Le opere di misericordia spirituale. 2. Insegnare agli ignoranti

“Insegnami la dolcezza ispirandomi la carità, insegnami la disciplina dandomi la pazienza e insegnami la scienza illuminandomi la mente”. Secondo Sant’Agostino le tre cose più importanti da insegnare sono la carità, la disciplina e la scienza – intesa come conoscenza. Il verbo insegnare è presente 35 volte in tutta la Bibbia. Gesù stesso insegnava ogni giorno (Marco 14,49). Insegnare è un dovere per i genitori: “ai vostri figli insegnate l’obbligo di fare la giustizia e l’elemosina, di ricordarsi di Dio, di benedire il suo nome sempre, nella verità e con tutte le forze” (Tobia 14,8). La Chiesa è fondata sull’insegnamento degli Apostoli. Questa preghiera, che si suole recitare prima di una sessione di studio d’interesse comune, è arricchita dall’indulgenza parziale. “Siamo qui tutti davanti a te, o Spirito Santo Signore nostro, inceppati, è vero, dai nostri peccati, ma pur spontaneamente riuniti nel tuo nome. Vieni a noi, resta con noi, degnati di riempire le anime nostre. Insegnaci ciò che dobbiamo trattare, come procedere, e mostraci ciò che dobbiamo decidere, affinché con il tuo aiuto possiamo in tutto piacerti. Sii l’unico ispiratore delle nostre risoluzioni, l’unico a renderle efficaci, tu al quale soltanto, con il Padre e con il Figlio, risale ogni gloria”. Secondo la Chiesa Cattolica è concessa l’indulgenza parziale al fedele che impartisce o riceve l’insegnamento della dottrina cristiana.

Colui che, in spirito di fede e carità, impartisce l’insegnamento della dottrina cristiana, può conseguire l’indulgenza parziale estesa anche al discepolo. Insegnare è un’opera di misericordia perché la sapienza avvicina a Dio, quando è presente in un cuore umile. “Tu vuoi la sincerità del cuore e nell’intimo m’insegni la sapienza” (Salmo 50,8). “Il timore del Signore è il principio della scienza; gli stolti disprezzano la sapienza e l’istruzione” (Proverbi 1,7). “Fondamento della sapienza è il timore di Dio, la scienza del Santo è intelligenza”. (Proverbi 9,10). L’ignoranza non è l’analfabetismo. L’ignorante è la persona che non conosce, in particolare in materia di fede, la situazione mondiale è grave. Due terzi della popolazione analfabeta mondiale sono composti da donne. 771 milioni è il numero di analfabeti nel mondo, di cui due terzi sono donne. 137 milioni di giovani e bambini non sanno scrivere né leggere, di cui 61% ragazze. L’opera di insegnare agli ignoranti è legata alla prima opera di misericordia spirituale – consigliare i dubbiosi – e da questa deriva.

Nella Storia della Chiesa moti santi si sono dedicati all’insegnamento. I Santi Cirillo e Metodio hanno inventato l’alfabeto per i popoli slavi, il Cirillico tutt’ora usato in molti Paesi dell’Est, tra cui la Russia. Le prime scuole popolari gratuite in Italia sono state volute da San Giovanni Bosco e dallo spagnolo San Giuseppe Calasanzio, che scriveva: «È missione nobilissima e fonte di grandi meriti quella di dedicarsi all’educazione dei fanciulli, specialmente poveri, per aiutarli a conseguire la vita eterna. Chi si fa loro maestro e, attraverso la formazione intellettuale, s’impegna a educarli, soprattutto nella fede e nella pietà, compie in qualche modo verso i fanciulli l’ufficio stesso del loro angelo custode, ed è altamente benemerito del loro sviluppo umano e cristiano». L’alfabeto per i sordomuti è stato inventato da Padre Ottavio Assarotti del suo stesso ordine religioso. Tuttavia gli “ignoranti” non sono solo i bambini. In Italia vi sono 37 centri dell’Unione nazionale per la lotta contro l’analfabetismo (UNLA).

Vi è però un’ignoranza molto più diffusa. Quella religiosa. Benedetto XVI osservò che uno dei “più gravi problemi della nostra epoca è l’ignoranza religiosa nella quale vivono molte persone, compresi i fedeli cattolici”. Una situazione che va affrontata con decisione, come è stato ribadito nel Sinodo sulla nuova evangelizzazione. “Scarsa conoscenza della persona di Gesù Cristo e un’ignoranza della sublimità dei suoi insegnamenti” di valore universale “nella ricerca del significato della vita e del bene” – ha detto l’attuale papa emerito. In Italia l’ora di religione ha sempre meno iscritti – specie nei grandi centri urbani – e gli insegnanti non vengono sempre difesi da una cultura laicista, proprio da parte di chi dovrebbe sostenerli, cioè le curie che li mandano in prima linea nelle scuole. Uno dei mali delle curie malate di burocrazia, come ha detto Papa Francesco. Una situazione drammatica. Secondo il quotidiano “Avvenire” (dei vescovi italiani) Meno di un italiano su tre riesce a citare correttamente tutti e quattro gli evangelisti (Matteo, Marco, Luca e Giovanni). Neppure uno su quattro sa indicare le tre virtù teologali (fede, speranza e carità). Figurarsi quando c’è da addentrarsi fra le pieghe della Scrittura.

Domandare chi ha dettato i dieci Comandamenti significa vedersi citare in otto casi su dieci un nome impossibile. E poi sentirsi dire che la «mano» è stata quella di Mosè (22%) o di Gesù (9%), finché non si arriva alla risposta giusta: Dio (indicato dal 49%). Del resto appena il 29% ammette di leggere la Bibbia. La frequenza alle funzioni è bassa: solo l’11% (“fedelissimi”) ci va tutti i giorni o più volte a settimana, mentre i frequentatori settimanali (“fedeli”) arrivano al 24%. “Occasionali”, che si recano poche volte l’anno, il 18% e “distaccati”, che entrano in chiesa solo per eventi come matrimoni, funerali o battesimi, arrivano al 27%. Nonostante la fede conclamata, regna una diffusa ignoranza sulla religione, come emerge da domande mirate su temi come la Bibbia e i Vangeli. Da un sondaggio Gfk Eurisko commissionato dalla Chiesa valdese, e dal volume “Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia” a cura di Alberto Melloni (Il Mulino, 2014) circa il 76% si dichiara “credente”; “atei” e “non credenti” arrivano al 15%, gli “agnostici” al 4% e quelli “in ricerca” il 5%. I cattolici praticanti sanno citare almeno uno dei dieci comandamenti (il 43,2%): vanno meglio dei non praticanti (34,90%) ma peggio dei fedeli di altri culti (60,70%). Scarsa la conoscenza del Catechismo: il 24,70% dei praticanti sa citare le virtù teologali, percentuale più alta della media (17,20%). Scuola e università forniscono una formazione religiosa soddisfacente solo al 25%, poco di più giornali e tv (30%).

Giorgio Nadali