Business & cultura islamica. Si fa presto a dire EMEA

di Giorgio Nadali

Se hai pensato che fare affari con i Paesi islamici non ti riguarda o che sia la stessa cosa che trattare con Paesi Occidentali, ripensaci…

L’Asia rappresenta ormai il più grande sbocco degli scambi globali. Alla crescita della popolazione corrisponderà anche un ampliamento della fetta di classe media benestante (con reddito superiore ai 35.000 dollari a prezzi costanti) a cui potrà rivolgersi la vendita di prodotti del Made in Italy.

Tra le religioni mondiali l’Islam cresce ogni anno del 235%, contro il 47% del Cristianesimo, il 117% dell’Induismo e il 63% del Buddhismo.

Il business verso i Paesi islamici nel 2012 valeva 1,6 trilioni di dollari. Nel 2018 il valore è cresciuto a 2,47 trilioni di dollari. Secondo una ricerca elaborata dall’agenzia di consulenze Thomson Reuters, nel 2014 il valore della moda islamica era di 230 miliardi di dollari, l’11% del mercato globale dell’abbigliamento, poi cresciuto a 484 miliardi nel 2020 (13% di quota di mercato).

L’islam è la seconda religione più diffusa al mondo con 1,5 miliardi di fedeli, che corrispondono al 25% dell’intera popolazione mondiale. Il 20% della popolazione mondiale fa riferimento alla religione islamica, alimentando un mercato da 2.300 miliardi di dollari.

Nel 2030 i musulmani aumenteranno del 35% con una conseguente crescita del mercato islamico, che aprirà le porte a diverse opportunità di business anche per i brand occidentali. In Europa sono presenti circa 44 milioni di fedeli islamici. In Italia sono 1,6 milioni.

I consumatori islamici devono sempre condurre uno stile di vita shari’a compliant, cioè nel rispetto della legge coranica.

I Paesi con il più alto numero di consumatori musulmani con un elevato potenziale di spesa oggi sono la Turchia, gli Emirati Arabi Uniti, l’Indonesia, l’Iran, l’Arabia Saudita e la Nigeria, cui si debbono aggiungere i milioni di consumatori di fede islamica ormai stabilmente residenti sul territorio europeo ed in particolare in Francia, Germania e Regno Unito – oltre che in Italia.

L’Italia è il secondo partner commerciale degli Emirati Arabi Uniti in Europa e vi è un notevole potenziale per sviluppare scambi bilaterali e legami commerciali tra i due paesi. “I partenariati esistenti hanno permesso la crescita economica e l’innovazione per le imprese, creando sinergie per ulteriori sviluppi”, dice il ministro dell’economia Sultan bin Saeed Al Mansouri.

Nel 2017 l’export italiano era di 5,3 miliardi di euro, l’import italiano 1 miliardo di euro. Diciottesimo mercato per destinazione. Il potenziale di incremento per il 2021 è di 1,6 miliardi di euro.

Mercato ricco, mi ci ficco! Alt!

Il comportamento del consumatore musulmano è fortemente influenzato dai dettami del proprio credo, per questo motivo le aziende che decidono di espandere il proprio business in questi paesi devono necessariamente analizzare e comprendere la loro storia e tradizione.

Solo il consumatore islamico è influenzato fortemente dal suo credo? Eh, no! Vale anche per l’uomo di affari. La cultura islamica non fa facilmente differenze tra laico e religioso. Tra “Din wa Dunya”, cioè “religione e società”.

Va da sé che se vuoi fare affari proficui in Paesi islamici devi conoscere la cultura islamica.

Non considerarla vuol dire esporsi a gaffes e figuracce, nella migliore delle ipotesi. Oppure alla perdita di affari milionari nella peggiore.

Qualche esempio? La più recente gaffe è quella del padiglione dell’Italia a Expo 2020 di Dubai (e stiamo parlando di un Paese islamico – gli Emirati Arabi Uniti – molto tollerante e aperto verso l’Occidente). Ma anche in quel Paese la copia del David di Michelangelo nel Padiglione Italia ha dovuto essere censurata per via dell’esposizione degli attributi virili del David. Inutile scandalizzarsi come ha fatto Vittorio Sgarbi parlando di “un’umiliazione inaudita, inaccettabile, intollerabile. Lo Stato italiano umiliato e l’arte italiana mortificata. Un vero e proprio schifo”.

Per evitare quello “schifo” bastava un minimo di conoscenza della cultura islamica, che evidentemente il mondo degli affari non conosce e pensa di potere bypassare con arroganza.  Beata ignoranza e qui sì, umiliazione per chi non la conosce.  Se vai in casa d’altri rispetti quella cultura o eviti di fare affari, anche perché nel mondo islamico si fanno affari solo dopo aver stabilito una fiducia particolare. Sì, puoi sperare che quel businessman se ne infischi della sua religione, ma questo è decisamente più improbabile in Medio Oriente rispetto all’Occidente.

Dunque, errori madornali. Come quello della Tesco di Liverpool Street a Londra che durante il Ramadan del 2015 ha messo nei suoi punti vendita un espositore con patatine Smokey Bacon Flavor al gusto di bacon affumicato (prodotto proibito nell’Islam) con il messaggio “Ramadan Mubarak”, cioè “Buon Ramadan”. Se ciò non bastasse il negozio non è lontano dalla Moschea East London di Whitechapel, uno dei più grandi luoghi di culto musulmani in Europa.

Food Basics è un negozio di alimentari che gestisce oltre 115 negozi in tutta la provincia dell’Ontario in Canada. Per raggiungere le comunità etniche, il negozio ha promosso un’offerta in uno dei suoi volantini stampati con l’idea di celebrare il Baisakhi (una festa religiosa sikh). Il loro grande errore? Promuovere il pollo Halal, un prodotto musulmano.

Per il 40° anniversario degli Emirati Arabi Uniti, la Puma ha deciso di mostrare solidarietà alla nazione e rilasciare un paio di scarpe da ginnastica in edizione limitata con i colori della bandiera degli Emirati Arabi Uniti. Non sapevano che mostrare la pianta del piede è un enorme insulto nei paesi arabi, e avvolgerci la bandiera è ancora peggio. Emirati tolleranti e moderni sì, ma a tutto c’è un limite (se lo si conosce). Ovviamente prodotto ritirato e moltissimo denaro perso.

L’adattamento delle lingue in regioni come il Medio Oriente richiede ancora più attenzione poiché anche la scrittura deve essere presa in considerazione. Un semplice punto o linea fuori posto può cambiare un intero significato. Mac Donald’s ne è caduta vittima dopo aver adattato il loro slogan “I’m loving it” in arabo moderno standard, che in dialetto egiziano suona come “I’m a bitch“.

E si potrebbe continuare…

Le suole sono considerate sporche e non dovrebbero mai essere viste da un’altra persona. Esporre la pianta dei piedi o delle scarpe è molto più offensivo che usare la mano sinistra in modo improprio (altra regola sociale), laddove quest’ultima sarebbe considerata più una perdita di buone maniere. I professionisti occidentali non dovrebbero sedere con le gambe incrociate al ginocchio, poiché la pianta del piede sarà inevitabilmente vista da qualcun altro nella stanza…

I professionisti occidentali di entrambi i sessi noteranno che parecchie persone in Medio Oriente sembrano fissarle. Culturalmente, ci sono regole abbastanza diverse su ciò che è considerato cortese e ciò che potrebbe essere rude tra il Medio Oriente e l’Occidente. È probabile che gli uomini del Medio Oriente tengano il contatto visivo con un altro uomo più direttamente e più a lungo di quanto spesso sia comodo per molti uomini occidentali. Questo può sembrare invasivo. Non reagire negativamente, in quanto ciò sarà interpretato come un insulto.

Vi sono molti altri tabù e regole. Magari il tuo partner commerciale islamico non te lo farà pesare, ma più o meno inconsciamente questo si rifletterà negativamente sul vostro rapporto di affari.

Insomma, tralasciare la cultura quando il tuo business si sposta verso il Medio Oriente, L’Africa o l’Estremo Oriente, può costarti molto caro.

Un semplice workshop su business nei Paesi di cultura islamica ti eviterà figuracce o perdite economiche decisamente più alte del costo di questo piccolo investimento in cultura d’affari.

www.giorgionadali.com/workshops