di Giorgio Nadali
Le origini di Halloween si trovano presso le antiche tribù celtiche che vissero in Irlanda, Scozia, Galles e Bretagna. Per i Celti, il primo novembre segnava l’inizio del nuovo anno e l’arrivo dell’inverno. La notte precedente il nuovo anno, festeggiavano il festival di Samhain, Signore dei Morti. Durante il festival, i Celti credevano che le anime dei defunti – fantasmi, streghe, demoni compresi – ritornassero a mescolarsi con i vivi. Per spaventare e fare fuggire gli spiriti maligni, la gente indossava maschere e accendeva dei falò.
Quando i Romani conquistarono i Celti, aggiunsero la loro inventiva al festival di Samhain. Realizzavano dei centrotavola di mele e noci per Pomona, la dea dei frutteti. Ma quando la festa di Halloween entra nello scenario del Cristianesimo?
Nel 835, papa Gregorio IV spostò la celebrazione di tutti martiri (che sucessivamente divenne la festa di Ognissanti) dal 13 maggio al primo novembre. La notte precedente divenne nota come “Vigilia di Tutti i Santi” o “notte santa”. Il nome anglosassone Halloween deriva proprio da “hallow”, parola inglese arcaica per “santo” e da “even”, contrazione di “evening”: sera.
Il due novembre la Chiesa celebra la Commemorazione dei Defunti.
Lo scopo di queste ricorrenze è quello di ricordare coloro che hanno lasciato l’esistenza terrena. Il primo novembre per coloro che godono già della visione beatifica di Dio in Paradiso e il due novembre per coloro che, avendo già raggiunto la salvezza eterna, si stanno preparando alla beatitudine, nello stato di purificazione del Purgatorio. Nel Cristianesimo, solo la Chiesa Cattolica (che costituisce da sola circa la metà della cristianità) crede a questo stato intermedio ultraterreno d’espiazione delle conseguenze dei peccati veniali, traendone il fondamento da alcuni brani biblici (2 Macc 12,39-45; Mt 12,31; 1 Cor 3,11-15) e da S. Agostino (La Città di Dio). Uno dei più grandi attuali ostacoli teologici al movimento ecumenico (quello che causò uno scisma nel 1517 a causa della dottrina sulle indulgenze per la riduzione del Purgatorio) fu approvato definitivamente dai Concilio di Lione (1274) e dal Concilio di Firenze (1439). La grande sostenitrice della dottrina sul
Purgatorio fu la convertita Caterinetta Fieschi, meglio nota come S. Caterina da Genova (1447-1510), nel suo Trattato sul Purgatorio. Le festività precedute da Halloween sono la celebrazione del mistero della comunione dei santi, il quale ci ricorda che la Chiesa non è legata al tempo e allo spazio ed è unita sia nella dimensioe terrena, sia in quella gloriosa, dei suoi membri già giunti alla beatitudine eterna. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (§ 1475) e Papa Paolo VI (costituzione apostolica Indulgentiarium Doctrina, 5) ricordano che “tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla Terra, esiste certamente un vincolo permanente di carità e un abbondante scambio di tutti i beni”.
Ma torniamo ad Halloween. Viviamo in una società moderna e secolarizzata. Togliamo la celebrazione del nuovo anno celtico e della sua vigilia. Togliamo la venerazione dei santi e la fede nel destino e nella dignità dell’uomo. Cosa rimane? La superstizione precristiana sui defunti. L’Halloween moderno è la vigilia di una festa cattolica sul mistero del destino ultimo dell’uomo nella vita eterna e, in larga parte, un fenomeno di costume di matrice anglosassone che veste i bambini da vampiri e da streghe a causa del suo antico retaggio legato alla morte.
Tra molti cristiani è cresciuta la preoccupazione che la situazione stia fuggendo di mano. Dopo tutto, Halloween non glorifica forse il diavolo? E’ giusto lasciare che i figli si vestano da diavoli e vampiri o è meglio insistere sul significato originario di vigilia della festa dei Santi, dai quali, come abbiamo visto, la parola trae origine? Questa festa, se celebrata inmaniera corretta, può essere l’occasione di approfondire la nostra fede nella comunione dei Santi.
Sino al nono secolo la Chiesa celebrava questa festa il 13 maggio, durante il periodo pasquale di gioia dopo la risurrezione di Cristo. Questa è la luce in cui vediamo tutti coloro che sono morti nella fedeltà a Cristo. Nell’anno 835 la data fu cambiata al 1 novembre, proprio per cristianizzare la festa pagana allora dedicata alla commemorazione dei defunti. Per portare luce nelle tenebre e speranza alla più atavica della paure dell’uomo.
Il desiderio umano di ricordare coloro che hanno lasciato questo mondo, era presente prima ancora che fosse istituito un giorno per la commemorazione dei defunti, prima ancora che il Nuovo Testamento prendesse forma. Ed erano defunti speciali: quelli che erano morti per testimoniare Cristo. La parola greca maritre, significa testimone. La loro morte fu una vittoria, non una sconfitta; un trionfo, non un dolore.
Allo stesso modo in cui oggi le persone si radunano sul luogo di una tragedia e parlano tra di loro e ai cronisti, i primi cristiani si riunivano per l’anniversario della morte di un martire (fatto allora molto comune) per ricordarlo nel modo che meglio conoscevano: spezzando il pane. Si raccontavano la loro vita per darsi forza e ispirazione in un periodo in cui la fede significava persecuzione e martirio. Nemmeno la morte poteva rompere l’unità che S. Paolo chiamò “il corpo di Cristo”.
Gli anniversari di martiri locali molto conosciuti, riempivano il calendario. Poi sorse una questione: che nome dare a quei martiri dei quali non si conosceva il nome. A quei militi ignoti della fede in Cristo? Molti di loro furono dati in pasto ai leoni per testimoniare la loro fede e non tutti erano noti alla comunità dove vivevano. Dalla metà del IV secolo, ecco la soluzione: la “festa di tutti i Martiri” apparve nel calendario. E quando le persecuzioni iniziarono a diminuire, furono inclusi anche i “testimoni” della fede, non martiri. Cristiani la cui vita era un “Vangelo in azione”, come avrebbe in seguito definito i santi S. Francesco di Sales.
Una vigilia, due feste
Nel frattempo, venivano ricordati anche coloro che non avevano vissuto una santità eroica. I primi cristiani adottarono l’usanza giudaica di pregare per i defunti e di offrire sacrifici per loro, come parte della fede ebraica nella risurrezione dei morti (Is 16,19 ; Dn 12,2; 2 Macc 12,43ss).
I cristiani di oggi dimenticano che al tempo di Gesù, molti ebrei, specialmente i Farisei, avevano una fede molto sviluppata nella risurrezione dei morti, compresa la convinzione che le preghiere dei vivi potessero aiutare i defunti. Fu a causa di questa fede che 160 anni prima di Cristo, Giuda Maccabeo pregò e offrì sacrifici per i suoi compagni che peccarono: “Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione […] Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato”. 2 Macc 12,43ss
Per i primi 1000 anni della Cristianità non vi fu una memoria collettiva dei Santi. I parenti e le persone care venivano ricordate durante la Messa, nella ricorrenza della loro morte. Ma dal VII secolo i monasteri iniziarono a celebrare una Messa annuale per tutti i defunti del loro ordine religioso. Un’idea che si estese poi anche per i laici. Verso l’anno 1048 un abate molto influente scelse il 2 novembre per commemorare i defunti, perché era una data ideale da abbinare a quella della festa di tutti i Santi. Entrambe le date ci aiutano a ricordare che tutti noi, vivi o morti, siamo uniti nella comunione viva con Cristo e tra di noi.
Dai Santi agli scheletri
In effetti, Halloween, divenne l’unica vigilia di due feste celebrate da tutta la Chiesa. Nel XVI secolo, nel periodo della Riforma, molti Protestanti rigettarono sia la dottrina della comunione dei Santi, sia la pratica di pregare per i defunti. La vigilia di queste feste divenne vuota e senza senso per loro. Rimasero quindi, per il folklore, le usanze pagane di mascherarsi per spaventare gli spiriti dei defunti che tornavano sulla terra.
Salvare Halloween
Come possiamo mantenere il significato religioso eliminandone i contorni precristiani? Alcune parrocchie all’estero invitano i bambini a vestirsi con l’abito dell’epoca di alcuni santi particolari, in occasione della vigilia di Ognissanti.
Molti altri giovanissimi preferiscono truccarsi in maniera macabra per partecipare a feste di Halloween, e – nei Paesi anglosassoni – per andare in giro per le case a chiedere dolci presentandosi con la frase “Trick or treat?” (“dolcetto o scherzetto?”). Istintivamente capiscono che scheletri e zucche di Halloween (le “Jack-o’-lanterns”) sono travestimenti molto più appropriati per l’occcasione. Così facendo si divertono, ma esorcizzano anche la paura della morte. Hanno ragione. La morte non è bella. Halloween dopo tutto ebbe inizio con i martiri, come abbiamo visto. La tradizione conosce molte storie di vita che incontrarono una morte atroce, che mai però interferì con la gioia e la fiducia in Dio.
Per Halloween dobbiamo usare il discernimento per separare i simboli, per preservare i più giovani dai veri pericoli, per farci strada attraverso le usanze che contraddicono la nostra relazione con Dio, prime fra tutte quelle occultistiche e magiche. E’ bene ricordare brevemente che lo spirito magico è diametralmente opposto a quello religioso.
Nel primo è l’uomo che sfida Dio e cerca di piegare a proprio uso e consumo, senza alcun sacrificio personale, le forze a lui superiori o Dio stesso. Nel secondo è l’uomo che si piega alla volontà di Dio e collabora con lui, anche col sacrificio personale.
Nella dimensione superstiziosa poi, l’uomo crede che oggetti, simboli, gesti, numeri, abbiano un potere sulla libertà che Dio gli ha donato. L’uomo cessa di essere libero e si affida alla realtà creata, che avrebbbe il potere di determinare la sua esistenza. Magia e supersitione fanno quindi parte dell’ irreligiosità.
Inoltre, i simboli di Halloween possono far presa sull’immaginario infantile e contribuire alla curiosità verso il mondo dell’occulto, che riceve già abbastanza pubblicità da film e storie ritenute troppo superficialmente sempre “divertenti” e innocenti. La strega o il maghetto di turno fanno colpo perché ottengono tutto ciò che vogliono senza fare il minimo sforzo. Proprio il contrario della figura del santo, pronto a sacrificarsi per il valore più alto e per la fedeltà al Vangelo. Il messagio nasconde diverse insidie. Quella del potere per il proprio interesse personale e per giunta senza alcuno sforzo. Quella dell’inutilità dell’umile preghiera. Quella del fascino delle forze del male o dell’occulto, ritenute più forti e appaganti. Spingendoci ancora più in là con lo sguardo non ci vuole molto a intuire quale spirito regni nel cuore del bambino divenuto adulto che corre ad arricchire il mago di turno.
E’ proprio perché noi Cattolici crediamo nella realtà del male che promettiamo di tenerci lontani da “Satana e le sua azioni” nel rito battesimale (sempre accompagnato da un esorcismo ordinario). Una promessa che rinnoviamo ogni anno nella veglia pasquale. E’ compito primario della famiglia vigilare affinchè gli stimoli dei media non condizionino le giovani personalità in formazione e ridimensionarli alla realtà per la quale si sono impegnati davanti al Signore.
Innazi tutto, essere liberi dalla paura. Credendo in Cristo non abbiamo nulla da temere e dobbiamo essere pronti a rispondere a coloro che agiscono come se Satana avesse lo stesso potere di Dio. Non c’è alcun potere uguale e contrapposto a Dio. (Questa visione è quella manicheista e specificatamente della religione monotesita zoroastriana, tuttora vivente, che crede nel dio del bene – Aura Mazda – contrapposto al dio del male – Angra Mainyu). Satana è una creatura, un angelo decaduto. Il suo potere e in generale il potere del male, è limitato, permesso e controllato da Dio. Sino alla fine dei tempi il grano del bene e il male della zizzania dovranno convivere. Ma Cristo ha già vinto il peccato e il Maligno una volta per sempre. Chi crede in Lui condivide la sua vittoria.
Come separare quindi i simboli di Halloween? Dobbiamo smettere di mangiare mele solo perché queste erano offerte alla dea Pomona, nella Roma antica? Oppure le ciambelle, che erano cibo per le anime dei defunti? (La loro forma circolare era simbolo di eternità, lo stesso significato che ha un anello). Certamente no. Dobbiamo godere dei beni che Dio ci dona. Mele e ciambelle comprese.
Alcuni simboli di Halloween
Dolcetto o scherzetto?
Meglio noto nei Paesi anglosassoni come “Trick or Treat?”, ha origine nella credenza pagana nei defunti che vagano su questa terra perché non si sono ancora riconciliati con qualcuno. Questi hanno il potere di disturbare i viventi, a meno che non vengano placati con offerte di dolci, come le “soul cakes” (“torte dell’anima”), appunto dei treats, cioè dei “piaceri”, in cambio di tranquillità da parte delle anime vaganti. Inutile ricordare che per la dottrina cattolica le anime dei defunti non vagano in alcun modo sulla terra. Subito dopo la morte terrena l’anima in grazia di Dio si ricongiunge con Lui, oppure dopo un periodo di purificazione. Le anime non in grazia di Dio vanno subito all’Inferno. Non esistono defunti da evocare né da placare. Solo da pregare e da ricordare, nell’attesa di ritrovarli un giorno nella luce di Dio.
Zucche di Halloween
Sono le “Jack-o’-lanterns”. Leggenda del folklore irlandese sbarcata negli Stati Uniti con i colonizzatori. Jack ha la capacità di mettere nel sacco lo stesso diavolo, ma questo non gli basta per essere beato. Deve girovagare per sempre tra cielo e terra, tenendo la sua lanterna (che originalmente era un rapa, poi trasformatasi in zucca, quando i colonizzatori trovarono il vegetale oltreoceano). Jack era egoista e non aiutò mai nessuno. Era più furbo del diavolo, ma questo carisma non lo fece fruttare. Sotterrò il suo talento. Solo la croce di Cristo porta alla vita eterna e questa ha il potere di vincere il maligno.
Messaggi positivi di Halloween?
Halloween ha dei messaggi positivi, se torniamo all’origine della ricorrenza. Quella che aveva prima della Riforma. Ci aiuta a ricordare la fede nella comunione dei santi. Li onoriamo e chiediamo il loro aiuto. “Noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti” (Eb 12,1). Inoltre aiuta a riflettere sulla morte (e sul destino ultimo dell’uomo), in una società che ne ha perso il significato e tenta di esorcizzarla perché non crede che essa non ha più l’ultima parola sull’esistenza umana. “Ma ti accadranno queste due cose, d’improvviso, in un sol giorno; perdita dei figli e vedovanza piomberanno su di te, nonostante la moltitudine delle tue magie, la forza dei tuoi molti scongiuri”. (Is 47,9)
L’insegnamento della Chiesa
“Nella comunione dei santi “tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5]. In questo ammirabile scambio, la santità dell’uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato”.
Questi beni spirituali della comunione dei santi sono anche chiamati il tesoro della Chiesa, che non “si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l’infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre ed offerti perché tutta l’umanità fosse liberata dal peccato e pervenisse alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5].
“Appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere del la beata Vergine Maria e di tutti i santi, i quali, seguendo le orme di Cristo Signore per grazia sua, hanno santificato la loro vita e condotto a compimento la missione affidata loro dal Padre; in tal modo, realizzando la loro salvezza, hanno anche cooperato alla salvezza dei propri fratelli nell’unità del Corpo mistico” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5]”. (Catechismo della Chiesa Cattolica 1475-1477)
“Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che “svelino” l’avvenire [Cf Dt 18,10; Ger 29,8 ]. La consultazione degli oroscopi, l’astrologia, la chiromanzia, l’interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l’onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo.
Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo – fosse anche per procurargli la salute – sono gravemente contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancor più da condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all’intervento dei demoni. Anche portare gli amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l’invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui”. (Catechismo della Chiesa Cattolica 2116-2117)
Giorgio Nadali
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