Mario Moretti Polegato

 

Mario Moretti Polegato, “Mister Geox”. L’inventore miliardario delle scarpe che respirano svela tutti i segreti del suo successo, tra cui creatività e solidarietà.

Intervista dell’8 Maggio 2018 di Giorgio Nadali, pubblicata su  FORTUNE il 9 Maggio 2018
Polegato

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Mario Moretti Polegato (65 anni) è l’imprenditore che ha inventato la scarpa che respira. Si auto definisce un inventore, lo Steve Jobs di Montebelluna. Oggi la sua azienda esporta in 115 Paesi, con un fatturato di 884 milioni di euro. Polegato fa parte del gruppo dei 42 miliardari italiani (al 25° posto), con un patrimonio personale di 2 miliardi di euro.

Dottor Polegato, quanto conta oggi differenziarsi sul mercato con un prodotto innovativo?

Oggi è la strategia fondamentale per poter essere presenti nel mercato, perché il processo della globalizzazione ha dato modo a molte nuove aziende di nuovi Paesi di proporsi con collezioni non sono nelle scarpe, ma in qualsiasi settore. Di conseguenza le aziende che oggi vanno meglio sono quelle che hanno prodotti diversi. Questa diversità è frutto, per quel che ci riguarda, della ricerca, ma soprattutto è frutto anche di una unicità protetta. Infatti uno dei segreti di Geox è di aver sempre protetto le proprie innovazioni con i brevetti.

Il settore calzaturiero in Italia è in crescita. Secondo la sua esperienza, quali sono gli elementi per un così grande successo di pubblico? Più innovazione, marketing o design?

È difficile poter rispondere, perché in Italia ci sono moltissimi marchi di aziende che sono delle ottime calzature. Addirittura oggi l’immagine della calzatura italiana è ai primi posti nel mondo per la qualità, per il design, per la pelle e soprattutto per l’artigianalità che caratterizzano appunto la calzatura italiana. Noi però rappresentiamo un qualcosa di innovativo, perché siamo l’unico marchio di calzature che ha una distribuzione mondiale in 115 Paesi al mondo con più di mille negozi in tutti i Paesi dove noi operiamo priamo direttamente con una nostra filiale sul posto e parliamo direttamente al consumatore finale. Nel settore delle scarpe non c’è un’altra azienda italiana, ad eccezione del settore del lusso, però sono strumenti molto limitati e soprattutto abbinati che quello. Siamo un promotore del sistema Italia perché abbiamo costruito questa distribuzione mondiale che permette al consumatore mondiale di trovare la scarpa italiana nella propria città a un prezzo più ragionevole perché a differenza del lusso vinciamo il settore medio alto. Il prodotto è unico perché contiene due caratteristiche: da una parte l’innovazione e dall’altra la fama della scarpa italiana.

 Quale innovazione?

Una rivoluzione a 360 gradi.  La suola di gomma capace di respirare. Oggi il 95% dell’umanità usa le scarpe con suole di gomma. Solo il 5% usa le scarpe con suole di cuoio.  La suola di gomma purtroppo non traspira, quindi è in antesi con quello che il nostro piede ha bisogno e alla fine ai problemi di fondamentali.  Abbiamo una membrana interna unica al mondo che fa passare il vapore e non l’acqua e quindi alla fine lascia i piedi costantemente asciutti. È la stessa membrana usata dalla tuta degli astronauti, che però noi abbiamo ricostruita, perché quella è usata nell’abbigliamento. Noi l’abbiamo adattata alla pianta del piede.

Come Le è venuta questa intuizione?

Io voglio definirmi un inventore. Oggi sono anche un imprenditore. Ho avuto l’intuizione di risolvere un problema personale trovandomi in quel momento a camminare in un deserto con delle suola di gomma. Provenivo dal settore dell’agricoltura e dei vini. Soffrendo con i piedi per questo problema antipatico che si ha con le suole di gomma, avevo in tasca un coltellino e ho fatto nelle suole un foro improvvisato. Da là poi mi è venuta l’idea di studiare la tecnologia e mi è venuta l’idea di costruire poi la membrana e di brevettare la suola capace di respirare. Abbiamo poi abbinato questa tecnologia al design italiano.

Lei aveva proposto questo prototipo della scarpa che respira, ma è stato respinto da varie aziende. Secondo lei perché? Quanto conta la lungimiranza e la determinazione nel business?

Quando un inventore crea qualcosa ha sempre un grande ottimismo e sicurezza di quello che ha fatto. Ho avuto il coraggio di trovare un partner anche perché io all’inizio di scarpe non ne sapevo nulla e quindi ho visitato le più grandi aziende del mondo, soprattutto dello sport, i grandi marchi di tutti oggi noi conosciamo. Però  sostanzialmente non mi hanno capito. Mi sono trovato in imbarazzo davanti a questo diniego. Questo è stato l’inizio che mi ha convinto di sfidare me stesso. La mia storia si è formata come quella di Steve Jobs. A Montebelluna, nella provincia di Treviso, siamo partiti in un garage con cinque persone, cinque ragazzi studenti. Le cinque persone sono diventate 50, poi 500 e 5.000. Oggi nel gruppo nel gruppo Geox operano 30mila persone.

Quindi un mix di idea vincente e di talento?

È un mix di questa nuova tecnologia, ma anche l’abilità di averla saputa gestire, perché molto spesso ci sono tante buone idee, ma alla fine non vengono gestite bene. Poi la protezione intellettuale. Ci sono tante persone che hanno idee, ma non le brevettano. Infine  il sistema organizzativo per far crescere lo staff di persone, perché per arrivare a questa cifra di collaboratori non è stato facile. Sin dai primi passi abbiamo creato delle scuole interne di formazione che abbiamo tuttora, dove invitiamo i ragazzi a partecipare a dei corsi con dei tutor [Geox School] che variano a seconda della necessità dell’azienda. Durano dai 4 ai 5 mesi e sono rivolti a ragazzi che si sono laureati nelle materie che poi naturalmente devono sviluppare in campo lavorativo. Poi vengono assunti.

Qual è il mercato che preferisce?

L’Italia rappresenta circa il 30% del nostro fatturato. Il mercato europeo è oggi per noi quello più importante, ma stiamo crescendo bene fuori dal continente, in paesi come la Russia, il Canada, e in particolare la Cina, dove abbiamo già aperto 100 negozi

 Quali son i vostri numeri?

Siamo un brand globale dove operano tra diretti e indiretti 30mila addetti. Siamo presenti in 115 Paesi al mondo con 1.150 negozi monomarca e abbiamo creato un brand awareness, cioè una riconoscibilità del marchio da parte del 65% dei consumatori. Abbiamo 4 tecnologie. La suola di gomma che respira, la suola di cuoio che non si bagna, Anfibiox in pelle impermeabile, Nebula col massimo grado di traspirazione e di comfort. Infine la giacca che respira. L’1% del fatturato lo investiamo in ricerca e sviluppo.

Che cosa l’appassiona maggiormente nel Suo lavoro?

La chiave per rilanciare l’economia italiana. Il nostro esempio dovrebbe essere seguito da molti imprenditori, nel senso che in Italia abbiamo molto creatività, ma spesso non riusciamo a trasformare un’idea in un business. Questo perché non sappiamo valutare l’importanza della proprietà intellettuale dei brevetti.

Può darci tre consigli per i giovani e 3 per gli imprenditori?

Tutti dovremmo spiegare che cosa vuol dire innovare. Primo. Creare o modificare qualcosa. Secondo. Ogni miglioria o creatività dev’essere protetta con brevetto. Terzo. Collaborazione con università. Per i giovani dico: dovete imparare a diventare imprenditori di voi stessi. Se usiamo bene il nostro cervello, sia che siamo dipendenti sia che siamo in proprio, posiamo migliorare la società.

Ci parli del “Ponte del sorriso” e di “Valemour”

Un’azienda come la nostra deve essere generosa e preoccuparsi anche del mondo esterno. Noi abbiamo un comitato etico all’interno e diverse iniziative. Non doniamo del denaro, ma partecipiamo a queste iniziative.  “Valemour” riguarda le persone affette dalla sindrome di Down. Abbiamo deciso di farli collaborare nel lavoro con noi possiamo nei loro. Nei nostri centri in Italia loro dipingono a mano la pelle. Il marchio è Valemour, venduto nei nostri negozi. Col “Ponte del Sorriso” aiutiamo un orfanatrofio in Romania con ragazzi portatori di handicap.

Quindi si può avere successo, essere miliardari e aiutare gli altri?

Questa è una logica consequenziale di un’azienda come la nostra.

C’è qualcosa in cui dovete migliorarvi?

Abbiamo uno staff di persone concentrate con l’obiettivo di crescere. Duplicare i nostri negozi in Cina e in Russia.

Polegato, esiste secondo lei in un rapporto tra successo intelligenza e ricchezza?

Io concentrerei tutto sull’intelligenza, perché vede l’intelligenza deve essere stimolata. . Non ha un problema finanziario l’Italia per rilanciare la sua immagine nel mondo. Ha un problema culturale che deve nascere fin dalla scuola. Educare i ragazzi e preparare i docenti che hanno programmi arretrati. Dobbiamo stimolare il cervello a ragionare. Da qui nascono le idee. La ricchezza è una logica conseguenziale a questo. Non ci sono scorciatoie per la ricchezza. E poi fortuna che aiuta. Un ragazzo mi ha chiesto: Lei vuole essere eletto? Ho risposto: Io non voglio essere eletto, ma ascoltato!

Lei si considera fortunato?

Direi che molte persone vorrebbero realizzare questo sogno. Ma non mi sento una persona fortunata perché sono ricco. Mi sento a disposizione dell’Italia per poter dare il mio contributo soprattutto nelle scuole, dove insegno.

La Sua vita è cambiata molto da quando è nata Geox?

Oggi vivo in uno scenario mondiale. Sono membro del World Economic Forum di Davos. Ho persone importanti amiche che sento periodicamente. Sono presidente del board dell’European Patent Office. Ogni anno selezioniamo le migliori innovazioni.

Lei conosce gli altri imprenditori miliardari?

Sì, ci vediamo a Davos ogni anno. Siamo pochissimi imprenditori italiani dove c’è tutto i mondo. Ci vorrebbe una presenza più significativa dell’Italia e degli imprenditori italiani.  Cerchiamo di dare consigli al presidente di Confindustria attuale, Boccia.

 Quante ore lavora al giorno?

Fortunatamente ho uno staff di persone che mi organizzano i viaggi.

Quali sono i Suoi primi tre valori come uomo?

Primo: La precisione in tutto. Sapere rispettare gli altri a ogni livello. Ogni persona ha una dignità e dobbiamo rispettare anche chi ha una mentalità diversa dalla nostra. Secondo: Cultura. Per avere la cultura bisogna conoscere le lingue. Terzo: Libertà. La libertà non ha prezzo. Io rispetto tutti, però ho la possibilità di dire quello che penso, in maniera corretta e senza offendere nessuno.

Anche la libertà finanziaria?

Anche. Guardi la ricchezza non serve per sfoggiare un gioiello o un’automobile, ma per avere qual senso di libertà e non avere vincoli.

Le Sue passioni?

Mi piace il cavallo e di vivere il Veneto, di trovarmi con i miei amici la domenica a mangiare uno spiedo, prima di ripartire il lunedì per andare in giro per il mondo.

Intervista dell’8 Luglio 2020 di Giorgio Nadali, pubblicata su  OUTSIDER NEWS

Geox continua a respirare. Mario Moretti Polegato: “Creatività e ossessione per il successo ci porteranno fuori dal tunnel”

di Giorgio Nadali

Geox continua a respirare, nonostante il rallentamento dovuto agli effetti del Coronavirus. Abbiamo intervistato il fondatore e Presidente Mario Moretti Polegato, inventore della “scarpa che respira”, per capire le strategie del gruppo e come stanno affrontando questa fase di mercato.

Come ha affrontato Geox l’emergenza Covid19?

La priorità è stata data subito alla messa in sicurezza dei dipendenti del Gruppo e dei nostri clienti. In Italia abbiamo chiuso i nostri negozi fisici prima ancora che fosse imposto per legge e moltissimi dipendenti hanno lavorato in modalità home working. Durante tutto  il periodo del confinamento abbiamo mantenuto vivo il dialogo sia con i nostri consumatori, in un momento in cui molti di loro hanno continuato ad acquistare i nostri prodotti grazie all’e-commerce che non si è mai fermato, sia con i nostri dipendenti attraverso un aggiornamento costante delle informazioni e dei comportamenti legati all’emergenza in corso, ovvero la pubblicazione periodica di newsletter, sviluppate su diverse tematiche, per rafforzare il senso di unione e creare una connessione fra le persone con la condivisione di alcune pillole formative digitali attraverso una piattaforma dedicata ed accessibile a tutte le persone da casa per favorire l’apprendimento continuo e lo sviluppo delle competenze.

Ci parli della sua iniziativa solidale di donare un milione di euro a beneficio della Regione Veneto.

In un momento storico di estrema emergenza che hanno vissuto l’Italia e il Veneto, insieme a mio figlio Enrico abbiamo sentito il dovere di sostenere i nostri medici e infermieri, ogni giorno in prima linea, nella lotta contro un nemico invisibile eppure tanto temibile che ci rende tutti uguali, vulnerabili, inermi. Con questo gesto abbiamo anche voluto esprimere la nostra vicinanza e il nostro sostegno a tutte le singole persone e alle loro famiglie, che hanno sofferto e che hanno combattuto il virus. Lei ha dichiarato: “Stiamo attraversando una crisi durissima ma sono certo che rinasceremo, più forti di prima”. Sono cambiati i paradigmi e abbiamo la capacità di reinventare il nostro modello di business (v. crescita e-commerce). Come nasce questa Sua convinzione? Creatività italiana. L’Italia è il paese del rinascimento, ma questa volta non basterà rinascere, dovremo crescere più di quanto abbiamo fatto in questi ultimi 20 anni.

Due anni fa Le chiedevo del rapporto tra successo, intelligenza e ricchezza. Oggi Le chiedo di mettere in ordine di importanza per Lei i seguenti fattori per avere successo nel business: talento imprenditoriale, passione, fortuna, resilienza, determinazione, fiducia in se stesso, ricchezza economica, coraggio, lungimiranza.

Tutti questi fattori sono indispensabili e la loro importanza varia a secondo del periodo che attraversa la propria attività imprenditoriale. Alcuni sono più importanti al momento della creazione di un business (start-up) altri nella  fase di crescita (scale-up). Ma tra quelli da lei citati ne manca uno: l’ossessione. La passione, il talento o la determinazione servono a raggiungere il 99% degli obiettivi, ma l’ultimo 1% si raggiunge grazie all’ossessione per il successo. Ed è quell’1% che fa la differenza tra un buon business e un business di successo.

Tre suoi consigli per gli imprenditori in crisi a causa della crisi economica.

Le ricette non sono fondamentalmente cambiate, ma si tratta oggi di essere più determinati che mai nell’elaborazione e nell’esecuzione di una strategia e, soprattutto, più veloci perché il digitale non è più uno strumento; il digitale è il mondo nel quale operiamo e con lui tutti i processi sono accelerati e il dialogo B to B e B to C è molto più immediato che nel vecchio mondo analogico.