Andrea Illy

Nadali Illy

di Giorgio Nadali

Versione integrale dell’intervista pubblicata da FORTUNE l’8 Dicembre 2018

Ascolta qui l’audio dell’intervista integrale ad Andrea Illy (22 Novembre 2018)

Ci sono mille ragioni per lamentarsi, ma ce ne sono altrettante per ringraziare del Paese dove siamo nati. Siamo culla del “ben vivere” e della creatività, un patrimonio che tutti nel mondo ci invidiano, e che può essere esportato. Noi italiani abbiamo l’orgoglio e gli anticorpi per un riscatto. «Che cosa manca all’Italia per essere il Paese più felice del mondo?». È la provocazione da cui parte Andrea Illy, imprenditore del caffè, ambasciatore del made in Italy e capitano di un’azienda apprezzata nei cinque continenti per la sua lunga storia di ricerca, etica, qualità ed eccellenza. È Presidente di Illycaffè S.p.A. Chimico umanista, con diploma ad Harvard, la sua ossessione è quella di «offrire il miglior caffè al mondo» e un nuovo modello di impresa sostenibile. Ambasciatore del made in Italy, è Presidente della Fondazione Altagamma. È stato nominato “Marketing Superstar” da Advertising Age, la rivista statunitense che ogni anno assegna questo riconoscimento nel campo della comunicazione a 30 manager selezionati in tutto il mondo. Ha fatto parte del Gruppo di riflessione di LH Forum, il movimento per l’economia positiva fondato da Jacques Attali. Sotto la sua leadership, Illycaffè S.p.A. è stata la prima azienda italiana a entrare nell’elenco delle imprese più etiche del pianeta e tuttora l’unica italiana. (World’s Most Ethical Companies).

Dottor Illy, nell’introduzione del Suo libro “Italia Felix”, il collega giornalista Antonioli si auto definisce un “Signor Nessuno”. Quanto successo e quanto denaro sono necessari secondo Lei per sentirsi un “Signor Qualcuno”?

A me non piacciono questi stereotipi, perché la ricchezza di una persona risiede nella sua dignità e Francesco Antonioli ha dignità da vendere o anche da regalare e la ricchezza quindi di una persona non è certamente un mezzo per misurare la sua grandezza.

Quanto secondo la Sua personale esperienza la ricchezza economica incide sulla felicità di una persona?

Poco. Quello che mi ha anche colpito è soprattutto nell’ultimo rapporto della felicità questo di quest’anno che era incentrato sui paesi dell’America Latina. Era già chiaro da tempo che condizioni necessarie per la felicità fossero l’altruismo, la sicurezza sociale, la salute e una buona prospettiva del futuro e un concetto di welfare come sicurezza economica. Tutti i paesi del mondo si conformano, cioè hanno una correlazione diretta tra il loro grado di felicità e questi attributi che ho appena menzionato. Invece i Paesi latino americani sono più felici di quello che dovrebbero perché malgrado la poca sicurezza sociale, parecchia povertà e instabilità politica che contribuiscano ad una non altrettanto buona prospettiva del futuro quei Paesi sono felici perché è forte il senso della comunità, della famiglia forte, dell’altruismo, della solidarietà e si capisce bene che questo non è denaro.

Dottor Illy, ho intitolato il mio tredicesimo libro “Chi non si accontenta gode”. Lei è d’accordo con questa filosofia di vita?

Sì e no. Certamente non ci si può accontentare. In una delle iperboli della “Italia Felix” asserisco che la felicità è un dovere. A mio parere siamo qui per contribuire al miglioramento della nostra specie che è ancora giovane per altro perché abbiamo solo 200mila anni di storia e c’è ancora molto da migliorare. Noi dare il contributo al miglioramento della specie attraverso degli atti creativi siano essi biologici culturali o tecnologici. Per qualsiasi di questi atti creativi bisogna essere ispirati e per essere ispirati bisogna essere felici. C’è una correlazione lineare diretta e chiarissima tra il grado di motivazione e quindi felicità delle persone e la loro creatività e la loro performance. Se non vogliamo essere passivi della società, bisogna essere felici. Sono perfettamente in linea con la Sua prima parte, sul chi non si accontenta. Il fatto di essere alla ricerca continua del miglioramento, dello stimolo per la società crea una tensione, una sorta di insoddisfazione permanente per cui sono poche persone che sono profondamente filosofiche nel loro stile di vita apprezzano di più viaggio che la destinazione, ma quasi tutti vedono nella destinazione la sola forte di felicità. È quindi difficile per un umano riuscire a dire che il vero scopo è il viaggio e che è da lì che devo trarre piacere e non nella destinazione. La Sua è una filosofia sofisticatissima, per quello Le dicevo che sono d’accordo, però è per pochi.

Albert Camus scriveva: “E’ una sorta di snobismo spirituale quello delle persone che pensano di poter essere felici senza denaro”. Lei è d’accordo?

No, non sono d’accordo. In questo caso mi riferisco ad Epicuro. Lui diceva che per vivere bisogna trarre il massimo dai piaceri naturali necessari. Sii molto cauto sui piaceri naturali non necessari ed evita come il veleno i piaceri non naturali e non necessari. Questa filosofia porta anche nel caso del cibo a trarre il massimo del piacere dai cibi più semplici, non da quelli più sofisticati che cascano nell’opulenza. Questo si applica anche alle cose più semplici della vita all’abbigliamento, allo stile di vita. Questo vuol dire che il denaro è un mezzo e non un fine. Si può essere felici senza denaro.

Dottor Illy, a cosa è dovuto secondo Lei il fatto che in Italia solo 43 imprenditori hanno un patrimonio personale netto superiore al miliardo di euro?

A un certo tipo di cultura impresa che c’è in Italia di cui parlo nel libro Italia Felix. Imprese di proprietà familiare, ma anche di conduzione familiare. Noi siamo come di tutti i Paesi al mondo con circa 85% di imprese familiari. Due terzi di queste sono anche a conduzione familiare mentre invece dovrebbe essere il reciproco. Questo è dovuto al fatto che l’impresa è un po’ la proiezione dell’ego dell’imprenditore. Io parlo un po’ sarcasticamente di egonomia, non di economia. Questo fa vivere l’impresa un po’ come il proprio regno con una cultura simile a quella dei comuni di un tempo e antropologicamente molto coerente con questo spiccato individualismo degli italiani. Questo porta le aziende che sono gestite in modo padronale a essere fragili perché nessuno può gestire tutto da solo. Un’azienda sotto strutturata nella nell’organizzazione e sottocapitalizzata sarà fragile e resterà piccola. Siamo quasi condannati al nanismo. Anche aziende molto grandi che fanno parte di quelle 43, sono aziende padronali.

Quindi secondo Lei sono solo 43 i miliardari italiani perché c’è una cultura di impresa di tipo padronale?

Esattamente. L’azienda padronale aiuta a crescere le imprese finché sono piccole. Ma per passare dal piccolo al medio devono managerializzarsi. Se no fanno quel passaggio rimangono piccole. Tra quelle 43 ci sarà invece una parte di imprenditori più illuminati che hanno fatto la scelta di managerializzare la propria impresa.

Cos’è il successo per Lei e quanto il successo incide su un’Italia Felix e un Andrea Illy Felix?

È realizzare se stessi, ma poiché nessuno può realizzare se stesso da solo, come dice il proverbio africano: “se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai insieme”. È un po’ la mia filosofia. Il vero successo è realizzare se stessi attraverso gli altri e con gli altri. Questa è la filosofia che io propongo anche per l’Italia Felix.

Secondo Lei è possibile un’eudaimonia economica e come?

Sì, lo penso. La definizione di eudaimonia è vivere nella virtù, nell’altruismo, nella conoscenza, del fare e del miglioramento continuo. Tutti i valori del più alto umanesimo. È uno dei grandi messaggi di ottimismo che do nel libro Italia Felix. La finanza sarà il più grande sponsor di questo cambiamento. Già oggi c’è un mercato di 25 trilioni di dollari di finanza sostenibile. Il motivo è molto semplice: nessuno se la sentirebbe di investire in investimenti non sostenibili, perché non sostenibile vuol dire rischioso e rischioso vuol dire meno redditizio come investimento. Tutto va nella direzione di un’economia eudemonica nel futuro, già nei prossimi due decenni.

Quali sono i punti più importanti del Sustainable Value Report di Illy Caffè?

Sicuramente quella di essere una stakeholder company, cioè un’azienda orientata a tutti i portatori di interessi. Il consumatore che è il vero padrone della impresa, i clienti che sono i nostri partner nel deliziare il consumatore, i talenti, i fornitori senza i quali non avremmo il prodotto magico, le comunità che sono i bacini di talenti e infine l’azionista che è a sostegno dell’impresa. Questo ci porta ad avere una forte attenzione alla collaborazione con tutti i nostri colleghi dell’industria per rendere più forte e contribuire alla crescita di tutto il settore.

La Fondazione Altagamma, di cui Lei è Presidente, raggruppa le eccellenze del Made in Italy. Qual è la Sua idea di eccellenza?

L’eccellenza è il buono, bello e ben fatto. Prodotti ad alto contenuto culturale estetico esperienziale o di ingegno. Sto parlando di industria simbolica come la cultura, la moda, il design, l’alimentare, l’ospitalità, la gioielleria, ma anche industria più tecnologica come lo sport, i motori, la nautica, l’aeronautica, di cui l’esperienza di consumo è altamente emozionante e dove vi è una produzione con un raffinatissimo saper fare che discende da una tradizione secolare, anzi millenaria, perché l’Italia ha tre millenni di storia una tradizione millenaria.

140 i Paesi in cui è presente, 100.000 esercizi pubblici in cui è servito il caffè illy, 236 gli illy store nel mondo, 1.500 e oltre Artisti del Gusto nel mondo, 22 nuovi punti vendita monomarca aperti nel 2016, 1.269 dipendenti al 31 dicembre 2016 a livello consolidato, + 8% rispetto al 2015, 460,387 milioni di euro di fatturato (+5,3% sul 2015), 5 le certificazioni: 4 di qualità e 1 di sostenibilità, 5 i laboratori specializzati, 4 le innovazioni radicali frutto della ricerca illy, 25 sedi di Università del Caffè. Con questi numeri dia qualche consiglio a imprenditori scoraggiati e in difficoltà che hanno abbandonato il sogno di costruire un loro impero economico.

Raccomando innanzitutto quello che dice Draghi: “Whatever it takes” applicato al mondo dell’impresa. Fare qualsiasi cosa possa essere utile all’impresa per crescere, perché un’impresa non può non crescere. Il tempo va avanti ed è un fattore universale fisico che deriva dalla dilatazione dell’universo e pertanto non si può che andare avanti e attraverso la crescita anche noi. Chi non cresce va indietro e chi va indietro poi finisce travolto dai tempi. Il “Whatever it takes” di Draghi per far crescere le imprese parte dalla governance, dalla struttura organizzativa, dall’apertura del capitale e tutto ciò che può rendere l’impresa competitiva. Secondo. Ricercare nella ricchezza incommensurabile della bellezza e della cultura italiana il vantaggio competitivo, perché la nostra industria ormai ha come noblesse oblige l’alto di gamma. Terzo trarre soddisfazione e ispirazione dal viaggio, come ho detto prima, e non dal traguardo magari difficile da raggiungere che ci si pone.

Ci riassuma tre consigli per “uscire dalla crisi e tornare a sorridere”, come dice il sottotitolo del Suo libro “Italia Felix”

Buona parte dei problemi che vediamo in Italia non sono problemi. Abbiamo una visione distorta a partire dalla ricchezza del Paese, che non si misura con il PIL. Si misura con la ricchezza della natura e della cultura. Il PIL è solo quanto di questa ricchezza viene portata nel conto economico in un anno e comunque anche con il PIL non siamo messi male, se siamo la settima potenza economica mondiale e la seconda europea. È sbagliato misurare il debito pubblico solamente sul PIL. Va misurato anche sulle capacità di produrre PIL in futuro. Su questo l’Italia ha delle riserve straordinarie. Siamo dell’1% della popolazione mondiale, ma abbiamo una ricchezza di bellezza, qualità e cultura apprezzata dal rimanente 99% della popolazione mondiale che ama l’Italia per la sua cultura e il suo stile di vita e a cui non frega niente delle difficoltà della politica e delle istituzioni italiane. Quindi valorizziamo e cerchiamo semmai di andare a vendere di più di questa bellezza italiana nel mondo che fa parte della ricchezza. Innanzitutto cerchiamo di amare dice un nostro Paese. Perché dobbiamo essere noi detrattori di questa meraviglia che è l’Italia? Rimbocchiamoci le maniche quindi. Cerchiamo di essere un po’ più saggi e consapevoli che non tutto può essere perfetto.

Illy è una stakeholder company che si prefigge di migliorare la qualità della vita attraverso l’etica e l’eccellenza. L’Eccellenza, intesa come passione per la qualità, la bellezza ed il miglioramento continuo. L’Etica, intesa come creazione di valore a lungo termine attraverso la trasparenza, la sostenibilità e la crescita personale. Il miglioramento continuo è una strada per la felicità?

Sicuro. Proprio per i motivi che dicevo prima. Siamo qui per dare il nostro modesto miglioramento contributo al miglioramento dell’umanità della civiltà della terra e del cosmo. Solo attraverso il miglioramento continuo si può perseguire questo obiettivo e scopo di una vita. Anche perché l’apprendimento può essere solamente attraverso i comportamenti acquisiti e ripetuti. Quindi solo attraverso il miglioramento continuo possiamo migliorare.

Italia Felix

illytwitter