ISIS e strategia mediatica

L’ISIS – il sedicente Stato islamico – è il primo gruppo terrorista che ha l’ambizione di imporre la sua ideologia a livello globale e il primo che ha una vera e propria strategia di comunicazione. Il suo primo obiettivo infatti è quello di presentarsi al mondo come Stato, influenzando la politica occidentale convincendola della potenza del Califfato. Per fare questo punta sulle dinamiche dello “sciame”, ossia la radicalizzazione di un singolo seguace per condizionare un gruppo di suoi amici. Per fare questo vengono ampiamente utilizzati i social network. La comunicazione è divisa in locale, regionale e globale. Quella locale riguarda la popolazione del luogo, raggiunta attraverso opuscoli, oratori e con la radio Al-Bayan, una stazione radio in Iraq di proprietà e gestita dallo Stato Islamico dell’Iraq e il Levante (ISIL) che trasmette sulla frequenza 92,5 in FM e che serve anche per una comunicazione globale. Infatti la stazione trasmette notizie dell’ISIS in arabo, curdo inglese, francese e russo. La qualità dei notiziari è stata paragonata a quelli della BBC inglese. La stazione offre una vasta gamma di programmi tra cui i canti islamici Nasheed solo vocali, recitazioni del Corano, discorsi, fiqh (la giurisprudenza coranica), corsi di lingua, e interviste, intervallati da regolari notiziari e relazioni sul campo da corrispondenti di Al-Bayan in Iraq e in Siria. Le notizie in lingua inglese e i bollettini sono forniti da uno speaker con accento americano e le date degli eventi vengono letti secondo il calendario islamico. L’ISIS utilizza molto anche i “mujatweets” su Twitter – che partono dal media center Al Hayat di ISIS a Mosul con i quali raggiunge i seguaci più evoluti tecnologicamente. Ben sessantamila sono gli account internet pro ISIS sui social network. La comunicazione avviene con caratteristiche diverse a seconda degli obiettivi:

Prodotto Target Obiettivo
Social media (Mujatweets e video)In questi filmati i membri dell’ISIS si mostrano gentili con i bambini e regalano dolci e vestiti Potenziali reclute Radicalizzazione e reclutamento
Filmati dell’orrore Nemici del CaliffatoPubblico occidentale ampio Terrorizzare, minacciare
Filmati di contro informazione Pubblico occidentale competente Indirizzare il dibatto su ISIS
Filmati di testimonianza Musulmani in Occidente e nel mondo islamico Reclutare nuovi volontari
Brochure Famiglie di potenziali sostenitori Indirizzano sul piano politico, teologico e tattico
Ebook, magazine Foreign fighters e pubblico occidentale competente Socializzare al Califfato

 

ISIS ha anche una rivista online di propaganda chiamata Dābiq nata il 5 luglio 2014 (Mese di Ramadan 1435 islamico) uscita con il primo numero intitolato “Il ritorno del Califfato”). Il numero attuale è il 14, uscito il 13 aprile 2016 (Mese di Rajab 1437 islamico) dal titolo “La confraternita dei Murtadd”. Il murtadd è un apostata dell’Islàm.

ISIS ha addirittura una targa automobilistica, per sostenere l’utopia di essere un vero Stato e un hotel moderno a cinque stelle (piscina, campo da tennis, 262 stanze), il Ninawa International Hotel a Mosul, sorto per foreign fighters, i combattenti stranieri unitisi alle fila dell’ISIS, che sono ormai ventiduemila. Ovviamente anche l’hotel fa parte di una strategia per dare l’Idea di uno stato stabile. Di questi foreign fighters quattro sono svizzeri. Tra questi il 32enne romando Mathieu A., detto Abu Mahdi Al Suissery (che significa “lo Svizzero Illuminato”) aggregato al Califfato nel 2013 e il 25enne Damien G, già noti agli inquirenti federali. Un giornalista britannico – John Cantlie – rapito in Siria nel 2012 viene costretto dall’ISIS a girare sinora sei finti documentari “verità” di propaganda (della serie chiamata Lend Me Your Ears – cioè “prestami le tue orecchie”) vestito normalmente in abiti occidentali per mostrare al mondo che lo Stato islamico è un luogo tranquillo ed efficiente. In uno di questi filmati si vede Cantlie che si “diverte” a bordo di una moto di notte per le vie di Mosul portando sul sellino un combattente dell’ISIS vestito in abito tradizionale e mitra a tracolla. In realtà il combattente si sta assicurando gentilmente che Cantlie dica la “verità” con un mitra alle spalle.

Giorgio Nadali


Terroristi per Dio?

Una religione che crede in un unico Dio. La religione di Maometto. Le moschee e i minareti ammirati nel viaggio in Turchia o in cartolina. Donne velate. La Mecca e l’enorme cubo nero, la Kaaba.  Era ciò che ci veniva in mente sino a qualche anno fa, se qualcuno pronunciava la parola Islam.  Tutto è cambiato. Ed è peggio per tutti. Per noi, che viviamo le nuove angosce del nuovo millennio. Per gli onesti fedeli del Profeta della Mecca. Perché – è inutile nasconderlo – alzi la mano chi non ha mai associato alla parola terrorismo, la parola araba che significa sottomissione ad Allah. Islam, appunto.

Dall’undici settembre 2001 un’ospite sgradito si è aggiunto ai nostri viaggi… “arriveremo sani e salvi?” Nei nostri sguardi di sospetto per l’immigrato… “hai visto quello? E se…?” Ai nostri discorsi, forse non troppo evangelici… “io li rispedirei tutti al loro paese”. Si chiama angoscia. La sottile paura ingiustificata e indefinita. Una paura che porta a pensieri irrazionali, affrettati, ovviamente noncuranti del pregiudizio e in contrasto con i valori in cui crediamo. E’ il si salvi chi può. Scattano meccanismi ancestrali. I pensieri si rincorrono ed ecco, è il terrore. Ci alziamo una mattina, ed ecco, tredici bombe a Madrid. Tre stazioni colpite. Il più grave attentato in Europa dal dopoguerra. Treni di pendolari. Vite comuni, come la nostra. Gente che andava a lavorare. Come noi. Come quei poveretti a New York, Parigi, Bruxelles… Giunti in ufficio per morire. E se capitasse anche qui, anche ora? Meglio non pensarci. Apro il giornale e leggo: “Se gli infedeli vivono in mezzo ai musulmani secondo le condizioni stabilite dal Profeta, non c’è nulla di sbagliato, purché paghino la Jyzya, la tassa di sottomissione e che non    restaurino chiese e monasteri, che non ricostruiscano quelle distrutte… che non mostrino la croce”. Sono le parole dello sceicco Marzouq Salem Al-Ghamdi. Ed ecco che l’angoscia si accompagna alla collera. Altro che accoglienza. Il terrore scuote i nostri valori.

Mentre piangiamo la perdita di tanti innocenti e quella del nostro senso di sicurezza, alcune domande incominciano ad affiorare alla nostra coscienza. Dov’è Dio? Come può permettere tutto ciò? C’è un senso alla sofferenza? Dov’è la speranza? Come possono uccidere in nome di Dio? Qual è la risposta al terrorismo? Chi sono i fondamentalisti? Perchè questo fanatismo religioso che oggi semina morte?

Da una parte il fanatismo integralista può far leggere diversi versetti della scrittura sacra islamica, il Corano,  come un invito alla violenza. Ad esempio: “Combattete coloro che non credono in Dio e nel Giorno Estremo, e che non ritengono illecito quel che Dio e il Suo Messaggero [Maometto] hanno dichiarato illecito, e coloro, fra quelli cui fu data la Scrittura, che non s’attengono alla Religione della Verità. Combatteteli finché non paghino il tributo uno per uno, umiliati.” (Sura della Coversione  “at-Taubah” IX, 29). Dall’altra la tiepidezza della fede cristiana in Occidente e l’appannamento dei nostri valori può essere un terreno fertile in chi ci vede come odiati infedeli.

Bisogna ammetterlo. Essere occidentali oggi vuol dire essere odiati da gruppi radicali del fanatismo religioso, soprattutto islamico. Perché? La risposta è complessa e coinvolge storia, cultura, politica e psicologia. Certo, la maggioranza dei musulmani deplora il terrorismo. Gli estremisti rappresentano l’Islam come i fanatici del Ku Klux Klan, in America, con le loro croci infuocate e le idee di supremazia bianca rappresentano il Cristianesimo. Per nulla, appunto. Anche se, decise e chiare prese di posizione contro il terrorismo si fanno un po’ desiderare negli ambienti islamici. Ma forse il coraggio, se uno non ce l’ha non se lo può dare da solo. Ma è importante capire che come il terrorismo odierno viene in larga parte dal fanatismo religioso, solo il confronto con i veri fondamenti della religione potranno sconfiggerlo. Molto può fare un leader spirituale. Predicando la tolleranza, o viceversa fomentando l’odio. Non esiste la parola fondamentalismo nell’Islam. E’ una parola che nasce in ambiente protestante negli Stati Uniti agli inizi del secolo scorso. Oggi i gruppi radicali islamici odiano l’Occidente perché lo vedono come minaccia e un ostacolo a quella che essi chiamano khilafah, cioè l’espansione e la progressiva islamizzazione di tutto il mondo. Un mondo diviso in due partiti”. Il partito di Dio (l’Islam) e il partito del diavolo (l’Occidente), ma anche gli stessi fratelli islamici non radicali. Certo, sono in netta minoranza rispetto ai fedeli pacifici, ma possono fare molto male. La cosa che forse più ci sconvolge è che tutto questo sangue innocente viene fatto scorrere in nome di Dio. “Se Dio vorrà, ci saranno altri attacchi” hanno scritto i terroristi di Al Qaeda nella rivendicazione dell’attentato di Madrid. In realtà simili paranoie non sono una novità. I nazisti proclamavano “Gott mit uns”: “Dio è con noi”.

Quale dunque l’atteggiamento corretto che dovremmo avere? Vale la pena ricordare che per un cristiano Dio veglia continuamente sul mondo. E’ semplice, ma rassicurante. 1Cronache 29:11 Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno; tu ti innalzi sovrano su ogni cosa. 2Timoteo 1:7 Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. 1Maccabei 2:62 Non abbiate paura delle parole dell’empio, perché la sua gloria andrà a finire ai rifiuti e ai vermi; Matteo 10:28 E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. 1Pietro 3:12 perché gli occhi del Signore sono sopra i giusti e le sue orecchie sono attente alle loro preghiere; ma il volto del Signore è contro coloro che fanno il male. 1Pietro 5:6-7 Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi.

“Ecco, grido contro la violenza, ma non ho risposta, chiedo aiuto, ma non c’è giustizia!” (Giobbe 19,7)

Perché dunque il male? Abbiamo delle colpe? Perché Dio permette simili orrori? S. Agostino scriveva: “Dio non permetterebbe il male se non fosse abbastanza potente da trarne un bene”. Ma l’obiezione di Ivan Karamazov, nel celebre romanzo di Dostojewski, resta per molti il più grande ostacolo alla fede in un Dio d’amore: ci si può fidare di Dio in un mondo dove i bambini muoiono dilaniati da bombe collocate nel suo nome? Se Dio è buono come può permettere la sofferenza degli innocenti?  Testimone della ricerca spirituale lungo i secoli, la Bibbia stessa è alle prese con questa domanda. I salmi ci presentano lo smarrimento dei fedeli di fronte alla felicità dei malvagi e all’infelicità dei giusti: “Invano dunque ho conservato puro il mio cuore e ho lavato nell’innocenza le mie mani,  poiché sono colpito tutto il giorno, e la mia pena si rinnova ogni mattina… Ma io a te, Signore, grido aiuto, e al mattino giunge a te la mia preghiera. Perché, Signore, mi respingi, perché mi nascondi il tuo volto?” (Salmi 72,13-14 ; 87,14-15). Il primo innocente che incontriamo nelle pagine della Bibbia è Abele, ingiustamente ucciso da suo fratello Caino. Nella Bibbia il sangue è la vita e questa vita annientata dalla malvagità umana ritrova paradossalmente una voce. Il suo grido giunge fino a Dio e provoca il suo intervento. Questa stessa dinamica è presente nella storia della salvezza nel racconto dell’Esodo. Quel che fa scendere Dio sulla terra non è qualche atto di prodezza o di dedizione da parte degli uomini, ma piuttosto il grido che nasce dalla  loro oppressione. Con i profeti, si fa un ulteriore passo in avanti. Essi sperimentano nella loro carne che Dio, l’Innocente per eccellenza, è rifiutato da un popolo che si crede autosufficiente. Nel Nuovo Testamento, donando la sua vita fino in fondo, Gesù condivide la sorte di tutte le vittime innocenti e così assicura che la loro pena non è stata vana. Porta lel oro sofferenze all’interno della sua relazione col Padre, e noi abbiamo la certezza che questa sofferenza non va perduta. Essa porta alla scomparsa dell’antico ordine mondiale segnato dall’ingiustizia, e all’apparizione “di nuovi cieli e di una nuova terra, dove la giustizia abiterà” (2 Pietro 3,13).

Ecco la risposta definitiva  per un cristiano, Lungi dal tollerare anche solo per un momento la sofferenza degli innocenti, nel suo Figlio, Dio beve con noi quel calice amaro e così facendo lo trasforma in una coppa di benedizione per tutti. E a coloro che credendo di lodare Allah, come terroristi nel suo nome, lasciamo le parole del Corano:

“Hai ucciso un incolpevole, senza ragione di giustizia? Hai certo commesso un’azione orribile”. (Sura XVIII,74).

Giorgio Nadali


La Rabbia Saudita e il fondamentalismo soprannaturale

L’attivista per i diritti umani Joel Richardson osserva: «I musulmani in Occidente si riferiscono all’Islàm come Religione della pace, tuttavia questa è responsabile di oltre il 90% dei conflitti mondiali. Vi sono circa quattrocento gruppi terroristici riconosciuti nel mondo.

In Arabia Saudita il culto pubblico non Islamico è proibito, col rischio di arresto, reclusione, fustigazione, deportazione, e talvolta tortura. La maggioranza dei cristiani è espatriato: è generalmente consentito il culto privato, ma alcuni sono stati arrestati, minacciati di morte e obbligati a nascondersi. Recentemente, vi è stato un aumento nel numero di arresti. La maggioranza dei cristiani sauditi deve tenere segreta la loro fede per non rischiare l’omicidio per onore – cioè qualsiasi musulmano potrebbe ucciderli senza incorrere in sanzioni legali. Almeno uno di questi è avvenuto con certezza nel 2008. 543.000 è il numero di cristiani che vivono nel Paese.

Bushra Haik è nata a Bologna. 31 anni. Famiglia siriana. Recluta via Internet terroristi per l’Isis. Vive a Riad, la capitale dell’Arabia Saudita, dove si è trasferita nel 2012.

Oltre il 90% di questi sono gruppi radicali Islamici terroristici. Oltre il 90% dei conflitti nel mondo coinvolge movimenti terroristici Islamici. L’obiettivo degli apologeti musulmani moderati è quello di evidenziare come i gruppi radicali terroristici non si comportino da veri musulmani. Non ho dubbi che molti musulmani moderati disdegnino fortemente l’atteggiamento omicida di molti gruppi terroristici, ma questi stanno portando avanti un aspetto legittimo dell’Islàm definito da testi Islamici, studiosi e rappresentanti dell’Islàm. Si comportano in modo Islamico. Si comportano come Maometto e i suoi successori. Spesso viene detto che i terroristi hanno deformato l’Islàm. A giudicare da ciò che l’Islàm realmente insegna, sono i cosiddetti moderati musulmani che mal rappresentano i veri insegnamenti dell’Islàm.

Quando guardiamo ai tassi di crescita dell’Islàm combinati con il concetto di jihad e la crescita della sua popolarità nelle sue forme più radicali, addirittura in Occidente, il concetto di un futuro dittatore islamofascista mondiale diventa una possibilità reale. Basandoci solo sulle tendenze e le statistiche non è difficile prevedere la possibilità di questa realtà in questo secolo. La Bibbia insegna che in futuro un uomo sorgerà col solo scopo di ottenere una dominazione mondiale attraverso il suo impero militare-religioso. L’Islàm ha questo stesso obiettivo inerente nella gran parte della sua dottrina. E oggi che sentiamo la chiamata al jihad ancora più forte da parte dei leader musulmani radicali in tutto il mondo, l’Islàm si muove in direzione di realizzare questo scopo».

Purtroppo questa inquietante previsione di Richardson ha un nome ben definito nella dottrina islamica. Si chiama khilafah, il califfato mondiale. I Fratelli Musulmani sostengono l’unità pan islamica e l’implementazione della legge islamica. Il fondatore Hassan al-Banna ha scritto riguardo alla restaurazione del califfato. Lo scrittore egiziano Sayyd Qutb, ispiratore di Osama bin Laden trasformò i Fratelli Musulmani (nati originalmente come movimento pacifico fondamentalista) e ispirò i primi movimenti terroristici, tra cui Hamas in Libano. Il motto è: «Allah è il nostro scopo. Il Profeta è il nostro capo.

Il Corano è la nostra Legge. La Guerra Santa è il nostro strumento. Morire in nome di Allah è la nostra speranza più grande». Al-Qaeda, l’organizzazione terroristica fondata da Osama bin Laden ha tra gli obiettivi chiaramente dichiarati la restaurazione di un Grande Califfato Mondiale. Il defunto leader Osama Bin Laden aveva invitato i musulmani a «stabilire il giusto califfato della nostra umma [il mondo Islamico]». Un manuale riguardante le istruzioni per il Grande Califfato Mondiale e la restaurazione del Grande Califfato dell’impero Ottomano (abolito in Turchia il 3 marzo 1924) è entrato in possesso della CIA nel 1996.

Nel mondo vi sono sette Paesi teocratici. Tutti Islamici. Arabia Saudita, Iran, Pakistam ,Afghanistan, Yemen, Nigeria, Sudan. In questi Paesi qualsiasi peccato è sanzionato legalmente, sino alla pena di morte, come ad esempio l’omosessualità.

Ai non musulmani (kafirun) è proibito entrare nelle città sante di Mecca e Medina. Le immagini di quelle città sono state eseguite da fotografi e cineoperatori musulmani. Alla polizia religiosa il compito di vigilare anche su queste disposizioni. La polizia Muṭawwiʿiyyah ha recentemente anche sanzionato i regali di San Valentino. L’11 marzo 2012 ha proibito alle alunne di una scuola della Mecca di scappare dall’incendio della loro scuola perché non erano velate, non indossavano la abaya (tunica nera) e non erano accompagnate da un tutore maschio. Nell’incendio sono morte quindici alunne e cinquanta sono rimaste ferite.

Giorgio Nadali