congiunto che gli ha chiesto il contatto, l’attendibilità dei dati acquisiti. I risultati sono sorprendenti. Ad esempio, una volta si rivolse a lui la moglie di un giovane appena trapassato in circostanze ancora poco chiare.

Come è suo costume, il “medico-medium” non aveva voluto sapere altro all’infuori del nome del trapassato e del grado di parentela che lo lega a chi si rivolge a lui. “Una volta raggiunta attraverso la meditazione il livello profondo, percepii perfettamente il giovane, del quale riuscii a fornire una descrizione fisica che poi risultò molto azzeccata. Quindi mi furono mostrati, come in un film, gli ultimi giorni della sua tormentata esistenza. Vidi il suo arresto, da parte di una pattuglia di carabinieri, scene della sua detenzione, quindi il rilascio, seguito da una corsa in moto, che doveva diventare la causa del suo trapasso”.
Seguì un commovente dialogo tra il giovane da un lato, la moglie e il figlio quindicenne dall’altro.
In un’altra occasione Claudio ricevette- certo non fu la sola volta- una interessante profezia. “Mio padre, medico anche lui, mi mostrò un novo tipo di strumento diagnostico”, racconta, “una TAC olografica da cui è possibile manipolare le immagini del paziente attraverso lo schermo, come se fossero vere, ossia tridimensionali. Mio padre annunciò che presto l’apparecchio sarebbe arrivato pure da noi e si sarebbe chiamato “3D-TAC”.” Ebbene, circa un anno dopo il prof. Harodl Garner, texano, riuscì a sviluppare i primi filmati “olografici” del mondo. “L’invenzione”, precisa il dott. Pisani, “risulta effettivamente in grado di proiettare immagini olografiche (ossia tridimensionali), le cui principali applicazioni dovrebbero essere radiologiche e militari”.
Claudio mette gratuiatmente la propria consapevolezza e le proprie scoperte a disposizione e ha creato un sito internet allo scopo (www.ampupage.it )

La scienziata che dimostrò l’inesistenza della morte

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C’era una volta una ragazzina che si chiamava Elisabeth. Era una bimba estremamente vivace e curiosa.. Aveva una famiglia che le voleva bene, benché, come era costume dell’epoca, i genitori fossero decisamente severi con lei. Era trigemina: aveva due sorelle gemelle, oltre a un fratello. Crebbe in Svizzera, in un ambiente relativamente agiato. Più si avvicinava all’adolescenza, come d’altra parte è tipico dei temperamenti più intelligenti e più si sentiva irrequieta, stimolata da mille domande, in particolare sul senso della vita. Quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale, Elisabeth resta molto colpita dalla tragedia e, al termine del conflitto, organizza un gruppo di volontari, coi quali parte alla volta della Polonia per portare aiuto alle popolazioni devastate dalla guerra. Elisabeth diventa allora la dottoressa Kuebler, si specializza in neuropsichiatria, sposa un collega, il dottor Ross e si trasferisce negli Stati Uniti. Lì decide di perseguire l’intuizione che da tempo le era balenata nella mente: aiutare i morenti. A quell’epoca la giovane dottoressa non aveva affatto le idee chiare circa la vita dopo la vita, così come non le aveva chiare neppure su Dio. Tra l’altro, la rigida formazione religiosa protestante ricevuta in famiglia e a scuola l’aveva lasciata molto perplessa, sicché Elisabeth aveva finito con l’accantonare il problema religioso. Ciò che veramente le premeva era riuscire da un lato a prestare il maggior conforto e sollievo possibile ai pazienti ormai in procinto di lasciare questa esistenza, dall’altro a scoprire il maggior numero possibile di informazioni circa ciò che essi provano e sentivano. Teniamo presenti due punti essenziali: Elisabeth era quindi animata tanto da un grande amore nei confronti quanto da un sincero e profondo desiderio di verità.
Ben presto la giovane dottoressa si accorge di un fatto sconcertante: i moribondi, lungi dal dimostrarsi tristi e infelici, almeno da un certo momento in poi, sembrano vivere una esperienza estremamente gratificante, come se fossero ormai approdati a una isola felice, valicando una invisibile barriera che divide la dimensione terrena da quella destinata a chi ha ormai lasciato il corpo. Ma c’è di più e dell’altro: molti di coloro che erano tornati nella nostra dimensione dopo una condizione di coma o addirittura di morte clinica riferiscono esperienze di luce, di amore e di gioia di intensità tali di cui sulla terra non esisterebbe nemmeno l’ombra.. Sono tutti convinti di aver realmente vissuto quei momenti, spesso accompagnati da incontri con congiunti trapassati.. Insomma, non si tratta di visionari: d’altra parte, riflette la dottoressa, i resoconti di tali presunti “viaggi nell’aldilà” coincidono tutti in termini impressionante, indipendentemente dal fatto di essere riferiti da bimbi di quattro anni o da centenari. Età, grado di istruzione, classe sociale, razza e sesso sembrano proprio non contare nulla: una volta si diceva che davanti alla morte si è tutti uguali, ora verrebbe voglia di dire che nell’aldilà si è tutti uguali (nel senso che viene percepito allo stesso modo). Come se tutto ciò non bastasse, a confermare l’autenticità di tali “viaggi nell’aldilà” contribuisce pure un altro fattore, certo di importanza non trascurabile: molti “resuscitati” riferiscono fatti dei quali dichiarano di essere venuti a conoscenza proprio mentre si trovavano “nell’altra dimensione”.

Di tali fatti viene a più riprese dimostrata l’autenticità: basti per tutti il caso della giovane indiana d’america, entrata in coma a seguito di un incidente automobilistico, la quale, non appena tornò in sé, riferì del decesso del padre, avvenuto a migliaia di chilometri di distanza a causa di un arresto cardiaco. La coraggiosa dottoressa, circondata sin dagli inizi da una équipe di giovani colleghi animati dagli stessi ideali, prosegue con entusiasmo e passione le sue ricerche, le quali confermano massicciamente la convinzione, alla quale era giunta già pochi mesi dopo l’inizio dell’avventura, spiegata in termini estremamente convincenti nella celebre intervista rilasciata poi parecchi anni dopo al periodico Playboy, nel 1969. “A mio parere è da considerarsi attendibile e serio sul piano scientifico il ricercatore, il quale trasmette l’esito del proprio lavoro e inoltre motiva le ragioni sulla base delle quali è giunto alle sue conclusioni. Sarebbe assolutamente legittimo manifestare sfiducia nei miei confronti e persino accusarmi di prostituzione, se io trasmettessi all’opinione pubblica soltanto ciò che a questa piace sentire. Lungi dal me l’idea di convincere o addirittura di convertire il prossimo.

Ora, il mio lavoro consiste essenzialmente nel trasmettere i risultati della mia ricerca. Proprio sulla base di tali ricerche sono giunto alla convinzione base, secondo cui ciò che chiamiamo morte non è altro che il passaggio a un’altra forma di vita, a un’altra dimensione, assai più felice di questa.” Al giornalista che si mostrava (o fingeva di mostrarsi sorpreso) del suo credere nell’aldilà, rispose: “Non si tratta di credere nell’aldilà, bensì di sapere che c’è. La differenza è enorme. Io non credo nell’aldilà, so che c’è.” Facendo un passo indietro di alcuni anni, Elisabeth aveva ricevuto un aiuto molto particolare nella sua impresa. Pur essendosi gettata nell’impresa anima e corpo, infatti, la dottoressa si era trovata ad attraversare un momento di crisi. Pur senza che ciò la smuovesse di un solo millimetro dalle sue convinzioni, nel suo ambiente professionale il suo singolare impegno le aveva creato non poche difficoltà e contrasti, i quali avevano a loro volta causato problemi in famiglia (anche a causa dello scetticismo e della gelosia del marito). Per farla breve, pur a malincuore la dottoressa aveva deciso di abbandonare il campo… Proprio la mattina in cui la attendeva l’ingrato compito di spiegare ai suoi collaboratori la sua scelta, per sciogliere il gruppo, le capitò di imbattersi nell’ascensore dell’ospedale in un personaggio assai singolare.

Una signora elegante e dall’aspetto assai sereno le sorrise e la salutò. “Devo essere proprio esaurita”, pensò Elisabeth. “Adesso mi metto persino a vedere i fantasmi. Mi sembra di trovarmi accanto alla signora Schwarz”. Si trattava di una sua anziana paziente, che la dottoressa aveva seguito particolarmente da vicino nel suo percorso di trapasso, contenta di vederla lasciare questo mondo assolutamente felice. La misteriosa signora, la quale assomigliava appunto in maniera incredibile alla paziente in questione, anche se assai ringiovanita, dopo averla salutata le rivolse la parola. “Buongiorno, signora”, rispose Elisabeth imbarazzata, continuando a interrogarsi circa l’identità della misteriosa donna e non potendo far a meno di constatare con certezza sempre maggiore l’incredibile somiglianza tra la trapassata paziente e lei. “Pensi che l’avevo scambiata per una mia paziente…trapassata.. Non è buffo (cos’ almeno mi dirà chi è, pensava). “Si tratta per caso della signora Schwarz, dottoressa?”, fece l’altra. “Proprio lei? Per caso lei la conosceva?” “Altro che! Io sono la signora Schwarz!” “Ma ma ma…la signora Schwarz è deceduta.. Io stessa ero presente al momento del trapasso..” “Certo, dottoressa, ma lei sa meglio di me che la morte non esiste! Quante volte ne parlammo, ricorda?” “Ricordo perfettamente, ma questo significa che voi potete tornare tra noi?”, chiedeva Elisabeth, sbigottita. “A volte è possibile, d’altra parte ricorderà pure le nostre conversazioni a proposito della comunicazione tra i due mondi e lei si è sempre detta convinta della possibilità di tali contatti.. Comunque, sono venuta per trasmetterle un messaggio importante: il mondo spirituale si congratula con lei e coi suoi collaboratori per il vostro lavoro, ma è assolutamente indispensabile che non molliate, che continuiate.

Da parte nostra, vi forniremo tutto l’appoggio necessario. Occorre che lei trasmetta questo messaggio ai suoi collaboratori e in particolare al Reverendo Johnson (un pastore evangelico attivo presso lo stesso ospedale, il quale si era di recente distaccato dal gruppo di ricerca, dopo aver collaborato con entusiasmo). Comunque, le darò una prova della mia identità: adesso noi andremo insieme al suo studio, dove io mettere per iscritto e firmerò il messaggio che le ho appena trasmesso. Lei potrà effettuare una perizia calligrafica, grazie alla quale, confrontando il messaggio con i documenti conservati nell’archivio dell’ospedale, potrà sconfiggere ogni dubbio. Detto fatto. La visitatrice dall’aldilà, una volta trascritto il messaggio, si congedò da Elisabeth. La perizia calligrafica confermò l’identità della signora Schwarz e naturalmente la dottoressa Kuebler Ross tornò sulla propria decisione, seguita a ruota dal Reverendo Johnson, sicché l’opera di costruzione di un ponte tra i due mondi continuò più alacremente di prima. Né l’intrepida dottoressa si fermò qui: l’”incontro ravvicinato del terzo tipo” con l’altra dimensione la rafforzò nel suo proposito di sconfiggere il tabu della morte, dimostrando al mondo la sua vera natura, quella di passaggio alla dimensione spirituale, studiando a fondo i fenomeni medianici. Come accade non di rado in tali casi, Elisabeth diventò ella stessa protagonista e “tramite” di numerosi fenomeni medianici. Donando speranza e certezze a milioni di genitori, di mogli, di figli segnati da un lutto, non risparmiò nulla di sé nell’intento di trasmettere al mondo le certezze spirituali e scientifiche ad un tempo, alle quali era pervenuta.
Tanto erra convinta di ciò che aveva imparato e insegnava, da volere che il suo trapasso fosse festeggiato alla grande, da parenti e amici. E così fu, nel settembre del 2004.

Marino Parodi


Esplode lo scaldabagno: Aldilà e ritorno per Hilde

 

Hilde Genoese – 53 anni – è una nota pittrice milanese che ora vive e lavora a Corte Maggiore (PC). Nell’estate del 1979 – all’età di diciassette anni – ha subito un grave incidente domestico per lo scoppio dello scaldabagno.

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Hilde vuoi raccontarci cosa ti è successo?

«Quel lontano pomeriggio estivo nella mia casa a Milano mi avvicinai brevemente  al confine fra la vita e la morte. Non so spiegare diversamente ciò’ che mi successe…Era ora di pranzo e mi trovavo in casa da sola.  Dovevo lavare i piatti….Così aprii il rubinetto dell’acqua, misi i guanti di gomma, ma mi accorsi che non arrivava acqua calda perché lo scaldabagno non era acceso. Gli scaldabagni di un tempo erano ad accensione manuale, quindi bisognava accendere la fiammella; non era automatico.  Così, senza chiudere il rubinetto, mi sfilai con calma i guanti e mi misi alla ricerca dei fiammiferi, che non trovavo. Finalmente li trovai, a questo punto penso di aver chiuso il rubinetto dell’acqua, ma non ricordo questo particolare, presi una sedia per arrivare allo sportellino per l’accensione. Salì e sfregai il fiammifero sulla scatoletta per accenderlo(non pensando assolutamente che avendo lasciato  aperto il rubinetto dell’acqua calda senza aver acceso preventivamente lo scaldabagno, in contemporanea era uscito il gas dalla bocchetta)».

Ci fu un’esplosione?

«Sì, l’ambiente  piccolo della cucina fece il resto. Fu una leggerezza dovuta all’inesperienza e all’età. Fu unattimo.Ci fu un’esplosione. Una luce abbagliante davanti agli occhi, una vampata di calore  in viso poi nulla, nessun dolore. Silenzio. Immediatamente in un battito di ciglia, mi ritrovai in un luogo che non conoscevo, c’era una nebbia diffusa intorno a me che non mi faceva vedere nulla oltre una certa distanza, ma era tutto luminoso».

Dove ti trovavi? 

«Ero sempre io, mi sentivo un corpo, pensavo quindi ero. Ma non ero più in cucina. Questa era una certezza, quindi pensai:“sono morta!”. “Ma che  modo di morire!” Pensai fra me e me ridacchiando malinconicamente. Se me lo avessero detto stamattina che sarei morta così stupidamente non ci avrei creduto! Non ero disperata, ma sorpresa e un po’ arrabbiata con me stessa».

Cosa hai visto?  

«Mi guardai intorno, solo nebbia grigia, ma luminosa, come se celasse una grande luce, un po’ come quelle giornate belle in pianura dove c’è’ la nebbia, ma tu sai che oltre c’è’ il sole, perché c’è una luce diffusa».

Cos’hai provato in quel momento? 

«Ho pensato: “Non mi lasceranno qui da sola,spero.Verrà qualcuno a prendermi”. Mi guardavo intorno… Immediatamente come  a rispondere alla mia chiamata una figura alta e austera si presentò’ davanti a me, sembrava avesse una tunica fino ai piedi, grigia. Non vedevo i suoi lineamenti, ma ne avvertivo l’autorità. Pensai titubante: “saràSan Pietro!” Questa figura non parlava, ma interagiva con i miei pensieri. Aprì un enorme libro che teneva fra le mani.Fra me e me pensai “adesso mi dirà ‘hai fatto questo, hai fatto quello’, come dicono sulla Terra”. Il libro della vita.

Hai rivisto la tua vita?

«Sì, come  per magia iniziai a rivedere la mia breve vita partendo dall’inizio.Dalla gestazione. Mi rividi feto nel ventre di mia madre.La cosa meravigliosa è che vedevo e rivedevo con gli occhi di allora, con le stesse emozioni.Vedevo la luce che filtrava dal grembo di mia madre, rosata. Sentivo il suo battito del cuore e avvertivo il suo grande amore per me. Che cosa meravigliosa!Poi cambiò di colpo tutto mi rividi piccola nel lettino in camera dei miei. Vedevo tutto dall’alto, mia madre che veniva a prendermi perché mi ero appena svegliata. La gioia era immensa nel sentire il suo abbraccio  di mamma che mi tirava fuori dal lettino a sponde alte».

E poi?

«Poi velocemente vidi un’altra scena. Ero in un sito archeologico con i miei genitori…ero molto piccola, forse un paio d’anni, iniziai a camminare, mia madre preoccupata disse a mio padre di non farmi camminare perché sarei caduta, mio padre rispose a  mia madre che dovevo imparare a camminare da sola e mi lasciò la mano come previsto da mia mamma caddi ferendo i leggermente al ginocchio, i miei bagnarono un fazzoletto alla fontana per pulire la ferita. Altro cambio di scena velocissimo ero in un parco con mia mamma…vedevo tutto dall’alto ma istantaneamente entrai in quella piccola bambina che correva nel Prato …ero io lo sapevo….rincorrevo un passerotto che saltellava nell’erba, sono un bimba di circa due anni…vedo i miei piedini che camminano incerti e lo rincorrono nel prato….con il mio piedino inavvertitamente mi sembra di aver calpestato il passerotto…..disperata e piangente mi giro verso mia mamma in cerca d’aiuto…ed ecco che esco da mio corpo di bimba e mi ritrovo in alto con una visione a 360 gradi. Vedo il passerotto volare dietro le mie spalle di bimba. “È felice”– esclamo – “ma allora si è’ salvato”. Ho sempre pensato di averlo schiacciato! Tutto questo era un magnifico spettacolo tridimensionale, interattivo. Ero protagonista e spettatrice insieme. Come dei flash veloci mi scorrevano davanti agli occhi alcuni episodi della mia breve vita».

Insomma tutte scene della tua vita…

«In un attimo mi vedo più ‘ grande, penso sui cinque anni. Sto portando al terzo piano il seggiolino del passeggino di mia sorella che mi ha chiesto mia mamma. Faccio un po’ fatica, si apre una porta sul pianerottolo ed esce una signora che mi chiede cosa sto facendo. Mi dice che sono brava e vuole premiarmi…rientra in casa ed esce con un anatroccolo di peluche tutto rosa. Mi sentivo orgogliosa di me…un premio! Ed ecco che mi ritrovo nell’immensità del cosmo, fra galassie e stelle e vedo la Terra in lontananzain un silenzio assoluto, bellissima, perfetta. È in quel preciso istante qualcosa di grande mi viene svelatoe mi dico “adesso capisco perché si vive e perché’ si muore. Adesso tutto ha un senso!”»

Ti sentivi viva?

«Sì, poi ho visto il mio funerale. Sempre dall’alto ho visto una folla immensa e il corteo funebre percorre la via dove abito per dirigersi verso la chiesa. In un istante ho visto tutto da un’insolita posizione. Ero seduta sulla mia bara e di fronte ai miei genitori, che seguivano il corteo funebre. Ero tristissima non ero morta, anzi, mi sentivo più viva che mai. Ero profondamente infelice nel vedere il loro dolore e soprattutto per non riuscire a comunicare con loro, per dire che stavo bene ed ero felice».

Come sei ritornata nel tuo corpo?

«Ritorno nella nebbia ma ora non sono più sola. Davanti a me un ruscello con un piccolo ponte…dall’altra parte tante figure, che riconosco a me legate affettivamente ma di cui non distinguo i lineamenti. e rifletto fra me e me….ho perso solo i nonni e un fratellino appena nato…invece ci sono tante persone che mi aspettano, com’è’ possibile?. Dietro di loro un enorme cancello in ferro battuto chiuso. Dietro il cancello la nebbia sembra più luminosa, quasi diradata. Le comunicazioni fra me e loro erano telepatiche, immediate, non c’era possibilità’ di fraintendersi o non capire. Mi chiesero se volevo rimanere con loro o tornare sulla Terra, usando questa espressione. Senza esitazione penso è questa la vera Casa la vera vita! Voglio stare con voi, ma nello stesso istante in cui faccio il passo per attraversare il ponte che mi porta da loro ho un momento di esitazione, penso a quanto dolore avrei dato ai miei con quella scelta…l’avevo visto. Immediatamente mi respingono dicendomi che non era ancora arrivata la mia ora. Vengo risucchiata verso il basso in un vortice di luci e colori al quale cercavo di oppormi con tutte le mie forze. Aggrappandomivolevo vedere di più, volevo sapere di più. Il tutto ad una velocità supersonica, inseguita da una voce che mi diceva che non potevo spingermi oltre, di non oppormi. Di colpo passai dal frastuono al silenzio della mia cucina. Vedevo il mio corpo sotto di me, da un’insolita prospettiva, in ero sopra al mio corpo, vicino al soffitto in un silenzio totale. Sentivo l’acqua sgocciolare nel lavello…come una goccia d’olio ridiscesi dentro il mio corpo, dalla sommità’ della testa. Quel corpo che sapevo essere il mio  e che guardavo come un mio abito usato,  perché era estraneo al mio essere. Sentivo di avere un corpo, come prima, che rispondeva ai miei comandi. Pensavo, consideravo, quindi ero!  Dopo qualche secondo cominciai  a vedere le cose intorno da una altezza umana e mi domandai se fossi ancora viva. Ma ritenevo la cosa impossibile, considerando tutto quello che avevo vissuto. Decisi di darmi un pizzicotto per sentire se avvertivo qualche sensazione. Lentamente avvicinai le braccia e con mia grande sorpresa avvertii il pizzicotto…spalancai gli occhi incredula…poi mi sistemai quel corpo,  esattamente come si fa con un vestito messo male. Mi accorsi di essere ancora in piedi sulla sedia, le gambe cominciarono a tremarmi, perché stavo realizzando quello che era successo, che faceva a pugni con la mia razionalità. Così scesi a terra, andai al lavandino e con la mano bevvi un sorso d’acqua per riprendermi dallo spavento. Mi guardai intorno e vidi la schermatura di ferro dello scaldabagno scaraventata in corridoio, qualche metro più in là. Poi corsi allo specchio a guardarmi il viso, temevo il peggio, pur non sentendo ne’ dolore ne’ bruciore. Vidi che avevo bruciato ciglia e parte delle sopracciglia, un po’ i capelli, ma fortunatamente nessuna ustione sulla pelle. Altri danni non ce n’erano stati, a parte la grande paura. Ma ero perplessa, come giustificare l’esperienza fatta. Dopo poco arrivò il ragazzo che sarebbe diventato mio marito. Ascoltò il racconto e bonariamente ci rise sopra. Come dargli torto. D’altronde non sapevo spigarmelo pure io. Chiamai l’idraulico che rimise lo scaldabagno in funzione e a posto, anche lui spaventato e soprattutto perplesso sul fatto che nessuno avesse sentito l’esplosione che c’era stata, visto le conseguenze, ma essendo all’ultimo piano di una palazzina di otto piani poteva essere giustificato».

Questa esperienza ti ha cambiata?

«Passarono mesi, anzi anni, in cui mi sentivo effettivamente sola, non capivo quello che era successo; non ne potevo parlare con nessuno, a parte la famiglia e gli amici più’ stretti. Io stessa facevo fatica a far collimare la mia razionalità con quell’episodio così’ strano.Quando vedevo un funerale ripensavo a come l’avevo vissuto io dall’altra parte e, mi vergogno a dirlo, sorridevo perché’ non avevo più quel senso di paura della morte. Non avvertivo più lo sgomento della morte, ormai dentro il mio cuore avevo la certezza che tutto non finiva con il corpo.Un giorno passeggiando per le via del centro di Milano entrai in una libreria. C’era una pila di libri in offerta e me ne capitò in mano uno: ”Vita oltre la vita” di Raymond Moody. Lessi l’introduzione e….con una gioia incredibile scoprii che parlava di esperienze di premorte come la mia. Non ero la sola! Ad altri era successo qualcosa di “strano” come me. Corsi a casa e avidamente mi buttai nella lettura. Più leggevo e maggiore era la mia certezza che stavamo parlando della stessa cosa. Così’ capii che certi passaggi di questa esperienza era comune in molte persone in pericolo di vita o prossime a morire.Non importava sesso, età’, istruzione, credo religioso…tutti avevano vissuto visto parte o tutta la mia esperienza. Per tutti la vita era cambiata, i valori erano diversi e soprattutto qualcuno aveva portato con sé un “dono” spirituale. Capii anche che la mia esperienza era stata completa, praticamente avevo vissuto tutti i passaggi principali. Uscita dal corpo,incontro con essere  superiore, filmino tridimensionale sulla propria vita, tunnel di luce, il ritorno.Fu un sollievo enorme capire che non ero sola al mondo ad aver avuto una simile esperienza».

Quanto è durata questa esperienza?

«Non so dirlo. Secondo me è stata un’esperienza fuori dal tempo. Ho avuto un’esperienza lunga stando in piedi sulla sedia di fronte allo scaldabagno. Ero sola in casa e nessuno può dirmi quanto è durata. Mio papà era al lavoro e mia mamma al mare con mia sorella».

Non hai guardato che ore erano prima e dopo?

«All’ora di pranzo, ma non ho guardato l’ora. Ero talmente spaventata di quello che era successo che l’ultimo di miei pensieri era guardare l’ora»

È arrivata l’ambulanza?

«No, no. Non ho avuto danni gravi. Ho solo chiamato l’idraulico».

Eri religiosa a quel tempo?

«Non particolarmente. Andavo in chiesa la domenica, all’oratorio.Ma anche adesso. Ho tutto un mio modo di pensare».

Con chi ne hai parlato?

«Con i miei genitori e col mio ragazzo. Ma erano perplessi. Ho passato degli anni pensando che ero impazzita. Ho avuto un’illuminazione solo dopo che ho letto il libro».

Dopo quanto?

«Dopo quattro anni»

Ne hai mai parlato con un prete?

«No»

Ma poteva essere un incidente mortale? Se tu dicevi che volevi restare allora morivi?

«Non era il mio momento, ma può darsi di sì. Tu senti che la tua vera vita è la e la tua vera casa è là»

Come è cambiata la tua vita?

«Ho una grande moralità. Come se avessi fatto un catechismo forzato. So che sarò il giudice di me stessa e vedrò solo cose belle e che l’amore è la cosa più importante. Il bene che si fa. Ho visto solo scene in cui davo o ricevevo amore. Non sono riuscita a rimanere in politica. Mi sono tolta. Ero stata eletta».

Hai visto anche il male fatto?

«No. Non ho visto niente di spiacevole. Solo cose di amore»

Che faccia aveva questo essere?

«Non facevano paura, ma non vedevo il viso. Era tutto grigio, non vedevo nulla»

Questo essere senza volto parlava in italiano?

«Eh sì. Una voce maschile»

Profonda?

«No, una voce normale, ma ne avvertivo l’autorità. Ne avevo soggezione. È stato un accompagnatore solo all’inizio dell’esperienza. Non diceva nulla»

Come comunicavate?

«Mentalmente»

Hai visto Dio?

«No, ho visto questa figura che ritenevo autorevole, ma non mi dava giudizi».

Qual è l’ultima cosa che ricordi?

«Un gran calore sul viso e un gran bagliore il rumore dell’esplosione. Ero in piedi su una sedia e alla fine ero ancora là in piedi sulla sedia»

Come hai fatto a non cadere dalla sedia dopo l’esplosione?

«Non lo so»

Vedevi tutto della tua vita?

«Solo alcuni episodi come dei flash»

Perché hai deciso di tornare?

«Per non condannare i miei genitori ad una sofferenza atroce.

Hai delle capacità particolari adesso?

«Ora ho dei doni. Dipingo molto meglio di prima. Vittorio Sgarbi è venuto a casa mia e si è stupito. Ma non gli ho detto dell’esperienza. Poi ho le mani con un calore speciale.Per me c’è stata un’ulteriore conferma perché guardando una trasmissione televisiva ho indovinato cosa c’era nascosto in una scatola, ma ora non ho più queste capacità»

Ora sei religiosa? Vai a Messa tutte le domeniche?

«Non tutte le domeniche, ma spesso»

Come mai?

«Non ritengo questa cosa importante tanto quanto il comportarsi bene. È il Vangelo vissuto che è importante»

Credi che esistano il Paradiso e l’Inferno?

«Sì»

Purgatorio?

«Sulla Terra»

Perché è successo a te?

«Non lo so»

Li hai visti?

«No, ho visto solo nebbia luminosa»

Intervista di Giorgio Nadali

 

 


Esperienze di pre morte e fisica quantistica

 

 Tutti abbiamo sentito parlare di persone che – entrate in uno stato di coma – hanno “visto” luci in fondo ad un tunnel e il loro corpo dall’esterno. Ma cosa c’è di scientifico in tutto questo? Quali sono le ultime indagini? La sfida più grande per le esperienze di premorte – note come NDE – sta nel chiedersi come sia possibile che questi complessi stati di coscienza, comprese la percezione sensoriale e la memoria possano avvenire in condizioni in cui i modelli neuropsicologici della produzione del pensiero dal parte del cervello li ritengano impossibili. Questo conflitto tra l’ortodossa neuropsichiatria e le NDE è inesplicabile in condizioni di arresto cardiaco. Nel 1980 alcuni scienziati hanno ipotizzato che le NDE fossero causate da diossido di carbonio formatosi nel cervello. Ipotesi poi smentita. Nel 1961 Carl Gustav Jung descrisse una sua personale esperienza di premorte avveduta dopo il suo incidente del 1944. Anche Hemigway, Hugo, Tolstoj, Platone, descrissero esperienze simili. Alcuni parlano delle esperienze extracorporee (OBE) come dovute alla cosiddetta “depersonalizzazione somatopsichica” in situazioni di forte stress emotivo. Nel 2001 il cardiologo Pin Van Lommel pubblicò sull’autorevole rivista medica «The Lancet» uno studio di dieci anni e concluse che le NDE non potevano essere spiegate a meno di slegare il concetto di coscienza dall’attività cerebrale. Su «Scientific American» del marzo 2003, Michael Shermer contestò aspramente questa tesi. Piuttosto, le cause delle NDE sarebbero da cercare nell’anossia cerebrale e nei cambiamenti ischemici. Tuttavia sinora non è mai stato provato scientificamente che la coscienza sia un prodotto del cervello… Gli studi scientifici più significativi sulle NDE sono quelli della psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross (1926-2004) che nel 1970 tenne seminari sull’immortalità umana presso l’Università di Harvard e dello psicologo americano Raymond Moody. Tuttavia uno studioso ha affrontato dal punto di vista della meccanica e fisica quantistica – fondata da Max Planck – il caso delle NDE. Si tratta di T. Lee Baumann di Birmingham (Alabama, USA). Nel 1970 il dottor Baumann – medico e studioso di geriatria e medicina interna – inizia la sua indagine come scettico. Oggi è arrivato a unire il concetto soprannaturale di luce descritto nelle NDE con quello scientifico e fisico della luce. Gli esperimenti scientifici attestano che la luce sia onnipresente e onnisciente, come risultato della sua natura quantica. È possibile che la luce e Dio siano la stessa cosa? Secondo Baumann si possono definire nove interessanti aspetti della luce vicini all’esperienza soprannaturale:

 

1)   La luce era pervasiva al momento del Big Bang.

2)   Tutta la materia è riconducibile alla radiazione elettromagnetica (inclusa la luce).

3)   Il concetto di tempo cessa di esistere viaggiando alla velocità della luce (e quindi si entra nel concetto di eternità).

4)   L’energia della luce è infinita.

5)   Gli esperimenti della fisica dimostrano che le particelle di luce comunicano tra loro.

6)   La luce è l’entità amorevole che accoglie chi vive le NDE.

7)   La Bibbia e le maggiori religioni si riferiscono a Dio come luce.

8)   È l’esperienza umana che trasforma le onde della luce in particelle di luce. Il 4 luglio 2001 La rivista «New Scientist» riferì nell’articolo «Taming the Multiverse» circa l’evidenza scientifica degli universi paralleli. Una realtà multidimensionale che sosterrebbe i risultati delle ricerche nel campo delle NDE dopo la morte del corpo.

9)   La seconda legge della termodinamica (l’entropia) teorizza un progetto intelligente complesso e infinito già esistente nella singolarità del Big Bang.

 

La fisica quantistica suggerisce che l’universo potrebbe essere cosciente e che ogni coscienza sia un frattale. Molti scienziati non credono più in un universo generato casualmente da una sorta di polvere primordiale. Christian de Duve – biologo molecolare premiato col Nobel – descrive l’universo come qualcosa che abbia un imperativo cosmico di sviluppare la vita cosciente. La struttura stessa delle molecole che compongono gli esseri viventi impone che la vita cosciente si evolva. L’astrofisico Fred Hoyle è d’accordo sul fatto che le leggi fondamentali dell’universo, che governano la creazione di soli, pianeti e galassie possano implicare che la vita cosciente sia il risultato finale di queste leggi universali. Il biologo evoluzionista Rupert Sheldrake va anche oltre, affermando che ci sono forme di energia nell’universo che si trasformano in vita. Se questo è vero, allora questo si può applicare alle altre dimensioni della realtà composte di particelle elementari subatomiche. Il paranormale ora sembra meno fantasia e più percezione di altre realtà di coscienza già individuate dalla scienza moderna. Le NDE possono essere semplicemente la controparte clinica a ciò che i fisici sperimentali hanno trovato in laboratorio. Il fisico (premio Nobel per la fisica nel 1945) Wolfgang Pauli (uno dei padri fondatori della meccanica quantistica) e Carl Jung hanno sviluppato il concetto di sincronicità: la teoria che sostiene che i modelli nascosti nella vita possono essere espressi da eventi apparentemente casuali, e che in questi modelli vi è rappresentata la comunicazione con una mente cosciente universale.

Il premio Nobel del 1922 per la fisica Niels Bohr – padre fondatore della fisica quantistica – scoprì che esiste un’interconnessione tra gli eventi indipendenti subatomici e la vita. Quando Jung per primo avanzò, la sua idea, la maggior parte dei fisici non lo prese sul serio (anche Wolfgang Pauli ritenne la cosa sufficientemente importante da scrivere un libro insieme con lui sul tema, intitolato L’interpretazione e la natura della psiche). Ora che l’esistenza di connessioni è stata stabilita, alcuni fisici stanno riscoprendo l’idea di Jung. Il fisico Paul Davies afferma: «Questi effetti quantistici sono infatti una forma di sincronicità, nel senso che essi stabiliscono una connessione – più precisamente una correlazione -. tra gli eventi per i quali è vietata qualsiasi forma di legame causale». Questa teoria sostiene una realtà che corrisponde alle NDE: gli stati diversi di coscienza e realtà parallele sono scientificamente provati. Nel numero di giugno 1994 della rivista «Discover Magazine» è stato pubblicato un articolo intitolato: «La coscienza dei Quanti» sul come la coscienza e la fisica quantistica siano intimamente connesse. La “coscienza quantica” è il punto di unione attuale tra le ricerche sulle NDE e la fisica quantistica. Il confine tra scienza e soprannaturale rimane aperto.

Giorgio Nadali


Aldilà & Curiosità. Tutto ciò che avreste sempre voluto sapere sull’oltretomba

di Giorgio Nadali 

 www.giorgionadali.it

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ZOMBIE  (Vodou)

I film dell’orrore li hanno resi celebri. Sono i morti viventi. Per il culto animista del Vodou di Haiti esistono veramente. Per capire in quale contesto si inserisce il vero zombi, dobbiamo ricordare che Vodou vuol dire “spirito”.  Il Vodou anima la società di Haiti. Sebbene quando si pensa al Vodou ci viene istintivamente in mente qualcosa che ha a che fare con la magia nera e la stregoneria, il Vodou è qualcosa di più complesso e profondo.  E’ la religione popolare di Haiti, che si è formata attraverso la commistione di antiche credenze di origine africana (Benin). Per Mons. Guy Poulard, vescovo di Haiti, una buona parte della popolazione partecipa ai riti Vodou di notte e a quelli cattolici di giorno. La forza del Vodou può essere usata per il male, ma anche per il bene. Ad Haiti vi è un rapporto molto particolare con i propri defunti. I bambini giocano sulle tombe di famiglia situate nel giardino di casa, buone anche per stendervi la biancheria lavata. La zombificazione di una persona è una forma di stregoneria del Voodoo di Haiti. Consiste in una morte apparente per togliere la libertà ad una persona, non più meritata a causa di qualche gesto grave compiuto, come l’omicidio o lo stupro. Chi ha subito un torto può rivolgersi ad uno stregone Voodoo, chiamato bokor. Lo zombie diverrà come uno schiavo. Potrà essere venduto e comprato.  Se la persona che ha acquistato lo zombie muore, allora potrà riscattarsi (mediante una pozione antidoto), ma non potrà tornare al suo villaggio di origine, poiché è stato condannato. Come avviene la condanna per zombificazione? Tecnicamente attraverso una neurotossina che induce una forma catalettica che prelude ad un avvelenamento successivo più grave e talvolta alla morte. Mediante dei rospi di tipo amazzonico (Bufo alvarius, Bufo marinus) oppure il veleno del pesce palla, si estrae la bufotenina (5-MEO-DIMETILTRIPTAMMINA), o tetradotoxina (TTX), da cinquanta a cento volte più potente della digitale. Il condannato sembra clinicamente morto e viene seppellito ancora cosciente. Di notte il corpo dello zombie viene risvegliato dal bokor in un cimitero, con un’altra sostanza che cancellerà la personalità del condannato e lo renderà un automa, suo schiavo. Sarà senza memoria e volontà, con occhi vitrei e voce nasale. Potrà essere venduto. L’antidoto usato è la datura, una pianta che contiene nei semi e nei fiori degli alcaloidi come la scopolamina e l’atropina. Alcaloidi che producono effetti di controllo mentale. La parola zombie deriva da quella creola Nzambi, una divinità dell’Africa occidentale. La pratica di zombificazione non è molto frequente ed esiste ancora oggi, ma il governo haitiano non ha alcun controllo su queste pratiche clandestine e illegali. La zombificazione spaventa molto la gente di Haiti, anche perché ricorda l’antica schiavitù. Il cinema si è ispirato a questa pratica reale per i film sugli zombie.

CIMITERI (Cristianesimo)

I luoghi di sepoltura si chiamavano anticamente “Necropoli”, cioè “Città dei morti”. Con la nascita del Cristianesimo il termine è mutato in “cimiteri”. Questa parola proviene dal greco koimetérion, “luogo di riposo”: il verbo κοιμᾶν (“koimân”) significa “fare addormentare”. Questo è dovuto alla fede cristiana nella risurrezione di coloro che vi sono sepolti, che si risveglieranno per la risurrezione, secondo la promessa di Gesù nel Vangelo di Giovanni 6,40.

INDULGENZE (Cristianesimo cattolico)      

La dottrina dell’indulgenza è nata in ambito cattolico si riferisce alla credenza nella possibilità di cancellare una parte ben precisa delle conseguenze di un peccato (detta pena temporale), dal peccatore che abbia confessato sinceramente il suo errore e sia stato perdonato tramite il sacramento della confessione. A seguito della riforma protestante, che contestò questa dottrina sostenendo che essa non abbia un fondamento nella Bibbia, rimase un uso prettamente cattolico. La vendita delle indulgenze spaccò la Chiesa con la Riforma protestante di Martin Lutero, nel 1517, il quale rifiutava il valore delle indulgenze e soprattutto il fatto di offrirle a seguito di un’offerta di denaro. Con la vendita delle indulgenze è stata edificata la Basilica di San Pietro in Vaticano. Ancora oggi si dice “lucrare un’indulgenza”, da “lucro”, cioè denaro. Ovviamente le condizioni non riguardano più il denaro per acquistare la bolla di indulgenza. Lucra validamente un’indulgenza chi riceve il Sacramento della Riconciliazione (Confessione), l’Eucaristia, recita il Credo, prega secondo le intenzioni del Papa. Chi muore martire o dovesse morire subito dopo aver lucrato validamente un’indulgenza plenaria va direttamente in Paradiso senza passare dal Purgatorio. Quest’ultimo è presente solo nella dottrina cattolica. Il martire “lava” la sua anima dalle pene del Purgatorio col proprio sangue versato a causa diretta ed evidente della sua fede in Cristo. L’ultima martire canonizzata in Italia (nel 1950 da Papa Pio XII) è stata la dodicenne Maria Goretti.

CREMAZIONE (Induismo)         

Il funerale può incominciare anche da vivi, col rito dello adya-shrada. Chi non ha figli che possano occuparsi del rito funerario al momento della propria morte o chi ritiene che il proprio funerale non verrà fatto per qualche ragione, può chiedere il rito funerario anticipato (…senza cremazione, ovviamente), chiamato appunto adya-shrada. Normalmente però il rito funerario avviene da morti. E’ il sedicesimo sacramento dell’Induismo, chiamato antyeshti, cioè “cremazione”. Le norme per il rito sono contenute nel testo Aswalayana Grhya Sutra. Gli uomini sono avvolti in un sudario bianco o color zafferano e le donne in uno rosso. Il volto è cosparso da polvere rossa (sindur) simbolo del sacro. Se il defunto è un uomo, il rito verrà officiato da uomini (parenti e amici), se è il defunto è donna, verrà officiato da donne. Per la cremazione vengono utilizzati alcuni ingredienti: muschio, zafferano, legno di sandalo, canfora, legna da ardere, burro chiarificato (detto ghi). La cremazione avviene sempre sulla riva di un fiume. Al termine del processo di combustione, che può durare dalle due alle tre ore e mezza, le ceneri saranno affidate alle acque fluviali. Il corpo è deposto su una kunda (una struttura rettangolare di pietra con un buco nel centro) sulla quale vengono deposte tre cataste di legna e della paglia. Il volto del defunto deve sempre essere rivolto a Nord. Se è uomo, dev’essere prima sbarbato. Il fuoco viene appiccato sempre a partire da Nord. Dev’essere accesa una lampada alimentata dal burro ghi e da questa fiamma va accesa della canfora, la quale a sua volta accenderà la pira. Alla salma vengono rivolte le parole: “Caro defunto!

Dopo la morte, possa il potere della tua vista essere assorbito nel sole, la tua anima nell’atmosfera, possa tu andare nella regione luminosa della terra, secondo i tuoi meriti spirituali, o và alle acque, se quello è il tuo luogo, o alle piante, assumendo corpi diversi”.  Nel 1829 venne abolita la pratica della “sati”. Una vedova si immolava da viva sulla pira funeraria del marito a simbolo del suo essere priva del suo valore in sé, senza il marito. Questa pratica è ancora in uso in forma clandestina nell’India rurale. E’ segno di amore immortale e purifica la coppia dai peccati accumulati

 

PURGATORIO (Cristianesimo cattolico)

La fede nell’esistenza del Purgatorio è esclusiva del cattolicesimo. A Lione (Francia) il 7 maggio 1274 si apre il 14° Concilio ecumenico. Viene fissato il dogma del Purgatorio, che sarà confermato dai Concili di Basilea, Firenze, Ferrara e Roma (1431-1449) e dal Concilio di Trento (1545-1563) come “luogo e condizione in cui le anime dei morti, giustificati, ma ancora in condizione di peccato, si trovano per completare la purificazione prima di ascendere in paradiso.”

TOMBE EBRAICHE            (Ebraismo)

Gli ebrei non mettono fiori sulle tombe, ma sassolini perché ricordano le sepolture  affrettate nel deserto al tempo dell’Esodo dall’Egitto (1200 a.C.). Inoltre nella simbologia ebraica, la roccia simboleggia Dio. Il popolo di Israele nell’antichità trascorreva molto tempo nelle zone aride del deserto. Abramo, Isacco, Giacobbe e Lot erano pastori nomadi. Per ritrovare i luoghi dove erano sepolti i loro defunti erigevano delle piccole montagnole di pietre.

ISLAM E DEFUNTI DONNA (Islam)

Muhammad (Maometto) disse: “Mi è stato mostrato il fuoco dell’Inferno e che la maggioranza dei suoi abitanti sono donne”.

TOMBA E CULLA (Cristianesimo)

San Girolamo disse: “La tomba vuota è la culla del Cristianesimo” intendendo con questo che il Cristianesimo nasce con la tomba vuota per la risurrezione di Cristo. Ma disse anche che una donna cessa di essere tale e può essere chiamata uomo quando vuol servire più Cristo che il mondo (Comm. ad Ephesios III,5).

MING BI (Taoismo)

I jīnzhǐ (o míng bì, “denaro dell’ombra”) sono oggetti di carta di bambù o carta di riso, noti anche come “carta degli spiriti”. Modellini di auto, case, ma soprattutto soldi finti con la scritta in cinese e in inglese “Hell banknotes”, cioè “Banconote dell’Inferno”, lo “Hell Passport”, il “Passaporto per l’Inferno” e addirittura un biglietto aereo finto con la scritta “Hell Airlines”, Linee Aeree dell’Inferno. I fedeli li comprano nel “negozio di carta per il mondo degli spiriti”, che si trova spesso vicino ad un tempio taoista e li bruciano – dopo averle ben piegate – in un apposito piccolo forno dentro il tempio. In questo modo i propri defunti avranno molte cose nell’aldilà e saranno liberi dall’inferno. L’immagine sulle banconote è dell’imperatore di giada, Yù Huáng, guardiano dell’aldilà. L’esatta parola cinese sulle banconote è diyu, che significa “prigione ultaterrena”. I jīnzhǐ vengono in genere bruciati insieme ai yunbao, piccoli lingotti d’oro finti. Attenzione. E’ molto offensivo darne una a una persona vivente. Esistono anche le Paradise Banknotes, banconote (finte) per il paradiso, bruciate in onore degli déi taoisti. Dal 2006 in Cina è però proibito dal ministero per gli affari civili bruciare i modellini di carta di auto e case perché è ritenuta una pratica feudale.   

 

CHIESA E INFERNO  (Cristianesimo cattolico)

La Chiesa non cita alcun nome di persona che sia con certezza all’Inferno. Non si può sapere se un pentimento possa essere giunto anche negli ultimi istanti di vita come è narrato nel Vangelo per uno dei condannati alla crocifissione accanto a Gesù. Solo Dante Alighieri nella Divina Commedia fa dei nomi di persone che lui riteneva fossero dannate. La Chiesa fa nomi certi di persone solo per il Paradiso. Questo vale per tutte le Chiese cristiane – ortodossi, cattolici, anglicani, protestanti.

Papi all’Inferno

Secondo Dante Alighieri vi sono 6 papi all’Inferno. Nella “La Divina Commedia” sono: Niccolò III (Giovanni Gaetano Orsini, 1277-1280) nella terza bolgia dell’ottavo girone dell’Inferno, per i simoniaci (venditori di cose spirituali) insieme a Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1294-1303) e papa Clemente V (Betrand de Gouth, 1305-1314). Bonifacio VIII è citato anche nella bolgia VIII per i consiglieri fraudolenti insieme a papa Silvestro I (314-335). Nel sesto cerchio vi è papa Anastasio II (496-498) con gli eretici. Infine papa Celestino V (Pietro Angeleri, 1294) nell’antinferno con gli ignavi. Di questi papi Celestino V è santo.

MARTIRI (Cristianesimo, Islam)        

E’ una delle massime aspirazioni per ogni uomo musulmano. Non solo fondamentalista. Si chiama talab alsahada, l’aspirazione a diventare un sahada (un martire). E questo, a differenza del martirio cristiano (che significa perdere la propria vita a causa della fedeltà a Cristo), vuol dire quasi sempre far morire anche altre persone in nome dell’Islam. Il conflitto israelo-palestinese ne ha conosciuti molti negli ultimi anni. Campi specializzati addestrano giovani celibi, pronti a morire in mezzo ai discendenti di Davide, imbottiti di esplosivo, per la causa dell’Islam. Un martire è già puro. Morendo per l’Islam uccidendo altre persone, ha il Paradiso garantito. E non un Paradiso qualsiasi. Uno molto sensuale: “Invece i timorati di Dio staranno in luogo sicuro – fra giardini e fontane – rivestiti di seta e di broccato, faccia a faccia. Così sarà. E daremo loro in ispose fanciulle dai grandi occhi neri, – e là chiederanno ogni sorta di frutti e ne godranno sicuri”. (Sura del fumo “ad-Dukhan” XLIV,51-54) 

Nel Cristianesimo invece il martire è un testimone (dal greco martyrion) della fede, a costo della propria vita. Il detto “vita, morte e miracoli” deriva proprio dal processo per dichiarare santo (canonizzare) un fedele. Vengono infatti esaminate la vita, il momento della morte e almeno un miracolo avvenuto per sua intercessione sua. Solo per i martiri il miracolo non viene più richiesto, per volontà di papa Paolo VI. L’ultima martire canonizzata in Italia (nel 1950 da Papa Pio XII) è stata la dodicenne Maria Goretti.

DEFUNTI DA BERE            (Religione tribale Yanomami)

Gli indigeni Yanomami del Sud America non seppelliscono i defunti. Li cremano e mescolano le ceneri con una bevanda alla banana. Il parente più prossimo poi beve la miscela. In questo modo lo spirito del defunto è soddisfatto e non torna a tormentarli.

PARADISO ISLAMICO (Islam)  

Le Huri, ḥūr o ḥūrīyah secondo la tradizione islamica sono delle fanciulle che attendono nel paradiso coloro che nel giorno del giudizio arriveranno lì. Secondo la tradizione le Huri sarebbero giovani ragazze perennemente vergini il cui compito sarebbe quello di ricompensare l’uomo arrivato nel paradiso. Sempre secondo la tradizione, le giovani avrebbero la capacità di concepire e generare. Per il sesso femminile esistono ugualmente gli ghulām. Nel Corano la parola hûr  indica le giovani fanciulle vergine promesse ai credenti. La radice di questa parola è collegata all’idea di “bianchezza” in particolare ai grandi occhi della gazzella e al contrasto tra il bianco dell’occhio e il nero della pupilla, hawrâ’ è una donna dai grandi occhi neri e dalla pelle molto chiara. Quasi tutti i versetti che parlano di hûrî sono del periodo meccano, quando è particolarmente sentito da Muhammad il tema del Giudizio Universale. I versetti coranici ci dicono che non sono mai state toccate né dagli uomini né dai jinn, la sostanza da cui sono state create per alcuni è lo zafferano, per altri sono di zafferano, muschio, canfora e ambra. I loro muscoli sono delicati e i loro tendini paiono fatti di fili di seta. Sui loro seni sono iscritti due nomi: da una parte quello Dio, sull’altro quello del proprio marito. Vivono in castelli con 70 letti, hanno 33 anni come i loro mariti, la loro verginità viene rinnovata eternamente, il loro corpo è sempre puro, non hanno mestruazioni, bisogni umani. Le donne che in vita sono state virtuose in Paradiso si ricongiungeranno al proprio marito e lì continueranno la loro vita insieme. Se una donna in vita ha avuto più mariti ne sceglierà uno, mentre gli uomini poligami avranno diritto a tutte le mogli legittime. I commentatori però non dicono nulla sulla sorte di quelle donne che andranno in Paradiso, ma che in vita non sono state sposate. Su questa base coranica la tradizione ha aggiunto dettagli dando alle hûrî un carattere molto sensuale. Non tutti gli esegeti hanno accettato questa idea prettamente materialista, al-Baydâwî dice che non si possono fare raffronti tra il godimento del cibo, delle hûrî, la condizione umana terrena è altra rispet-to a quella del Paradiso, certo è che la mentalità popolare musulmana è permeata da questi concetti. E’ solo in un hadîth che si parla delle 70 vergini che attendono tutti gli eletti, non solo i martiri.

DONNA E REINCARNAZIONE   (Buddhismo)

 

Secondo il canone Pali delle scritture sacre buddhiste, un essere si reincarna donna se ha fatto qualcosa di grave nella vita precedente. Esiste il detto: “Ho ottenuto un corpo di donna perché ho commesso il male in una passata esistenza”

 

RISURREZIONE (Cristianesimo)

 

Risurrezione del nostro corpo. Come sarà? La dottrina della risurrezione è presente anche nell’Ebraismo e nell’Islam.

Il Signore Gesù Cristo ce lo ha promesso:  «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». (Gv 6,54). Appartiene al dogma della risurrezione che essa avvenga coi corpi che abbiamo ora (“cum suis propiis resurgent corporibus quae nunc gestant” – IV Concilio del Laterano – e “in hac carne, qua nunc vivimus” – Fidei Damasi). Il corpo sarà non solo specificamente lo stesso (il corpo che ho ora). Con questa affermazione, si evita ogni modo di pensare che suggerisca una metempsicosi o una tramigrazione delle anime da un corpo all’altro… Vi sono tre ipotesi teologiche sul come riavremo il nostro corpo il giorno della risurrezione. Gesù Cristo promette che questo avverrà alla fine dei tempi. In Giovanni 6:54 dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Le ipotesi sulla nostra risurrezione sono:

Identità materiale – perché il corpo sia numericamente lo stesso, si richiederebbe che fosse composto nella stessa materia. Intesa in tutto il suo di rigore, la teoria difficilmente accettabile. D’altra parte, il principio secondo il quale un’identità materiale necessaria perché il corpo possa essere considerato lo stesso, è scientificamente assai discutibile. Dato il metabolismo costante del corpo umano, il mio corpo attuale ha rinnovato totalmente la sua materia da com’era sette anni or sono; e tuttavia, penso con ragione che sia rimasto realmente lo stesso corpo.

Identità formale – una teoria che si colloca all’estremo opposto sarebbe quella proposta, già nel Medio Evo da Durando di San Porciano (+ 1334). Durando suppone che, quale sia la materia di cui è composto un corpo, è il mio corpo per il fatto medesimo che esso s’unisce la mia anima… Bisogna riconoscere che, esposta in questo modo e senza altri particolari, questa teoria lascia l’impressione di una certa somiglianza con la teoria della trasmigrazione delle anime… Joseph Ratzinger [attuale papa Benedetto XVI, n.d.A.] pensa che non sia necessaria la stessa materia perché il corpo possa essere considerato lo stesso, e ha fatto notare che tutta la tradizione ecclesiastica (dottrinale e liturgica) impone come limite che il corpo risuscitato deve includere le reliquie dell’antico corpo terreno, se si esistono ancora come tali quando avviene la risurrezione. Tali “reliquie” saranno nuovamente animate dall’anima santa al corpo della quale appartennero. D’altra parte, insistendo sul fatto che la nostra risurrezione gloriosa non può essere spiegata senza un parallelismo con la risurrezione di Gesù, pare necessario affermare, come secondo limite, una certa continuità di somiglianza morfologica col corpo mortale.

Identità sostanziale – Alois Winklhofer ha proposto, recentemente una nuova ipotesi… di fronte a un cadavere che comincia a corrompersi, Dio sottrae e conserva separatamente questa sostanza non fenomenologica del corpo. Il cadavere, a dispetto della sua continuità fenomenologica col mio corpo, non sarebbe più, in questo caso, il mio corpo. Al contrario, partendo dalla sostanza non fenomenologica del mio corpo, Dio ricostruirebbe il mio corpo risuscitato; e appunto la permanenza di questa sostanza (l’identità sostanziale) farebbe sì che sia il mio corpo e non un altro.

 Inferno. Facile o difficile?

 «Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli». (Matteo 25,41). Sono le parole di Cristo riguardo la minaccia della dannazione eterna. Tra le più dure pronunciate  da Gesù nei Vangeli. Cosa hanno fatto le persone nella narrazione evangelica? Hanno fallito o rifiutato tutte le occasioni di amare disinteressatamente il prossimo. Qualcuno parla però della teoria dell’”Inferno vuoto”. Cos’è? E’ la tesi di un grande teologo e cardinale svizzero scomparso nel 1988. Hans Urs von Balthasar. La tesi di von Balthasar afferma che sperare la salvezza eterna di tutti gli uomini non è contrario alla fede. Essa si avvale dell’autorità di alcuni Padri della Chiesa, tra i quali Origene e Gregorio Nisseno, ed è condivisa da diversi teologi contemporanei, tra i quali Jean Daniélou, Henry de Lubac, Joseph Ratzinger – l’attuale Papa –  Walter Kasper, Romano Guardini. Da scrittori cattolici come  Paul Claudel, Gabriel Marcel e Lèon Bloy. La Chiesa afferma che chi muore in peccato mortale non si salva, ma non dice se questo sia mai avvenuto. Difatti non ha mai fatto nomi di dannati, come invece si è permesso di fare Dante Alighieri – secondo il suo parere – nella Divina Commedia. E tra questi ben 6 papi! Niccolò III (Giovanni Gaetano Orsini, 1277-1280), posto nella terza bolgia dell’ottavo girone, con i simoniaci (venditori di cose spirituali) insieme a Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1294-1303), papa Clemente V (Betrand de Gouth, 1305-1314), Bonifacio VIII è citato anche nella bolgia VIII per i consiglieri fraudolenti insieme a papa Silvestro I (314-335). Nel sesto cerchio vi è papa Anastasio II (496-498) con gli eretici. Infine il papa dimissionario Celestino V (Pietro Angeleri, 1294)  nell’antinferno con gli ignavi. La Chiesa lo ha invece dichiarato santo. Ma torniamo al peccato mortale. Scrive San Tommaso d’Aquino: «Quando la volontà si orienta verso una cosa di per sé contraria alla carità, dalla quale siamo ordinati al fine ultimo, il peccato, per il suo stesso oggetto, ha di che essere mortale… tanto se è contro l’amore di Dio, come la bestemmia, lo spergiuro, ecc., quanto se è contro l’amore del prossimo, come l’omicidio, l’adulterio, ecc… Invece, quando la volontà del peccatore si volge a una cosa che ha in sé un disordine, ma tuttavia non va contro l’amore di Dio e del prossimo — è il caso di parole oziose, di riso inopportuno, ecc. —, tali peccati sono veniali».

Per il peccato mortale occorrono 3 (difficili) condizioni: Piena avvertenza (mi rendo pienamente conto di ciò che faccio), Materia grave (contro uno dei Comandamenti), Deliberato consenso (il mio atto è assolutamente libero da qualsiasi condizionamento). Condizioni difficili da soddisfare umanamente tutte insieme. Quanti sanno quello che fanno? Difatti dalla croce Gesù pregò: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34) lasciando intendere che in molti manca la piena avvertenza. Si parla di dannati in una parabola (il ricco stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui) in Luca 16,23, ma non di dannati reali. Mentre il primo beato reale è un malfattore che si converte (Luca 23,43). Siamo noi in realtà che vorremmo un “vendetta” divina, ma Dio è amore. «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?» (Luca 9,54). Difatti – come dice il Vangelo –  Gesù si voltò e li rimproverò. Von Balthasar ricorda di non confondere speranza e conoscenza. Sperare nella apokatastasis – la salvezza di tutti – non vuole dire sapere se l’inferno sia vuoto o no. La possibilità dell’Inferno è però una conseguenza della libertà umana. O l’uomo è libero – e quindi può anche dannarsi – o non è libero. Scrive il cardinale Biffi: «La concreta possibilità della dannazione è necessaria, se si vuol continuare ad ammettere la libertà creata nella sua vera essenza. La libertà dell’uomo non può ridursi alla possibilità di scegliere tra un luogo e l’altro di villeggiatura o tra una cravatta a righe e una cravatta a pois; e neppure di scegliere la moglie o il partito politico: la nostra libertà, nel suo significato più profondo, è la spaventosa e stupenda prerogativa di poter costruire il nostro destino eterno. Per non essere puramente nominale, questa prerogativa deve necessariamente includere la reale e concreta possibilità di decidere per la perdizione. Come si vede, il mistero della dannazione è essenzialmente connesso col mistero della libertà, che è forse l’unico vero mistero dell’universo creato». Nell’Islam Allah descrive in modo raccapricciante gli orrori dell’inferno – acqua bollente, scudisci di ferro (vv. 19-22). Secondo un hadith, Maometto dice che ogni mille persone, 999 saranno mandate all’inferno. In quel Giorno, Adamo chiederà ad Allah: “O Allah! Quanti sono i dannati al Fuoco?” Allah risponderà: “Da ogni migliaio, togline nove-cento-novanta-nove”. Maometto spiegò che quell’unica persona salvata sarebbe stata un Musulmano, dicendo ai suoi compagni: “Gioite per le buone notizie; una persona sarà delle vostre e mille di Gog e Magog”. Noi crediamo in un Dio più misericordioso: Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio». (Marco 10,26-27) Dio non può che amare.

Giorgio Nadali 

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Esperienze di premorte e fisica quantistica

di Giorgio Nadali

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 Tutti abbiamo sentito parlare di persone che – entrate in uno stato di coma – hanno “visto” luci in fondo ad un tunnel e il loro corpo dall’esterno. Ma cosa c’è di scientifico in tutto questo? Quali sono le ultime indagini? La sfida più grande per le esperienze di premorte – note come NDE – sta nel chiedersi come sia possibile che questi complessi stati di coscienza, comprese la percezione sensoriale e la memoria possano avvenire in condizioni in cui i modelli neuropsicologici della produzione del pensiero dal parte del cervello li ritengano impossibili. Questo conflitto tra l’ortodossa neuropsichiatria e le NDE è inesplicabile in condizioni di arresto cardiaco. Nel 1980 alcuni scienziati hanno ipotizzato che le NDE fossero causate da diossido di carbonio formatosi nel cervello. Ipotesi poi smentita. Nel 1961 Carl Gustav Jung descrisse una sua personale esperienza di premorte avveduta dopo il suo incidente del 1944. Anche Hemigway, Hugo, Tolstoj, Platone, descrissero esperienze simili. Alcuni parlano delle esperienze extracorporee (OBE) come dovute alla cosiddetta “depersonalizzazione somatopsichica” in situazioni di forte stress emotivo. Nel 2001 il cardiologo Pin Van Lommel pubblicò sull’autorevole rivista medica “The Lancet uno studio di 10 anni e concluse che le NDE non potevano essere spiegate a meno di slegare il concetto di coscienza dall’attività cerebrale.  Su “Scientific American” del marzo 2003, Michael Shermer contestò aspramente questa tesi. Piuttosto, le cause delle NDE sarebbero da cercare nell’anossia cerebrale e nei cambiamenti ischemici. Tuttavia sinora non è mai stato provato scientificamente che la coscienza sia un prodotto del cervello

Chiedo allo studioso italiano delle NDE, il dottor Marino Parodi: “Qual è l’anello di congiunzione tra scienza e NDE?”. Secondo Parodi non esiste nulla che possa giustificare un’esperienza cosciente di NDE come semplice attività celebrale. Una mente non psicotica riesce bene a distinguere tra sogno e realtà.

Gli studi scientifici più significativi sulle NDE sono quelli della psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross (1926-2004) che nel 1970 tenne seminari sull’immortalità umana presso l’Università di Harvard e dello psicologo americano Raymond Moody. Tuttavia uno studioso ha affrontato dal punto di vista della meccanica e fisica quantistica – fondata da  Max Planck – il caso delle NDE. Si tratta di T. Lee Baumann di Birmingham (Alabama, Stati Uniti d’America).  Nel 1970 il dottor Baumann – medico e studioso di geriatrìa e medicina interna – inizia la sua indagine come scettico. Oggi è arrivato ad unire il concetto soprannaturale di luce descritto nelle NDE con quello scientifico e fisico della luce. Gli esperimenti scientifici attestano che la luce sia onnipresente e onniscente, come risultato della sua natura quantica. E’ possibile che la luce e Dio siano la stessa cosa?

Secondo Baumann si possono definire nove interessanti aspetti della luce vicini all’esperienza soprannaturale.

1)    La luce era pervasiva al momento del Big Bang.

2)    Tutta la materia è riconducibile alla radiazione elettromagnetica (inclusa la luce).

3)    Il concetto di tempo cessa di esistere viaggiando alla velocità della luce (e quindi si entra nel concetto di eternità).

4)    L’energia della luce è infinita.

5)    Gli esperimenti della fisica dimostrano che le particelle di luce comunicano tra loro.

6)    La luce è l’entità amorevole che accoglie chi vive le NDE.

7)    La Bibbia e le maggiori religioni si riferiscono a Dio come luce.

8)    E’ l’esperienza umana che trasforma le onde della luce in particelle di luce. Il 4 luglio 2001 La rivista “New Scientist” riferì nell’articolo “Taming the Multiverse” circa l’evidenza scientifica degli universi paralleli. Una realtà multidimensionale che sosterrebbe i risultati delle ricerche nel campo delle NDE dopo la morte del corpo.

9)    La seconda legge della termodinamica (l’entropìa) teorizza un progetto intelligente complesso e infinito già esistente nella singolarità del Big Bang.

La fisica quantistica suggerisce che l’universo potrebbe essere un universo cosciente e che ogni coscienza sia un frattale. Molti scienziati non credono più in un universo generato casualmente da una sorta di polvere primordiale. Christian de Duve – biologo molecolare premiato col Nobel – descrive l’universo come qualcosa che abbia un imperativo cosmico di sviluppare la vita cosciente. La struttura stessa delle molecole che compongono gli esseri viventi impone che la vita cosciente si evolva. L’astrofisico Fred Hoyle è d’accordo sul fatto che le leggi fondamentali dell’universo, che governano la creazione di soli, pianeti e galassie possano implicare che la vita cosciente sia il risultato finale di queste leggi universali. Il biologo evoluzionista Rupert Sheldrake va anche oltre, affermando che ci sono forme di energia nell’universo che si trasformano in vita. Se questo è vero, allora questo si può applicare alle altre dimensioni della realtà composte da particelle elementari subatomiche. Il paranormale ora sembra meno fantasia e più  percezione di altre realtà di coscienza già individuate dalla scienza moderna. Le NDE possono essere semplicemente la controparte clinica a ciò che i fisici sperimentali hanno trovato in laboratorio.

Il fisico (premio Nobel del 1945) Wolfgang Pauli (uno dei padri fondatori della meccanica quantistica) e Carl Jung hanno sviluppato il concetto di sincronicità: la teoria che sostiene che i modelli nascosti nella vita possono essere espressi da eventi apparentemente casuali, e che in questi modelli vi è rappresentata la comunicazione con una mente cosciente universale. Il premio Nobel del 1922 per la fisica Niels Bohr – padre fondatore della fisica quantistica – scoprì che esiste un’interconnessione tra gli eventi indipendenti subatomici e la vita. Quando Jung per primo avanzò la sua idea, la maggior parte dei fisici non lo prese sul serio (anche Wolfgang Pauli ritenne la cosa sufficientemente importante da scrivere un libro insieme con lui sul tema, intitolato “L’interpretazione e la natura del psiche”). Ora che l’esistenza di  connessioni è stata stabilita, alcuni fisici stanno riscoprendo l’idea di Jung. Il fisico Paul Davies afferma: “Questi effetti quantistici sono infatti una forma di sincronicità, nel senso che essi stabiliscono una connessione – più precisamente una correlazione -. tra gli eventi per i quali è vietata qualsiasi forma di legame causale”. Questa teoria sostiene una realtà che corrisponde alle NDE: gli stati diversi di coscienza e realtà parallele sono scientificamente provati.

 Nel numero di giugno 1994 di Discover Magazine è stato pubblicato un articolo intitolato: “La coscienza dei Quanti” sul come la coscienza e la fisica quantistica siano intimamente connesse. La “coscienza quantica” è il punto di unione attuale tra le ricerche sulle NDE e la fisica quantistica. Il confine tra scienza e soprannaturale rimane aperto.

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it


Risorgeremo. Ma come?

 Di Giorgio Nadali       www.giorgionadali.it 

 “Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Giovanni 6,40)

 “E questa è la promessa che egli ci ha fatta: la vita eterna”. (1Giovanni 2:25)

 “E’ seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale”. (1Corinzi 15:44)

 Nella risurrezione dei corpi noi avremo un corpo trasfigurato e spirituale (un solido fatto di respiro d’anima – pneuma = soffio di spirito – capace di ubiquità senza ostacoli) consimile al corpo che nel cielo hanno Cristo e la Madonna.

Quindi dopo la risurrezione le nostre anime (ectoplasmi incorporei), che ora non hanno corpo, ne avranno uno che ricorderà solo nella forma (nei lineamenti) il corpo terrestre.

Il corpo spirituale (integro in tutte le sue forme (cioè “formale” e non materiale) è un corpo molto diverso dal nostro fisico, perché è capace di sentire – partecipare – avere volume, ma non carne animale in quanto privo di qualsiasi possibilità di peccare o turbarsi in senso negativo.

Il corpo di Gesù, che ha dato anche la possibilità, dopo risorto, di essere toccato nel costato da San Tommaso, ed ha dimostrato di nutrirsi insieme agli altri apostoli, è di natura gloriosa (materia spiritualizzata e trasfigurata dallo Spirito Santo).

Il corpo di Gesù è Glorioso, tangibile ma spiritualmente Perfetto, assolutamente esente dai difetti della materia.

La volontà e l’essenza, purissima – perfetta e luminosissima, ne hanno fatto, nel mistero incommensurabile delle possibilità divine, preziosissima qualità d’amore e di bene.

Così è anche il corpo della Regina del Cielo, perché è così che Ella si è fatta sentire nell’abbraccio ricevuto dai veggenti in una delle sue tante apparizioni.

          IL CODICE DI DIRITTO CANONICO DAL 1983 PERMETTE E CONSENTE LA CREMAZIONE

L’ABBRUCIAMENTO DEL CADAVERE NON PUO’ NUOCERE ALL’ANIMA, PERCHE’ IL MODO DI RITORNARE ALLA POLVERE E’ SOLO QUESTIONE DI DIFFERENZA DI TEMPO

PUR NON PROIBENDO LA CREMAZIONE, LA CHIESA RACCOMANDA IL SEPPELLIMENTO E LA TUMULAZIONE, PERCHE’ LA LENTA TRASFORMAZIONE NATURALE AIUTA A SENTIRSI MAGGIORMENTE E FIGURATIVAMENTE ANCORA COLLEGATI AL CORPO DELLA PERSONA CHE NON C’E’ PIU’

LE SOLE CENERI IMPRIMONO, INVECE, UNO STACCO NETTO.

In contrasto con la negazione della resurrezione da parte dei Sadducei, che accettavano soltanto i primi cinque libri dell’AT (il Pentateuco ), Gesù insegna che la resurrezione finale avrà luogo grazie al potere di Dio, che è un Dio dei viventi, il «Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe» ( Mt 22,32; cfr. Es 3,6). Nel far questo, Gesù ricollega le radici del credo nella resurrezione (cioè la fede nell’onnipotenza e nella sovranità di Dio su tutto l’ordine creato) indietro fino al libro dell’Esodo, accettato dagli stessi Sadducei che negavano la resurrezione. Tuttavia, diversamente dall’insegnamento dei Farisei, Gesù afferma che chi risorge non ritorna ad uno stato di terreno o corruttibile, bensì possederà uno stato trasfigurato, glorificato, perché «alla resurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo» ( Mt 22,30).

In secondo luogo – e questo è l’elemento più specifico della dottrina del NT – la resurrezione avrà luogo non solo grazie al potere vivificante di Dio in genere, ma in virtù della resurrezione di Gesù Cristo dalla morte, con la forza dello Spirito Santo. La resurrezione di Gesù fornisce pertanto la promessa, la garanzia, l’esempio e la primizia della resurrezione universale, che può essere considerata come una «estensione della resurrezione di Gesù a tutto il genere umano». In modo più specifico, secondo s. Giovanni, Gesù in persona è «la resurrezione e la vita» ( Gv 11,25), ed egli spiega: «Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso.  Verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una resurrezione di vita e quanti fecero il male per una resurrezione di condanna» ( Gv 5,26.28-29).  

Tutti risorgeremo. Alla nostra libertà la decisione se per il Paradiso o per l’Inferno. In entrambe le condizioni il nostro corpo ultraterreno parteciperà alla beatitudine del Paradiso o alle pene dell’Inferno.

S. Paolo insiste ripetutamente sulla dottrina della resurrezione finale (cfr. At , 24,14; 1Ts 4,14-17; Ef 3,1-4; 1Cor , c. 15; ecc.). Cristo è «primogenito fra molti fratelli» ( Rm 8,29; cfr. Col 1,18). Nel c. 15 della Prima Corinzi egli sviluppa l’idea che la resurrezione finale dipende interamente da quella di Gesù Cristo e colloca questo convincimento al centro della fede cristiana, dicendo che «se non esiste resurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti» (vv. 13-14 e 20). E ancora: «come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste» (v. 49). Per Paolo la resurrezione è come anticipata nella vita presente, per coloro che partecipano alla morte e resurrezione di Gesù Cristo mediante il sacramento del Battesimo (cfr. Rm 6,3-11; Ef 2,6).

Come risorgeremo? La Teologia

Appartiene al dogma della risurrezione che essa avvenga coi corpi che abbiamo ora (“cum suis propiis resurgent corporibus quae nunc gestant” – IV Concilio del Laterano – e “in hac carne, qua nunc vivimus” – Fidei Damasi). Il corpo sarà non solo specificamente lo stesso (il corpo che ho ora). Con questa affermazione, si evita ogni modo di pensare che suggerisca una metempsicosi o una tramigrazione delle anime da un corpo all’altro…

Tre ipotesi teologiche sul come riavremo il nostro corpo il giorno della risurrezione

    Gesù Cristo promette che questo avverrà alla fine dei tempi. In Giovanni 6:54 dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Le ipotesi sulla nostra risurrezione sono:

Identità materiale – perché il corpo sia numericamente lo stesso, si richiederebbe che fosse composto nella stessa materia. Intesa in tutto il suo di rigore, la teoria difficilmente accettabile. D’altra parte, il principio secondo il quale un’identità materiale necessaria perché il corpo possa essere considerato lo stesso, è scientificamente assai discutibile. Dato il metabolismo costante del corpo umano, il mio corpo attuale ha rinnovato totalmente la sua materia da com’era sette anni or sono; e tuttavia, penso con ragione che sia rimasto realmente lo stesso corpo.

Identità formale – una teoria che si colloca all’estremo opposto sarebbe quella proposta, già nel Medio Evo da Durando di San Porciano (+ 1334). Durando suppone che, quale sia la materia di cui è composto un corpo, è il mio corpo per il fatto medesimo che esso s’unisce la mia anima… Bisogna riconoscere che, esposta in questo modo e senza altri particolari, questa teoria lascia l’impressione di una certa somiglianza con la teoria della trasmigrazione delle anime… Joseph Ratzinger [1][attuale papa Benedetto XVI, n.d.A.] pensa che non sia necessaria la stessa materia perché il corpo possa essere considerato lo stesso, e ha fatto notare che tutta la tradizione ecclesiastica (dottrinale e liturgica) impone come limite che il corpo risuscitato deve includere le reliquie dell’antico corpo terreno, se si esistono ancora come tali quando avviene la risurrezione. Tali “reliquie” saranno nuovamente animate dall’anima santa al corpo della quale appartennero. D’altra parte, insistendo sul fatto che la nostra risurrezione gloriosa non può essere spiegata senza un parallelismo con la risurrezione di Gesù, pare necessario affermare, come secondo limite, una certa continuità di somiglianza morfologica col corpo mortale. 

Alcuni autori medievali, come Durando di s. Porziano (1270 ca.-1334), hanno suggerito che l'”identità formale“, riguardante essenzialmente l’identità dell’anima umana, «unica forma del corpo», sarebbe sufficiente ad assicurare l’integrità del medesimo corpo umano nella resurrezione (cfr. In IV Sent. , d. 44, q. 1). L’ipotesi è stata ripresa in tempi recenti da neo-tomisti quali Hettinger, Scheel, Billot, Michel, Feuling. Tale posizione in realtà non è lontana da quella di Origene, basata sulla comprensione paolina della resurrezione come lo sviluppo di un seme (cfr. 1Cor 15,35), o come la presenza di un’immagine spirituale (gr. eîdos ) che non cambia durante tutte le trasformazioni cui soggiace la vita umana e che persisterà dopo la glorificazione. Tale visione, tuttavia, riteniamo non tributi un sufficiente realismo alla resurrezione di Gesù, avvenuta «il terzo giorno». Essa non tiene sufficientemente conto delle implicazioni escatologiche della perenne prassi liturgica di venerare le reliquie dei santi (cfr. DH 1822; Ratzinger, 1957), ed il significato del dogma dell’assunzione in cielo di Maria, madre di Gesù (cfr. Ratzinger 1979, pp. 120-122). Già in epoca patristica, inoltre, alla comprensione di Origene della resurrezione in termini alquanto “spiritualisti” si opposero le posizioni di altri autori, come Metodio di Olimpo (m. 310 ca.) e Gregorio di Nissa (335-395) (cfr. Crouzel, 1972; Chadwick, 1948; Daniélou, 1953).

Identità sostanziale – Alois Winklhofer ha proposto, recentemente una nuova ipotesi… di fronte a un cadavere che comincia a corrompersi, Dio sottrae e conserva separatamente questa sostanza non fenomenologica del corpo. Il cadavere, a dispetto della sua continuità fenomenologica col mio corpo, non sarebbe più, in questo caso, il mio corpo. Al contrario, partendo dalla sostanza non fenomenologica del mio corpo, Dio ricostruirebbe il mio corpo risuscitato; e appunto la permanenza di questa sostanza (l’identità sostanziale) farebbe sì che sia il mio corpo e non un altro.

L’identità del corpo risorto. Nonostante il carattere eterno e glorioso del corpo risorto, la fede cristiana predica la sua identità con il corpo terreno. La Chiesa la ha insegnata con insistenza riferendosi non solo alla resurrezione dalla morte generalmente intesa, ma alla resurrezione «di questo corpo», «di questa carne» (cfr. O’Callaghan, 1989a). Il termine «resurrezione» indica proprio tutto ciò, in quanto denota una realtà previa e decaduta che assume una vita nuova e definitiva. Si comprende allora perché le affermazioni dei Padri della Chiesa circa la resurrezione finale avevano una veste così fortemente realistica: «la verità della resurrezione non può essere compresa senza la carne e le ossa, senza il sangue e le membra», diceva s. Girolamo ( Contra Iohannem Hierosolymitanum , 31).

L’identità del corpo risorto con il corpo terrestre, tuttavia, non vuol dire una stretta “identità materiale” fra gli elementi fisici della condizione terrena e quelli oggetto dello stato risorto, come già suggerirono i primi autori cristiani, come Teofilo di Antiochia, Taziano, Atenagora o Ilario di Poitiers. Servendosi dell’immagine del vaso di creta ricostruito ancora una volta, presente nel profeta Geremia (cfr. Ger 18,1-10), Origene aveva spiegato che la materia di cui saranno composti i nostri corpi risuscitati non è necessariamente identica a quella del corpo terreno e che, in ogni caso, la logica di tale trasformazione appartiene al potere creatore di Dio (cfr. Homiliae in Jeremiam , 18, 4). Fra l’altro, non va dimenticato che il semplice metabolismo umano rinnova continuamente, in un ciclo di pochi anni, gli elementi fisici e chimici che compongono la materialità del nostro corpo.

Per approfondire:

Cesare Marcheselli Casale

Risorgeremo, ma come? Risurrezione dei corpi, degli spiriti o dell’uomo?

EDB, Bologna, 1988

Candido Pozo

Teologia dell’Aldilà

Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 1990

Giorgio Nadali

I monaci sugli alberi

E centinaia di altre cose curiose su Dio, la Bibbia, il Vaticano

Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2010

Giorgio Nadali

 www.giorgionadali.it

 


[1] Joseph Ratzinger – Auferstehungsleib, LexTheolKirch, 1, 1053