Specchi sacri

Lo specchio, forse per le suggestioni esercitate dall’oggetto in sé, ha un ruolo di rilievo in molti sistemi filosofici e religiosi, dove funge ora da emblema di saggezza, ora da strumento dell’esperienza mistica, ora da tramite di teofanie. Gli sciamani siberani ad esempio hanno avuto l’abitudine di appendere agli abiti specchi metallici a simboleggiare, in analogia con alcuni aspetti della mitologia giapponese, il sole e la luna.

Rientra nel discorso il ruolo, ora metaforico e simbolico ora magico e religioso, che allo specchio è stato variamente attribuito in Cina da parte di quel complesso di speculazioni filosofiche, pratiche ascetiche e fideismi misticheggianti cui generalmente assegniamo il nome di Taoismo. La nitidezza di un miraglio su cui la polvere non facci apresa costituisce una metafora della purezza immacolata della speculazione filosofica e troviamo anche l’invito a considerare l’oggetto il modello ideale dell’attività psichica del saggio: l’uso della mente dell’uomo perfetto rassomiglia a uno specchio, privo di intenzioni e desideri, riflette e non trattiene padroneggiando quindi le cose senza riceverne danno. Nella letteratura mitologica giapponese troviamo il ruolo di chiaroveggenza e onniscenza legato allo specchio. Nel misticismo taoista allo specchio è associata la spada, magicamente efficace per scacciare spiriti malevoli e calamità, assieme ad altri amuleti.

Nello Shintoismo i fedeli per farsi ascoltare dai kami (le divinità) usano il kagami (che si pronuncia kagàmi, non kàgami…) il termine giapponese dello specchio sacro. Gli specchi kagami sono fatti di rame, argento, ferro o vetro e possono avere forme diverse, rotonde, quadrate, elittiche o con otto petali come il kagami hakkōkyō, con otto archi come il kagami hachiryō. Insieme alle spade e i gioielli, agli specchi è stato attribuito un significato religioso profondo e usato in rituali sin dall’antichità, in base alle sue misteriose capacità di riflettere ogni cosa. Lo specchio sacro di bronzo (yata no kagami) è tuttora presente anche nelle insegne imperiali del Giappone (sanshu no jingi).

kagami

Lo specchio sacro è da sempre usato negli antichi rituali mitamashiro. I kami (le divinità) abitano volentieri negli specchi e di conseguenza il kagami è riverito come oggetto di culto (shintai) all’interno dei santuari shintoisti. Con lo sviluppo nel tardo periodo Heian (Fujiwara) della religione che combina kami e buddha (shinbutsu shūgō) si sviluppò anche la pratica di disegnare kami o figure buddhiste a loro associate sugli specchi, conle immagini note come mishōtai. Queste immagini vengono collocate nei santuari shintoisti come oggetti di culto e dedicati ai santuari dai fedeli (sankeisha)

All’interno di rituali volti alla personale affiliazione (kechien) con le divinità. Gli specchi kagami vengono anche dedicati ai santuari come tesoro degli stessi, ma anche gettati nell’acqua come parte di rituali di divinazione dei kami dell’acqua (suijin), e come utensili nelle cerimonie di inaugurazione dei lavori per la costruzione degli edifici. Lo jôtôsai è infatti il rito per gli déi architetti. È un rituale effettuato dai carpentieri shintoisti (in Giappone) durante la costruzione di un edificio. I muratori adorano gli déi dell’architettura e pregano per il completamento del loro lavoro senza problemi. Il rituale ha inizio quando tecnicamente i pilastri di colmo del tetto vengono eretti e collocati.

Nello stato di New York – a Wappingers Falls – esiste la Cappella degli Specchi Sacri (Chapel of Sacred Mirrors) creata da Alex Grey.

Giorgio Nadali