Ennio Doris

Doris Nadali

14 Gennaio 2019, Sede di Banca Mediolanum, Milano 3 City, Basiglio (MI)

Intervista a Ennio Doris, Presidente e Fondatore di Banca Mediolanum

Genialità e solidi valori che creano ricchezza al servizio dei clienti

 di Giorgio Nadali

Testo integrale dell’intervista inviata a Fortune e pubblicata da Fortune il  28/01/2019

Ennio Doris – 78 anni, di Tombolo (PD) – ha conseguito la Laurea ad honorem in Scienze Commerciali e un Master ad honorem in “Banca e Finanza”. A conclusione degli studi di ragioneria, dal 1960 al 1968 ha lavorato presso la Banca Antoniana di Padova. Dal 1969 al 1971 è stato consulente finanziario presso Fideuram (Gruppo Imi) occupandosi di risparmio gestito e dal 1971 al 1981 si è affermato professionalmente in Dival (Gruppo Ras), arrivando a gestire un gruppo di 700 consulenti. Nel febbraio 1982 ha fondato, con il Gruppo Fininvest, Programma Italia, che dal giugno 1997 è diventata Banca Mediolanum di cui è stato fin dall’inizio Presidente del Consiglio di Amministrazione. Dal 2000 al 2012 ha ricoperto la carica di Consigliere in Mediobanca S.p.A. e di Banca Esperia S.p.A. Dal 1996 al 2008 è stato Amministratore Delegato di Banca Mediolanum S.p.A., prima del subentro del figlio Massimo Doris. Oggi ne è Presidente. Partito da zero, è tra i 43 miliardari italiani al 17° posto con 3 miliardi di Euro di patrimonio personale.

Presidente Ennio Doris, quale anno è stato il 2018 per Banca Mediolanum?

Un anno importantissimo. Sotto certi aspetti l’anno della verità per le performance dei mercati. L’anno nel quale si è incominciato a vedere chi sa veramente fare l’attività di consulenza finanziaria, applicando una strategia vincente. Molti confondono il nostro lavoro con quello del gestore dei fondi che movimenta i portafogli solo con il computer. In realtà il consulente, il family banker ha davanti a sé a una persona a tutto tondo, con progetti di vita ed emozioni. Emozioni che prendono il sopravvento quando i mercati iniziano a oscillare. Tanto è vero che nel 2002 è stato dato il premio Nobel per l’economia a Daniel Kahneman che non è un economista, ma uno psicologo che ha dimostrato come le decisioni economiche vengano prese sulla spinta dell’emotività… Nel 2017 è stato dato il Nobel a Richard Thaler che ha confermato le ricerche di Kahneman e ha aggiunto il suggerimento di suddividere gli investimenti in “tre secchielli” separati, in base ad obiettivi di breve, medio e lungo termine, proprio per gestire l’emotività. Io ho fondato questa azienda nel 1982… Le mie esperienze sul campo tra la fine degli anni 60 e 70 mi avevano insegnato, già allora, che l’emotività la fa sempre da padrona quando i mercati iniziano ad andar male. Occorre quindi farsi guidare da una strategia razionale, che faccia entrare il risparmiatore sui mercati mondiali in modo graduale e con un orizzonte temporale di lungo respiro.

Quindi l’intelligenza emotiva è importante…

Determinante! Trentacinque anni prima del premio Nobel a Thaler noi abbiamo ideato la strategia delle “5D”, ovvero diversificazioni, per orizzonti temporali, per area geografica, per titoli, per strumenti finanziari e per potenzialità di crescita. Diversificazione massima per diluire i rischi dei mercati e cogliere le opportunità dalle Borse di tutto il mondo. Il 2018 è stato importantissimo per confermare l’efficacia della nostra strategia. Tanto è vero che siamo la banca che fa più raccolta quando i mercati vanno male …

Lei è partito da zero?

Sì, sono partito da zero… Diciamo che ho avuto una serie di fortunate coincidenze. Un credente le chiama Dio-incidenze.

 Quali progetti avete per il 2019?

Sono due gli aspetti su cui investire oggi in questo settore. Uno è la tecnologia e l’altro è il capitale umano. La tecnologia ha fatto passi da giganti in questi ultimi anni. Oggi con uno smartphone è possibile movimentare il proprio conto corrente senza neanche dover ricordare i codici segreti, la biometrica ci viene incontro, semplificando ulteriormente la nostra vita. Secondo aspetto su cui investire riguarda il capitale umano. È vero che l’operatività bancaria si riduce in pochi clic, ma per gli aspetti che contano nella vita, come l’acquisto della casa, piuttosto che la previdenza integrativa, occorre il supporto di un professionista competente. Abbiamo deciso quindi di investire nella formazione dei nostri banker, oltre che dei dipendenti. Abbiamo visitato le più prestigiose Corporate University al mondo e, nel 2009, abbiamo creato Mediolanum Corporate University. Nel 2013 una giuria internazionale ha selezionato 150 Corporate University di 56 Paesi. Siamo risultati secondi dopo la Corporate University del Ministero della Difesa americana. L’unica italiana.

In cosa fa la differenza Banca Mediolanum per gli stakeholder?

Questa è una banca che pone la persona al centro, sia che si tratti di clienti, dipendenti, family banker, azionisti o fornitori. Nel mio ufficio ci sono due icone: la crocifissione di San Damiano e la lavanda dei piedi. Quando mi è stato regalato questo secondo quadro, ho realizzato da dove nascono le idee, dalla propria cultura. La mission della “banca costruita intorno a te” vuole porsi al servizio degli altri.

Cosa chiede a questo Governo?

Mettersi al servizio degli altri è un dovere per chi ricopre ruoli di responsabilità. Occorre inoltre molta  formazione per essere all’altezza di quelle responsabilità. Le faccio un esempio. In Italia tutte le aziende quotate insieme concorrono a formare un terzo del PIL italiano, in Spagna il 56%. Nei Paesi anglosassoni oltre il 200%. Come mai in Italia non esiste un mercato finanziario al servizio delle aziende? Il 96% del finanziamento alle imprese viene dalle banche. Un’economia bancocentrica. Questa situazione trova origine in una decisione miope presa oltre 60 anni fa quando al Governo si decise, con scarsa lungimiranza, di tassare gli investimenti in azioni. Ai nostri giorni, lo strumento dei piani individuali di risparmio, introdotti con la legge di stabilità del dicembre 2016, può invertire la rotta, ma occorrerà almeno un decennio per vederne gli effetti.

 Secondo Lei quale rapporto c’è tra successo personale e denaro?

All’inizio il denaro può essere una buona spinta motivazionale, perché tutti aspiriamo a una qualità della vita migliore, ma poi la molla che ci spinge verso il successo parte da dentro. Io potevo fermarmi trent’anni fa. Il mio tenore di vita non è più cambiato da allora. Quello che ti spinge ad andare avanti è la passione, l’auto realizzazione. Se io ho delle opportunità ho il dovere di metterle a frutto. Occorre che ognuno dia il meglio di sé. Quando guardiamo un’opera d’arte giudichiamo l’autore. Quando lavoriamo stiamo disegnando noi stessi ai nostri occhi e agli occhi del mondo intero. Quando andavo nella stalla alle due del mattino per dar da mangiare alle mucche, le pulivo doviziosamente perché dessero una buona impressione di sé al mercato, dove le avrebbero portate mio papà e mio zio, mediatori di bestiame. Quando lavori stai descrivendo te stesso non puoi che dare il meglio di te. Questo si concilia con la parabola dei talenti. C’è un’opportunità e io ho il dovere di metterla a frutto.

Sa cosa ho scritto nel mio dodicesimo libro? Il successo è il sacro dovere che abbiamo verso la nostra dignità

Bravissimo! Vede, ragioniamo nello stesso modo!

 Lei è ottimista sugli sviluppi della macroeconomia italiana per il 2019?

Penso che il 2019 sarà un anno di rallentamento o addirittura di recessione. Qualche mese fa tra gli investitori istituzionali ha iniziato a serpeggiare un sentimento di incertezza e di sfiducia che li ha portati a ridurre significativamente la loro esposizione rispetto al debito italiano. Questa paura si è trasferita dai mercati alle imprese, che tendono a rimandare gli investimenti nelle proprie aziende, e sui consumi privati, in attesa di un contesto più certo. Questo clima di sfiducia determina una contrazione degli investimenti, di conseguenza, l’economia rallenta. I governi passano, ma le imprese solide rimangono e oggi è una grande opportunità per investire sulle aziende italiane. Il mercato mondiale, che quest’anno rallenterà, è destinato a riprendersi, come è sempre successo.

Tre Suoi consigli agli investitori e uno per gli startupper

Il primo consiglio che darei a un risparmiatore è capire perché sta accantonato del denaro. Perché fra sei mesi cambio la macchina? Il consiglio è un conto deposito. Sto accantonato del denaro perché fra 5 anni mia figlia probabilmente si sposerà o aprirà con studio? Devo prevedere un investimento che tra 5 anni si rivaluti un po’ ma che sia sicuro, quindi degli investimenti in obbligazioni con emittenti che ripaghino un po’ di interesse. Metto via del denaro per il futuro?  Allora investo nell’economia reale di tutto il mondo, ponendomi un orizzonte temporale di lungo termine. Negli anni l’economia reale ha sempre dimostrato di crescere, di conseguenza anche le Borse mondiali crescono sempre.

Agli startupper consiglio di crederci e dedicarvisi anima e corpo. Occorre la capacità di dimostrare agli altri che la propria è un’ottima idea, così che comincino ad arrivare investimenti.

Il Presidente dell’ABI, Patuelli ha dichiarato: “Le banche italiane sono nel contesto europeo e dell’occidente quelle che hanno realizzato più aggregazioni negli ultimi 10 anni e non credo si debba chiedere all’Italia più di quanto chiesto ad altri paesi. L’Italia ha fatto molto e farà quello che azionisti e manager decideranno di fare senza l’impellenza di diktat di alcuno”. Lei è d’accordo?

Sono assolutamente d’accordo. Nel 2009 la Germania ha speso 240 miliardi di euro per salvare le proprie banche. Di più sono stati spesi dagli Stati Uniti dopo il fallimento di Lehman Brothers. Noi italiani  abbiamo previsto interventi più contenuti a supporto delle banche nostrane perché, contrariamente alle banche tedesche e americane, i nostri istituti, prudentemente, hanno evitato di riempire i loro portafogli di titoli tossici, sottostanti ai cosiddetti mutui subprime. All’epoca Tremonti, ministro dell’Economia e delle Finanze, decise di rafforzare la solidità del sistema bancario garantendo l’acquisto dei “Tremonti bonds” emessi dalle banche in difficoltà per 12 miliardi. Complessivamente i “Tremonti bond” e i successivi “Monti bond” vennero sottoscritti soltanto per  otto miliardi di euro. La mia banca, essendo sempre stata molto liquida ha immesso nel sistema del credito italiano oltre 7 miliardi di euro nella primavera 2009. Il sistema bancario italiano era solido, tanto è vero che nel 2009, i profitti complessivi sono stati di quasi 10 miliardi di euro. Nel 2010 ancora crescita. Poi sono cominciate le difficoltà.  Il governo Monti ha visto l’incremento delle imposte, che concorse al crollo dell’economia, conseguentemente all’esplosione dei fallimenti. Mi sento di fare una critica non tanto alle banche italiane, quanto alla direttiva europea di introdurre ilbail-in, ovvero il salvataggio delle banche in risoluzione dall’interno. È stato un errore clamoroso. L’idea che una banca possa fallire ha minato la fiducia dei risparmiatori nel sistema bancario e questa paura, per una banca in difficoltà, si traduce nella fuga in massa dei suoi clienti e quindi in una crisi di liquidità per la banca stessa.

Fondazione Mediolanum Onlus. Quindi esiste anche una finanza dal volto umano. Ce ne parli…

Nel 2002 nasce Fondazione Mediolanum, diventata Onlus nel 2013, con l’obiettivo di sostenere l’infanzia disagiata in Italia e nel mondo. È presieduta da mia figlia Sara. Finora sono stati finanziati 309 progetti, in 39 paesi nel mondo, che hanno previsto l’erogazione di 10 milioni di euro, in aiuto a 51.000 bambini. Giusto per fare qualche esempio. Nel 2007, a Nairobi, in Kenya, abbiamo costruito una casa famiglia per portare a scuola i bambini che vivono in strada. Nel 2010 a Haiti, a seguito del terremoto che ha devastato l’isola, abbiamo costruito, insieme a Fondazione Rava, diverse scuole per accogliere, nutrire, vestire ed istruire bambini che vivevano per strada. Nel 2015 Sara, insieme a un team internazionale di medici volontari si sono recati in Cambogia per operare bambini malati di cuore. In Italia abbiamo contribuito alla ricostruzione di diverse scuole distrutte dal terremoto del Centro Italia ed abbiamo sostenuto associazioni che aiutano bambini gravemente malati e le loro famiglie ad affrontare la malattia.  Anche la Banca fa la sua parte concretamente. Un dato su tutti: ad oggi sono stati erogati oltre 230 milioni di euro a favore dei nostri clienti colpiti da calamità naturali e finanziarie.

Lei si definisce un banchiere buono?

Io nella mia attività ho messo al centro i valori nei quali credo. Penso che una persona che è aperta e generosa in famiglia e con gli amici, negli affari non può essere senza scrupoli, non vivrebbe bene, soprattutto se credente. Essere se stessi in ogni occasione sembra che apparentemente non dia risultati. In realtà alla lunga si vedono, anche solo in termini di riconoscenza

La vostra “Casa della Consulenza” a Palazzo Biandrà di Milano è gestita da 100 Family Banker, Private Banker e Wealth Advisor, con spazi dedicati a eventi d’arte contemporanea, culturali e di formazione economica. Volete caratterizzarvi sempre più come banca a misura del cliente e della famiglia?

Esatto. Siamo nati come la Banca che pone il cliente e la famiglia al centro. E tra le esigenze del nucleo familiare non potevamo trascurare quelle legate alle aziende di famiglia. Per questo a dicembre 2017 è nata la Direzione Investment Banking per affiancare le piccole e medie imprese italiane nelle operazioni di finanza straordinaria. Questo è il secondo anno di attività. Pur essendo partiti da zero, con un team di dieci professionisti, siamo convinti che già quest’anno raggiungeremo il breakeven.