Kumari. La dea bambina in carne e ossa

In Nepal la kumari è una dea bambina in carne e ossa . Quella in carica ha sette anni ed è nata nel 2008 a Patan (Nepal). Abita in una casa-tempio a lei dedicato a Kathmandu, servita e riverita come dea. Protegge la monarchia nepalese e la nazione. Ha venti milioni di seguaci indù e buddhisti. È l’incarnazione della dea Taleju (nota come Durga, in India). Ma solo sino alle prime mestruazioni, segno di umanità, oppure al primo graffio (non può perdere sangue e ricevere cure mediche). La dea Taleju da quel momento si cerca un’altra bambina in cui incarnarsi (avatara). La “vecchia” kumari riceverà una pensione di 6000 rupie (54€), il quadruplo di uno stipendio mensile nepalese. La gente le attrubuisce ancora poteri mistici, nonostate non incarnmi più la dea Taleju.

La Kumari – così è chiamata – deve avere le “32 perfezioni”. Non deve avere difetti fisici, dev’essere bella, non deve avere mai avuto perdite di sangue, ferite o cicatrici. La Kumari non può piangere, mostrarsi disinteressata o irrequieta, e non deve muoversi durante i riti. Questi gesti sono causa di grandi e gravi sciagure per il Nepal.
Non è facile diventare la dea bambina. Tra le trentadue caratteristiche che deve avere ci sono anche: organo sessuale non sporgente, una bella ombra, ciglia come quelle di una mucca, guance come quelle di un leone, lingua piccola, cosce di daino e corpo come un albero di banano. I Kumarimi, col loro capo – il Chitaidar – si occupano di ogni necessità e desiderio della Kumari e devono istruirla sui suoi obblighi cerimoniali.

Nella “notte nera” detta Kalratri, le bambine candidate devono dormire in una stanza al buio tra teste di capre e 108 bufali sacrificati in onore della dea Kali, con uomini mascherati da demoni che cercano di spaventarla. La bambina che resiste è scelta come dea. Poi la candidata deve individuare gli effetti personali della precedente Kumari da un insieme di oggetti vari. Se li indovina è certamente la nuova Kumari. Le prove si ripetono per tutte le candidate sino a quella giusta. La Kumari verrà truccata da dea e portata nel suo palazzo detto Hanumandhoka Durbar dove vivrà sintanto che la dea Taleju la possederà, cioè sino alle prime mestruazioni.

Dal 2014 la Kumari è Yunika Bajracharya. Sedicesima kumari dal 1922. Non può ricevere cure da un medico e non deve mai perdere sangue se non vuole essere detronizzata perché significa che la Dea Taleju ha abbandonato il corpo mortale. La Kumari viene scelta tra le caste più alte delle famiglie buddhiste Newar residenti a Kathmandu da almeno tre generazioni.

Durante il terremoto del 2015 il suo palazzo rimase intatto (mentre tutto introno vi era distruzione) e lei aveva gli occhi chiusi durante il sisma.

Il Kumari Puja

Il Kumari puja è una cerimonia che prevede anche la deflorazione d’alcune vergini prescelte. La cerimonia si svolge al Kanya-Kumari («Giovane vergine»), un tempio a Cape Comorin nell’India meridionale. Il Kaulavali Nirnaya Tantra afferma, nel capitolo XV, che i rituali celebrati senza il Kumari-Puja sono come il corpo senza l’anima.
Il Nila Tantra vede il Kumari Puja (“adorazione della vergine”) come insostituibile nei rituali tantrici. Il Kaulavali Nirnaya fornisce, nel capitolo XV, i rispettivi nomi per ogni età di una kumari (la vergine), che solitamente appartengono a delle divinità.

Dalla lista si può dedurre che non vi sono vergini oltre l’età di sedici anni, il numero della perfezione nell’Induismo.
L’espressione veshya kumarika significa letteralmente “prostitute vergini” ed è un titolo dato alle donne che partecipano ai rituali kula. Queste donne sono chiamate veshya, un termine tantrico per definire la prostituzione sacra. Una dettagliata classificazione delle veshya la si trova nel capitolo quattordicesimo del testo sacro Kula Niruttara. Tra queste troviamo la mahakula veshya, una donna che gradisce spogliarsi La deva veshya è una donna che si unisce sessualmente dapprima con la divinità (rappresentata dal sacerdote che celebra il rito) e in seguito riceve il seme maschile di un adoratore che ripetutamente bacia la sua vagina (yoni) e la sua fronte.

Giorgio Nadali