Karni Mata Mandir. Il tempio dei ventimila sacri topi in libertà

Il tempio (mandir) Deshnoke Karni Mata si trova a 33 Km da Bikaner, in località Deshnoke, nello stato indiano del Rajastan. È dedicato alla venerazione dei topi, ritenuti la reincarnazione dei membri della casta dei Charan, cantastorie che tramandavano al popolo le storie di re ed eroi. A loro apparteneva la dea Karni Mata, che ha fondato la parte interna più sacra del tempio indù (garbh griha). Karni Mata era una mistica indù chiamata Ridhu Bai che si dedicava ai poveri, nata il 2 ottobre 1387 a Suwap (Rajastan). I topi presenti all’interno dei cancelli d’argento e della porta di marmo donata dal Maharaja Ganga Singh sono circa ventimila e sono nutriti con latte, cereali e dolci. È di buon auspicio incontrare un topo e un onore mangiare un po’ del cibo che sia entrato in contatto con la sua saliva.

In questo tempio ratti e uomini mangiano e bevono insieme. Vederne uno bianco vuol dire fortuna assicurata. I roditori distruggono in India più del 25% delle coltivazioni, ma nel Karni Mata Mandir il rapporto con i topi si è totalmente rovesciato. Mahindra Deparvuit il sommo sacerdote del tempio è stato morso più di cinquanta volte dai topi, che entrano anche nei letti e nei pantaloni. Il morso dei topi può causare la rabbia e in India ogni mezz’ora una persona muore a causa di questa malattia. Nel tempio si entra scalzi. I fedeli credono che dopo la morte si reincarneranno come topi e vivranno nel tempio di Karni Mata, riveriti da altri fedeli come loro.

Karni Mata tentò di resuscitare un ragazzo annegato, ma questi si era già reincarnato come topo. Così decise che i suoi figli sarebbero rinati come topi e solo in seguito sarebbero rinati come uomini. Nel XIV secolo i ratti fecero 75 milioni di vittime nel mondo a causa della peste. Una femmina può partorire sino a duemila topi l’anno e un solo topo può urinare e defecare sino a quaranta volte il giorno. Può essere il veicolo di qualsiasi malattia e distruggere un terzo delle coltivazioni mondiali. I devoti di questo tempio pensano invece che i topi curino le malattie invece di provocarle. In India non sono i topi, ma i cani randagi che causano il 96% dei casi di rabbia.

In seicento anni non vi è mai stato un focolaio di peste nella zona del tempio Karni Mata Mandir. Anzi, quando c’è un’epidemia i fedeli si recano al tempio dei topi per chiedere la benedizione della dea per non essere contagiati. Il motivo è semplice. Per loro questi non sono i soliti topi comuni che portano malattie e devastazione, ma sono i loro antenati reincarnatisi come topi e quindi una manifestazione della divinità. L’esteriorità del topo non conta più. Il tempio apre alle 4 del mattino, quando i sacerdoti celebrano la Mangla-Ki-Aarti offrendo il bhog (cibo votivo) ai sacri topi. Il tempio non è sporco e non vi sono cattivi odori. Le offerte di dolci, frutta, latte e cereali sono fatte prima ai topi e poi condivise come cibo sacro (prasad) tra i fedeli. In particolare bere l’acqua dei topi è considerato di buon auspicio.

Nel tempio vi sono anche numerosi gatti, che (stranamente) non attaccano i topi. Anche a questi i fedeli donano offerte in cibo dette dwar-bhent e kalash-bhent. Una rete metallica di bronzo lungo tutto il perimetro del tempio protegge i sacri topi, da quando il maharaja di Bikaner ebbe una visione in cui la dea gli chiedeva di proteggere i piccoli roditori.

OLTRE sconsiglia ai lettori non induisti di bere il latte delle ciotole dei sacri topi, durante la visita al tempio di Karni Mata.

Giorgio Nadali


Damanhur. Il tempio dell’Uomo

Damanhur si trova in Piemonte, a Baldissero Canavese, in Valchiusella, valle prealpina tra le più belle del Piemonte, ai confini con il Parco del Gran Paradiso, a 45 Km da Torino. 15 Km da Ivrea. Il Tempio dell’Uomo, la grande costruzione ipogea (sotterranea), dichiarata opera d’arte dalla Soprintendenza alle Belle Arti, è un edificio realizzato interamente a mano in 16 anni di lavoro. La Sala degli Specchi, la Sala dell’Acqua, la Sala della Terra, il Labirinto e la Sala dei Metalli. Il Tempio, è un viaggio iniziatico, la riproduzione ritualizzata delle stanze interiori di ogni essere umano: percorrerne le sale e i corridoi è un pellegrinaggio spirituale aperto a tutti i credi e a tutte le convinzioni. Il Tempio dell’Uomo porta questo nome perché è dedicato alla celebrazione della creatività e della spiritualità in tutte le sue forme. “Costruito nel cuore della montagna, è una città sotterranea dove arte e bellezza diventano un mezzo di comunicazione con il Divino. Le stanze sono collegate tra loro in diversi livelli in un percorso che è legato al viaggio che ogni essere umano compie dalla nascita alla morte e ancora alla rinascita”. Il nome Damanhur significa “città della luce”, deriva da un’antica città egizia consacrata al dio Horus. La comunità è ispirata ai principi della New Age. Per esprimere la loro unione alla natura, gli abitanti della comunità autosufficiente di Damanhur, si sono dati dei nomi di animali (Usignolo, Corvo, Ariete, ecc.). Damanhur ha una costituzione, dei ministeri (agricoltura, commercio, cultura, esteri, finanze), una università (Damanhur University), una bandiera, dei servizi sanitari, culturali, scolastici e una propria moneta, il credito. Oggi i residenti della federazione di Damanhur sono 500. Altri 400 vivono nelle vicinanze del Tempio dell’Uomo. Ogni anno conta più di cinquantamila visitatori.

Damanhur è una Federazione di Comunità e di Regioni basata sull’applicazione pratica di una filosofia spirituale. E’ stata costituita nel 1977, con una organizzazione politica e sociale adeguata nel corso degli anni. Il Tempio dell’Uomo, la grande costruzione ipogea (sotterranea), dichiarata opera d’arte dalla Soprintendenza alle Belle Arti, è un edificio realizzato interamente a mano in 16 anni di lavoro. Damnahur è stata fondata 1970 dal terapeuta torinese Oberto Airaudi, convintissimo di avere scoperto il posto dove «meglio si incrociano le linee sincroniche dell’energia cosmica», si estende su 12 comuni e ha per capitale Baldissero Canavese, è dotata di scuole proprie, dall’asilo alle medie, e batte persino moneta, il Credito, parificato d’autorità a un Euro. Un piccolo Stato nello Stato.

Damanhur ha scuole interne per ragazzi fino a 13 anni. Materie come musica, teatro, informatica e diverse lingue straniere completano il curriculum ufficiale, in accordo con i programmi della scuola italiana. I metodi d’insegnamento damanhuriano combinano l’idea delle classi tradizionali con viaggi frequenti per sperimentare direttamente gli argomenti di studio.
La scuola familiare di Damanhur è giunta al suo 19° anno di vita. Ha iniziato le attività con i piccoli della materna, poi ha aggiunto la scuola elementare, fino a comprendere sia la scuola nido che la scuola media. Oggi frequentano la scuola circa 70 allievi, di nazionalità ed età diverse.
Nel tempo, la scuola di Damanhur ha più volte rinnovato la struttura e l’organizzazione del modello scolastico, sperimentando soluzioni diverse per un insegnamento globale, una cultura che valorizzi le diversità e che sia formativa dal punto di vista della crescita spirituale di ognuno.

Dal maggio del 1999 la Scuola familiare è entrata a far parte dei progetti dell’Associazione Damanhur Education

Il sogno condiviso da tutti i genitori ed insegnanti a Damanhur è di realizzare una scuola nuova e innovativa, che sia il seme e la culla di un’umanità risvegliata e armonicamente ricongiunta alla vita. La formazione dei ragazzi nasce dalla loro partecipazione viva e diretta alle attività che la scuola propone loro, quindi dalla qualità delle relazioni che ognuno impara a sostenere con la realtà fatta di materia, idee e sentimenti. La scuola damanhuriana tende a realizzare una formazione globale: intellettiva, culturale, spirituale, affettiva e sensibile.

l’Associazione Damanhur Education propone alle scuole interessate ed ai singoli l’esperienza acquisita in vari ambiti, soprattutto per quanto riguarda la conoscenza e il rispetto dell’ambiente. Le attività dei ‘Temponauti’ sono curate da professionisti che collaborano con la Damanhur Education nel campo dell’animazione e dell’educazione per giovani ed adulti. La Damanhur University organizza corsi di scienze psichiche, facoltà paranormali, medicine naturali, ecologia, esoterismo.


Buddhamanìa. In aumento in Italia i fedeli del Buddha

In aumento in Italia i fedeli di Buddha. Scopriamo perché

Abbiamo incontrato cinque monaci italiani – appartenenti a diverse tradizioni buddhiste – presso il Centro Mandala di Milano

Tutti provengono dalla originaria fede cattolica e da una professione avviata, che hanno lasciate per diventare missionari del Buddhismo. Hanno acquisito un nome buddhista (accanto al loro nome e cognome italiano), vestono da monaci solo nelle occasioni ufficiali e nel tempio e non praticano la questua come fanno i monaci buddhisti in Estremo Oriente. Oggi i fedeli del Buddha in Italia sono 103.000 su 483 milioni nel mondo. I monaci : ven. Seiun Fushin del tempio buddhista del Lagorai (Trentino), ven. Taehye Sunim e ven. Kusalananda del Tempio buddhista MusangAm di Lerici, ven. Lama Paljin del Mandala – Centro studi tibetani di Milano, ven. Tubten Tharpa dell’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia.

Come vi siete avvicinati al Buddhismo?

Lama Paljin: Veniamo tutti dal Cattolicesimo e nel corso della nostra vita abbiamo incontrato il Buddhismo e lo abbiamo scelto come sentiero spirituale e come terreno di pratica.
Perché?
Lama Paljin: Per quanto mi riguarda ho notato che il Buddhismo responsabilizza l’individuo e attraverso la sua consapevolezza gli permette di raggiungere uno stato mentale equilibrato. Mi sentivo molto più libero di fare delle scelte. Non é dogmatico il Buddhismo. Sono responsabile di me, compio le mie azioni, incontro le conseguenze. Non c’è nessuna entità che mi deve giudicare. Sono buddhista da circa quarant’anni.
Monaco Seiun: Io ero cattolico, molto attivo come capo scout o e animatore dei gruppi dell’oratorio. Il Buddhismo ha dato pienamente alle mie domande personali la risposta giusta al mio modo di pensare.
Monaco Taehye: Io vengo da una famiglia protestante in Finlandia. Mi sono avvicinato al Buddhismo perché mi piace ciò che dice sugli animali, sul fatto di essere vegetariani e perché mi sembra più razionale sula spiegazione della vita.

Quante persone frequentano il Centro Mandala?

Lama Paljin: Il centro è frequentato da tre tipi da persone. I praticanti, che seguono la trazione buddhista. Le persone interessate alle nostre attività che vengono con la curiosità di conoscere meglio il Buddhismo e poi ci sono i simpatizzanti che arrivano spinti dalle notizie del momento. Ad esempio dall’uscita di un libro del Dalai Lama o di un film. Nell’arco dell’anno abbiamo credo 1.500 presenze e i nostri soci sono 300. I veri praticanti sono 50. L’ottanta per cento dei frequentatori sono donne. Sono tutti laureati o diplomati e l’età media è di cinquant’anni, ma negli ultimi anni si è abbassata.
Monaco Seiun: Da noi ci sono anche ragazzini mandati dai genitori per avere un’esperienza di meditazione e di lavoro in comunità. Abbiamo anche ventenni che vogliono integrare la loro pratica di arti marziali con la conoscenza del Buddhismo. Ci sono anche persone più anziane.

Perché il Buddhismo attrae?

Monaco Tubten Tharpa: Ci sono tante risposte. Una possibile è un’alternativa a un momento di bisogno interiore di una situazione specifica. Un problema personale, una situazione di sofferenza.
Lama Paljin: Il Buddhismo è una tradizione recente in Occidente. La gente è incuriosita perché è un fenomeno di moda. Ed è interessata alla meditazione. il Buddhismo è una scienza della mente e oggi la mente è al centro dell’attenzione non solo scientifica, ma anche culturale. Si parla molto dei benefici di una buona meditazione. La gente pensa che il Buddhismo non sia una religione, ma un modo di vivere. Vengono con l’intenzione di conoscere, non di convertirsi. Quelli che vengono qui e sono cattolici vanno a Messa la domenica e poi vengono alla meditazione al giovedì. Non sposano una tradizione buddhista, ma seguono le indicazioni del Lama [guida spirituale] riguardo alla pratica meditativa in sé. Quando è morto il papa Giovanni Paolo II abbiamo recitato con novanta persone un’Ave Maria.

Ci sono persone che sono rimaste deluse da altre esperienze religiose?

Monaco Tubten Tharpa: Il confronto tra quello che sappiamo da sempre e quello che arriva da amici o da persone che sono cambiate nel periodo un cui hanno frequentato percorsi di meditazione ha incuriosito e avvicinato altri. Ha contribuito anche la diffusione dei centri buddhisti.

Avete delle divinità?

Lama Paljin: molte divinità del Buddhismo tibetano derivano da quelle induiste. Non sono figure reali, ma di riferimento per il nostro percorso spirituale.
Monaco Tubten Tharpa: Tutto sta nell’atteggiamento con cui ci si confronta con queste figure divine. Se uno viene con lo stesso atteggiamento con cui pregava la Madonna o Gesù non sta avendo la stessa comprensione che dovrebbe avere in un contesto buddhista.

Cosa pensate di Gesù?

Monaco Tubten Tharpa: Personalmente ritengo che possa essere considerato un bodhisattva, cioè un essere che ha rinunciato alla sua vita per aiutare altri.
Secondo voi una religione vale l’altra?
Lama Paljin: Una religione vale l’altra nel momento in cui una persona ha lo spirito puro per praticarla.
Avete norme morali?
Lama Paljin Abbiamo i cinque precetti che sono le linee guida che un laico deve seguire per rimanere sul sentiero spirituale.
Monaco Tubten Tharpa: Quello che può essere interessante è l’atteggiamento di assenza di condanna, ad esempio nei comportamenti sessuali o nel contesto di sensi di colpa nei confronti di qualcosa che pensiamo sia morale o non morale fare.

Nelle altre tradizioni religiose secondo voi c’è molto il senso di colpa?

Monaco Tubten Tharpa: Molto. Può allontanare e fare avvicinare ad altre tradizioni religiose anche su temi che come la morte qui sono accolte come parte della vita e non messi da parte come tabù.

Celebrate tutti i rituali come funerali e matrimoni?

Monaco Tubten Tharpa: Certo. Devono essere persone che lo richiedono specificatamente, anche non buddhiste.
C’è una vera conoscenza del Buddhismo in Italia?
Lama Paljin : La maggior parte delle persone si avvicina grazie ai mezzi di comunicazione di massa, ma una vera conoscenza del Buddhismo non c’è. Dovranno sorgere più monasteri in Italia.

Una persona molto ricca come Richard Gere può essere buddhista?

Lama Paljin : Una persona molto ricca che pratica il Buddhismo è privilegiata perché ha l’opportunità di vivere bene la propria ricchezza e praticare l’ altruismo e la compassione. Una persona ricca che pratica il Buddhismo secondo la tradizione è maggiormente di aiuto al prossimo. Richard Gere è una figura che ha una generosità spiccata supportata da una fede buddhista consolidata.

Avete i voti di castità e di povertà?

Lama Paljin: Io sono vedovo, ho un figlio e mi sono accostato al Buddhismo prima di essere vedovo. Abbiamo i voti di povertà e castità. Il voto di castità ci aiuta a sentire il distacco dagli attaccamenti terreni. Ci sono però monaci buddhisti tibetani e di altre tradizioni che sono sposati e che non vivono nel monastero.

A Comiso c’è il più grande stupa in Italia [grande costruzione buddhista, reliquario a forma di cono]. Voi avete in progetto di costruirne uno?

Monaco Tubten Tharpa: Noi abbiamo in progetto di costruirne tre, ma piccoli.
Lama Paljin: Penso sia un monumento di grandissimo significato, ma non è fondamentale. A Milano se tutti i buddhisti tibetani trovassero un’area e avessero i permessi per costruirne uno, sarebbe una grande benedizione. Ma non abbiamo i soldi.

Come vi finanziate?

Lama Paljin: Attraverso le quote associative e le offerte dei frequentatori del centro.

Nella tradizione buddhista i monaci fanno la questua. E voi?
Monaco Kusalananda: Sarebbe ridicolo.

Non è un obbligo?

Lama Paljin: È la cultura locale in Occidente che non lo accetta.

Di cosa vi occupavate prima di essere monaci buddhisti?

Monaco Tubten Tharpa: L’imprenditore tessile. Ero buddhista anche prima di vendere l’azienda. Avevo dieci dipendenti, ma non ero soddisfatto della mia vita. Mi mancava sempre qualcosa. Vivevo da solo in una casa di 600 metri quadrati sul lago di Como. Ora vivo in una baita non mia di quindici metri quadri. Ho tutto. La motivazione principale è stata causata da una società con un’etica materialista.
Lama Paljin : Il dirigente d’azienda. Ho lasciato il lavoro per dedicarmi alla diffusione del buddhismo.
Monaco Taehye: Ho studiato in università in Finlandia
Monaco Kusalananda: Musicista compositore pianista e lo faccio ancora, ma non è più il mio lavoro a tempo pieno.

Qualcuno di voi vive in comunità?

Monaco Taehye : Noi viviamo in un piccolo tempio
Lama Paljin: Ho la mia casa
Monaco Seiun: Sto nella casa di famiglia
Voi cosa fate per i bisognosi?
Lama Paljin : recentemente Abbiamo adottato sette bambini rimasti orfani durante terremoto in Nepal e pagheremo loro gli studi in un collegio.

Giorgio Nadali

(foto dell’autore)

 


Fede e capelli

di Giorgio Nadali

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La tonsura è presente in varie religioni. Nell’Islam i pellegrini che si recano alla Mecca si radono il capo in segno di purezza e di rifiuto della vanità. Nel buddhismo la tonsura è una parte del rito di pabbajja  per diventare un monaco. Questa tonsura viene rinnovata spesso per mantenere il viso rasato e la cute del cuoio capelluto completamente calva. Alcuni monaci buddhisti cinesi hanno 6, 9 o 12 punti neri nella parte superiore dello scalpo, come risultato della combustione del cuoio capelluto con la punta di un bastone di incenso fumante. Nell’Induismo, il concetto alla base è che i capelli costituiscono una simbolica offerta agli dèi. In India – a Tirumala – c’è il tempio Tirumala Venkateswara nei pressi di Tirupati, dedicato  al dio Venkateswara, dove i pellegrini si radono a zero. Il tempio raccoglie una tonnellata di capelli al giorno, poi venduti per 6 milioni di dollari all’anno. Questo rappresenta un vero e proprio sacrificio di bellezza e in cambio ricevono benedizioni in proporzione al loro sacrificio. Il taglio di capelli (in sanscrito cuda karma, cuda karana) è uno dei tradizionali riti di passaggio detti samskara, eseguiti per i bambini: “secondo l’insegnamento dei testi rivelati, il Kudakarman (tonsura) deve essere eseguita, per ragioni di merito spirituale, da tutti gli uomini nati due volte nel primo o nel terzo anno.” In alcune tradizioni la testa è completamente rasata mentre in altri è lasciato un piccolo ciuffo di capelli chiamato sikha. Le vedove si radono a zero dopo la morte del marito e non è raro vedere tonsure sulla testa di un bambino dopo la morte di un genitore (di solito il padre).

Oggi nel Cristianesimo  Ortodosso e nelle chiese orientali cattoliche di rito bizantino, ci sono tre tipi di tonsura: battesimale, monastica e clericale. In tutti e tre i casi (per bambini e adulti) consiste dal taglio di quattro ciocche di capelli in forma di croce: nella parte anteriore della testa mentre il celebrante dice “nel nome del Padre”, nella parte posteriore della testa, mentre pronuncia le parole” e del Figlio” e su entrambi i lati della testa mentre dice “e dello Spirito Santo”.  In tutti i casi, è consentito far crescere i capelli nella parte posteriore del capo. La tonsura, come tale, non è adottata come acconciatura.

Negli Atti degli Apostoli 18,18:  “Paolo si trattenne ancora parecchi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era fatto tagliare i capelli a causa di un voto che aveva fatto”.

Paolo, forse per mostrare ai Giudei che rispettava le usanze ebraiche, aveva fatto il voto temporaneo di “nazireato” per cui doveva astenersi dal vino, non tagliarsi i capelli finché non avesse offerto il sacrificio a Gerusalemme.

Nel rito occidentale della Chiesa cattolica, la “prima tonsura” fu, nel Medioevo, il rito per inserire un uomo nel clero. La tonsura era un prerequisito per ricevere gli ordini minori e maggiori. Lasciare la tonsura equivaleva ad abbandonare lo stato clericale e nel 1917 il codice di diritto canonico dichiarava che ogni chierico degli ordini minori che non avesse ripreso la tonsura entro un mese dopo essere avvertito dal suo vescovo, avrebbe perso lo stato clericale.

Nel corso del tempo, l’aspetto della tonsura variò, e si arrivò ad una tonsura non monastica per il clero. Consisteva in un simbolico taglio a forma di croce di un ciuffo e di una piccola area circolare totalmente rasata sulla nuca, a seconda degli ordini religiosi. Quest’area non doveva però essere inferiore alla dimensione di un’ostia per l’Eucaristia. I Paesi non  cattolici avevano eccezioni a questa regola, soprattutto nel mondo anglofono. In Inghilterra e in America, ad esempio, il punto rasato è stato soppresso, probabilmente a causa delle persecuzioni che sarebbero potute derivare dall’essere parte del clero cattolico, ma la cerimonia del taglio dei capelli nella prima tonsura clericale è sempre stato richiesto.

Oltre a questa generale tonsura clericale, alcuni ordini monastici di rito occidentale, ad esempio certosini e trappisti, usano una versione molto completa della tonsura, rasando la testa completamente calva e mantenendo solo un anello stretto di capelli corti, talvolta chiamato “la corona monastica”, dal momento dell’ingresso in noviziato monastico per tutti i monaci, se destinati al servizio come sacerdoti o fratelli. Alcuni ordini monastici e singoli monasteri mantengono la tradizione di una tonsura monastica.

La forma più completa di tonsura clericale portò ad indossare uno zucchetto per tenere la testa calda. Lo zucchetto è indossato ancora oggi dal Papa (bianco), dai cardinali (rosso) e dai vescovi (viola-fucsia) sia durante sia al di fuori delle cerimonie religiose. I sacerdoti possono indossare un semplice zucchetto nero, solo di fuori dei servizi religiosi, anche se non è mai usato tranne da alcuni monaci.

La consuetudine di rasare completamente il capo fu in uso nell’antichità cristiana dapprima presso i monaci e passò quindi anche ai chierici.

Con la lettera apostolica in forma di motu proprio Ministeria Quaedam “con la quale nella Chiesa Latina viene rinnovata la disciplina riguardante la prima tonsura, gli ordini minori e il suddiaconato”- del 15 agosto 1972 – papa Paolo VI abolì il rito della prima tonsura:

 “I. La Prima Tonsura non viene più conferita; l’ingresso nello stato clericale è annesso al diaconato. II. Quelli che finora erano chiamati Ordini minori, per l’avvenire dovranno essere detti «ministeri». III. I ministeri possono essere affidati anche ai laici, di modo che non siano più considerati come riservati ai candidati al sacramento dell’Ordine”.

Da quel momento, tuttavia, alcuni istituti sono stati autorizzati a utilizzare la prima tonsura clericale, come ad esempio la fraternità sacerdotale di San Pietro (1988), l’Istituto di Cristo Sacerdote e Re  (1990) e l’amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney, (2001).

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it