Sessualità & Religioni. 3. Magia rossa d’amore nel Buddhismo tantrico

Vuoi trovare un’amante passionale e fedele? I rituali di magia rossa del Buddhismo

tantrico Vajravana ti aiutano a trovare una yaksini. Grazie alla dea Kurukulla.

Provare per credere…

 

La magia amorosa buddhista consiste in metodi per sedurre un amante mediante rituali. Il Buddhismo, una tradizione nota per i suoi ideali di rinuncia e libertà dal desiderio, crea un posto per questo tipo di magia nel corso del suo sviluppo storico. Attraverso i secoli, i religiosi buddhisti hanno adottato e adattato tecniche rituali e magiche dall’ampio retroterra culturale nel quale si muovevano.
Perennemente in evidenza vi sono i rituali di guarigione, protezione, e abbondanza materiale. La magia d’amore è stata più lenta nell’entrare nel repertorio Buddhista. C’è una chiara evidenza che i primi laici buddhisti che portavano offerte ai santuari dell’albero (Bodhi) per ottenere un coniuge o della prole, ma non erano menzionati rituali specifici per ottenere un amante. Questi rituali sono apparsi nelle prime fonti attorno al VII secolo d.C. ottenendo uno spazio permanente da allora in poi. La magia d’amore appare nel contesto buddhista primariamente nel movimento tantrico, noto anche come Buddhismo Vajrayana, che ha guadagnato spazio nel VII secolo e si è diffuso dall’India all’Himalaya e all’Asia occidentale e meridionale.
La tradizione tantrica ha adottato come uno dei suoi obiettivi l’ottenimento di poteri magici (rddhi) e della perfezione spirituale (siddhi). Di conseguenza, le tecniche magiche hanno proliferato nell’ambiente tantrico. Un altro progresso nel paradigma tantrico è stato il suo miglioramento verso le pratiche laiche. I praticanti laici, sia celibi sia sposati, non erano obbligati ad adottare il celibato, lo stile di vita monastico per seguire seriamente le discipline yogiche e le arti magiche. La combinazione di uno spostamento dal celibato e l’apertura alla magia hanno creato le condizioni in cui la magia d’amore ha potuto prosperare.
Molti riti buddhisti di magia d’amore si trovano in associazione con la dea Kurukulla. La sua iconografia riflette questa specializzazione, nonostante essa si trovi anche in altre pratiche. La dea è rossa – il simbolo della passione e del desiderio nell’immaginario dell’Asia meridionale. Gli attributi che la identificano sono l’arco e le frecce ornate di fiori che la dea mostra nel suo paio di mani centrali (dato che non ne ha solo due). L’arco e la freccia hanno un’associazione antica con l’equitazione d’amore nella cultura indiana e compaiono nei sortilegi d’amore descritti nell’Atharva Veda (primo millennio a.C.). Kamadeva, il cupido indù, ha un arco con una freccia che usa per incitare il desiderio romantico e sessuale. Il possesso di Kurukulla di arco e freccia incrementa il suo ruolo di dea buddhista dell’amore.
Karakulla usa spesso una ghirlanda di fiori rossi e un pungolo per elefante per realizzare la sua arte magica. Dopo che le sue frecce hanno infiammato di desiderio il suo obiettivo, il suo cappio floreale lo avvolge con la passione e il suo gancio lo trascina verso l’amante. I riti della dea Karakulla prevedono diverse procedure magiche. Il colore rosso predomina nell’armamentario dei rituali per magnificare il potere di incanto e di attrazione. Il celebrante indossa indumenti e fiori rossi, usa un rosario rosso di legno di sandalo e celebra su un terreno rosso o sotto un albero a’soka con fioritura rossa.
L’oggetto sacro del cerimoniale, preferibilmente di rame, dev’essere coperto da un panno rosso e dei fiori rossi. Il diagramma rituale dev’essere disegnato con polvere rossa vermiglio oppure col sangue del celebrante, su di un panno rosso oppure su un tessuto tinto di rosso con sangue mestruale. I talismani devono essere legati da un filo rosso tessuto da una donna. Un elemento cruciale è l’invocazione di Karakulla mediante la recita di mantra (incantesimi). Il celebrante identifica poi l’oggetto di desiderio chiamandolo per nome o semplicemente col pensiero e s’immagina Karakulla che agisce per risvegliare l’ardore e l’affetto del soggetto. Un metodo comune è quello di immaginare la dea che scocca la sua freccia nel cuore dell’amante desiderato per poi portarlo al celebrante in uno stato d’innamoramento passionale. In visualizzazioni più complesse la dea distribuisce sciami di feroci api nere per intossicare ulteriormente il soggetto di passione e renderlo indifeso verso la seduzione. L’uso dei rituali è lasciato alla discrezione del celebrante.
Possono essere usati per trovare un amante, riconciliare un coniuge o ottenere un partner tantrico – immaginate gli intrighi che possono svilupparsi come quelli di una moglie virtuosa strappata dal suo letto coniugale o di un uomo comune spinto tra le braccia di una regina. Le arti della magia d’amore hanno fornito agli autori indiani molte trame coinvolgenti e i cercatori d’incantesimi di seduzione si sono mossi nel loro territorio letterario. Una caratteristica interessante della magia d’amore buddhista è di essere usata non solo per ottenere un amante umano.
Un amante può essere cercato tra diverse classi di spiriti e di esseri celestiali e divini. Questo riflette una credenza ampia induista che gli esseri non umani possano avere relazioni e rapporti sessuali con i mortali. Un tipo di essere soprannaturale che è molto presente nella magia d’amore buddhista è la yaksini, che è la parola sanscrita per uno spirito femminile della natura che risiede negli alberi, negli stagni e nei pozzi terreni e abita in un regno meraviglioso nel cielo. Alcune yaksini sono predatrici e pericolose, ma quelle di disposizione più benevolente sono ricercate come amanti e invocate per servire in questo ruolo mediante un rituale tantrico noto come yaksini-sadhana. Questa categoria di amore magico utilizza mantra, offerte e procedure rituali elaborate condotte in segreto o col favore della notte per invocare una yaksini.
Una volta invocato, lo spirito femminile apparirà di fronte al fedele in forma corporea e diverrà la sua consorte, o “moglie”. Una moglie yaksini sarà molto bella e adotterà qualsiasi forma desideri il fedele. La yaksini ha poteri magici e può realizzare ogni suo desiderio. Dotata del potere di volare, la yaksini porterà il fedele sulla sua schiena o su di un carro celestiale e insieme scorrazzeranno nella notte attraversando la terra e il cielo stellato. Una yaksini può visitare il suo sposo mortale sulla terra, giungendo ogni notte e lasciandolo la mattina, oppure trasportandolo nella sua casa celeste dove il fedele può consumare il nettare dell’immortalità e vivere con lei per migliaia di anni. Il piacere erotico è garantito. Le fanciulle soprannaturali hanno la passione del fare l’amore e possono dedicarsi all’unione sessuale per giorni e addirittura per anni portando una beatitudine inimmaginabile con il loro tocco. Avere una yaksini come amante consente al fedele tantrico di vivere fuori dai confini della società tradizionale e rimanere libero dalle responsabilità che una moglie umana comporta, ma allo stesso tempo avere una compagna, una moglie spirituale che può mettere in pratica i poteri magici e i godimenti soprannaturali che il fedele cerca .
I testi buddhisti Subahupariprccha Tantra (VII sec. d.C.) e Manjusrimulakalpa Tantra (VIII Sec. d.C.) contengono descrizioni dello yaksini sadhana il rituale per evocare uno spirito femminile mediante un mantra. Un rituale condotto per la gratificazione sessuale. Il testo specifica che la yaksini può assumere la forma desiderata dall’adepto e può soddisfare la sua libidine per tutta la notte. Entrambi i testi specificano che la yaksini può assumere la forma di un parente femmina, come la madre.

Giorgio Nadali

foto dell’autore, Hong Kong

(tratto da: Giorgio Nadali, “I segreti delle Religioni”, Youcanprint, Tricase, 2015, e-book)

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Adorazione induista della Yoni, l’organo sessuale femminile

Nell’Induismo la Yoni è l’organo sessuale femminile. Il rito è suddiviso in tre categorie: adorazione, magia, meditazione. L’ultima è la più segreta. Il rito è considerato così importante al punto che chi lo pratica è esonerato da altre forme d’adorazione.
Il rito (chiamato anche stri puja o rahaja puja) è officiato con una donna in carne e ossa oppure con una scultura. Il più semplice stri puja è il kumari puja con una giovane di sedici anni (questo è il numero della perfezione nell’Induismo), tuttavia è richiesta la presenza di una yogini più matura al centro del rito. Nello yoni puja officiato con una statuetta di una dea oppure con una donna, sono versati cinque elementi liquidi simbolici sulla sua yoni. Sono gli elementi della cosmologia indù, rappresentati da alcuni alimenti: la terra (simboleggiata dallo yogurt), L’acqua (usata realmente), il fuoco (simboleggiato dal miele), l’aria (simboleggiata dal latte) e l’etere (simboleggiato da un qualsiasi olio commestibile). Gli elementi sono versati consecutivamente sulla yoni e poi raccolti in un vaso.
Il miscuglio (amrita), consumato poi dai partecipanti al rito, rende intimi con la dea, la quale restituisce l’offerta come dono. Sono poi recitati dei mantra, vale a dire delle preghiere davanti alla yoni, sia questa una statuetta della dea o una yoni di una donna in carne e ossa. I mantra riguardano preghiere generiche (stadio dell’adorazione), e richieste specifiche personali d’ogni tipo (stadio magico). Il rito non è osceno e l’intenzione dei fedeli indù è quella di rivolgere le loro preghiere alla sorgente e alla sede della vita, che mette in contatto il ventre materno con la realtà esterna fenomenica.
I testi tantrici raccomandavano che ogni stadio dell’unione sessuale fosse evidenziato dall’intonazione di diversi mantra, ripetuti molte volte sopra le parti del corpo interessate.
Lo scopo principale è quello di ottenere dallo yoni puja un’energia sottile chiamata yonitattva o yonipuspa (cioè “fiore della yoni”). L’adorazione della donna, delle dee, della yoni, è qui sopravvissuta dalle sue radici nel paleolitico, sino ai giorni nostri. Nella Bhagawat Gita, testo sacro della tradizione indù troviamo scritto: «balam balavatam caham kama-raga-vivarjitam dharmaviruddho bhutesu kamo ‘smi bharatarsabha» cioè: «Io sono la forza del forte, passione e desiderio. Io sono la vita sessuale, la quale non è contraria ai principi religiosi, O signore di Bharatas [Arjuna]». Lo virabhava è il rapporto sessuale di un Sadaka e della sua Shakti.

Gli adoratori della yoni non possono perdersi un pellegrinaggio al più importante tempio a lei dedicato. Il tempio Kamakhya di Guwahati (nello stato di Assam), dedicato alla dea omonima. Il garbhaghriha (la parte più interna, cuore di un tempio indù) è una caverna con una roccia a forma di yoni con una sorgente naturale d’acqua che proviene da essa. D’altra parte secondo la mitologia indù del testo sacro Kalika Purana, il tempio Kamakhya è il luogo dove Sati (nota anche come Dakshayani, la dea della felicità matrimoniale e della longevità) si ritirava per amare il dio Shiva e il luogo dove la sua yoni cadde dopo che Shiva danzò col suo cadavere. È naturale che questo tempio sia il centro della pratica del Tantra e migliaia dei suoi devoti non si perdono mai tutti gli anni lo Ambubachi Mela, il festival della yoni. L’offerta rituale (prasad) è in due forme, angodak e angabastra. Angodak è la parte fluida del corpo e angabastra significa il panno che copre il corpo. Nello specifico è una parte del panno rosso usato per coprire la roccia yoni durante i giorni delle mestruazioni. Esatto, anche la roccia yoni ha le mestruazioni.
Per par condicio ritengo doveroso indicare anche dove si trovi il più grande tempio del linga. È il santuario shintoista di Taga-Jinja, ad Uwajima, Giappone. Naturalmente c’è anche il grande festival del linga, il Kanamara Matsuri (vedi Shintoismo).

Duti puja

Nel tantrismo il duti puja è l’adorazione di una bella donna, che comprende il pancamakara. Il rito noto come pancamakara o dei “cinque essenziali” è officiato con cinque ingredienti che in sanscrito iniziano con la “m” e di cui solo i primi quattro si comprano al supermercato: grano (mudra), pesce (matsya), liquore (madya), carne (mamsa), e rapporto sessuale (maithuna). Viene anche definita come “Eucaristia Tantrica”. Lo scopo del rito è di svegliare i poteri spirituali e di soddisfarli. Sono invocate le divinità: Shiva e Shakti, Mahadeva e Mahadevi, Bhairava e Bhairavi. Le coppie cosmiche.
La coppia siede di fronte ad un fuoco. La donna alla sinistra del suo compagno. Il lato sinistro è infatti femminile, quello destro, maschile. La coppia inginocchiata unisce le mani nel tradizionale gesto di saluto namaste. Gli elementi vengono in parte versati nel fuoco e in parte imboccati alla partner, che rappresenta la divinità. Fatto questo la coppia gira intorno al fuoco tre volte e mezza, tante quante le spire della kundalini, l’energia sessuale. La donna è ritualmente elevata e purificata allo stato delle dee (Devi) mediante la meditazione e il nyasa. Il nyasa è il rituale che pone delle preghiere (mantra) o lettere sul corpo mediante il tocco o la visualizzazione, rendendolo divino e riempiendolo col potere della Shakti (il potere creativo di Shiva rappresentato dalla sua consorte). Poi ogni parte del corpo della donna viene adorata, in particolare il volto, i seni e l’organo genitale (yoni). Le sono offerti alcol, carne cotta e pesce. Il rituale culmina con il rapporto sessuale (maithuna) dell’adepto con lei. Nel coito (maithuna) la donna deve avere il controllo. L’unione è simbolica dell’unione del dio Shiva con la sua Shakti. Il maithuna rappresenta lo stato assoluto di beatitudine.

Giorgio Nadali