Intervista di Giorgio Nadali per FORTUNE ITALIA, pubblicata il 3 febbraio 2020
Che cos’è la musica per Lei?
La musica è un tutto rotondo; è il linguaggio che mi consente di esprimermi in modo totale e profondo, senza barriere, a 360 gradi, 365 giorni all’anno.
Cosa cerca di lasciare alle prossime generazioni di direttori d’orchestra donna?
Mi sento una grande responsabilità sulle spalle e cerco di essere di aiuto per quello che posso a tutte le ragazze che mi si rivolgono, dando loro consigli e indicazioni. Dico loro di prepararsi al massimo perché saranno sempre sotto la lente di ingrandimento in attesa che sbaglino un passo e di non dimenticarsi del la loro natura femminile: non dobbiamo annullarci né mascherarci per ricoprire certi ruoli storicamente maschili.
Perché è così raro vedere un direttore d’orchestra donna? Ne vorrebbe vedere di più in Italia? Cosa farebbe?
Vorrei semplicemente che non si facesse più distinzione tra direttori donna e uomini, che si giudicasse il professionista in base al merito, alla preparazione, al talento, non in base al genere. Questa sì che sarebbe una rivoluzione! Al contrario, andiamo sempre più nella direzione delle quote rosa e della volontà di ribadire e sottolineare il genere, il che, invece che unificare, divide. Tutto nasce da un problema culturale ampio e diffuso che si evince già dal linguaggio: il direttore d’orchestra è un leader, e per essere un “capo” si devono avere certi “attributi” che nella lingua volgare si definiscono con espressioni colorite – attributi fisici certamente non femminili…
Occorre essere degli esperti per cogliere le differenze tra una direzione d’orchestra e un’altra e quanto il pubblico ha mediamente questa abilità?
Il pubblico percepisce tutto, di questo ne sono convinta. Percepisce l’energia che si sprigiona dal palco e l’empatia tra direttore e musicisti. Magari in tanti casi non sa dire se l’esecuzione sia conforme alla prassi esecutiva, né fare paragoni con altre interpretazioni, ma ciò che anche il pubblico di non addetti ai lavori capta senza ombra di dubbio sono due fattori: l’entusiasmo – da cui si lascia contagiare e travolgere – e se quella musica, in quella precisa performance, gli ha parlato, lo ha toccato, lo ha coinvolto.
La Premiere della Tosca di Puccini alla Scala il 7 dicembre scorso è stata diretta da Riccardo Chailly. Quando vedremo Beatrice Venezi dirigerla e quali passi verso questo obiettivo mancano ancora?
Sarebbe un sogno che si realizza. Solo a pensarci mi emoziono. È l’Istituzione musicale più prestigiosi del nostro Paese, sono disposta ad avere pazienza!
Cosa è importante fare per fare appassionare i giovani e i giovanissimi alla musica classica? È più un fatto educativo, culturale o di marketing?
Una commistione dei fattori che ha elencato. Educazione musicale scolastica sicuramente da ripensare, con una attenzione supplementare all’educazione all’ascolto; contenitori più moderni e avvincenti attraverso cui veicolare il contenuto della musica classica, con una narrazione che sappia stare al passo coi tempi, che riesca ad entusiasmare, coinvolgere, attrarre; la possibilità di rendere la fruizione dell’esperienza della musica classica un qualcosa di quotidiano e abituale.
Quali di questi aforismi di Giacomo Puccini preferisce e come idealmente gli risponderebbe?
- a) “L’ispirazione è un risveglio, una fuga da tutte le facoltà umane, e si manifesta in tutte le grandi conquiste artistiche”
Risponderei con un altro aforisma di Paul Eluard (relativo alla figura del poeta, ma certamente estendibile alla figura del musicista)
“Il poeta è colui che ispira ben più di colui che è ispirato”
- b) “L’arte è una forma di pazzia”
…ed è anche una forma di amore. Ma del resto anche l’amore è una forma di pazzia!
- c) “Pensavo alla Scala! O perché non è possibile darvi una Manon? Ci terrei di rivedere bene eseguita quest’opera. Ha letto che gran fracasso ha fatto Tosca a Montevideo?”
Nemo profeta in patria. Ma lo sa che già nel 1881, in una lettera giovanile ad un destinatario non identificato, Puccini scriveva “Pensa qualche volta a questo povero maestrucolo e se ci è da far per me in Campinas o nel Brasile scrivimi che vengo alla fuga, perché in Italia ci è da far poco o niente.”?
- d) “Non si può giudicare l’opera di Wagner dopo averla ascoltata una sola volta, e non ho nessuna intenzione di ascoltarla una seconda”
Mi fa sorridere questa affermazione, considerando soprattutto l’influsso dello stile wagneriano sul linguaggio musicale esplorato da Puccini agli esordi. Erano sicuramente accomunati da qualcosa: Wagner diceva “La musica è una donna”.
Come vedrebbe secondo Lei Giacomo Puccini una direzione d’orchestra al femminile?
Credo che la amerebbe, così come ha amato – moltissimo – le donne.
Cosa cerc di lasciare alle prossime generazioni di direttori donne?
Mi sento una grande responsabilità sulle spalle e cerco di essere di aiuto per quello che posso a tutte le ragazze che mi si rivolgono, dando loro consigli e indicazioni. Dico loro di prepararsi al massimo perché saranno sempre sotto la lente di ingrandimento in attesa che sbaglino un passo e di non dimenticarsi del la loro natura femminile: non dobbiamo annullarci né mascherarci per ricoprire certi ruoli storicamente maschili.