I tuoi piani 2019 per la ricchezza e la povertà

Giorgio Nadali

Il tuo piano per la ricchezza (consigliato)

Assumiti la responsabilità per le tue circostanze finanziarie.

Non avere mai come obiettivo la ricchezza economica.

Cerca sempre l’eccellenza e la lealtà soprattutto quando nessuno ti vede.

Migliora ogni giorno: impegnati in un auto-miglioramento quotidiano perpetuo. Leggi per imparare, non per divertirti.

Persegui i tuoi sogni e i tuoi obiettivi. Non mettere la tua scala sul muro di qualcun altro.

Stabilisci buoni obiettivi ed evita i cattivi obiettivi: i buoni obiettivi sono legati ai tuoi sogni e alla tua visione della persona ideale che desideri diventare in futuro. I cattivi obiettivi sono obiettivi progettati per aumentare le cose che possiedi.

Non abbandonare mai i tuoi sogni e obiettivi.

Preferisci la botte piena e divorzia subito dalla moglie ubriaca.

Crea entrate automatiche.

Cambia! Non fare sempre le stesse cose. Studia nuove strategie.

Diversifica gli investimenti.

Forgia le buone abitudini ed evita le cattive abitudini: le buone abitudini ti aiutano a migliorare e ti spingono in avanti. Le cattive abitudini fanno il contrario.

Associati con persone ottimiste, felici, entusiaste e di successo e limita la tua esposizione a persone tossiche e negative.

Non giocare mai d’azzardo.

Risparmia il 20% o più delle tue entrate prima di spendere qualcosa.

Controlla i tuoi pensieri ed emozioni.

Non svelare subito mai ciò tutto ciò che pensi: controlla le parole che escono dalla tua bocca.

Non spettegolare mai.

Cerca mentori che hanno fatto ciò che vuoi fare.

Fai coaching.

Non criticare, condannare o lamentarti.

Credi fermamente in te stesso! Sii tu il tuo primo sostenitore! TUTTO è possibile per chi crede! (Mc 9,23)

Esercitati ogni giorno, in modo aerobico e anaerobico.

Mangia sano ogni giorno.

Ammira che è e chi ha più di te. Pensa prima ai sacrifici che ha fatto per arrivarci.

Modera cibo spazzatura, TV, Internet, alcolici, Facebook. Linkedin va bene.

Non sentirti mai inferiore o superiore a nessuno, oppure cerca un bravo psicologo.

Vivi per il domani: rimani soddisfatto oggi nel perseguimento dei tuoi sogni e obiettivi.

Crea una visione chiara della tua vita ideale, futura: questa diventa la tua nuova identità e i tuoi nuovi comportamenti, i tuoi pensieri e le tue abitudini diventeranno i comportamenti, i pensieri e le abitudini del futuro.

Non mentire, imbrogliare o rubare. E’ da sfigati perdenti.

Sii fedele al partner, amici, colleghi di lavoro, clienti e tutor.

Riduci al minimo il numero delle amanti di cui ti puoi fidare.

Soddisfa o supera le aspettative che gli altri hanno in te.

Adotta con coraggio rischi calcolati.

Sperimenta fino a trovare i tuoi talenti interiori e dedica il resto della tua vita a praticare e perfezionare quei talenti.

Ama quello che fai per vivere, ma non fermarti lì.

Prima di alzarti il mattino ringrazia Dio, Buddha, Allah o l’Universo perché sei certo che avrai una giornata meravigliosa.

Fornisci ad altri servizi o prodotti di valore aggiunto superiori.

Sii un sostenitore, non un denigratore.

Evita la “mentalità da sfigato” (Vedi il paragrafo del tredicesimo libro “Chi non si accontenta gode” di Giorgio Nadali)

Diventa un virtuoso in qualunque cosa tu faccia per vivere.

Cerca più fonti di reddito. Non dipendere mai da una fonte di reddito.

Non dire “come posso risparmiare?”. Pensa soprattutto a come puoi guadagnare di più.

Non dire “non ho soldi”. Dì “voglio creare liquidità”.

Abbi una visione mentale positiva, ottimista, orientata al successo.

Dormi almeno 7 ore per notte.

Stabilisci sempre obietti positivi, che non iniziano mai con un “non”.

Abbraccia gli errori e i tuoi “fallimenti”: sono i tuoi insegnanti.

Sii frugale con i tuoi soldi. I più grandi spendaccioni sono proprio quelli che guadagnano poco.

Leggi e commenta sempre tutti gli articoli di Giorgio Nadali.

Evita le spese spontanee o emotive.

Non sopravvalutare mai la tua vita. Non aumentare le tue spese al crescere del tuo reddito.

Pensaci bene prima di ordinare una nave da diporto di 70 metri, anche se ti piace il mare. Poi ti costa il 10% all’anno in manutenzione / equipaggio / docking / nafta.

Cerca la felicità negli eventi, non nelle cose.

Concentrati su un’attività alla volta: non abituarti a occuparti di più cose in una volta.

Vedi la ricchezza come buona e la povertà come cattiva.

Non ammirare chi parla solo di poveri e migranti.

Diffida da chi ti vuole povero e sfigato. Non te lo meriti.

Ricordati che la povertà buona è un fatto spirituale, mai un fatto materiale. Quindi cerca la prosperità senza essere avido.

Non preoccuparti mai di quanto guadagnano Nadali e altri. Preoccupati di un tuo piano personale di crescita e scrivilo oggi stesso nero su bianco.

Chiedi quello che vuoi alla tua vita. La vita risponde sempre.

Evita di confrontarti. Pensa ai tuoi talenti e mettili a frutto.

Non invidiare mai e poi mai chi ha successo e ricchezza onesta.

Scrivi nero su bianco o nello smartphone 10 obiettivi precisi e “ben formati” a Gennaio e tienili in evidenza.

Cerca feedback dagli altri.

Ascolta consigli sensati e poi agisci come vuoi tu secondo coscienza.

Abbi pietà degli sfigati e dei cretini. Sono inevitabili.

Pensa a creare un’attività di beneficenza o una fondazione o almeno dedica sempre un paio di ore al volontariato la settimana. Tempo, non soldi. Il tuo tempo sei tu. I tuoi soldi non sono te. Dona te stesso.

Evita di dire “Non ho tempo” o fai subito un corso di gestione del tempo (meglio se con Nadali).

Evita di lavorare 12 ore al giorno per avidità. Non ne vale la pena. Pensa a ciò e chi puoi perdere.

Regala un workshop o o un corso del Prof. Nadali ai tuoi migliori collaboratori e non dirti che è un costo elevato, ma un valore aggiunto strepitoso per la tua Azienda.

Non prendere mai decisioni per paura.

Osserva e segui le leggi e le regole: non esiste una scorciatoia per il successo.

Studia una comunicazione persuasiva.

Pensa che il lusso te lo meriti tutte le volte che non è decisamente pacchiano.

Studia e basta. Sempre. Anche se hai 90 anni.

Riduci al minimo o evita le abitudini a procrastinare. Queste sono abitudini che fanno perdere tempo e che non ti aiutano a migliorare o ad andare avanti nella vita.

Persegui con pazienza i tuoi sogni e i tuoi obiettivi: il successo richiede molto tempo.

Tratta tutti quelli che incontri con rispetto finché non provano che non se lo meritano. Se non se lo meritano non essere molto violento con loro. E’ illegale.

Non dare retta a tutte le critiche cattive che ti fanno. Spesso il problema è nella testa di chi le fa. Tu hai altro da fare.

Fai sentire sinceramente gli altri importanti.

Leggi i libri di Giorgio Nadali, soprattutto “Buoni e Vincenti. Etica e Spiritualità del successo e del denaro“.

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Il tuo piano per la povertà (sconsigliato)

Non prenderti alcuna responsabilità per le circostanze della tua vita. Incolpa tutti tranne te stesso.

Non leggere per imparare o per migliorare te stesso. Leggi per divertirti.

Usa Facebook spesso e possibilmente per scrivere idiozie demenziali.

Cerca la gratificazione immediata.

Fai promesse che poi non mantieni.

Forgia cattive abitudini.

Spendi il 100% o più di ciò che guadagni.

Per te i B.O.T. sono: Bar, Osterie, Trattorie

Per te le Obbligazioni sono le cose che devi fare di malavoglia

Per te le buone Azioni sono quelle che fanno i boy scout

Crei “liquidità” solo quando bevi tanto

Per te lo Spread è un formaggino spalmabile

Ti esalti quando ti parlano di poveri e clandestini

Rateizza per spese che non puoi permetterti subito.

Critica, condanna e lamentati. Possibilmente piagnucola.

Usa molti dovrei, ormai, però, forse, “chi, io?”.

Prendi le decisioni per paura.

Fatti un selfie davanti alla macchina o yacht altrui poi postalo su Facebook e sentiti molto felice per questo. Sono soddisfazioni!

Non cercare mentori.

Pensa sempre che chi è ricco è disonesto.

Evadi il fisco.

Credi nella fortuna cieca.

Fai 5 figli senza potertelo permettere. Tanto poi ci pensa il reddito di cittadinanza.

Abbi paura di chiedere quello che vuoi.

Porta i tuoi figli piccoli con te alle feste sino alle tre di notte.

Evita o ignora i feedback.

Non sfidare te stesso. Rimani nella tua zona di comfort.

Non controllare i tuoi pensieri e le tue emozioni.

Dì quello che ti passa per la mente. Non controllare le parole che escono dalla tua bocca.

Associati sempre a persone negative e tossiche.

Associati a persone che approvano i tuoi errori.

Sentiti superiore agli altri.

Non avere una visione chiara di chi vuoi essere e dove vuoi andare.

Non perseguire sogni e obiettivi.

Stabilisci obiettivi vaghi come “Voglio essere felice e vedere la pace nel mondo”.

Esci quando il gioco si fa duro.

Sii negativo, pessimista e cinico riguardo a tutto.

Non fidarti di nessuno.

Spettegola

Sminuisci gli altri.

Sii inaffidabile: tradisci il tuo coniuge o altri amici, colleghi, colleghi e colleghi.

Mangia in eccesso.

Bevi alcolici in eccesso.

Prendi droghe “ricreative”.

Non fare sport.

Vai allo stadio per combattere.

Compra tutto ciò che desideri acquistare immediatamente e senza pensare alle conseguenze.

Aumenta la tua spesa con l’aumentare del tuo reddito.

Vivi per l’oggi e non pianificare mai il tuo futuro.

Non soddisfare le aspettative degli altri.

Agisci per farti ammirare.

Ignora le leggi e le regole: menti, imbroglia e ruba per avere “successo”.

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Effetto clessidra

C’era una volta la classe media. Il futuro è: ricchi o poveri. È l’economia clessidra.

di Giorgio Nadali

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La scomparsa della classe media porterà entro il 2020 all’esistenza di due sole classi sociali: i ricchi e i poveri. Aumento esponenziale di vendite dei beni di lusso da una parte e di prodotti da discount, dall’altra. Non ci sono più le “mezze stagioni” sociali.  Insomma, il monito evangelico “a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” si sta realizzando rapidamente. Il numero dei milionari nel mondo aumenterà vertiginosamente del 46%, secondo il “Global Wealth Reportdel Credit Suisse Research Institute. La classe media va incontro un costante restringimento. Questo forse perché – come scriveva Napoleon Hill – “sia la povertà che la ricchezza sono il risultato del pensiero”. Sono atteggiamenti mentali., prima che situazioni economiche.

Si prevede che il segmento dei milionari aumenterà del 22%, passando da 36 milioni di oggi a 44 milioni in cinque anni. La più bassa crescita della ricchezza mondiale che ci aspettiamo nei prossimi cinque anni dovrebbe risultare in un rallentamento della crescita del numero globale di milionari e di persone ultra high net worth (UHNWI). Ma ci sono differenze tra regioni. Mentre i numeri milionari nelle economie emergenti sono ancora molto al di sotto dei livelli negli Stati Uniti o in Europa, dovrebbero aumentare considerevolmente entro il 2022.

La Cina potrebbe vedere il suo numero aumentare del 41% a 2,7 milioni per raggiungere la terza posizione nel classifica mondiale dei milionari dietro gli Stati Uniti e il Giappone, ma davanti alla Germania e al Regno Unito. L’India potrebbe raggiungere 370.000 milionari nel 2022, con un incremento di oltre il 50% nei prossimi cinque anni. Inoltre, si prevedono sostanziali aumenti in America Latina, spinti dal miglioramento delle performance di Argentina (127%) e Brasile (81%). Inoltre, si prevede che il numero di milionari nelle economie in transizione aumenterà considerevolmente nei prossimi cinque anni, raggiungendo 196.000 in Russia, 74.000 in Polonia e 44.000 nella Repubblica ceca.

Tra le economie sviluppate, gli Stati Uniti e il Giappone dovrebbero vedere i loro milionari salire di oltre un milione, e anche il Canada e l’Australia registreranno importanti aumenti nel loro numero di milionari. D’altra parte, vista la prevedibile scarsa performance del Regno Unito dopo Brexit, si stima un leggero calo del numero di milionari. Entro il 2022, il numero di UHNWI, quelli con una ricchezza superiore a 50 milioni di dollari, aumenterà probabilmente di 45.000 per raggiungere 193.000 individui, più della metà dei quali risiederà in Nord America. I paesi della regione Asia-Pacifico, che inducono la Cina e India, ospitano più di 37.000 UHNWI, contro i quasi 32.000 che vivono in Europa.

Questa differenza a favore dell’Asia-Pacifico è ulteriormente aumentata e, entro il 2022, si prevede che la regione accumulerà altri 14.400 UHNWI per raggiungere un totale di quasi 52.000, il 49% dei quali sarà dalla Cina. Mentre l’America latina ospita l’8,5% degli adulti di tutto il mondo, solo il 2% degli UHNWI globali risiedono in Sud America. Nonostante le buone prestazioni previste per Brasile e Argentina, ci si aspetta che questo trend continui, poiché la regione probabilmente aggiungerà solo 1.600 UHNWI nei prossimi cinque anni. Assumendo alcun cambiamento nella disuguaglianza della ricchezza globale, si prevede che l’economia globale aggiungerà altri 719 milionari nei prossimi cinque anni, il che significa che il loro numero salirà a quasi 3.000. Di questi, 233 saranno dal Nord America e 205 dalla Cina. Degli altri 235 miliardari attesi dall’Europa, 33.810 probabilmente proverranno dalla Russia.


Le Beatitudini. 1. Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Chiariamo subito un equivoco. I poveri in spirito non sono i poveracci e il Cristianesimo non è una religione per “poveri” (in senso materiale). “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli” (Matteo 5,3). I poveri in spirito sono gli  uomini e le donne che mettono la loro fiducia in Dio e non nelle cose, ma non significa che sono persone in miseria. La Regina dei poveri del Vangelo è Maria di Nazareth, la quale non viveva in miseria (come i lebbrosi o le vedove, ad esempio), secondo le condizioni sociali del suo tempo. Era molto umile. L’umiltà è la semplicità del cuore, non è la povertà materiale. È questa che rende “poveri in spirito”. C’erano ragazze molto più “povere” di lei materialmente  e non sono state scelte da Dio, ma Il Signore ha scelto Maria per la sua umiltà, per la sua “povertà di spirito”, appunto.  Il denaro e le cose materiali vanno usate (per il bene) e non adorate. I poveri del Vangelo sono coloro che non sono avidi di cose e di denaro o materialisti. Gesù grida “Guai a voi ricchi perché avete già la vostra consolazione” (Luca 6,24), ma non esalta né il pauperismo (la povertà materiale in quanto tale), né la lotta (politica) di classe. Sono i ricchi che si sentono autosufficienti rispetto a Dio. Il Signore ricorda che anche i ricchi potranno salvarsi (Marco 10,27). La ricchezza, e dunque la proprietà privata, non sono stigmatizzate, anche se sceglie (solo) alcuni e dà loro il consiglio evangelico della rinuncia ai beni materiali e al matrimonio. Desiderare denaro non vuol dire essere “avidi”. “Avido” è colui che ha una dipendenza patologica insaziabile (non sono in termini materiali, ma anche affettivi). Una persona con disponibilità economica non è per forza avida e materialista.

E’ vero che Gesù disse anche: “Guai a voi ricchi. E’ più facile che un cammello passi per una cruna d’ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli” (Luca 18,25). Qui Gesù non sta condannando la ricchezza in quanto tale, che – se  onesta – non è affatto un male, a patto che sia aperta all’aiuto di chi ha bisogno. Con la ricchezza materiale si possono aiutare molte persone e dare lavoro agli altri, ad esempio. Si può promuovere l’arte che abbonda in molte chiese e nello stesso Vaticano, come è successo nei secoli da parte di facoltosi mecenati, anche se alcuni di loro lo facevano per lavarsi la coscienza (come per Enrico Scrovegni, che fece costruire a Padova la più preziosa cappella esistente). Con l’espressione “Beati i poveri in spirito” Gesù sta mettendo in guardia dalla ricchezza che può diventare un idolo che prende il posto di Dio. Non è la ricchezza che rende una persona cattiva. Ci sono poveri cattivi e ricchi buoni. Un mendicante che bestemmia Dio dalla mattina alla sera per la sua situazione, non è affatto un “povero del Vangelo”. La ricchezza materiale semplicemente amplifica ciò che una persona è già. Gesù non dice che ogni fedele deve fare il voto di povertà. Questo voto è riservato solo agli uomini e alle donne che sentono una speciale vocazione di consacrazione a Dio, anima e corpo.

Quanto alla povertà di Gesù… Viveva in un’epoca storica totalmente diversa. Qualsiasi cosa che noi oggi abbiamo sarebbe stata considerata un lusso a quel tempo. Gesù insisteva sulla povertà interiore, la sola che può mettere Dio al primo posto. Storicamente non era così  “povero” in realtà, almeno come intendiamo oggi la povertà. A suo tempo i più poveri erano i lebbrosi e le vedove. Gesù era un maestro itinerante e veniva da una famiglia di un artigiano (Giuseppe) che non era propriamente povera. Occorre distinguere dunque ciò che è destinato al culto, ciò che è opera d’arte, e cosa è veramente la povertà del Vangelo. I poveri in spirito non sono quindi coloro che hanno necessariamente il portafoglio vuoto, ma sono certamente coloro che hanno il cuore pieno di Dio.

Giorgio Nadali


Religiosità: Ricchi o poveri?

Di certo Adriano Celentano non sarebbe d’accordo, ma secondo un nuovo studio di un istituto di ricerca sociale americano – Pew Research Center – c’è un rapporto tra benessere economico personale e fede religiosa. Ricchezza e religione sarebbero inversamente proporzionali: i paesi più religiosi quelli con un più alto tasso di povertà e viceversa, mentre quelli più ricchi i più tendenti all’ateismo. Unica eccezione gli Stati Uniti d’America, dove nonostante la ricchezza elevata in termini di PIL, il 54% della popolazione afferma la grande importanza della religione nella propria vita. Nel testo sociologico “Sacro e popolare. Religione e politica nel mondo globalizzato”, gli autori Pippa Norris e Ronald Inglehart sottolineano come la partecipazione alle pratiche religiose registri tassi più alti tra persone più incerte a livello economico e che si trovano ad affrontare più problemi di salute e povertà. Nell’ipotesi generale, il declino del valore della religione, della fede e delle attività religiose dipende dal mutamento di lungo periodo della sicurezza esistenziale: con il processo e il progresso dello sviluppo umano, l’importanza della religione nella vita degli individui diminuisce gradualmente.

Giorgio Nadali, il direttore del del nostro settimanale ha sentito il parere di tre importanti sociologi italiani.

Roberto Cipriani. Professore ordinario di Sociologia nell’Università Roma Tre.
Silvio Scanagatta. Docente di Sociologia del mutamento culturale all’Università di Padova
Paola Di Nicola. Presidente della Associazione Italiana di Sociologia. Docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Verona.

Siete d’accordo con la ricerca?

Cipriani:
Non è facile essere d’accordo con la ricerca perché le informazioni sulla metodologia sono insufficienti a valutare l’affidabilità. A livello comparativo fra nazioni ci sono moti problemi di omogeneità fra i dati raccolti.
Scanagatta:
Non mi stupisce affatto. Gli Stati Uniti hanno una cultura decisamente diversa dall’Europa. Gli Stati Uniti sono gli unici che differiscono in questa variabile che va dal massimo di senso religioso rapportato con la povertà sino al minimo di senso religioso rapportato con la ricchezza. Gli Stati Uniti essendo più ricchi dell’Europa dimostrano che uno stato più coeso il senso religioso va perfettamente d’accordo con la ricchezza conseguita.
Di Nicola:
Indubbiamente al di là di tutte le questioni teologiche la religione ha avuto sempre una funzione consolatoria nei confronti dei soggetti e spesso questa funzione consolatoria ha trovato maggiore accoglimento tra le persone che sperimentano condizioni di vita altamente problematiche. Rimane il fatto che a livello personale le religioni sono fonte di conforto. È un dato di conforto. Soprattutto le religioni rivelate (Ebraismo, Cristianesimo e Islam).

Esiste a vostro parere un rapporto con la condizione economica personale e la propria fede religiosa?

Scanagatta:
Certamente c’è un rapporto. Il problema è che il tentativo di alcuni di dire che più si è ricchi e meno si è religiosi è contrastante no solo con un’infinità di realtà individuali, ma anche con realtà collettive dove società unite come quella americana dimostrano che si può far convivere benissimo il senso religioso con una grande ricchezza.
Cipriani:
Non necessariamente. Ci sono persone ricche poco religiose e poveri assai religiosi ma anche il contrario. Non si può generalizzare.
Di Nicola:
Bisogna distinguere tra la fede e la religiosità, che spesso si caratterizza anche con aspetti di tipo magico e di superstizione. Se per fede si intende un credere a livello personale nell’esistenza di un’Entità di tipo trascendente io credo che questo sentimento che possa essere presente a tutti gli uomini in tutte le classi sociali. Se invece pensiamo alla religiosità, che comprende anche tutti gli aspetti del rito, indubbiamente nelle aree del Paese in cui esiste ancora uno sviluppo non ancora pienamente maturo, spesso questi atteggiamenti continuano a persistere.

Secondo voi la ricchezza economica allontana dalla fede religiosa (cristiana)?

Cipriani:
Molto dipende dalla socializzazione e dall’educazione ricevute, che possono impedire di pensare che la ricchezza allontani dalla fede.
Scanagatta: No, no. L’aumento economico non allontana affatto dal senso religioso. Anzi, lo fa crescere perché spesso il livello culturale rende più sensibili e attenti al senso religioso, non necessariamente più distanti.
Di Nicola: Non è facile da dire. Con l’Europa del Settecento la religione ha perso un po’ la funzione di essere la guida per la vita e la risposta a tutti i problemi. Soprattutto con l’industrializzazione e l’aumento della ricchezza disponibile sia a livello individuale sia a livello collettivo ci si rende conto che si può avere una situazione di sicurezza autonomamente, per meriti personali, senza dover necessariamente ringraziare Qualcuno…

Cosa pensate della teologia della prosperità, di origine protestante, cioè che Dio desidera il nostro benessere economico personale e agisce anche per farcelo avere?

Cipriani:
La teologia della prosperità è un espediente per recuperare adesioni rispetto alla teologia della liberazione, promettendo esiti economici positivi in caso di adesione ad una certa linea teologica e cultuale.
Scanagatta:
Secondo un’idea protestante una persona deve la sua ricchezza non solo alla grazia che Dio gli dà ma anche al senso di comunità con cui esplica questa grazia ed è quello che può spiegare una convivenza tra ricchezza e senso religioso. In Europa invece prevale l’idea per essere ricchi bisogna distruggere il sistema di valori religiosi, in America succede esattamente il contrario. Non solo. Il cattolicesimo dice che la ricchezza è una colpa, ma anche il Paesi del Nord Europa dicono che la separazione tra senso religioso e ricchezza va operata a livelli massimi, tanto è vero che sono i Paesi del Nord che non hanno voluto riconoscere le radici giudaico cristiane della società europea.
Di Nicola:
Con il protestantesimo l’uomo è diventato la misura di tutte le cose, anche la misura della sua etica, della sua moralità e della sua religiosità. Nelle prime forme del Calvinismo per un uomo l’aver successo nella vita era un segno di essere un eletto e quindi nella grazia di Dio. Poi con il Novecento questa dimensione si è molto affievolita e l’obiettivo non stato più stato di arricchirsi per avere una misura del proprio stato di grazia, ma l’obiettivo era semplicemente quello di raggiungere livelli più alti di ricchezza indipendentemente dal fatto che questo fosse un indicatore di essere nelle grazie di Dio.

Secondo voi c’è un rapporto tra la condizione economico sociale e la fede religiosa in Italia?

Cipriani:
La condizione economica non è una variabile indipendente che presieda in Italia all’orientamento religioso.
Scanagatta:
Certamente c’è un rapporto. Il problema è che il tentativo di alcuni di dire che più si è ricchi e meno si è religiosi è contrastante no solo con un’infinità di realtà individuali, ma anche con realtà collettive dove società unite come quella americana dimostrano che si può far convivere benissimo il senso religioso con una grande ricchezza.

Di Nicola:
Bisogna distinguere tra la fede e la religiosità, che spesso si caratterizza anche con aspetti di tipo magico e di superstizione. Se per fede si intende un credere a livello personale nell’esistenza di un’Entità di tipo trascendente io credo che questo sentimento che possa essere presente a tutti gli uomini in tutte le classi sociali. Se invece pensiamo alla religiosità, che comprende anche tutti gli aspetti del rito, indubbiamente nelle aree del Paese in cui esiste ancora uno sviluppo non ancora pienamente maturo, spesso questi atteggiamenti continuano a persistere. La tradizione dà delle sicurezze e chi sperimenta maggiore insicurezza quotidiana spesso trova nella tradizione religiosa dei punti di riferimento.

Intervista di Giorgio Nadali


Religiosi, ma poveri? Esiste un rapporto tra ricchezza o povertà personale e la fede religiosa?

di Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

abDi certo Adriano Celentano non sarebbe d’accordo e anche noi siamo un po’ perplessi, ma secondo un nuovo studio di un istituto di ricerca sociale americano – Pew Research Center – c’è un rapporto tra benessere economico personale e fede religiosa. Ricchezza e religione sarebbero inversamente proporzionali: i paesi più religiosi quelli con un più alto tasso di povertà e viceversa, mentre quelli più ricchi i più tendenti all’ateismo. Unica eccezione gli Stati Uniti d’America, dove nonostante la ricchezza elevata in termini di PIL, il 54% della popolazione afferma la grande importanza della religione nella propria vita. Nel testo sociologico “Sacro e popolare. Religione e politica nel mondo globalizzato”, gli autori Pippa Norris e Ronald Inglehart sottolineano come la partecipazione alle pratiche religiose registri tassi più alti tra persone più incerte a livello economico e che si trovano ad affrontare più problemi di salute e povertà. Nell’ipotesi generale, il declino del valore della religione, della fede e delle attività religiose dipende dal mutamento di lungo periodo della sicurezza esistenziale: con il processo e il progresso dello sviluppo umano, l’importanza della religione nella vita degli individui diminuisce gradualmente.
Abbiamo sentito il parere di tre importanti sociologi italiani.

Roberto Cipriani. Professore ordinario di Sociologia nell’Università Roma Tre.
Silvio Scanagatta. Docente di Sociologia del mutamento culturale all’Università di Padova
Paola Di Nicola. Presidente della Associazione Italiana di Sociologia. Docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Verona.

Siete d’accordo con la ricerca?
Cipriani:
Non è facile essere d’accordo con la ricerca perché le informazioni sulla metodologia sono insufficienti a valutare l’affidabilità. A livello comparativo fra nazioni ci sono moti problemi di omogeneità fra i dati raccolti.
Scanagatta:
Non mi stupisce affatto. Gli Stati Uniti hanno una cultura decisamente diversa dall’Europa. Gli Stati Uniti sono gli unici che differiscono in questa variabile che va dal massimo di senso religioso rapportato con la povertà sino al minimo di senso religioso rapportato con la ricchezza. Gli Stati Uniti essendo più ricchi dell’Europa dimostrano che uno stato più coeso il senso religioso va perfettamente d’accordo con la ricchezza conseguita.
Di Nicola:
Indubbiamente al di là di tutte le questioni teologiche la religione ha avuto sempre una funzione consolatoria nei confronti dei soggetti e spesso questa funzione consolatoria ha trovato maggiore accoglimento tra le persone che sperimentano condizioni di vita altamente problematiche. Rimane il fatto che a livello personale le religioni sono fonte di conforto. È un dato di conforto. Soprattutto le religioni rivelate (Ebraismo, Cristianesimo e Islam).

Esiste a vostro parere un rapporto con la condizione economica personale e la propria fede religiosa?
Scanagatta:
Certamente c’è un rapporto. Il problema è che il tentativo di alcuni di dire che più si è ricchi e meno si è religiosi è contrastante no solo con un’infinità di realtà individuali, ma anche con realtà collettive dove società unite come quella americana dimostrano che si può far convivere benissimo il senso religioso con una grande ricchezza.
Cipriani:
Non necessariamente. Ci sono persone ricche poco religiose e poveri assai religiosi ma anche il contrario. Non si può generalizzare.
Di Nicola:
Bisogna distinguere tra la fede e la religiosità, che spesso si caratterizza anche con aspetti di tipo magico e di superstizione. Se per fede si intende un credere a livello personale nell’esistenza di un’Entità di tipo trascendente io credo che questo sentimento che possa essere presente a tutti gli uomini in tutte le classi sociali. Se invece pensiamo alla religiosità, che comprende anche tutti gli aspetti del rito, indubbiamente nelle aree del Paese in cui esiste ancora uno sviluppo non ancora pienamente maturo, spesso questi atteggiamenti continuano a persistere.

Secondo voi la ricchezza economica allontana dalla fede religiosa (cristiana)?
Cipriani: Molto dipende dalla socializzazione e dall’educazione ricevute, che possono impedire di pensare che la ricchezza allontani dalla fede.
Scanagatta: No, no. L’aumento economico non allontana affatto dal senso religioso. Anzi, lo fa crescere perché spesso il livello culturale rende più sensibili e attenti al senso religioso, non necessariamente più distanti.
Di Nicola: Non è facile da dire. Con l’Europa del Settecento la religione ha perso un po’ la funzione di essere la guida per la vita e la risposta a tutti i problemi. Soprattutto con l’industrializzazione e l’aumento della ricchezza disponibile sia a livello individuale sia a livello collettivo ci si rende conto che si può avere una situazione di sicurezza autonomamente, per meriti personali, senza dover necessariamente ringraziare Qualcuno…
Cosa pensate della teologia della prosperità, di origine protestante, cioè che Dio desidera il nostro benessere economico personale e agisce anche per farcelo avere?
Cipriani:
La teologia della prosperità è un espediente per recuperare adesioni rispetto alla teologia della liberazione, promettendo esiti economici positivi in caso di adesione ad una certa linea teologica e cultuale.
Scanagatta:
Secondo un’idea protestante una persona deve la sua ricchezza non solo alla grazia che Dio gli dà ma anche al senso di comunità con cui esplica questa grazia ed è quello che può spiegare una convivenza tra ricchezza e senso religioso. In Europa invece prevale l’idea per essere ricchi bisogna distruggere il sistema di valori religiosi, in America succede esattamente il contrario. Non solo. Il cattolicesimo dice che la ricchezza è una colpa, ma anche il Paesi del Nord Europa dicono che la separazione tra senso religioso e ricchezza va operata a livelli massimi, tanto è vero che sono i Paesi del Nord che non hanno voluto riconoscere le radici giudaico cristiane della società europea.
Di Nicola:
Con il protestantesimo l’uomo è diventato la misura di tutte le cose, anche la misura della sua etica, della sua moralità e della sua religiosità. Nelle prime forme del Calvinismo per un uomo l’aver successo nella vita era un segno di essere un eletto e quindi nella grazia di Dio. Poi con il Novecento questa dimensione si è molto affievolita e l’obiettivo non stato più stato di arricchirsi per avere una misura del proprio stato di grazia, ma l’obiettivo era semplicemente quello di raggiungere livelli più alti di ricchezza indipendentemente dal fatto che questo fosse un indicatore di essere nelle grazie di Dio.

Secondo voi c’è un rapporto tra la condizione economico sociale e la fede religiosa in Italia?
Cipriani:
La condizione economica non è una variabile indipendente che presieda in Italia all’orientamento religioso.
Scanagatta:
Certamente c’è un rapporto. Il problema è che il tentativo di alcuni di dire che più si è ricchi e meno si è religiosi è contrastante no solo con un’infinità di realtà individuali, ma anche con realtà collettive dove società unite come quella americana dimostrano che si può far convivere benissimo il senso religioso con una grande ricchezza.

Di Nicola:
Bisogna distinguere tra la fede e la religiosità, che spesso si caratterizza anche con aspetti di tipo magico e di superstizione. Se per fede si intende un credere a livello personale nell’esistenza di un’Entità di tipo trascendente io credo che questo sentimento che possa essere presente a tutti gli uomini in tutte le classi sociali. Se invece pensiamo alla religiosità, che comprende anche tutti gli aspetti del rito, indubbiamente nelle aree del Paese in cui esiste ancora uno sviluppo non ancora pienamente maturo, spesso questi atteggiamenti continuano a persistere. La tradizione dà delle sicurezze e chi sperimenta maggiore insicurezza quotidiana spesso trova nella tradizione religiosa dei punti di riferimento.

di Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

Pubblicato su “STOP”, Anno VI, N. 20, 22 Maggio 2015 , “Essere ricchi non vuol dire voltare le spalle a Dio e alla Religione”