Gianmario Verona, Rettore Bocconi

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Versione integrale dell’intervista pubblicata da Fortune il 1 Febbraio 2019

La Bocconi è oggi una delle principali università di ricerca e di insegnamento a livello europeo, specializzata in economia, management, diritto e scienze sociali, con un forte orientamento internazionale che si accompagna all’orgoglio per la sua tradizione e le sue radici italiane. L’Ateneo nasce nel 1902 per volontà di Ferdinando Bocconi, un lungimirante imprenditore, grazie alla sua generosa donazione in memoria del figlio Luigi, scomparso in guerra. I fondatori dell’Università Bocconi resero fin dall’inizio esplicita la loro visione di un istituto di ricerca indipendente, dove l’istruzione superiore in materia di economia e commercio sarebbe stata fondata su studi di alto livello, volti ad ampliare la conoscenza e contribuire al miglioramento della società.

Esiste il mito che laurearsi in Bocconi significhi garantirsi in futuro un’occupazione di prestigio. E’ così?

Se questo è il mito, la realtà è che laurearsi alla Bocconi significa ottenere competenze di altissimo livello. E sono queste che permettono di aspirare alle posizioni migliori anche a livello internazionale. Ribalto quindi l’ottica: non è il nome Bocconi in sè, ma è ciò che la Bocconi come scuola di formazione garantisce a fare la differenza. C’è un dato che vorrei citare e che rappresenta un po’ una prova del nove a questo proposito: la percentuale di studenti Bocconi che lavora a un anno dalla laurea è del 95,8% e il 26.4% lavora all’estero. Laurearsi in questo ateneo significa quindi ottenere un titolo immediatamente spendibile.

Quali sono le novità del piano formativo A.A. 2019/2020?

La Bocconi negli ultimi anni è diventata a pieno titolo un ateneo in scienze sociali allargando così il suo perimetro all’insieme delle discipline che studiano la società: economia (in senso ampio, comprendendo le discipline che gli anglosassoni definiscono economics, management e finance), giurisprudenza, scienze politiche e data science. In particolare In questo anno accademico abbiamo lanciato il Master of Science in Data Science and Business Analytics e il Master of Science in Politics and Policy Analysis. L’anno prossimo prenderanno invece avvio il Master of Science in Cyber Risk Strategy and Governance in collaborazione con il Politecnico di Milano e il double degree in European and International Public Policy and Politics in collaborazione con la London School of Economics and Political Science. Ma oltre a queste novità nell’offerta formativa mi piace sottolineare come il progetto didattico della Bocconi si stia rimodellando per garantire ai propri studenti una formazione al passo con le esigenze di un mondo del lavoro in continua evoluzione e in piena rivoluzione digitale. Per questo è sempre più fondamentale avere una solida formazione di base (che spazia dai fondamenti dell’economia a quelli del Diritto, passando attraverso la Matematica e la Statistica), conoscere ed essere in grado di “dialogare con le macchine” e avere capacità logiche e di pensiero critico. Dopo l’introduzione lo scorso anno di corsi di coding per tutti gli studenti, quest’anno abbiamo introdotto un seminario obbligatorio di logica.

Secondo Lei il talento per gli affari è un talento naturale o appreso?

Questo è un dibattito destinato a non esaurirsi mai, perché attitudini e apprendimento interagiscono incessantemente e si completano a vicenda. L’analogia più calzante è quella sportiva: il talento esiste, ma deve essere nutrito con l’apprendimento della tecnica e con l’allenamento. Spesso, inoltre, il talento è specifico e deve essere individuato. Il caso recente di Usain Bolt, probabilmente il più grande velocista di tutti i tempi, che non riesce a procurarsi un contratto da calciatore professionista neppure in campionati minori, è significativo: ne avremmo mai sentito parlare se qualche tecnico lungimirante non l’avesse indirizzato, anni e anni fa, alla velocità anziché al calcio e non l’avesse, poi, formato a diventare un grande velocista? La Bocconi, con il test d’ingresso, accerta l’esistenza di capacità di base che possiamo assimilare al talento, che viene poi messo meglio a fuoco e nutrito con l’attività di formazione.

Cosa risponde a chi afferma che l’Università Bocconi è un ateneo elitario?

Che non è vero. Nei fatti è l’università di tutti gli strati sociali. Quest’anno abbiamo destinato oltre 29 milioni di euro ad agevolazioni di vario tipo destinate agli studenti, da esoneri dal pagamento delle tasse universitarie a borse di studio a copertura totale come quelle del progetto ‘Una scelta possibile’. Queste ultime sono create per dare la possibilità di frequentare i nostri corsi a giovani che, per via della loro situazione socio-economica, non considererebbero del tutto la formazione universitaria. Inoltre, sempre nell’ottica di rendere più accessibile l’università, abbiamo inaugurato all’inizio di quest’anno accademico l’ottava residenza universitaria del campus. Adesso il totale dei posti letto a disposizione è di oltre 2 mila. Per molti studenti Bocconi è un “gamechanger”, aprendo le porte di carriere brillanti indipendentemente da contesto di provenienza.

Cosa significano le parole “eccellenza” e “successo” per Lei?

In quanto rettore, per me eccellenza è la ricerca ad altissimo livello, è immaginare una didattica che cerchi sempre di guardare oltre ciò che si è abituati a fare, è creare una comunità internazionale di alumni stimata e apprezzata in tutti gli ambiti professionali in cui si misura. Ma eccellenza è anche innovazione, creatività, impegno senza riserve. Il successo, invece, è la capacità di incidere positivamente sulla società, di lasciare un segno nel presente. Il grande successo al quale deve puntare un’università, oggi, è quello di riportare al centro dell’attenzione il tema delle competenze, che nel nostro paese è più che mai messo in ombra.

Per una formazione di qualità è meglio affidarsi ad enti privati. Lei è d’accordo? Perché?

Io credo nella qualità dell’ecosistema universitario, che deve comprendere istituzioni di vario genere, tra le quali studenti e famiglie possano scegliere in base ai loro parametri. Ogni università ha le proprie caratteristiche, che non si riducono al solo fatto di essere pubblica o privata. Alcune, come la Bocconi, hanno una forte vocazione internazionale, altre hanno un profilo più locale. L’impostazione didattica può essere diversa. Il miglior esempio di un sistema virtuoso, da questo punto di vista, è quello di Milano nel suo complesso: una città universitaria, nella quale convivono istituzioni di grande qualità e dalle caratteristiche diverse.

Cosa manca al sistema imprenditoriale italiano e in quale misura l’Università Bocconi contribuisce alla crescita del Sistema Paese?

Uno dei limiti da sempre imputato al sistema imprenditoriale italiano è quello della dimensione con il 90% delle nostre imprese classificate tra le pmi. Se questo è il limite storico, ma in alcuni casi anche la forza dell’Italia quando i nostri imprenditori individuano una nicchia di mercato e competono sull’eccellenza, oggi le nuove sfide, e opportunità, sono da ricercare non nella dimensione ma nella digitalizzazione delle imprese e nella loro capacità di fare open innovation e lavorare in ottica di sistema. La Bocconi, i cui obiettivi sono sintetizzati nell’espressione Knowledge that matters, mette a disposizione della società la sua esperienza nel formare individui in grado di governare le sfide future e la sua forte capacità produttiva nel campo della ricerca.

Prevedete formazione per l’aggiornamento professionale obbligatorio degli Ordini professionali?

Due le modalità con cui partecipiamo a questo segmento della formazione continua. Da una parte SDA Bocconi School of management organizza attività formative anche in collaborazione con le associazioni professionali o accreditate da singoli ordini professionali: dagli architetti agli ingegneri, dai dottori commercialisti ai promotori finanziari e alle professioni sanitarie. Dall’altra, essendo la formazione professionale molto legata a temi di attualità e di approfondimento, attraverso l’attività di divulgazione promossa dai nostri dipartimenti e centri di ricerca che promuovono convegni e seminari che garantiscono il riconoscimento di crediti da parte di specifici ordini professionali.

Secondo Lei per essere un buon imprenditore / startupper è essenziale una laurea?

Torniamo, in larga parte, al dibattito talento/apprendimento. Per gestire un’impresa a diversi livelli di sviluppo servono capacità e conoscenze diverse e l’imprenditore laureato ha caratteristiche diverse rispetto a quello non laureato. I risultati di un progetto sullo skill mismatch in Italia che abbiamo condotto in collaborazione con J.P. Morgan, hanno evidenziato che gli imprenditori laureati operano in settori più avanzati, cercano collaboratori più preparati e li pagano meglio. Il vero problema è che in Italia, per un laureato, esistono pochi incentivi a diventare imprenditore, e a rimetterci è l’intero sistema. I risultati dell’analisi suggeriscono la necessità di aumentare il premio per l’istruzione degli imprenditori in Italia, adottando tre ordini di provvedimenti: eliminare le barriere che impediscono ai più istruiti di sfruttare appieno le loro capacità (qualche progresso in questa direzione è stato fatto, grazie al decreto sulle startup innovative); sviluppare un ambiente finanziario meno incentrato sulle banche, dal momento che la crescita delle startup tecnologiche necessita di seed e venture capital e di private equity; arricchire i percorsi formativi in modo da coltivare le capacità imprenditoriali di chi studia. Ecco, da questo ultimo punto di vista la Bocconi si è attivata con grande energia: abbiamo inserito elementi di imprenditorialità in tutti i percorsi di studio, abbiamo un nostro incubatore, abbiamo istituito per la prima volta la figura di un prorettore per l’Innovazione e promuoviamo l’incontro tra imprenditori innovativi e finanziatori grazie a iniziative quali lo StartupDay e più di recente, in collaborazione con il Politecnico, BeReady2Fly.