Induismo. L’onesta ricchezza è un diritto

Nell’Induismo la ricchezza è divina. Lakshmi, la dea della ricchezza e abbondanza è venerata da tutti. Tutti gli dei dell’induismo vivono nell’opulenza. Anche se Il dio Shiva è un dio ascetico, è il signore dell’abbondanza. Shiva premia ampiamente quelli che lo adorano con offerte materiali e spirituali. Nella creazione, la ricchezza è un aspetto della natura.

La ricchezza va usata per servire gli scopi di Dio, non il male. Purtroppo, nell’età delle tenebre (Kaliyuga) gran parte della ricchezza è controllata dalle forze del male. Esse lo usano per accumulare più ricchezza e porre in un angolo tutte le risorse del mondo. Quindi, vediamo che le persone giuste soffrono e le persone malvagie godono di potere e lusso. Quando l’avidità spinge le persone a guadagnare ricchezza in eccesso di cui non hanno bisogno, la ricchezza diventa un potere malvagio. Tuttavia, quando il servizio agli altri diventa il movente, la ricchezza diventa uno strumento divino e porta a uno scopo buono. In mani giuste ricchezza è utile alle finalità della creazione, come strumento di Dio che aiuta le persone a vivere secondo il dharma – la legge morale – e come suoi veri devoti camminare sul sentiero del karma yoga. Nelle mani sbagliate la ricchezza diventa una forza del male e delle tenebre e provoca dolore e sofferenza per gran parte della gente.

Così, essendo uno strumento della natura – Maya – la ricchezza serve sia il bene sia il male. Delude chi la usa per il male, ma aiuta coloro che sono puri. Dà loro la libertà di godere di pace e felicità e di servire Dio contribuendo a preservare l’ordine e la regolarità della vita. Nell’Induismo, la ricchezza è considerata divina e un requisito essenziale per la conservazione e la continuazione della vita sulla terra. Dio è descritto nei Veda come il creatore e la fonte di tutto. Pertanto, egli è anche la fonte di tutta la ricchezza e di tutta l’abbondanza. La sua abbondanza materiale è rappresentata da Prakriti, la dea Madre. Lei è associata al suo potere e appare in ogni manifestazione di Dio, come la sua forza dinamica – la Shakti. Lei è la fonte della conoscenza in associazione con Brahman, la fonte della ricchezza in associazione con Vishnu, la fonte del potere rigenerativo in associazione con Shiva. Così, Saraswathi, Lakshmi e Parvati sono considerate le risorse triple di abbondanza nell’universo. Saraswathi illumina. Lakshmi arricchisce e Parvati  dà forza. L’Induismo non considera la ricchezza come un male in sé. La ricchezza diventa un male solo quando è guadagnata ignorando il dharma (legge morale) e utilizzata per scopi diversi dal bene. La ricchezza (artha) è anche considerata uno dei principali obiettivi della vita umana, da perseguire dagli esseri umani che occupano le funzioni di capofamiglia (grihastas). Coloro che scelgono di vivere come capofamiglia devono avere ricchezza per adempiere vari doveri obbligatori. Non sono tenuti a vivere per se stessi, ma per il bene degli altri. Devono guadagnare ricchezza per mantenere le loro famiglie e servire gli altri attraverso il cinque sacrifici quotidiani (karma nitya) vale a dire sacrificare agli dei, agli esseri umani, agli antenati, alle piante e animali e a Dio.

Inoltre, devono prendersi cura delle loro famiglie, prendersi cura di loro progenie e mantenere le loro famiglie come parte del loro dovere di garantire l’ordine e la regolarità del mondo. Essi sono inoltre tenuti a servire gli ospiti, gli anziani, aiutare i poveri e i bisognosi, nutrire gli studenti e gli asceti che li visitano con l’elemosina, la carità ai templi e altre istituzioni, il culto degli dei e così via. Fanno parte dei compiti obbligatori dei padroni di casa, i quali hanno bisogno di ricchezza. Quindi, guadagnare ricchezza per un padrone di casa è anche un dovere obbligatorio, e incorrerà nel peccato se lo trascura.

Coloro che rinunciano alla vita e vivono come asceti non hanno questi obblighi, ma chi sceglie di rimanere nella società e vivere come padroni di casa che hanno una famiglia propria, dovrebbero osservare questi cinque compiti, in modo che il mondo possa rimanere in buon ordine, e tutti possano vivere pace sulla terra. Come dichiara la Bhagavadgita, quelli che vivono per se stessi, senza servire gli altri e Dio, in verità mangiano il peccato. Un padrone di casa è molto vulnerabile a un cattivo karma, dal momento che ha a che fare con i problemi della vita reale, guadagnare soldi per mantenere la sua famiglia, vivere la sua vocazione e interagire con la società. La natura stessa della sua vita richiede danneggiare o ferire gli altri intenzionalmente, con parole, pensieri o azioni. In altre parole, i padroni di casa non possono evitare un cattivo karma, in qualunque modo essi vivano. L’unico modo per sfuggire alle conseguenze delle loro azioni è di vivere disinteressatamente al servizio degli altri e di offrire le loro azioni a Dio come sacrificio.

In altre parole, non usare la ricchezza per fini egoistici o per rafforzare l’ego, ma per servire Dio e gli altri, che sono aspetti del divino. Prendi ciò che è tuo, ma non quello che non ti appartiene. Nella tradizione induista prendere ciò che non appartiene è considerata un furto. Nel guadagnare ricchezza, non infliggere dolore e sofferenza agli altri e non sfruttarli. Ancora più importante, quando si cerca la ricchezza materiale occorre lasciare che il desiderio sia guidato da un essere superiore, piuttosto che dall’avidità e dall’egoismo. Vivere in tutta comodità o avere una ricchezza eccessiva non è peccato. Tuttavia, lo è utilizzare la ricchezza per scopi malvagi. Coloro che accumulano ricchezza attraverso il male facilmente incorrono nel  peccato e ne soffriranno le conseguenze. La prosperità è uno dei principali attributi del Signore dell’Universo (Isvara). Come aspetti di Dio noi umani abbiamo una diritto alla nostra ricchezza per il nostro benessere, pace e felicità.

Giorgio Nadali

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Zaoshen. Lo spirito della cucina

Nel Taoismo lo Spirito della Cucina (zaoshen), noto come “Sovrano della Cucina che controlla i destini e la buona fortuna” (dongchu siming dingfu zaojun), viene comunemente chiamato Sovrano della Cucina (zaojun), Re della Cucina (zaowang) o Duca della Cucina (zaowangye). La venerazione dello Spirito della Cucina esisteva già nell’antica Cina. La sezione “Riti sacrificali” (jifa) del Libro dei Riti (liji) dice che “il re stabilì sette culti per il popolo”, uno di questi era il culto dello Spirito della Cucina. Il Libro completo dell’adorazione dello Spirito della Cucina (jingzao quanshu), scritto durante la dinastia Qing, spiega che dopo aver riferito in Cielo, lo Spirito della Cucina torna nel santuario domestico preparato da ogni famiglia alla vigilia del nuovo anno (cinese). Le famiglie fanno offerte e accendono dei petardi.

Nei fogli di carta (vedi jīnzhǐ) che vengono bruciati durante i sacrifici rituali vi è sempre stampata l’immagine di una coppia di anziani, il Sovrano della Cucina e sua moglie. Il ventiquattresimo giorno del dodicesimo mese lunare di ogni anno, lo Spirito della Cucina sale in Cielo per riferire dei meriti e dei demeriti del mondo degli umani e per determinare la fortuna o la sfortuna delle persone. Quindi è meglio tenerselo buono bruciando incenso e offrendo sacrifici la notte precedente della sua ascesa.
Lo Spirito della Cucina gradisce zollette di zucchero, riso arrostito, noccioline tostate, caramelle di sesamo e gnocchi di riso glutinati. In questo modo lo stomaco dello Spirtto della Cucina sarà pieno e non riferirà in Cielo le malefatte degli umani. La gente lo chiama “riferire le buone azioni al Cielo e tenere sicurezza nel mondo dei mortali”. Buon appetito!

Giorgio Nadali


Specchi sacri

Lo specchio, forse per le suggestioni esercitate dall’oggetto in sé, ha un ruolo di rilievo in molti sistemi filosofici e religiosi, dove funge ora da emblema di saggezza, ora da strumento dell’esperienza mistica, ora da tramite di teofanie. Gli sciamani siberani ad esempio hanno avuto l’abitudine di appendere agli abiti specchi metallici a simboleggiare, in analogia con alcuni aspetti della mitologia giapponese, il sole e la luna.

Rientra nel discorso il ruolo, ora metaforico e simbolico ora magico e religioso, che allo specchio è stato variamente attribuito in Cina da parte di quel complesso di speculazioni filosofiche, pratiche ascetiche e fideismi misticheggianti cui generalmente assegniamo il nome di Taoismo. La nitidezza di un miraglio su cui la polvere non facci apresa costituisce una metafora della purezza immacolata della speculazione filosofica e troviamo anche l’invito a considerare l’oggetto il modello ideale dell’attività psichica del saggio: l’uso della mente dell’uomo perfetto rassomiglia a uno specchio, privo di intenzioni e desideri, riflette e non trattiene padroneggiando quindi le cose senza riceverne danno. Nella letteratura mitologica giapponese troviamo il ruolo di chiaroveggenza e onniscenza legato allo specchio. Nel misticismo taoista allo specchio è associata la spada, magicamente efficace per scacciare spiriti malevoli e calamità, assieme ad altri amuleti.

Nello Shintoismo i fedeli per farsi ascoltare dai kami (le divinità) usano il kagami (che si pronuncia kagàmi, non kàgami…) il termine giapponese dello specchio sacro. Gli specchi kagami sono fatti di rame, argento, ferro o vetro e possono avere forme diverse, rotonde, quadrate, elittiche o con otto petali come il kagami hakkōkyō, con otto archi come il kagami hachiryō. Insieme alle spade e i gioielli, agli specchi è stato attribuito un significato religioso profondo e usato in rituali sin dall’antichità, in base alle sue misteriose capacità di riflettere ogni cosa. Lo specchio sacro di bronzo (yata no kagami) è tuttora presente anche nelle insegne imperiali del Giappone (sanshu no jingi).

kagami

Lo specchio sacro è da sempre usato negli antichi rituali mitamashiro. I kami (le divinità) abitano volentieri negli specchi e di conseguenza il kagami è riverito come oggetto di culto (shintai) all’interno dei santuari shintoisti. Con lo sviluppo nel tardo periodo Heian (Fujiwara) della religione che combina kami e buddha (shinbutsu shūgō) si sviluppò anche la pratica di disegnare kami o figure buddhiste a loro associate sugli specchi, conle immagini note come mishōtai. Queste immagini vengono collocate nei santuari shintoisti come oggetti di culto e dedicati ai santuari dai fedeli (sankeisha)

All’interno di rituali volti alla personale affiliazione (kechien) con le divinità. Gli specchi kagami vengono anche dedicati ai santuari come tesoro degli stessi, ma anche gettati nell’acqua come parte di rituali di divinazione dei kami dell’acqua (suijin), e come utensili nelle cerimonie di inaugurazione dei lavori per la costruzione degli edifici. Lo jôtôsai è infatti il rito per gli déi architetti. È un rituale effettuato dai carpentieri shintoisti (in Giappone) durante la costruzione di un edificio. I muratori adorano gli déi dell’architettura e pregano per il completamento del loro lavoro senza problemi. Il rituale ha inizio quando tecnicamente i pilastri di colmo del tetto vengono eretti e collocati.

Nello stato di New York – a Wappingers Falls – esiste la Cappella degli Specchi Sacri (Chapel of Sacred Mirrors) creata da Alex Grey.

Giorgio Nadali

 


Segreti taoisti a luci rosse per allungare la vita. V.M. 18

Lo Huang-Ching è l’esercizio sessuale taoista per prolungare la vita. Il suo nome significa “far tornare indietro il seme”. Il fedele fa circolare nel corpo l’essenza (ching) unita al respiro (ch’i) portandola dall’alto al basso cinabro (tan-t’ien) per rinforzare il cervello (pu-nao). Viene praticato evitando l’eiaculazione durante il rapporto sessuale. Nello Huang-Ching pu-nao l’uomo cinge, immediatamente prima dell’eiaculazione, la radice del pene con due dita, respira profondamente con la bocca e digrigna i denti. Grazie a ciò il seme può salire nel più alto campo di cinabro (tan-t’ien) del cervello.

L’effetto di ringiovanimento di questo metodi si basa sulla fusione del seme (ching) con l’energia vitale (ch’i).
Questa fusione ha luogo, secondo la teoria, nella trachea, dove sale l’essenza, oppure dal basso campo di cinabro, dove scende il respiro. Così fusi, entrambe circolano nel corpo finché vengono di nuovo condotti dal basso all’alto campo di cinabro, più precisamente, nella parte del campo conosciuta come Ni-huan; attraverso ciò il cervello viene rinforzato. Il metodo funziona. L’ha provato l’’imperatore giallo Huang-ti che lo applicò quando ebbe rapporti sessuali con milleduecento concubine, una dopo l’altra, senza riportare danni alla salute. In sostanza nove giorni di rapporti sessuali ininterrotti, 24 ore su 24… Provate!

Il metodo dello Huang-chi pu-nao è conosciuto dal tempo della dinastia Han ed è molto diffuso anche oggi e può essere usato con facilità anche da chi ha meno di milleduecento concubine. La maggior parte delle opere taoiste sottolinea che, in questa tecnica, non si tratta del seme in sé, ma dell’essenza dello stesso, perché esiste già prima del seme materiale. Il processo dello Huang-chin pu-nao inizia al momento dell’erezione e del risveglio dell’energia sessuale. Infatti, secondo la concezione taoista, l’erezione non è necessariamente collegata all’attività sessuale; è soprattutto indizio del fatto che l’energia è presente nel corpo in maniera sufficiente, e può circolare liberamente. L’erezione può sopraggiungere anche quando colui che pratica la meditazione raggiunge una condizione libera da pensieri e desideri… Forse. Concepito in questo senso, il metodo di lasciar tornare indietro il seme per “rinforzare il cervello” può essere praticato anche da quei taoisti che non hanno molte concubine come l’Imperatore di Giada o che rifiutano le tecniche sessuali.

Un termnine taoista collettivo indica molto chiaramente quali sono queste tecniche sessuali. È Fang-chung shu, cioè le “arti della camera interna”. Queste tecniche sono importanti perché uniscono l’utile al dilettevole. Grazie al sesso fanno realizzare il Tao e raggiungere l’immortalità (Ch’ang-sheng pu-ssu). E non è poco. Le differenti tecniche sessuali taoiste mirano ad alimentare e a conservare il seme, l’essenza (ching), perciò il discepolo ha bisogno dell’energia dell’altro sesso, dal momento che solo sotto l’influsso dello Yin femminile, l’uomo può rinforzare il suo Yang e viceversa. I metodi più importanti per alimentare il ching consistono nell’evitare l’eiaculazione e nel “ritrarre il ching” per “rinforzare il cervello”.

Pratiche sessuali collettive sono attestate sin dalle antiche scuole taoiste. I seguaci del Taismo dei cinque stai di riso (Wu-tou-mi Tao) e della via della pace suprema (T’ai-pin’g Tao) praticavano la cosiddetta fusione del respiro (Ho-ch’i). Un elemento sostanziale nei metodi sessuali è lo scambio di energie. Per rafforza il suo Yang l’uomo può durante il coito bere molte energie Yin, che si riflettono fortemente sulla propria energia, sotto la lingua o dal seno della donna. Ma le essenze più potenti vengono sprigionate durante l’orgasmo. L’uomo le coglie con il suo pene nella vagina della donna e la donna con la vagina dal pene dell’uomo.

Questo scambio di Yin e Yang assicura la salute e allunga la vita. Spesso però le esigenze superano lo scambio e l’accumulo di energia passa in primo piano. Il discepolo taoista deve allora imparare, per evitare l’eiaculazione, a trattenere tutto il suo ching nel corpo. Contemporaneamente deve preoccuparsi di portare più volte all’orgasmo la sua partner per poter quindi prenderne l’energia Yin sprigionata. L’uomo può l’efficacia di questa tecinca avendo rapporti con molte diverse partner giovani e belle, uno dopo l’altro. Il leggendario imperatore giallo (Huang-ti) secondo la tradizione fece l’amore con milleduecento concubine senza riportare danni alla salute perché sapeva bene come evitare l’eiaculazione. Il livello successivo è costituito dalla ritrazione del seme per rinforzare il cervello. Questa tecnica è stata praticata anche come esercizio preliminare alle pratiche meditative di respirazione del Taoismo che si propongono lo sviluppo di un “embrione sacro” (Sheng-t’ai), l’anima immortale del fedele taoista.

Queste tecniche sessuali sono state certamente praticate a danno delle partner femminili. Perciò un’altra tradizione insegna che entrambi i partner devono frenare l’orgasmo e aspirare a un più alto livello di unione. Un testo afferma che per vivere a lungo, senza invecchiare, un uomo deve prima giocare con la donna. Egli deve bere il liquido di giada, ossia deve bere la sua saliva; così in entrambi la passione cresce. Poi l’uomo deve premere con le dita della sua mano sinistra il punto P’ing-i.

(Il punto P’ing-i si trova circa 2,5 cm. sopra il capezzolo del seno destro ed è anche indicato come “Yin presente in Yang”). Nel suo (basso) campo di cinabro (Tan T’ien)… egli deve immaginarsi un’essenza chiara, rossa, dentro gialla e fuori rossa e bianca. Quindi si deve immaginare che questo liquido si divida in sole e luna, che si muovano nella sua pancia e che raggiungano nel suo cervello il punto Ni-huan, dove le due metà poi si ricongiungono.

Questa simbolica ritrazione del seme culmina dunque nell’unione del principio maschile e femminile, rappresentato dal sole e dalla luna. L’arte cinese presenta innumerevoli simboli sessuali. La pesca, con il suo intaglio interno, rappresenta la vulva femminile. Altri simboli per la parte femminile sono vasi, nuvole, fiori di peonia aperti, funghi, la tigre bianca, stelle reniformi ecc. Simboli per la parte maschile sono, tra gli altri, la giada, le pecore, formazioni rocciose che ricordano il fallo, il drago verde, il colore verde, la fenice.

Giorgio Nadali

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Zoroastrismo. Daxma: Le torri del silenzio e il funerale col sacro cane

Le daxma sono le torri del silenzio per la religione zoroastriana. È un’antica religione monoteista in India, ormai in via di scomparsa. I fedeli rimasti sono circa 182.000. Sulle torri del silenzio i defunti sono lasciati in balìa degli uccelli rapaci, per non contaminare la terra. A Bombay (India) è possibile vederne cinque, alte otto metri, sulla Malabar Hill. A causa dell’urbanizzazione che ha ridotto i volatili, oggi i corpi sono trattati con dei reagenti chimici per affrettarne la decomposizione. I resti sono poi gettati nella fossa centrale e coperti di carbone e sabbia. I familiari del defunto non possono entrare nelle torri, riservate ai ministri del culto funebre.

Dato che la morte e la decomposizione sono viste come armi del male, un cadavere è visto tradizionalmente come il luogo dove lo spirito distruttivo Angra Mayniu e le sue forze sono potentemente presenti. Tutto ciò che riguarda la morte è contaminante, in particolare la salma di una persona retta, perché rappresenta una grande vittoria del male. Il defunto non può quindi essere sepolto cremato o disperso in mare perché ciascuno di questi elementi, terra, aria, acqua fa parte della creazione del dio Aura Mazda. Le daxma sono strutture circolari aperte alla sommità, alte circa dieci metri. Vi sono tre cerchi concentrici di spazi chiamati pavis. Gli uomini sono esposti nel cerchio esteriore, le donne in quello mediano e i bambini in quello centrale. Delle canaline fanno defluire i flussi corporei.

La carne dei cadaveri è stata divorata dagli avvoltoi in circa venti minuti. È normale dar da mangiare ai volatili coloro che si sono nutriti di loro quando erano vivi. Nei Paesi occidentali gli zoroastriani accettano le normali procedure di cremazione e rinunciano agli avvoltoi per i loro defunti. L’interesse è duplice. Preoccuparsi dell’anima del defunto e non inquinare la natura. Tradizionalmente il sacerdote zoroastriano è chiamato al più presto possibile dopo la morte. È sempre accompagnato dall’animale sacro zoroastriano, il cane. L’animale protegge la gente dalle forze minacciose ed è particolarmente sensibile a una presenza estranea e può quindi “vedere ritualmente” il cadavere. Il termine sagdid che designa la parte centrale della cerimonia funebre vuol dire proprio sguardo (did) del cane (sag).

La salma è poi lavata con il rito sachkar e poi vestita con un sudre (camicia sacra) e un krusti (corda sacra). Seguono delle preghiere. Il corpo è deposto per terra, ma non in un luogo poroso per non contaminarla, ed è tracciato con un chiodo un cerchio attorno alla salma. All’interno del cerchio possono entrare solo i becchini (nasarsala). Quando tutto è pronto per il funerale i nasarsala portano la salma su una portantina di ferro, seguiti dal sacerdote, dal cane e da coloro che seguono le esequie che procedono in doppia fila indiana (paiwand). Tutti sono legati gli uni agli altri da una corda per proteggersi dalle forze maligne associate alla morte.

Una specie di cordata funebre. Giunti davanti alla daxma la salma viene posta sul del marmo non poroso, il copro viene spogliato, i nasarsala appaludono e lasciano che della salma si occupino gli a avvoltoi. Il quarto giorno la cerimonia uthumna chiederà delle offerte in denaro che andranno in beneficienza in memora del dufunto, perché ricordarlo in questo modo è ritenuto meglio di qualsiasi tomba.

Giorgio Nadali


Shintoismo. Il Kuyō: funerale degli oggetti e tempio delle bambole

Nello Shintoismo gli spiriti presenti negli oggetti inanimati sono chiamati tsukumogami. Quando un oggetto ha raggiunto un secolo di età potrebbe trasformarsi in uno spirito malvagio, se l’oggetto è stato gettato via senza attenzione. Potrebbe contenere uno tsukumogami. Per evitare questi problemi lo shintoismo conosce il funerale degli oggetti chiamato kuyō. Il funearale delle bambole è chiamato Ningyō Kuyō. Il Ningyo Kuyo è un servizio commemorativo per le vecchie bambole un tempo amate e ora non più volute.

Vengono offerte alla dea della misericordia (Kannon Bodhisattva). Prima della cerimonia le monache del tempio buddhista (rinzai) Hokyoji confortano le anime delle bambole cantando dei sutra. Kannon è particolarmente venerata dalle donne che desiderano una gravidanza e quindi portano le bambole sperando di avere dei bambini. Esiste anche il tempio religioso delle bambole, lo Ningyo-dera. Il tempio Hokyoji è un antico monastero femminile, che veniva usato come residenza imperiale per le pricipesse. In Giappone buddhismo e shintoismo convivono strettamente.

funerale bambole

Quando una giovane principessa veniva mandata al convento, la famiglia le mandava delle bellissime bambole per consolare la nostalgia di casa. Ad esempio la principessa Kin ricevette una bambola con dei lunghi capelli color rosso-arancione somigliante ad un attore del teatro giapponese kabuki.

Questo tipo di bambola era ritenuta capace di tenere lontano la varicella (hoso). Il tempio Hokyoji di Kyoto (Giappone) ha diverse bambole antiche e altri giochi imperiali. Il tempio è noto come Ningyo-dera, il tempio delle bambole. I servizi commemorativi religiosi per le bambole vengono celebrati al tempio Kiyomizu Kannon-do di Tokyo e al tempio Hokyoji di Kyoto. Il 25 settembre di ogni anno al tempio Kiyomizu Kannon-do di Tokyo vengono commemorate con una specie di servizio funebre centinaia di bambole che poi vengono bruciate in un falò rituale.
Nessun problema per gli oggetti elettrici o elettronici gettati via perché nessuno di essi può avere oggi cento anni. Bisogna prestare molta attenzione ai seguenti oggetti e disfarsene con ogni cura per evitare spiriti tsukumogami che tornino a cercarvi per animare e possedere gli oggetti di cui vi siete disfatti.

Il karakasa-obake, ombrello animato. La chōchinobake, lanterna animata. Il kosode-no-te, kimono (abito femminile tradizionale) animato. Il kameosa, contenitore di saké posseduto. Lo ungaikyo, specchio posseduto. Lo zorigami, orologio posseduto. I bakezōri, sandali di paglia posseduti. Lo ittan-momen, rotolo di cotone animato. La shirōneri, zanzariera animata. La morinji-no-okama, teiera posseduta. I jatai, abiti animati. Quindi fare molta attenzione alla raccolta differenziata della spazzatura. Tutto questo in uno dei Paesi più tecnologizzati del mondo, dove una fede antichissima e la modernissima tecnologia elettronica convivono pacificamente.

Giorgio Nadali


Sessualità & Religioni. 1. Il festival shintoista del fallo d’acciao

Il Kanamara Matsuri “Festival del fallo d’acciaio” è un annuale festival shintoista della fertilità che si svolge a Kawasaki, in Giappone la prima domenica di aprile, nel santuario Wakamiya Hachimangu, meglio conosciuto come Kanamara Jinjya. Il pene è il tema centrale della manifestazione che si riflette ovunque: illustrazioni, caramelle, verdure scolpite, decorazioni e una parata mikoshi. Il Kanamara Matsuri è incentrato attorno a un santuario locale della venerazione del pene un tempo molto popolare tra le prostitute che vi si recavano a pregare per la protezione contro le malattie sessualmente trasmesse. Gli shintoisti ritengono che in questo luogo si ottengano protezioni divine anche per gli affari e la prosperità del clan, un parto senza problemi, il matrimonio e l’armonia coppia di sposi. La leggenda vuole che nella città di Kawasaki vi era una ragazza posseduta da un demone, che si era infilato nella sua vagina. Il demone mordeva il pene dei giovani che provavano a possederla, castrandoli. Ma un bel giorno un fabbro ebbe un’idea geniale: costruì un grosso fallo d’acciaio, con cui penetrò la giovane, riuscendo finalmente a sconfiggere lo spirito maligno.

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A perenne ricordo di questa memorabile e commovente impresa fu costruito un tempio shintoista, in cui era venerato proprio il fallo di metallo. Presso il santuario, ogni primavera, viene celebrato il festival detto Kanamara Matsuri, la cui data varia di anno in anno, ma di solito cade la domenica. Il matsuri ha le sue radici nell’epoca Edo (1603-1867 d.C.), quando le prostitute usavano recarsi al tempio per pregare sia per l’incremento dei loro guadagni, sia per prevenire le malattie veneree come la sifilide, che all’epoca era molto temuta. Oggi il principale motivo del festival è pregare per il concepimento di un figlio, mentre la preoccupazione per la sifilide è stata sostituita da quella per l’AIDS, e la festività diventa anche spunto per campagne di prevenzione e raccolte fondi.

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Lo Hōnen matsuri è un festival della fertilità celebrato ogni anno il quindici marzo in Giappone. Hōnen significa “prospero anno”, in giapponese. Il più noto si svolge nella città di Komaki, a Nord di Nagoya. Protagonista è un fallo di duecento ottanta chili, lungo due metri e mezzo. Il fallo di legno è trasportato dal santuario Shinmei Sha negli anni pari, su una grande collina o dal santuario Kumano-sha negli anni dispari, verso il santuario Tagata Jinja.

Il festival inizia con la celebrazione e preparazione la mattina a Tagata Jinja, dove sono in vendita tutti i tipi di alimenti e souvenir di forma fallica. I preti shintoisti recitano preghiere e benedicono i fedeli, il mikoshi (baldacchino sacro) e il fallo di legno che dev’essere trasportato lungo l’itinerario del corteo. Quando la processione arriva al Tagata Jinja il fallo sopra il mikoshi viene agitato fortemente prima di essere deposto. Tutti poi si riuniscono nella piazza antistante il Tagata Jinja e attendono il mochi nage, momento in cui la folla è inondata di piccole torte di riso piccolo gettate dalle piattaforme rialzate.

Giorgio Nadali


I funghi taoisti dell’immortalità

 

Lo Ch’ang Shen Pu-ssu è l’obiettivo del Taoismo in molte delle sue pratiche. Inizialmente il Taoismo riguardava la vera e propria immortalità fisica da raggiungere tramite gli esercizi detti tao-yin e fang-chung shu. La ginnastica taoista tao-yin (letteralmente signifca “condurre” o “guidare”) consiste in esercizi di stretching e di flessioni atte a facilitare la permeazione del respiro vitale (ch’i) in tutto il corpo. Una tecnica per raggiungere l’immortalità trascendente o almeno la longevità. Si parla già di queste tecniche nel testo del III secolo a.C. Chuang Tzu. La versione più nota oggi è l’esercizio simile ad una danza lenta noto come t’ai-chi-ch’uan (“grande-estrema-boxe”) praticato ogni giorno da milioni di persone in estremo Oriente. Chi ottiene l’immortalità (hsien) sale al cielo (fei-sheng) visibilmente o altrimenti sembra che muoia e che venga sepolto, ma quando la bara viene aperta è in realtà vuota. Il Taoismo di Lao-Tzu o di Chuang-Tzu riguardava un’immortalità spirituale più importante e l’unica possibile. Essa comporta l’unione con il Tao attraverso i metodi delle varie scuole taoiste. Ma dato che il linguaggio esteriore è un mezzo per quello interiore (e viceversa) non è sempre chiaro quale percorso una scuola segua. L’immortalità può comunque essere provvisoria, rallentanto la morte per un certo periodo di tempo. Molti simboli dell’immortalità appaiono nell’arte cinese sotto l’influenza taoista. I più frequenti sono le pesche coltivate da Hsi Wang mu (uno dei più noti immortali cinesi, gli hsien), l’erba o i funghi dell’immortalità (ling-chih), una gru che tiene nel becco il ling-chih, pini, e un bastone di legno nodoso. Anticamente il fungo dell’immortalità era riservato ai nobili e nascosto alla gente comune. Il ling shih (o reishi per i giapponesi), “fungo soprannaturale” che rapprsenta grande salute e immortalità, è il Ganoderma lucidum e purtroppo non è un fungo commestibile ed è decisamente amaro. Viene usato come fungo officinale dalla medicina cinese in più di venti patologie. Fare un’amara scorpacciata di questi funghi non cotti ha comunque l’effetto sperato e funziona davvero. Manda nell’aldilà dopo poche ore. Anche se il leggendario eremita Sennin lo usava abitualmente nella sua dieta. Ma sono cose più adatte ai fumetti manga giapponesi di Dragon Ball, dove infatti è di casa.

Giorgio Nadali