Occultismo tibetano: Il Tulpa, ovvero il fantasma creato dalla meditazione

Tecnicamente il tulpa è un’eggregora derivante dalla meditazione buddhista. Una eggregora è un’entità incorporea, creata attraverso speciali metodi di meditazione, i quali possono influenzare il pensiero di un gruppo di individui.

Tulpa (tibetano: སྤྲུལ་ པsprulpa; sanscrito: निर्मित nirmita e निर्माण Nirmana; costruireo “costruire”), tradotto anche come “emanazione magica“, cosa evocata e “fantasma è un concetto nel misticismo di un essere o un oggetto che viene creato attraverso la disciplina spirituale o mentale. Esso è definito nei testi buddhisti indiani come qualsiasi apparizione creato irreale, illusorio o mente. Secondo Alexandra David-Néel, i tulpa sono formazioni magiche generate da una potente concentrazione del pensiero.” E ‘un pensiero materializzato che ha preso forma fisica e di solito è considerato come sinonimo di una forma-pensiero
Un antico testo buddhista, il Samaññaphala Sutta elenca la possibilità di creare un “corpo fatto di mente” (Manomayakaya) come uno dei “frutti della vita contemplativa”. testi commentario come il Patisambhidamagga e lo stato Visuddhimagga che questo corpo fatto di mente è come Gautama Buddha e Arhat sono in grado di viaggiare in regni celesti utilizzando il continuum del flusso mentale (bodhi) ed è utilizzato anche per spiegare il miracolo di moltiplicazione del Buddha come illustrato nella Divyavadana, in cui il Buddha ha moltiplicato il suo corpo emanazione ( “nirmita”) in innumerevoli altri organismi che riempivano il cielo. Un Buddha o di altro essere realizzato è in grado di proiettare molti come “nirmiti” simultaneamente in una infinita varietà di forme, in diversi ambiti contemporaneamente.

Il filosofo buddhista Vasubandhu definisce come come siddhi o nimrita, poteri psichici sviluppati attraverso la disciplina buddhista, la disciplina di concentrazione e di saggezza (samadhi) nel suo lavoro seminariale sulla filosofia buddista, la Abhidharmakosa. Bodhisattvabhumi di Asanga definisce Nirmana come illusione magica e “in fondo, qualcosa senza una base”. 
La scuola Madhyamaka della filosofia vede tutta la realtà come vuoto di essenza, tutta la realtà è vista come una forma di nirmita o illusione magica.

Tulpa è un concetto disciplina spirituale e gli insegnamenti del buddismo tibetano e Bon. Il termine “pensiero” è usato già nel 1927 in traduzione Evans-Wentz ‘del Libro tibetano dei morti. John Myrdhin Reynolds in una nota alla sua traduzione in inglese della storia della vita di Garab Dorje definisce un tulpa come “un’emanazione o una manifestazione.”
Dato che
l’uso tibetano del concetto di tulpa è descritto nel libro magico dell’uso delle forme di pensiero, lo studente doveva dedurre che il tulpa fosse solo un’allucinazione. Se invece avesse creduto che il tulpa fosse una divinità vera, “L’allievo che crede questo è considerato un fallimento – ed è destinato atrascorrere il resto della sua vita in un’allucinazione scomoda”.
l termine è usato nelle opere di Alexandra David-Néel, un’esploratrice franco-belga, spiritualista e buddhista, che ha osservato queste pratiche nel XX Secolo il Tibet. David-Néel ha scritto che “un Bodhisattva compleo è in grado di effettuare dieci tipi di creazioni magiche. Il potere di produrre formazioni magiche, tulku o tulpas meno duraturo e materializzati, non, però, appartengono esclusivamente a tali esseri esaltati mistiche. Qualsiasi umana, divina o demoniaca essere possono essere pervaso di essa. L’unica differenza deriva dal grado di potere, e questo dipende dalla forza della concentrazione e la qualità della mente stessa“.

David-Néel ha scritto anche della capacità di un tulpa di sviluppare una mente propria:Una volta che il tulpa è dotato di sufficiente vitalità per essere in grado di riprodurre la parte di un essere reale, tende a liberarsi dal controllo del suo creatore. Questo, dicono gli occultisti tibetani, accade quasi meccanicamente, proprio come il bambino, quando il suo corpo è completato e in grado di vivere a parte, lascia grembo di sua madre “.  David-Néel ha affermato di aver creato un tulpa a immagine di un jolly . Frate Tuck-come monaco che in seguito sviluppato una vita propria e ha dovuto essere distrutti.  David-Néel ha sollevato la possibilità che la sua esperienza sia stata illusoria: “forse ho creato la mia allucinazione.”
OLTRE non si assume alcuna responsabilità per i lettori non lama tantrici che dovessero creare dei tulpa con la meditazione.
Giorgio Nadali

Pangboche. Il monastero dello Yeti

Il nome Yeti è l’insieme di due sillabe tibetane: ye-ti, “quella cosa”. Il nome Yeti è l’insieme di due sillabe tibetane: ye-ti, “quella cosa”. Uno scalpo ritenuto appartenente all’abominevole uomo delle nevi è custodito sotto una teca di vetro presso il monastero buddhista di Pangboche (Nepal) a 3.985 metri di altitudine. Il 19 marzo 1954, il quotidiano «Daily Mail» pubblicò un articolo che descriveva una spedizione intenta a ottenere campioni di peli di uno scalpo trovato nel monastero di Pangboche. I peli furono analizzati da un esperto in antropologia e Anatomia Comparata, il professor Frederic Wood Jones.

Una mano dello Yeti è stata rubata dal monastero. Secondo i tibetani esistono due specie di yeti: la prima chiamata Dzu-Teh (che letteralmente significa grande cosa), sarebbe composta da individui enormi che possono superare i due metri e mezzo; la seconda, invece, si riferisce a esemplari più piccoli, che non superano i centocinquanta centimetri e sono chiamati Meh-teh. Alcuni ricercatori pensano che possa trattarsi di uomini che vivono in isolamento; questa teoria però non giustifica le grandi orme trovate in diverse occasioni. C’è un altro cuoio capelluto yeti in mostra a nel monastero del villaggio di Khumjung.

Pangboche è uno dei più antichi monasteri nepalesi della regione del Khumbu. Si pensa che Il Buddhismo sia stato introdotto nella regione del Khumbu verso la fine del XVII secolo dal Lama Sange Dorjee. Secondo la leggenda, il Lama ha sorvolato l’Himalaya e atterrò su una roccia a Pangboche e Thyangboche, lasciando le sue impronte incorporate sulla pietra. La mano e la cima del cranio sono state rubate negli anni Novanta dal monastero nepalese. La storia è ancora più avventurosa e risale agli anni Cinquanta, quando Peter Byrne, che guidava una spedizione alla ricerca della leggendaria creatura, arrivò al monastero di Pangboche. Secondo Byrne il cranio dello yeti era un falso, fatto con pelle di capra o antilope. Tuttavia la mano alimentava una speranza: nessuno scienziato era riuscito a spiegarne l’origine.

Un pilota neozelandese – Mike Allsop – ha portato il 30 aprile 2011 la replica di un teschio e di una mano di yeti, reperti rubati negli anni Novanta. Allsop ha dichiarato: «Voglio aiutare il monastero e far sì che torni ad avere una fonte di introito». In Siberia sta nascendo un istituto dell’Università statale di Kemerovo specializzato nello studio dello yeti. Il progetto è guidato dal dottor Igor Burtsev. Nella zona del monte Shoria sembra che ne vivano addirittura una trentina. Secondo Burtsev, gli yeti sono uomini di Neanderthal sopravvissuti all’estinzione.

Giorgio Nadali


Il monaco oracolo di stato tibetano posseduto dallo spirito Dorje Drakden

L’Oracolo Nechung (“piccola dimora”), o Sungi Gyelpoi Tsenkar, la “Fortezza del Demone dell’Oracolo reale” si chiama in realtà Thubten Ngodup (nato nel 1958) e di professione fa l’attuale XVII oracolo vivente (sku rten-pa) del popolo tibetano dal 1987. È l’oracolo di stato del Tibet. Questo signore è un monaco tibetano dell’ordine Nyingma che viene quasi ogni giorno posseduto dallo spirito Dorje Drakden, personificazione di Pehar (il demone protettore dei Gelukpa, i “berretti gialli”) che parla attraverso di lui. Prima dell’esilio a Dharamsala (India) nel marzo 1959, gli oracoli vivevano nel monastero Drepung a Lhasa (capitale tibetana).

Quando è consultato come oracolo Thubten Ngodup (discendente del noto lama tantrico Nga-dak Nyang-relwa) indossa il suo casco pesante quindici chili (che serve a proteggerlo dalla violenza della possessione dello spirito Dorje Drakden che gli dà una forza sovrumana e lo fa contorcere con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca) e il suo bel costume di broccato pesante trentacinque chili. Sul petto indossa uno specchio con una cornice di ametiste e turchesi.

Lui emette il suo verdetto mentre getta dei semi in segno di benedizione verso i presenti. Il suo oracolo viene quindi registrato dai monaci e interpretato. 5.623.300 tibetani contano sui suoi oracoli per il loro futuro, e fintanto che sarà posseduto dallo spirito Dorje Drakden Thubten Ngodup non li deluderà.
Il monaco oracolo ha creato un dissidio tra i tibetani esprimendosi contro il culto del “Possessore della Forza del Vajra”, più nota come divinità tantrica Dorje Shugden (Rdo rje shugs-ldan). Il XIV e attuale Dalai Lama (premio Nobel per la pace 1989), nel 1975 ha bandito il culto di Dorje Shugden ritenendolo invece un demone violento, contro la volontà dei tibetani che continuano ad adorarlo.

Giorgio Nadali


Il Chöd. La meditazione tibetana con i demoni

Il Chöd è una forma di meditazione buddhista tibetana fondata dalla yogini Machig Labdron (1055-1148) e dal suo guru Pha Dampa Sangye. La meditazione è solitamente eseguita in un campo di cremazione o in un noto luogo infestato da presenze spiritiche dove lo yogin con l’aiuto di mantra (preghiere), un tamburello e una tromba ricavata da un osso umano di tibia visualizza il taglio del suo corpo e l’offerta ai demoni come pasto sacrificale.
Il Chöd ha tre scopi. Lo sviluppo del coraggio, lo sviluppo della compassione per tutti gli esseri viventi, demoni compresi, e lo sviluppo di una visione interiore dello yogini riguardo alla sua intrinseca non esistenza (sunyata). I praticanti del Chöd un tempo formavano una tradizione monastica, ma oggi i loro insegnamenti sono stati assorbiti dalle tradizioni Kagyu e Nyingma. Ad ogni modo vi sono ancora dei yogini del Chöd che si allontanano dai monasteri e vivono in modo selvaggio e non convenzionale. Vengono chiamati a compiere esorcismi.

Gli ornamenti rituali del Chöd sono: l’ornamento a forma di ruota chiamato “gioiello corona” simbolo di Akṣobhya e di consapevolezza incontaminata. Gli orecchini che rappresentano Amitābha e la consapevolezza incontaminata del discernimento. La collana che rappresenta Ratnasambhāva e la consapevolezza incontaminata dell’unità. I braccialetti e le cavigliere che rappresentano Vairocāna e la consapevolezza incontaminata dei fenomeni. La cintura che rappresenta Amoghasiddhi e la realizzazione della consapevolezza incontaminata. Il sesto ornamento è la cenere di un luogo di cremazione spalmata sul corpo.

Redazione

 


Buddhamanìa. In aumento in Italia i fedeli del Buddha

In aumento in Italia i fedeli di Buddha. Scopriamo perché

Abbiamo incontrato cinque monaci italiani – appartenenti a diverse tradizioni buddhiste – presso il Centro Mandala di Milano

Tutti provengono dalla originaria fede cattolica e da una professione avviata, che hanno lasciate per diventare missionari del Buddhismo. Hanno acquisito un nome buddhista (accanto al loro nome e cognome italiano), vestono da monaci solo nelle occasioni ufficiali e nel tempio e non praticano la questua come fanno i monaci buddhisti in Estremo Oriente. Oggi i fedeli del Buddha in Italia sono 103.000 su 483 milioni nel mondo. I monaci : ven. Seiun Fushin del tempio buddhista del Lagorai (Trentino), ven. Taehye Sunim e ven. Kusalananda del Tempio buddhista MusangAm di Lerici, ven. Lama Paljin del Mandala – Centro studi tibetani di Milano, ven. Tubten Tharpa dell’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia.

Come vi siete avvicinati al Buddhismo?

Lama Paljin: Veniamo tutti dal Cattolicesimo e nel corso della nostra vita abbiamo incontrato il Buddhismo e lo abbiamo scelto come sentiero spirituale e come terreno di pratica.
Perché?
Lama Paljin: Per quanto mi riguarda ho notato che il Buddhismo responsabilizza l’individuo e attraverso la sua consapevolezza gli permette di raggiungere uno stato mentale equilibrato. Mi sentivo molto più libero di fare delle scelte. Non é dogmatico il Buddhismo. Sono responsabile di me, compio le mie azioni, incontro le conseguenze. Non c’è nessuna entità che mi deve giudicare. Sono buddhista da circa quarant’anni.
Monaco Seiun: Io ero cattolico, molto attivo come capo scout o e animatore dei gruppi dell’oratorio. Il Buddhismo ha dato pienamente alle mie domande personali la risposta giusta al mio modo di pensare.
Monaco Taehye: Io vengo da una famiglia protestante in Finlandia. Mi sono avvicinato al Buddhismo perché mi piace ciò che dice sugli animali, sul fatto di essere vegetariani e perché mi sembra più razionale sula spiegazione della vita.

Quante persone frequentano il Centro Mandala?

Lama Paljin: Il centro è frequentato da tre tipi da persone. I praticanti, che seguono la trazione buddhista. Le persone interessate alle nostre attività che vengono con la curiosità di conoscere meglio il Buddhismo e poi ci sono i simpatizzanti che arrivano spinti dalle notizie del momento. Ad esempio dall’uscita di un libro del Dalai Lama o di un film. Nell’arco dell’anno abbiamo credo 1.500 presenze e i nostri soci sono 300. I veri praticanti sono 50. L’ottanta per cento dei frequentatori sono donne. Sono tutti laureati o diplomati e l’età media è di cinquant’anni, ma negli ultimi anni si è abbassata.
Monaco Seiun: Da noi ci sono anche ragazzini mandati dai genitori per avere un’esperienza di meditazione e di lavoro in comunità. Abbiamo anche ventenni che vogliono integrare la loro pratica di arti marziali con la conoscenza del Buddhismo. Ci sono anche persone più anziane.

Perché il Buddhismo attrae?

Monaco Tubten Tharpa: Ci sono tante risposte. Una possibile è un’alternativa a un momento di bisogno interiore di una situazione specifica. Un problema personale, una situazione di sofferenza.
Lama Paljin: Il Buddhismo è una tradizione recente in Occidente. La gente è incuriosita perché è un fenomeno di moda. Ed è interessata alla meditazione. il Buddhismo è una scienza della mente e oggi la mente è al centro dell’attenzione non solo scientifica, ma anche culturale. Si parla molto dei benefici di una buona meditazione. La gente pensa che il Buddhismo non sia una religione, ma un modo di vivere. Vengono con l’intenzione di conoscere, non di convertirsi. Quelli che vengono qui e sono cattolici vanno a Messa la domenica e poi vengono alla meditazione al giovedì. Non sposano una tradizione buddhista, ma seguono le indicazioni del Lama [guida spirituale] riguardo alla pratica meditativa in sé. Quando è morto il papa Giovanni Paolo II abbiamo recitato con novanta persone un’Ave Maria.

Ci sono persone che sono rimaste deluse da altre esperienze religiose?

Monaco Tubten Tharpa: Il confronto tra quello che sappiamo da sempre e quello che arriva da amici o da persone che sono cambiate nel periodo un cui hanno frequentato percorsi di meditazione ha incuriosito e avvicinato altri. Ha contribuito anche la diffusione dei centri buddhisti.

Avete delle divinità?

Lama Paljin: molte divinità del Buddhismo tibetano derivano da quelle induiste. Non sono figure reali, ma di riferimento per il nostro percorso spirituale.
Monaco Tubten Tharpa: Tutto sta nell’atteggiamento con cui ci si confronta con queste figure divine. Se uno viene con lo stesso atteggiamento con cui pregava la Madonna o Gesù non sta avendo la stessa comprensione che dovrebbe avere in un contesto buddhista.

Cosa pensate di Gesù?

Monaco Tubten Tharpa: Personalmente ritengo che possa essere considerato un bodhisattva, cioè un essere che ha rinunciato alla sua vita per aiutare altri.
Secondo voi una religione vale l’altra?
Lama Paljin: Una religione vale l’altra nel momento in cui una persona ha lo spirito puro per praticarla.
Avete norme morali?
Lama Paljin Abbiamo i cinque precetti che sono le linee guida che un laico deve seguire per rimanere sul sentiero spirituale.
Monaco Tubten Tharpa: Quello che può essere interessante è l’atteggiamento di assenza di condanna, ad esempio nei comportamenti sessuali o nel contesto di sensi di colpa nei confronti di qualcosa che pensiamo sia morale o non morale fare.

Nelle altre tradizioni religiose secondo voi c’è molto il senso di colpa?

Monaco Tubten Tharpa: Molto. Può allontanare e fare avvicinare ad altre tradizioni religiose anche su temi che come la morte qui sono accolte come parte della vita e non messi da parte come tabù.

Celebrate tutti i rituali come funerali e matrimoni?

Monaco Tubten Tharpa: Certo. Devono essere persone che lo richiedono specificatamente, anche non buddhiste.
C’è una vera conoscenza del Buddhismo in Italia?
Lama Paljin : La maggior parte delle persone si avvicina grazie ai mezzi di comunicazione di massa, ma una vera conoscenza del Buddhismo non c’è. Dovranno sorgere più monasteri in Italia.

Una persona molto ricca come Richard Gere può essere buddhista?

Lama Paljin : Una persona molto ricca che pratica il Buddhismo è privilegiata perché ha l’opportunità di vivere bene la propria ricchezza e praticare l’ altruismo e la compassione. Una persona ricca che pratica il Buddhismo secondo la tradizione è maggiormente di aiuto al prossimo. Richard Gere è una figura che ha una generosità spiccata supportata da una fede buddhista consolidata.

Avete i voti di castità e di povertà?

Lama Paljin: Io sono vedovo, ho un figlio e mi sono accostato al Buddhismo prima di essere vedovo. Abbiamo i voti di povertà e castità. Il voto di castità ci aiuta a sentire il distacco dagli attaccamenti terreni. Ci sono però monaci buddhisti tibetani e di altre tradizioni che sono sposati e che non vivono nel monastero.

A Comiso c’è il più grande stupa in Italia [grande costruzione buddhista, reliquario a forma di cono]. Voi avete in progetto di costruirne uno?

Monaco Tubten Tharpa: Noi abbiamo in progetto di costruirne tre, ma piccoli.
Lama Paljin: Penso sia un monumento di grandissimo significato, ma non è fondamentale. A Milano se tutti i buddhisti tibetani trovassero un’area e avessero i permessi per costruirne uno, sarebbe una grande benedizione. Ma non abbiamo i soldi.

Come vi finanziate?

Lama Paljin: Attraverso le quote associative e le offerte dei frequentatori del centro.

Nella tradizione buddhista i monaci fanno la questua. E voi?
Monaco Kusalananda: Sarebbe ridicolo.

Non è un obbligo?

Lama Paljin: È la cultura locale in Occidente che non lo accetta.

Di cosa vi occupavate prima di essere monaci buddhisti?

Monaco Tubten Tharpa: L’imprenditore tessile. Ero buddhista anche prima di vendere l’azienda. Avevo dieci dipendenti, ma non ero soddisfatto della mia vita. Mi mancava sempre qualcosa. Vivevo da solo in una casa di 600 metri quadrati sul lago di Como. Ora vivo in una baita non mia di quindici metri quadri. Ho tutto. La motivazione principale è stata causata da una società con un’etica materialista.
Lama Paljin : Il dirigente d’azienda. Ho lasciato il lavoro per dedicarmi alla diffusione del buddhismo.
Monaco Taehye: Ho studiato in università in Finlandia
Monaco Kusalananda: Musicista compositore pianista e lo faccio ancora, ma non è più il mio lavoro a tempo pieno.

Qualcuno di voi vive in comunità?

Monaco Taehye : Noi viviamo in un piccolo tempio
Lama Paljin: Ho la mia casa
Monaco Seiun: Sto nella casa di famiglia
Voi cosa fate per i bisognosi?
Lama Paljin : recentemente Abbiamo adottato sette bambini rimasti orfani durante terremoto in Nepal e pagheremo loro gli studi in un collegio.

Giorgio Nadali

(foto dell’autore)