Vaticano e stipendi. Papa, Vescovi, Cardinali e Preti

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di Giorgio Nadali 

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Quanto guadagna il Papa? Nessuno stipendio. A disposizione un fondo in euro presso lo I.O.R.
 (Istituo Opere di Religione- la banca del Vaticano), l’Obolo di San Pietro (vedi voce) e il fondo di
 2,5 milioni di dollari - il Vicarius Christi Fund - della Confraternita dei Cavalieri di Colombo con
sede a New Haven, Connecticut (USA) e Roma, presieduta dal Prof. Carl A. Anderson. Inoltre i diritti
d’autore delle opere letterarie gestite dalla Fondazione Joseph Ratzinger, inaugurata nel 2008, amministrata
dagli Ratzinger Shulerkreis (Circolo degli Studenti di Ratzinger) a Monaco di Baviera (Germania)
e presieduta dal Prof.  Stephan Otto Horn.  
Cardinali di Curia – 150.000 euro (1) netti annuali per l'"assegno cardinalizio" (il nuovo nome del vecchio "piatto cardinalizio") erogati dall’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica 
 per i Cardinali di Curia, più il “rotolo cardinalizio” (somma derivante dalle rendite del Sacro Collegio Cardinalizio). Altri parlano di cifre ben più modeste: 3000 euro netti mensili. 
(1) Claudio Rendina - "La santa casta della Chiesa", Roma, Newton & Compton, 2009, p. 241. 

Vescovi – 39.000 euro netti annuali più fondo spese per l’episcopato di competenza.
Preti (italiani) - L’ammontare dello stipendio mensile (lordo di imposte, per 12 mensilità) è calcolato sulla
base di un certo numero di punti - da 80 a 140 - ciascuno del valore di 11,82 euro. Il numero di punti attribuito
a ciascun sacerdote varia a seconda dell’anzianità vocazionale e degli incarichi ricoperti. Ad esempio ad un prete
appena ordinato spettano 80 punti, che moltiplicati per 11,82 euro danno 945,60 euro lordi di stipendio mensile.
Ad un vescovo alle soglie della pensione spettano 140 punti, che ancora moltiplicati per 11,82 fanno risultare 1.654,80 euro lordi.
I limiti di reddito anzidetti, equivalenti per tutti i 37.456 presbiteri italiani, rappresentano il tetto massimo di tutte le entrate a
favore dei singoli. Ogni sacerdote può contare mensilmente su: a) una quota cosiddetta “capitaria”, pari a € 0,0723 per parrocchiano;
b) una quota proveniente dalla ridistribuzione degli ex benefici parrocchiali, assorbiti dal 1989 dagli Istituti Diocesani per
 il Sostentamento del Clero; c) l’eventuale retribuzione di un’attività esterna (in tal caso, ha comunque diritto, in aggiunta,
alla sola quota capitaria di cui al punto a); d) le offerte libere dei fedeli; e) l’intervento della Cei, che
 (con l’utilizzo dei fondi provenienti dall’otto per mille dell’Irpef) integra le entrate a-b-c-d fino al raggiungimento
delle somme indicate all'inizio, che rappresentano i limiti massimi di reddito a favore dei singoli.

Lo Stato della Città del Vaticano lavorano 1894 dipendenti di cui 31 religiosi, 28 religiose, 1.558 laici e
277 laiche. Negli enti legati lla Santa Sede  prestano servizio complessivamente 2.732 persone, di cui 761
ecclesiastici, 334 religiosi (246 uomini e 88 donne), 1.637 laici (1.199 uomini e 438 donne).
I cittadini, quelli con carta d'identità vaticana, sono 524, tra i quali i circa 200 rappresentanti dello Stato
del Vaticano presso i governi di tutto il mondo. Le famiglie residenti sono 15, ma i figli perdono
automaticamente la cittadinanza vaticana a 28 anni. E ci sono infine 350 residenti non cittadini.
Nessun bambino vi è mai nato. Si diventa cittadini del Vaticano non per il fatto naturale che si nasce nel
suo territorio, ma per incorporazione, per volontà del Pontefice. I residenti, tra alti prelati, suore e
addetti ai servizi telefonici e di sorveglianza sono circa 500 (stipendio per 36 ore settimanali, da 800 a 1250 Euro).
Praticamente nulla è proprietà privata. Al 31 dicembre 2000 le persone in possesso della cittadinanza vaticana erano 524,
delle quali 49 Cardinali, 271 Ecclesiastici aventi lo status di membri delle Rappresentanze Pontificie,
63 altri Ecclesiastici, 88 componenti il Corpo della Guardia Svizzera Pontificia e 53 altri laici.

Giorgio Nadali
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http://www.ibs.it/code/9788821567841/nadali-giorgio/monaci-sugli-alberi-e.html 
http://www.edizionisanpaolo.it/varie_1/narrativa/il-pozzo-2a-serie/libro/i-monaci-sugli-alberi.aspx

“Avvocato del Diavolo” 1 – Giovanni Paolo II 0 – di Giorgio Nadali – www.giorgionadali.it

di Giorgio Nadali  www.giorgionadali.it

Per ora “Avvocato del Diavolo” 1 – Giovanni Paolo 0 nel processo per la sua beatificazione. L’”Avvocato del Diavolo” è per tutte le cause e le inchieste per la dichiarazione di beatificazione (beato) o di canonizzazione (santo) è Mons. Sandro Corradini. Nonostante il termine poco rassicurante, si tratta di un mite monsignore che lavora a Roma, in Piazza Pio XII, negli uffici della Congregazione Vaticana per le Cause dei Santi. Il suo vero nome è “Promotore della Fede”. Una norma canonica stabilisce che devono passare almeno cinque anni prima dell’inizio del processo di canonizzazione. Il vescovo della diocesi in cui è morta o ha operato la persona di cui è richiesta la beatificazione inizia l’indagine con l’assenso della Santa Sede. Vengono nominati un Giudice, un Segretario, un Promotore della Fede (detto popolarmente  “Avvocato del Diavolo”), un Postulatore Generale e un Notaio diocesano. Mons. Corradini guida un’equipe di 9 persone che analizzano tutti i casi pervenuti.

Ma la “partita” è ancora lunga per arrivare all’onore degli altari. Santo – ma non subito – come voleva la devozione popolare. Comunque sarà prima dichiarato “Beato” e dopo diversi anni (forse) anche Santo.   La “fama di santità” – come viene chiamata – è però un fattore molto favorevole nel percorso verso la beatificazione. Bisognerà però scegliere un altro miracolo tra i 271 sui quali sono state raccolte documentazioni.  Tra le 271 guarigioni attribuite all’intercessione di Giovanni Paolo II molti sono italiane. Dovrà prima però esprimersi un tribunale diocesano e questo richiederà il tempo necessario. Solo allora potrà quindi riunirsi nuovamente la Commissione medica. Teoricamente, è possibile che la nuova istruttoria possa tornare all’esame della Congregazione delle Cause dei Santi entro l’inizio dell’estate.

La guarigione della suora francese Marie Simon-Pierre dal morbo di Parkinson non è stato accettata dalla Congregazione per le Cause dei Santi. La motivazione era che la diagnosi non era certa e da alcune forme del Parkinson si può guarire. Il cancelliere Luc Marie Lalanne, che rappresenta l’arcivescovado di Aix-en-Provence, città francese dove vive Suor Marie – afferma che “la suora miracolata è in perfette condizioni di salute” e perciò smentisce categoricamente le insinuazioni  dalla Polonia di una ricaduta del morbo. Lalanne ha anche affermato che “Il processo romano su questa presunta guarigione miracolosa è nella sua fase iniziale e segue il suo corso nelle condizioni normali, con la serietà e la precisione richiesti dalle investigazioni previe al riconoscimento di un miracolo”. L’incartamento è “Sub Secreto” – sotto segreto.

A proposito, il detto “vita, morte e miracoli” deriva proprio dal processo per dichiarare santo (canonizzare) un fedele. Verrà esaminata la vita, come è morto e quale miracolo per intercessione sua ha operato (tranne i martiri per i quali il miracolo non è più richiesto, per volontà di papa Paolo VI).

Qualsiasi battezzato cattolico può chiedere la beatificazione di un altro fedele defunto.  Il candidato viene detto “Servo di Dio”. Una volta accertata l’eroicità delle virtù viene definito “Venerabile. Per essere proclamato “beato” il cadidato deve aver fatto un miracolo. Due per essere dichiarato “santo”, tranne che per i martiri.  L’attore promuove la causa che viene istruita sulle virtù eroiche o sul martirio del Servo di Dio e se ne assume le responsabilità morali ed economiche. Art. 10 – § 1. Possono costituirsi attore della causa il Vescovo diocesano o eparchiale ex officio, le persone giuridiche, quali diocesi o eparchie, strutture giurisdizionali ad esse equiparate, parrocchie, Istituti di Vita Consacrata o Società di Vita Apostolica, o Associazioni di fedeli clericali e/o laicali ammesse dall’autorità ecclesiastica. § 2. Può costituirsi attore della causa anche una persona fisica, ossia chiunque faccia parte del popolo di Dio, purché in grado di garantire la promozione della causa nella sua fase diocesana o eparchiale e in quella romana. Art. 11 – § 1. La persona giuridica o fisica si costituisce attore della causa con un atto notarile. § 2. Il Vescovo accetta tale atto dopo aver verificato la capacità della persona giuridica o fisica di assumere gli impegni inerenti al ruolo di attore.

Il Martyrologium Romanum (Testimoni della fede) – nell’ultima versione del 2004 contiene l’elenco ufficiale dei 9.900 santi e beati (20.000 nella Bibliotheca Sanctorum) della Chiesa Cattolica. Nel 2008 la Chiesa cattolica ha dichiarato 14 nuovi beati e 4 nuovi santi. Nel 2009 sono stati canonizzati 10 santi di cui 4 italiani, due uomini e due donne. L’ultima santa italiana laica – madre di quattro figli- è stata dichiarata nel 2004 Gianna Beretta Molla (+1962). L’ultimo santo italiano laico è stato il medico Giuseppe Moscati (+1927) nel 1987, patrono degli anatomo-patologi. La più giovane santa italiana è Maria Goretti, morta a soli 12 anni nel 1902.[1]

L’ultimo papa santo è stato San Pio X (il trevisano Giuseppe Melchiorre Sarto). Morto il 20 agosto del 1914, beatificato il 3 giugno 1951 (dopo 37 anni)  e dichiarato santo il 29 maggio 1954 (a 40 anni dalla morte).  Prima di lui bisogna tornare a San Pio V (Antonio Ghislieri), morto nel 1572.

L’ultimo papa beato è stato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli). Morto il 3 giugno 1963. Beatificato il 3 settembre 2000 (dopo 37 anni) proprio da Giovanni Paolo II insieme a Pio IX (Giovanni Mastai Ferretti), morto nel 1878.

I papi canonizzati sono 78, circa il 30% del totale (265), e appartengono quasi tutti alla Chiesa martire dei primi secoli. I papi beati (non santi) sono 10.

Giorgio Nadali

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[1]Giorgio Nadali – “I monaci sugli alberi. E centinaia di altre cose curiose su Dio, la Bibbia, il Vaticano”, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2010

http://www.paolinitalia.it/libri/catalogo.asp?p=9&isbn13=9788821567841


LA CROCE E L’ANELLO. MISTERI E SEGRETI DELLE CARRIERE ECCLESIASTICHE

Nuovo libro in libreria da Aprile 2010

 Giorgio Nadali LA CROCE E L’ANELLO. MISTERI E SEGRETI DELLE CARRIERE ECCLESIASTICHE

 Edizioni Segno, Udine, 2010

  ISBN: 978-88-6138-239-8  

  320 pp.

http://www.giorgionadali.it/cop_Croce_e_Anello.pdf

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TUTTI I SEGRETI DEI 5239 UOMINI CHE GUIDANO LA FEDE DI “1 MILIARDO” DI CATTOLICI

Le visioni “politiche” I segreti del Conclave per l’elezione del Papa Come e perchè si diventa Vescovo, Cardinale, Papa Il buon Vescovo, Rivalità e misteri Curiosità sul Vaticano I Vescovi e i Cardinali vicini e lontani alla gente, I retroscena della Curia Romana e della Santa Sede, Gossip  

Capitolo Primo: Un po’ di storia

Capitolo Secondo:  Il buon vescovo

Capitolo Terzo: La cultura interna della Curia Romana

Capitolo Quinto: La politica dello Spirito

Capitolo Sesto: Brillanti carriere ecclesiastiche

Capitolo Settimo: Il papabile al soglio di Pietro  

Capitolo Ottavo: Lo Spirito soffia dove vuole? 

Capitolo Nono: La creazione del porporato

 Capitolo Decimo: Curiosità 

Ci sono sempre quattro vescovi in ogni partita a scacchi. Due bianchi e due neri. Solo che da noi si chiamano alfieri. Nel mondo anglosassone si chiamano “bishops“, cioè “vescovi”. E’ proprio per questo che i quattro pezzi sono rappresentati col copricapo da vescovo – la mitria. Nei tornei, quando gli sfidanti rimangono con solo un alfiere-vescovo a testa, la partita si fa serrata – proprio come nella corsa del Conclave per l’elezione di un nuovo papa e come nella scelta di un vescovo che il pontefice dovrà scegliere da una terna di nomi che gli vengono sottoposti. Una partita di pedoni che vogliono diventare alfieri-vescovi e questi che mangiano diagonalmente altri pezzi sullo scacchiere delle carriere ecclesiastiche. Quale sarà il buon vescovo di cui parla San Paolo nella sua lettera a Tito?

     Cinquemilasettantatre vescovi, centottantacinque cardinali e naturalmente il Papa indossano una croce pettorale e un anello vescovile all’anulare  destro.  Guidano nella fede più di un miliardo e cento milioni di fedeli. Anzi, no. Questo è il numero ufficiale dei battezzati in base ai documenti parrocchiali in tutto il mondo. I fedeli cattolici spiritualmente vicini a quei 5259 uomini sono molto meno. All’incirca quattrocento milioni. Gli altri hanno lasciato il gregge. E non sono tutti cattivi.

     Certo, qualcuno lo ha lasciato a torto. Il seme è caduto sulle spine e non ha attecchito. Altri – troppi – quegli uomini con la croce e con l’anello proprio non li capiscono. Non può essere solo un problema di spine. Qualcuno ha seminato male. Magari usando metodi obsoleti o con più attenzione alla propria carriera, alla tradizione. Guardando troppo al passato si perde di vista il presente e non si entra nel futuro. 

Altri hanno coperto scandali o li hanno addirittura creati, contro il monito del Signore: «chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare». (Mt 18,6). Invece di cercare la pecorella smarrita hanno fatto fuggire una parte del gregge.

Chi sono e cosa pensano oggi gli uomini successori degli apostoli? Perché sono vicini e lontani alla gente?

    Quando nella Chiesa Cattolica si riceve un anello si fa sempre una promessa. Gli sposi promettono di amarsi e di onorarsi, di servire la vita nei figli ed educarli alla fede della Chiesa. Ogni vescovo promette invece di riportare all’ovile di Cristo le pecore smarrite: «vuoi, come buon pastore, andare in cerca delle pecore smarrite per riportarle all’ovile di Cristo?».  I cardinali promettono fedeltà al Successore di Pietro e ricevono da lui in dono l’anello cardinalizio. Questi a sua volta riceve l’anello del Pescatore – non appena l’orafo lo consegna secondo le indicazioni dell’eletto, con lo stemma richiesto –  qualche giorno dopo la sua elezione al soglio di Pietro. Naturalmente promette di essere un degno Servo dei servi di Dio. Un degno Vicario di Cristo in Terra. La grande maggioranza di questi uomini mantiene la sua promessa, in buona fede.  Ma nessuno ha mai insegnato loro come essere un buon vescovo.

     Nel mondo secolare  ci si prepara duramente a posizioni di responsabilità e si è attenti alle tecniche moderne di comunicazione – soprattutto in una società multiculturale in cui gli stimoli alle persone provengono da una miriade di fonti diverse. Questi uomini si basano  certo sulla loro fede, su una solida preparazione teologica, su una tradizione granitica e inamovibile,  su una bimillenaria storia in cui il Signore è amorevolmente intervenuto più volte per evitare un fallimento ed una chiusura della sua Vigna. Contano su di Lui, certamente. Lui li ha chiamati. Ma i talenti vanno fatti fruttare. Bisogna farsi tutto a tutti per guadagnare ad ogni costo qualcuno, come esortava l’Apostolo delle genti. Una maggiore collegialità dei vescovi, una Curia Romana che funzioni come serva delle chiese locali, non come padrona. Una maggiore libertà delle chiese locali nell’adattare gli insegnamenti alle loro particolari circostanze. Sono le speranze dell’ala più aperta ai cambiamenti di questi uomini che con un vecchio cucchiaino d’oro devono togliere l’acqua che entra a fiotti nella barca di Pietro prima che questa affondi.  

Giorgio Nadali

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Clero e pedofilia. Chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me…

Di Giorgio Nadali  www.giorgionadali.it

Chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare. Mt 18:6. 

L’antipapa Giovanni XXIII (1410 – 1415) giudicato pedofilo dal Concilio di Costanza del 1415. Sospetti di pedofilia anche per papa Giulio II (1503 – 1513) che tenne in ostaggio il figlio di 10 anni di Francesco Gonzaga e diede al bambino una rendita mensile di 100 ducati d’oro. Papa Giulio III (1550- 1555) “dedito all’amore per i bambini” nella biografia delle Vite dei pontefici del Platina. In tempi recenti il Cardinale Bernard Law di Boston (USA) fu accusato di coprire per anni due sacerdoti poi condannati per pedofilia, John Geoghan e Paul Shanley. Nel 2002 sono stati 55 i casi di rimozione negli USA di preti pedofili tra cui il vescovo di Palm Beach (USA) Anthony J. O’Connell dimessosi nel 2002.  Attualmente i vescovi gay (tutti della Chiesa Episcopale) sono: Mervyn Castle (Sud Africa), Arthur Mervyn Stockwood (Inghilterra), Derek Rawcliffe (Scozia), David Hope (Inghilterra), Terry Brown (Isole Salomone). Nella Chiesa cattolica sono stati sospesi per sospetta omosessualità i vescovi  Hans Hermann Groer, Rembert Weakland, Juan Carlos Maccarone, Francisco Domingo Barbosa da Silveira,  Thomas Gumbleton (sostenitore di ordinazioni di gay). Vescovi gay vengono ordinati nella Chiesa luterana di Svezia, Chiesa evangelica di Germania,  Chiesa di Norvegia, Chiesa nazionale danese. La prima e unica donna lesbica vescovo è Eva Brunne, della Diocesi (luterana) di Stoccolma (Svezia).

“Anson Shupe, sociologo dell’Indiana-Purdue University, e dai suoi collaboratori. Shupe, un noto esperto di nuovi movimenti religiosi, sostiene da anni che la “criminalità in colletti bianchi” è oggi affiancata, per una serie complessa di ragioni, da una “criminalità clericale”, diffusa presso ministri di tutte le confessioni che comprende anche — se non soprattutto — reati economici e finanziari (3). In tema di abusi sessuali Shupe sostiene — ancora in uno studio inedito presentato al convegno di San Francisco — che questi sono più diffusi fra il clero cattolico che altrove, anche se le cifre correnti sono certamente esagerate. Il sociologo dell’Indiana peraltro non è convinto che il celibato o la tolleranza dell’omosessualità spieghino il fenomeno: infatti alcune denominazioni al cui clero non viene richiesto il celibato — episcopaliani, avventisti — o che attaccano in modo militante le campagne per i diritti degli omosessuali — mormoni — avrebbero percentuali di rischio simili alla Chiesa cattolica. Il problema, ritiene Shupe, è che la Chiesa cattolica — come la Chiesa mormone o quella episcopaliana — è una struttura piramidale, gerarchica, con un sistema che tende naturalmente, a prescindere dalle buone intenzioni individuali, a proteggere una figura religiosa quando è attaccata dall’esterno. Questa dinamica, se ha portato in altri settori vantaggi alle Chiese organizzate in modo più gerarchico, avrebbe anche permesso ai pedofili di sentirsi in qualche modo protetti e tutelati. Shupe pensa che i casi di pedofilia clericale cattolica nell’ultimo trentennio negli Stati Uniti d’America e in Canada siano un paio di migliaia, e coinvolgano intorno all’uno per cento dei sacerdoti e dei religiosi. Ma ammette che le statistiche sono difficili perché, a partire da poche centinaia di condanne, occorre estrapolare e speculare sulla base di sondaggi su quanti casi non sono denunciati — oggi, certo, meno di ieri — per malintesa lealtà verso la Chiesa, per vergogna o per timore di conseguenze negative”. (M. Introvigne, Cristianità n. 282, 1998).

Pedofilo perchè malato.  Non perchè prete. La maggiornaza dei pedofili sono uomini sposati. 

Nel settembre del 2009 l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’ONU di Ginevra, in una dichiarazione emessa in una riunione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, in relazione ai crimini sessuali sui minori, ha dichiarato che nel clero cattolico solo tra l’1,5% e il 5% dei religiosi ha commesso atti di questo tipo. È uscito un libro dal titolo Atti impuri nell’anno 2009 che riporta cifre aggiornate sulla pedofilia nella Chiesa americana. Tra il 1950 e il 2004 si sono registrati undicimila casi documentati di abusi sessuali su minori i cui autori sono preti. Mediamente i preti diocesani implicati negli abusi sono il 4,3 per cento. Alcun anni hanno prodotto percentuali molto alte di preti pedofili. Nel 1963, 1966, 1970, 1970 e nel 1974 si è arrivati all’otto per cento di predatori diocesani, fino al nove per cento del 1975. Nel libro si fanno anche delle estrapolazioni su quelli che possono essere i limiti del fenomeno pedofilia (abusi su minori) nella Chiesa e si stima che i casi sono stimabili in quaranta-sessantamila che farebbero salire il tasso dei preti abusanti a percentuali altissime.

Islam e pedofilia.

Nei paesi islamici ove vige la shari’a l’Unicef valuta in circa 60 milioni i casi di matrimonio tra uomini e bambine, pratica avallata dal Corano che nella sura 65 al-Talâq (il ripudio), versetto 4, fa esplicito riferimento alla possibilità per un uomo di divorziare dalla moglie “che non ha ancora il mestruo”. D’altra parte lo stesso Maometto, di cui ogni azione o comportamento è considerato dai musulmani esemplare e da imitare, quando aveva cinquant’anni sposò ‘A’isha che aveva 6 o 7 anni per consumare il matrimonio 3 anni dopo, come riportato nel Sahih di al-Bukhari, nel Sahih di Muslim e nel Sunan di Abu Da’ud, ben tre delle sei principali raccolte di hadith sunnite. Per denunciare questa situazione l’Unicef ha scelto come foto simbolo del 2007 uno scatto della fotografa americana Stephanie Sinclair che ritrae un afgano quarantenne accanto alla sposa undicenne. Nell’aprile 2008, inoltre, ha avuto vasta eco il caso di una bambina yemenita di otto anni che si è rivolta ad un tribunale per chiedere il divorzio.

Ieri Benedetto XVI si è rivolto direttamente alle vittime nella sua lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda (dove il fenomeno pedofilia nel clero è particolarmente forte): ” Quelli di voi che avete subito abusi nei convitti dovete aver percepito che non vi era modo di fuggire dalle vostre sofferenze. È comprensibile che voi troviate difficile perdonare o essere riconciliati con la Chiesa. A suo nome esprimo apertamente la vergogna e il rimorso che tutti proviamo. Allo stesso tempo vi chiedo di non perdere la speranza. È nella comunione della Chiesa che incontriamo la persona di Gesù Cristo, egli stesso vittima di ingiustizia e di peccato. Come voi, egli porta ancora le ferite del suo ingiusto patire. Egli comprende la profondità della vostra pena e il persistere del suo effetto nelle vostre vite e nei vostri rapporti con altri, compresi i vostri rapporti con la Chiesa. So che alcuni di voi trovano difficile anche entrare in una chiesa dopo quanto è avvenuto. Tuttavia, le stesse ferite di Cristo, trasformate dalle sue sofferenze redentrici, sono gli strumenti grazie ai quali il potere del male è infranto e noi rinasciamo alla vita e alla speranza. Credo fermamente nel potere risanatore del suo amore sacrificale – anche nelle situazioni più buie e senza speranza – che porta la liberazione e la promessa di un nuovo inizio”.

Giorgio Nadali

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Benedetto XVI in Sinagoga

 

 

Di Giorgio Nadali

“In che modo accoglierà il Papa e cosa Lei si auspica dalla visita di Benedetto XVI alla Sinagoga maggiore di Roma?”  avevo chiesto al rabbino capo di Roma – Riccardo Di Segni – nel marzo 2009 nella mia intervista per Affari Italiani. “Sarà la prosecuzione di una strada di incontro”, rispose. E così è stato.Se il nostro è un percorso da fratelli dobbiamo interrogarci cosa dobbiamo fare ancora per migliorare questo percorso – ha ricordato il rabbino capo di Roma Riccardo di Segni durante l’incontro con Benedetto XVI nella sinagoga centrale di Roma. Di Segni ha osservato che in duemila anni gli ebrei romani hanno visto molti papi, ma solo con gli ultimi due vi è stato e vi è un rapporto davvero alla pari. Di Segni ha ricordato anche che gli ebrei romani dovevano esporre cartelloni e abbellire un tratto di strada (vicino all’arco di Tito, che ricordava la perdita della loro autonomia) dando il benvenuto al passaggio dei nuovi pontefici e che – prima del XVIII secolo – dovevano anche esporre il libro della Torah che il papa poteva anche dileggiare. Che grande differenza oggi. Il papa e il rabbino capo si incontrano in un rapporto alla pari, da fratelli. Un rapporto che cerca di costruire, invece di radicarsi su rancori e incomprensioni. Senza il Concilio Vaticano II non potrebbe esserci dialogo.

“Questo papa si comporta con grande rispetto e io ho fiducia in lui” – ha dichiarato il presidente israeliano Shimon Peres a Sky TG24.

La visita di Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986 alla sinagoga di Roma è stato un primo passo di avvicinamento del Vaticano agli ebrei e attraverso questo allo Stato di Israele e il suo riconoscimento ufficiale, facendo crollare la diffidenza. Ma fu Papa Roncalli a dare il primo segnale “rivoluzionario” verso gli Ebrei prima ancora che il Concilio, già in marcia, varasse la Nostra Aetate. Scrive l’ex Rabbino capo di Roma, Elio Toaf, nella sua autobiografia: «Ricordo quando nel 1959 Giovanni XXIII fece fermare sul Lungotevere il corteo pontificio per benedire gli ebrei che, di sabato, uscivano dalla Sinagoga. Fu un gesto che gli valse l’entusiasmo di tutti i presenti che circondarono la sua vettura per applaudirlo e salutarlo. Era la prima volta che un Papa benediceva gli ebrei». Del resto fu proprio questo Papa a sopprimere I’espressione *Perfidi Giudei* nella liturgia del Venerdì Santo e a chiedere al cardinale Bea di preparare un testo sugli Ebrei da sottoporre al concilio». La visita di Benedetto XVI del 17 gennaio 2010 ha il significato della continuità.

Il segnale è “vogliamo continuare av avere buoni rapporti” per riflettere sulle reciproche responsabilità del mondo ebraico e del mondo cattolico rispetto alle urgenze del tempo presente. Il rabbino capo di Roma, Riccardo di Segni ha ricordato che la sinagoga di Roma non è il luogo per trattative diplomatiche, ma il luogo simbolico per ricordare la necessità di affrontare il problema da un punto di vista politico. La partecipazione dell’Islam è fondamentale. Tutti e tre, ebrei, cristiani e musulmani ci riconosciamo in una comune ascendenza spirituale. Ma a breve distanza di tempo dalla visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma arriva l’annuncio del Vaticano sulla beatificazione di Pio XII… Il capo dei rabbini italiani – Giuseppe Laras – ha preferito non esserci. Il giudaismo italiano avrebbe dovuto secondo lui prendere una posizione dura contro la beatificazione di papa Pacelli, detto il “Pastore angelico”. Il 19 dicembre scorso è stato dichiarato “venerabile” sul cammino per la beatificazione. La controversia sul ruolo di Pio XII durante le persecuzioni naziste nei confronti degli ebrei è, comunque, tuttora lungi dall’essere chiusa: lo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto di Gerusalemme, ospita dal 2005 una fotografia di Pio XII, la cui didascalia in calce ne definisce «ambiguo» il comportamento di fronte allo sterminio degli ebrei. A seguito di formale richiesta di modifica di tale didascalia nel 2006 i responsabili del museo si mostrarono disposti a riesaminare la condotta di Pio XII a condizione che ai propri ricercatori venisse concesso di poter accedere agli archivi storici del Vaticano; tale permesso non fu mai accordato. Più recentemente, il nunzio apostolico mons. Antonio Franco dapprima declinò, poi decise di accettare, l’invito a partecipare alla commemorazione della Shoah tenutasi al museo il 15 aprile 2007. Nell’occasione il direttore del museo stesso, Avner Shalev, promise che avrebbe riconsiderato la maniera in cui Pio XII era descritto nella didascalia. Al momento tuttavia la didascalia non ha mai subìto alcuna modifica.

 “L’antigiudaismo cattolico esiste ancora”, ha affermato l’ambasciatore israeliano alla Santa Sede, Mordechai Lewy. “Sono sicuro – ha detto Lewy – che quando il Concilio Vaticano II ha approvato la “Nostra Aetate” non tutti erano d’accordo come credo che non tutti lo siano ancora oggi”. Con la dichiarazione Nostra aetate, il Concilio Vaticano II ha ridefinito i rapporti tra cattolici ed ebrei e condannato l’antisemitismo. Laras ha posizioni differenti rispetto a chi ha fatto gli onori di casa – il rabbino capo Di Segni, 60 anni, primario di radiologia all’ospedale San Giovanni di Roma. Di Segni è ottimista e disposto al dialogo.

Le posizioni radicali non gettano ponti e il Mondo ha bisogno di vedere unità almeno nelle religioni. “Gli incidenti di percorso sono sempre possibili” ha detto Di Segni. “Abbiamo interpretazioni storiche molto differenti su quello che è successo e avremmo voluto che di queste cose che ci dividono profondamente non si parlasse in un’occasione che dev’essere dedicata a fondare e sostenere un’amicizia”. Per percorrere quei pochi metri nella sinagoga ci vollero molti anni – si disse nel 1986 in occasione della visita di Giovanni Paolo II – E’ importante creare ponti e non cedere ai falchi che soffiano sul fuoco del rancore e della divisione. La stima della Chiesa per i nostri fratelli maggiori nella fede è indiscussa e su questa base il dialogo continuerà. Già papa Paolo VI nel 1965 scriveva nella dichiarazione “Nostra Aetate”: «Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo. E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo. La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque».

Un sano giudizio storico sul rapporto tra Pio XII e la shoà sarà comunque possibile solo quando sarà possibile accedere a tutte le fonti, come quelle riposte negli archivi segreti vaticani. L’intenzione del Vaticano c’è già. Dodici volumi di documenti raccolti da 4 storici gesuiti sono già disponibili agli esperti. Potranno fare chiarezza sull”atto mancato” – come l’ha definito Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma – del silenzio di papa Pio XII sulla shoà. Pacifici ammette però di essere al mondo grazie all’aiuto dato a suo padre, salvato dai nazisti dalle suore del convento di Santa Marta a Firenze.

“Il Signore ha fatto cose grandi per loro… ecco com’è bello che i fratelli vivano insieme…” Così alle 17:29 ha esordito papa Benedetto XVI nel suo discorso in sinagoga. Superare ogni incomprensione e pregiudizio è l’unica strada che può costruire. Di fondamentalismi distruttivi ne abbiamo già abbastanza. E il primo applauso Benedetto XVI lo riceve 6 minuti dopo quando si augura: “possano le piaghe dell’antisemitismo essere sanate per sempre”. Per fare questo occorre lo spirito ottimista del filosofo ebraico del XII secolo Mosè Maimonide che disse: «La perfezione spirituale dell’uomo consiste nel diventare un essere intelligente, che conosca soprattutto la sua capacità di imparare”. Come ha ricordato lo stesso Benedetto XVI il mondo si fonda su tre cose, secondo la tradizione giudaica: la Torah, il culto e le opere di misericordia. E tra queste vi sono sicuramente il perdono e il dialogo.

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Pubblicato su Affari Italiani del 18.01.2010   http://www.affaritaliani.it/politica/papa_sinagoga_ebrei_israle_rabbino_disegni180109.html