“Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli”. (Luca 17,3). L’ammonimento non è facile. Si rischia di sembrare presuntuosi e saccenti, superiori agli altri. In realtà è un atto di carità. Gesù stesso lo chiede: “Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano” (Matteo 18,15-17). Il papa emerito Benedetto XVI scrisse nella quaresima 2012 che «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale… la correzione fraterna in vista della salvezza eterna.
Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo. Nella Sacra Scrittura leggiamo: «Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s). Cristo stesso comanda di riprendere il fratello che sta commettendo un peccato (cfr Mt 18,15). Il verbo usato per definire la correzione fraterna – elenchein – è il medesimo che indica la missione profetica di denuncia propria dei cristiani verso una generazione che indulge al male (cfr Ef 5,11). La tradizione della Chiesa ha annoverato tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori».
E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recrimina-zione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello. L’apostolo Paolo afferma: «Se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu» (Gal 6,1). Nel nostro mondo impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il giusto cade sette volte» (Pr 24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1 Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi.
Oggi la cultura relativista rende molto difficile l’opera di correzione del prossimo. Anche tra i cristiani si è insinuata l’idea di una morale personalizzata, per cui ognuno agisce secondo la sua coscienza e non ci si può permettere di intromettersi nelle scelte altrui. Vi è la convinzione diabolica del “fai ciò che vuoi”, se ti fa stare bene, allora fallo. Per cui ci vuole una grande attenzione alla Parola di Dio, preghiera, umiltà per correggere soprattutto con l’esempio, ma anche ammonire coraggiosamente e amorevolmente con le parole, senza umiliare o ferire. Sì, siamo i guardiani dei nostri fratelli. L’opposto della frase irresponsabile ed egoista di Caino: «Sono forse il guardiano di mio fratello?» (Genesi4,9). Per cui, “ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza”, come scrive San Paolo (Colossesi 3,16). Chi prega e chiederà consiglio allo Spirito Santo saprà farlo nella maniera corretta, senza voltarsi vigliaccamente dall’altra parte davanti al peccato altrui, ma anche senza ergersi a giudice arrogante e indisponente.
Giorgio Nadali