Pasqua ebraica 2016 – 23 aprile (14 nisan 5776)
Il termine Pesach appare nella Torah”. Dio annuncia al popolo di Israele, schiavo in Egitto, che lui lo libererà, egli dice: “In questa notte io passerò attraverso l’Egitto e colpirò a morte ogni primogenito egiziano, sia fra le genti che tra il bestiame”
Prima dell’inizio della festività gli ebrei eliminano da casa ogni minima traccia di lievito e qualsiasi cibo che ne contenga (questo viene indicato con il termine chametz). Questa tradizione viene chiamata “bedikat chametz”. Durante tutto il periodo della festività non viene consumato cibo lievitato sostituendo il pane, la pasta e i dolci con le “matzot” ed altri cibi appositamente preparati.
I 15 comandamenti (miztvòt) ebraici della Pasqua
406-56P – Si mangi l’agnello pasquale durante la notte stessa. – Es. 12:8
407-57P – Si macelli il secondo sacrificio di Pesach nel 14 di Iyar. – Num. 9:2-11
408-58P – Si mangi l’agnello di Pesach con pane azimo e erbe amare nella notte del 15 di Nisan. – Es. 12:8
409-116N – Non lasciare nulla del sacrificio di Pesach sino alla mattina successiva. – Num. 9:11
410-125N – Non mangiare il pasto di Pesach crudo o bollito. – Es. 12:9
411-123N – Non consumare il cibo pasquale al di fuori dei confini della tua casa. – Es. 12:46
412-128N – L’apostata non mangi il pasto di Pesach. – Es. 12:43
413-126N – Il lavoratore non ebreo assunto permanentemente o stagionale non ne mangi. – Es. 12:45
414-127N – Il maschio non circonciso non ne mangi. – Es. 12:48
415-121N – Non rompere alcun osso del sacrificio di Pesach. – Es. 12:46
416-122N – Non rompere alcun osso neppure dal secondo sacrificio di Pesach. – Num. 9:12
417-117N – Non lasciare avanzi del pasto di Pesach sino alla mattina successiva. – Es. 12:10
418-119N – Non lasciare avanzi del pasto di Pesach shenì (seconda occasione pasquale, a un mese lunare dalla prima) sino alla mattina successiva. – Num. 9:12
419-118N – Non lasciare nulla delle offerte festive del giorno 14 sino al giorno 16 (Nisan) – Deut. 16:4
420-53P – Visita il Tempio a Pesach, Shavuot e Sukot. – Deut. 16:16
la Pesach è una festività felice che viene solitamente trascorsa in famiglia. La prima notte, in particolare è la più importante. Durante le prime due sere si usa consumare la cena seguendo un ordine particolare di cibi e preghiere che prende il nome di seder, parola che in ebraico significa per l’appunto ordine. Durante il quale si narra l’intera storia del conflitto con il faraone , delle 10 piaghe e della fuga finale seguendo il racconto della Haggadah di Pesach. Tradizionalmente è il bimbo più piccolo della casa che chiede all’uomo più vecchio di raccontare cosa successe allora, con una semplice domanda.
L’Afikomen nascosto
Durante il seder vengono utilizzate 3 matzot che vengono tenute coperte da un panno. All’inizio della cena viene spezzata in due pezzi quella di mezzo; il pezzo più piccolo viene rimesso tra le due rimanenti, mentre il pezzo più grande viene utilizzato come Afikomen, ( l’ultimo pezzo di matzah che verrà consumata durante il pasto). Vi sono due usanze riguardo l’afikomen, entrambe con lo scopo di tenere i bambini attenti allo svolgersi della cerimonia. In entrambi i casi l’afikomen viene nascosta: nel primo caso da uno dei bambini per poi essere cercata dagli adulti: nel caso questi non la trovassero, devono pagare il bimbo per la sua restituzione. L’altra usanza prevede, invece, che a nascondere l’afikomen siano gli adulti e venga premiato il bambino che la ritrova.
Durante la cerimonia, un piatto, detto piatto del Seder è parte centrale della cena. Il piatto del seder è di solito decorato, ed ha dipinti tutti i principali simboli di Pesach. Al centro sono poste tre Matzot per ricordare la concitata e precipitosa fuga dall’Egitto. Attorno, nell’ordine, vi sono il karpas, solitamente un gambo di sedano che ricorda la corrispondenza della festività di Pesach con la primavera e la mietitura che, in epoca antica, era essa stessa occasione di festeggiamento; un piatto di maror o erbe amare che rappresenta la durezza della schiavitù; una zampa arrostita di capretto chiamata zeru’a: rappresenta l’offerta dell’agnello presso il Tempio di Gerusalemme in occasione di Pesach, Shavuot e Sukkot; un uovo sodo beitza in ricordo del lutto per la distruzione del Tempio, e infine una sorta di marmellata preparata con frutta secca, noccioline, e vino chiamato “haroset” che rappresenta la malta usata dagli ebrei durante la schiavitù per la costruzione delle città di Pit’om e Ramses. Alcuni, specie nell’uso italiano, aggiungono una seconda insalata, più dolce, come la lattuga.
La lettura dell’Haggadah inizia con un ricordo, un brano in lingua caldaica. I bambini chiedono al padre quale sia il significato di Pesach. I quattro fratelli rappresentano quattro tipi di Ebreo. Il figlio saggio rappresenta l’ebreo osservante. Il figlio malvagio rappresenta invece l’ebreo che rifiuta la sua eredità e la sua religione. Il figlio semplice si riconosce nell’ebreo completamente indifferente. Il giovane, invece, colui che non conosce della propria cultura e tradizione a sufficienza per poter prendere parte alla discussione.
Poco dopo, vi è il ricordo delle dieci piaghe inflitte da Dio all’Egitto per indurre il Faraone a lasciare liberi gli Ebrei, e un esempio di pilpul, o discussione talmudica, in cui nell’interpretazione rabbinica, le piaghe da dieci diventano quaranta, poi cinquanta, poi addirittura duecento. Più avanti, si ripete la promessa millenaria.
La Seder pasquale
Nel corso del seder vi è obbligo di bere quattro bicchieri di vino, e quindi è naturale che, oltre ad essere composto da diversi brani cantati, termini di solito con canti tradizionali. Nella tradizione italiana, i canti sono in italiano, e si ricordano Had gadià, la storia del capretto resa famosa da Angelo Branduardi in forma ridotta con il titolo La fiera dell’est, e il conteggio, cantato, da uno a tredici, dove uno è ovviamente Dio, fino a tredici attributi divini, passando per due Tavole della Legge, tre Patriarchi, Quattro Madri di Israele, cinque libri della Torah, sei libri della Mishnah, sette giorni della settimana, otto giorni della circoncisione, nove mesi di gravidanza, dieci Comandamenti, undici costellazioni e dodici tribù.
Pasqua cristiana 2016 – 27 marzo (Escluse Chiese Ortodosse)
Pasqua Ortodossa 2016 – 1 Maggio
I segreti della crocifissione e della croce
Purtroppo la crocifissione esiste ancora. La più dolorosa tortura con pena di morte mi esistita. Amnesty International ha denunciato 88 crocifissioni nel 2002 nella regione del Darfur, in Sudan. «Il 13 agosto i ribelli sono entrati nella chiesa della mia parroc¬chia ed hanno preso tante per¬sone in ostaggio. Mentre fug-givano nella foresta, ne han¬no uccise sette: li hanno croci¬fissi agli alberi» – Così ha dichiarato al Corriere della Sera il 16 ottobre 2009 Monsignor Hiiboro Kussala, vescovo del¬la diocesi di Tombura Yam¬bio, nel Sud del Sudan. Anche i nazisti usavano questa tortura nei campi di concentramento. La crocifissione era conosciuta anche in Giappone. Il 2 febbraio del 1597 il famoso samurai Toyotomi Hideyoshi ordinò la crocifissione di 6 giapponesi convertiti al Cristianesimo e di 20 frati francescani. Portati da Kyoto e Osaka a Nagasaki per subire lo stesso martirio di Cristo. Una chiesa sulle colline Nishizaka di Nagasaki ricorda nei suoi mosaici i primi martiri cristiani in Giappone.
Il braccio orizzontale della croce è il patibulum. Si suppone che Gesù Cristo abbia portato sulle spalle solo il trave orizzontale del peso di 45 chili. Il braccio verticale era già sul posto e si chiamava stipes. Inoltre è probabile che Cristo sia stato crocifisso nei polsi, non nei palmi delle mani. Sono state ritrovate rarissime ossa di persone crocifisse. Di solito i chiodo venivano riciclati e non rimaneva nulla delle tracce del supplizio. Una reliquia del legno della Santa Croce è ospitata nella cripta del Santuario di Maria Ausiliatrice a Torino. Le ossa più note di una persona crocifissa sono di Johanan ben Ha-galgol, con un chiodo conficcato nel tallone. Caso raro, lui fu ritrovato in un sarcofago nel giugno 1968 a Giv’at ha-Mivtar a nordest di Gerusalemme (Israele). Un altro osso di Johanan ben Ha-galgol dimostra che la crocifissione avveniva nel polso.
I chiodi erano lunghi 10 cm e larghi 1 cm alla capocchia. I tre chiodi (due per le mani e uno per i piedi inchiodati insieme), trovati ancora attaccati alla croce, sarebbero stati portati da Elena al figlio Costantino: secondo la leggenda uno di essi venne montato sul suo elmo da battaglia, da un altro invece fu ricavato un morso per il suo cavallo. Il terzo chiodo, secondo la tradizione, è conservato nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. Il “Sacro Morso” invece, si trova nel Duomo di Milano (inserito in una grande croce di rame dorato sopra il catino absidale, ad un’altezza di 40 metri), dove il 14 settembre viene prelevato con un ascensore a 4 posti con baldacchino rosso del 1600 a forma di nuvola con angeli (“nivola”) dall’arcivescovo e portato in processione. Del chiodo montato sull’elmo si sono perse le tracce; secondo una tradizione si trova oggi nella Corona Ferrea, conservata nel Duomo di Monza. Vi è anche un quarto chiodo, dalla tradizione più dubbia, che si troverebbe nella cattedrale di Colle Val d’Elsa (SI). (Cf. Giorgio Nadali – “I monaci sugli alberi. E centinaia di altre cose curiose su Dio, la Bibbia, il Vaticano”, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2010).
La Pasqua cristiana
Uova sacre
Un’antica leggenda legata a Simone il Cireneo, l’uomo forzato a portare la croce di Cristo sulla strada verso il Calvario (Mc 15,21), vuole che fosse un mercante di uova. Alla risurrezione di Cristo, Simone trovò tutte le sue uova miracolosamente colorate, in varie tinte.
Nel Cristianesimo ortodosso le uova sono sacre – simbolo di risurrezione. La buccia rappresenta il sepolcro di Gesù, mentre il bianco che è dentro l’uovo rappresenta la luce della risurrezione, infatti il colore della Pasqua è quello della luce, e il bianco dell’uovo è molto luminoso. La buccia rotta dell’uovo significa il sepolcro aperto con l’uscita la luce della vita nella risurrezione, rappresentata dall’albume, il bianco dell’uovo. Uova di legno sono dipinte come icone con soggetti sacri e alcune sono molto preziose. Alcune hanno la scritta X B, che in cirillico corrispondono alle lettere K e V – Christòs Vaskrìes, cioè “Cristo è risorto”. Le più preziose sono le cinquantasette uova di Pasqua che sono state realizzate per la corte dello zar di tutte le Russie ad opera del gioelliere Peter Carl Fabergé fra il1885 ed il 1917, in oro, preziosi e materiali pregiati, una per ciascun anno, all’approssimarsi della festività. Fabergé ed i suoi orafi hanno progettato e costruito il primo uovo nel 1885. L’uovo fu commissionato dallo zar Alessandro III di Russia, come sorpresa di Pasqua per la moglie Maria Fyodorovna. L’uovo Fabergè del 1915 è chiamato uovo con croce rossa e trittico, è stato regalato da Nicola II alla zarina Alexandra Fyodorovna. E’ custodito al museo d’arte di Cleveland (USA). E’ sttao realizzato in oro, argento, smalto e vetro. La figura principale dipinta sull’uovo – alto 8,6 cm – È Gesù Cristo. Dentro l’uovo, la scena centrale è la Discesa agli Inferi, la rappresentazione Ortodossa della Risurrezione cioè Cristo che sveglia i morti dopo la Risurrezione. Santa Olga, la fondatrice del Cristianesimo in Russia è rappresentata sulla sinistra del trittico. La Santa martire Tatiana è sulla destra. Le miniature interne sono state eseguite da Adrian Prachow specializzato in icone. Il rimanenti due pannelli delle porte dele trittico sono incisi col monogramma della corona dello zarina, e l’altro con l’anno “1915.” Zar Nicholas, occupato in guerra no fu in grado di regalare personalmente l’uovo allo zarina. Quello di maggior valore è l’uovo Birch del valore di 3 milioni di dollari. E’ del 1917, custodito al museo nazionale russo a Mosca.
Nelle chiese russo ortodosse viene appeso un enorme uovo di legno laccato rosso al soffitto, durante la Pasqua e i fedeli ricevono durante la messa delle uova sode dal prete. Altre uova sono fatte benedire in chiesa nei giorni precedenti alla Pasqua, vengono colorate e poi mangiate durante la festa. La pysanka ucraina è l’uovo decorato in casa.
Sulle uova un motivo spesso presente è la chiesa. Le chiese stilizzate si possono trovare di frequente sulle pysanky dell’Ucraina occidentale, specialmete nelle regioni di Hutsul e Bukovyna; il disegno di un setaccio disegnato all’interno simboleggia l’abilità della Chiesa di separare il bene dal male.
Vi erano superstizioni per quanto riguarda i colori e disegni sul pysanky. Un vecchio mito ucraino basato sulla saggezza di regalare a persone anziane delel pysanky dipinte con colori scuri e/o con ricchi elaborati, perché le lroro vite sono state già piene e appaganti. Similmente è appropriato regalare a persone giovani delel pysanky con predominanza di colore bianco perché la loro vita è ancora una pagina bianca. Le ragazze donano spesso pysanky con disegni di cuori al loro fidanzato. E’ stato detto tuttavia che un aragazza non dovrebbe mai donare al suo ragazzo una pysanka senza un disegno in cima o in fondo all’uovo perché questo significa che il fidanzato perderà i capelli.
Lo scopo di creare delle pysanky era quello di trasmettere bontà dalal casa ai disegni e di scacciare il male. Spiral e altri disegni vengono dpinti per intrappolare il male, e per proteggere la famiglia e la casa da pericoli e mali.
Le croci sulle uova pysanky sono molto comuni e la maggioranza di quelle dipinte non sono croci ortodosse. Le croci più comunemente presenti sulle uova sono di tipo greco (con bracci di uguale dimensione). Altri simboli religiosi adattatati sono il triangolo con un cerchio in mezzo, l’occhio di Dio e uno noto come la “mano di Dio”.
Vi è anche un museo delle uova pasquali pysanka. Costruito nel 2000 e aperto il 23 settembre dello stesso anno a Kolomyia, cittadina dell’Ucraina occidentale. Precedentemente le uova del museo erano ospitate in una chiesa della zona. Il museo espone oltre 10.000 uova pysanky. La parte centrale del museo è a forma di uovo pasquale ucraino “pysanka”. E’ unico nel suo genere. Nel 2007 è stato eletto luogo simbolo dell’Ucraina moderna.
Celebrazione
La celebrazione della Pasqua, almeno sin dal Concilio di Nicea, non coincide esattamente con l’inizio della celebrazione ebraica di Pesach. Secondo quanto si legge nel Vangelo di Giovanni e da altri particolari della Passione, sembra che il giorno della morte di Gesù sia corrisposto, per la maggioranza del popolo ebraico del tempo, a quello in cui si immolava l’agnello e si celebrava (alla sera) il primo seder di Pesach, e perciò al giorno ritenuto essere il 14 di Nissan. L’Ultima Cena consumata da Gesù e dai suoi apostoli la sera del giorno precedente, secondo le modalità proprie del seder di Pesach, la si comprende come una possibile anticipazione del rito, propria di una parte del popolo ebraico del tempo (come ad esempio gli esseni, per il cui calendario liturgico “solare” il 14 di Nissan doveva cadere sempre di martedì) o come un’anticipazione voluta da Gesù stesso, “non potendo celebrarla l’indomani se non nella sua persona sulla croce” (Giuseppe Ricciotti). Inoltre in ambito cristiano, nella celebrazione della Pasqua, si voleva dare maggiore risalto alla Risurrezione, avvenuta il “primo giorno della settimana”, cioè la domenica immediatamente successiva.
In lettere scambiate tra la Chiesa di Roma e quelle d’Asia già nel II secolo, si rintraccia una disputa indicata come pasqua quartodecimana. Le Chiese dell’Asia minore ritenevano che i cristiani dovessero celebrare la Pasqua il 14 di Nissan in tono “penitenziale”, ritenendola una tradizione risalente all’apostolo Giovanni, e dando così maggiore risalto alla Passione e morte di Gesù. La Chiesa di Roma, invece, aveva la tradizione di celebrare solennemente la Pasqua la domenica successiva al 14 di Nissan, volendo in questo modo mettere maggiormente in risalto la Risurrezione di Gesù.
Dalla “composizione” di questa disputa prese origine l’attuale struttura del Triduo Pasquale.
La tradizione quartodecimana fu seguita da alcune chiese fino a poco oltre il Concilio di Nicea, che stabilì il criterio per la determinazione della data della Pasqua cristiana: essa doveva cadere la domenica seguente il primo plenilunio successivo all’equinozio di primavera, considerato corrispondente al giorno 21 di marzo. Il plenilunio non doveva essere effettivamente osservato, ma individuato approssimativamente mediante il calcolo dell’epatta, elaborato dal monaco Dionigi il Piccolo. In questo modo si slegava la determinazione della data della Pasqua cristiana dalle osservazioni dei fenomeni astronomici (effemeridi) e dalle regole del calendario lunisolare ebraico, non ancora completamente fissate. Soltanto con Maimonide, infatti, si stabilirono regole precise (ed indipendenti dall’osservazione dei fenomeni astronomici) per quanto riguardava il ricorrere del capodanno, la durata dei mesi e l’eventuale aggiunta del tredicesimo mese (we-adar) “intercalare” all’anno ebraico (accorgimento necessario per correggerne la differenza di durata rispetto all’anno tropico).
Anche la maggior parte dei protestanti, con qualche differenza, celebra la Pasqua il giorno stabilito seguendo le regole del Concilio di Nicea, invece di farla corrispondere al 14 di Nissan. Le Chiese ortodosse ed orientali celebrano tutte la Pasqua secondo le regole stabilite a Nicea, anche se, non avendo aderito alla riforma gregoriana del calendario e del metodo di calcolo dell’ epatta (epatta “liliana”) (ad eccezione della Chiesa ortodossa finlandese), questa finisce per cadere in giorni diversi da quello calcolato dai cattolici (di rito latino) e protestanti.
In conseguenza delle regole stabilite a Nicea (e della riforma “gregoriana” del calendario giuliano e dell’epatta) insieme all’attuale forma del calendario ebraico (per opera di Maimonide), la Pasqua cristiana cade circa nello stesso periodo di Pesach, sebbene venga fatta coincidere sempre con la domenica. Nel caso in cui il primo plenilunio di primavera (calcolato sempre approssimativamente con il metodo dell’epatta) cada proprio di domenica, e che quindi, verosimilmente, coincida con il giorno 14 di Nissan, la celebrazione della Pasqua cristiana (e “gregoriana”), allo scopo di sottolineare il diverso significato, viene rimandata alla domenica successiva.
Per la Chiesa Cattolica la Pasqua supera Pesach per importanza poiché, se Pesach corrisponde al periodo della Passione e morte di Cristo, la Pasqua ne ricorda la Risurrezione. Questa ricorrenza viene infatti ricordata all’inizio del Triduo Pasquale cristiano, nella messa “in coena Domini”, il giorno del giovedì santo, così come nella lettura liturgica di brani del libro dell’esodo, in particolare quello della cena con l’agnello immolato e del passaggio degli ebrei del mar Rosso, obbligatoria nella celebrazione della Veglia Pasquale, la sera del sabato santo.
Giorgio Nadali