La Famiglia Benedetta

di Giorgio Nadali

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Santità, la famiglia come sta? La sua è una “famiglia” molto particolare composta da ecclesiastici e laici accreditati dalla Santa Sede per diversi incarichi. I laici sono: gli assistenti al Soglio, il delegato speciale della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, l’architetto dei palazzi apostolici, gli addetti di anticamera e l’aiutante di camera, i gentiluomini di Sua Santità, i consultori della Città del Vaticano, i familiari del Papa, il comandante della Guardia Svizzera, i procuratori dei palazzi apostolici che sotto il Pontificato di Innocenzo II avevano il compito di difesa delle cause coram Sanctissimo e la difesa gratuita dei poveri. Infine il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Il Motu Proprio Pontificalis Domus del 28 marzo 1968 di papa Paolo VI denomina Gentiluomini di Sua Santità: a) i Camerieri Segreti di Spada e Cappa Partecipanti,  b) i Camerieri Segreti di Spada e Cappa,  c) i Camerieri d’Onore di Spada e Cappa. I “bussolanti”  sono gli addetti di anticamera del Papa. Prestano servizio d’anticamera in occasione di ricevimenti ufficiali. Papa Clemente VIII (1592) li chiamava Cavalieri della Bussola. Con il Motu Proprio Iusti Iudicis del 28 giugno 1988, le funzioni spettanti ai Procuratori dei Sacri Palazzi Apostolici sono state trasferite agli Avvocati della Santa Sede, fermi restando i diritti e i privilegi dei Procuratori attualmente in carica. Attualmente i Principi Assistenti al Soglio prestano servizio in occasione delle visite ufficiali dei Capi di Stato. Agli appartamenti hanno accesso Loredana, Carmela, Cristina e Rossella, suore laiche di Comunione e Liberazione. Il fratello don Georg, i segretari Alfred e Georg (detto “il bello”). Sino a poco tempo fa anche un maggiordomo raccomandato, ma un po’ troppo curioso. Paolo Gabriele. Comunque fortunatamente stanno tutti molto bene…

La famiglia – quella “normale” – invece non sta troppo bene. Tre milioni i separati. 74% di divorzi in più neghli ultimi dieci anni.  Boom dei single. Ma quelli alla Chiesa Cattolica non interessano molto. Vocazioni consacrate a parte, si intende.   Ad ogni modo: nel 2010 +10% rispetto al 2007. Dal 2001 al 2007 i single nel nostro Paese sono aumentati da 5.592.381 a 6.910.716 (Istat). A suo tempo l’Eurispes stimò che, in proiezione, se il trend registrato negli ultimi 7 anni si fosse  mantenuto costante, il numero dei single sarebbe aumentato nel 2010 di circa il 10,4% rispetto al 2007. Aveva ragione.

 L’inventore degli incontri mondiali delle famiglie scrisse per il teatro  “La bottega dell’orefice”. Una bottega che faceva affari con le vere nuziali.  L’opera fu pubblicata in anteprima nel 1960 sul numero 78 del mensile cattolico di Cracovia, Znak. L’autore usò lo pseudoniomo Andrzej Jawień. In seguito ne usò un altro: Giovanni Paolo II…  “Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta per l’amore, e l’amore umano (…) troppo corto per una lunga vita. O forse troppo superficiale. In ogni modo l’uomo ha a disposizione un’esistenza e un amore” per “farne un insieme che abbia senso (…). L’eternità dell’uomo passa attraverso l’amore (…). L’ uomo si tuffa nel tempo” ma poi finisce col “dimenticare” la sua origine per “esistere solo un attimo e recidersi dall’eternità”.

È arrivato a Bresso poco dopo le 20.30 Papa Benedetto XVI per partecipare alla parte serale della Festa delle Testimonianze dal titolo “One world, family, love”. Ad accoglierlo oltre 350mila persone che sin dalle prime ore del pomeriggio hanno invaso l’area di Milano Campo Nord Aeroporto di Bresso dove domani in Santo Padre celebrerà la Santa Messa.

Seduto in mezzo ad alcune famiglie italiane e del mondo, il Santo Padre è stato accolto dal Cardinale Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia che insieme alla Diocesi di Milano ha promosso il VII Incontro Mondiale delle Famiglia che lo ha ringraziato per “essere venuto a far festa, con tante famiglie riunite qui a Milano e con le famiglie di tutto il mondo. La sua presenza – ha detto – ci dà fiducia e coraggio perché testimonia quanto la famiglia stia a cuore alla Chiesa, anzi quanto stia a cuore a Dio stesso”. durante la serata ha risposto ad alcune domande legate al tema del VII Incontro Mondiale delle Famiglie “Famiglia: il lavoro e la festa”.

 Il Santo Padre ha partecipato alla festa rispondendo ad alcune domande legate al tema del VII Incontro Mondiale: “La famiglia: il lavoro e la festa”.

Ovviamente tutte le domande sono state preparate dall’organizzazione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, d’accordo col Pontificio Consiglio per la Famiglia. Il Papa ha quindi risposto alle sue stesse domande. 

 La prima a rivolgersi al Pontefice è stata Cat Tien, una bambina vietnamita di 7 anni, che ha manifestato il desiderio di sapere qualcosa della famiglia del Papa e di quando Joseph Ratzinger aveva la sua età.

“Punto essenziale per la mia famiglia è sempre stata la domenica che iniziava già il sabato pomeriggio quando mio padre ci leggeva le letture della domenica in un libro dove erano spiegati i testi – ha detto il Santo Padre.  Il giorno successivo andavamo a Messa e poi pranzavamo insieme. Con la mia famiglia ho cantato molto, mio fratello era musicista. Poi ricordo i viaggi, le camminate. Eravamo un’anima sola e ci nutrivamo di una gioia fatta di cose semplici e di un amore reciproco che era forte. Se provo a immaginare il Paradiso lo penso come al tempo della mia giovinezza, eravamo felici. Il Paradiso dovrebbe essere simile a com’era nella mia gioventù e spero di andare a casa andando dall’altra parte del mondo”.

Serge e Fara dal Madagascar, fidanzati da quattro anni e prossimi a Matrimonio, hanno chiesto al Santo Padre il significato della parola “per sempre” “Una parola – hanno detto- che più di ogni altra ci attrae e allo stesso tempo spaventa”.

“In Europa fino all’800 c’era un altro modello di Matrimonio dominante: il matrimonio era un contratto tra clan attraverso il quale si cercava di difendere il proprio status – ha detto il Pontefice -. Oggi il Matrimonio non è più basato sulla volontà di altri, ma è una libera scelta preceduta dall’innamoramento e dal fidanzamento. Spesso si pensa che l’amore di per sé possa garantire il per sempre, che è assoluto, ma non è così. L’innamoramento è bello, ma non sempre è perfetto. Così com’è il sentimento non è per sempre. Il passaggio dal fidanzamento al Matrimonio prevede una serie di esperienze interiori e il desiderio dell’amore deve rientrare anche la ragione e la volontà. Nel rito del matrimonio  – ha continuato Benedetto XVI – non si dice sei innamorato ma vuoi, sei deciso, coinvolgendo nel cammino la volontà e la ragione. Tutto l’uomo è coinvolto con la sua capacità, il discernimento della ragione e la volontà di dire sì, questa è la mia vita. Alle nozze di Cana il secondo vino è migliore del primo: l’amore deve crescere e maturare coinvolgendo la parrocchia, la Chiesa, gli amici, la giusta comunione di vita con gli altri, con famiglie che condividono la  stessa esperienza, la stessa vita e la fede”.

La famiglia Paleologos dalla Grecia ha chiesto al Papa di affrontare il tema della crisi. “Ci sono giorni – e notti – hanno detto al Santo Padre – nei quali viene da chiedersi come fare a non perdere la speranza. Cosa può dire la Chiesa a tutta questa gente, a queste persone e famiglie senza più prospettiva?”

“Le parole sono insufficienti, dovremmo fare qualcosa di concreto e tutti sappiamo di essere incapaci di fare qualcosa di concreto – ha detto Benedetto XVI -. Nella politica deve crescere il senso di responsabilità di tutti i partiti che promettono cose che non possono realizzare affinché non cerchino solo voti per sé ma siano responsabili per il bene di tutti. Che capiscano che politica è responsabilità umana davanti agli uomini e a Dio”.

“Molti soffrono e devono accettare la realtà senza possibilità di difendersi di fronte alle situazioni – ha continuato il Pontefice -. Ciascuno deve fare il possibile per sé, per le famiglie, per gli altri, sapendo che molti sacrifici sono indispensabili per andare avanti. Penso che la solidarietà nella città tra famiglie e nelle parrocchie possa aiutare. Abbiamo attivi scambi culturali utili e importanti, ma è tempo che una famiglia dell’Italia, della Germania, della Francia prenda la responsabilità di aiutare un’altra famiglia, che aiutino in senso concreto. Siate sicuri che io e tanti altri preghiamo per voi e questo pregare non è solo fare parole ma apre il cuore in Duo e alla creatività”.

È arrivata da vicino New York la famiglia Rerrie. Jay, di origine giamaicana, è un contabile, mentre Anna insegnante si sostegno, hanno sei figli e hanno chiesto al Papa come poter trovare la giusta armonia tra famiglia e lavoro. “Nel vortice di tanti stimoli imposti dalla società contemporanea – hanno chiesto al Papa – come aiutare le famiglie a vivere la festa secondo il cuore di Dio?”

“È una grande questione – ha detto il successore di Pietro – e penso di capire questo dilemma tra due priorità”. Il papa si è rivolto ai datori di lavoro invitandoli a “pensare alle famiglie e di aiutarle perché le due realtà, famiglia e lavoro possono essere conciliate e concedere un po’ di libertà fa bene anche all’impresa perché rafforza l’amore per il lavoro e il posto di lavoro”.

“Occorre poi – ha evidenziato il Pontefice – sperimentare una certa creatività e portare ogni giorno un qualche elemento di gioia e attenzione nella famiglia accettando le oscurità e pensando a questo grande bene che la famiglia è. E poi finalmente c’è la domenica che è il giorno della festa, giorno del Signore e come tale giorno dell’uomo: difendiamo la libertà dell’uomo difendendo la domenica”.

L’ultima domanda al Pontefice è stata posta da Maria Marta e Manoel Angelo Araujo, coppia del Brasile che ha posto il tema dei fallimenti matrimoniali che continuano ad aumentare in tutto il mondo e hanno chiesto al Santo Padre “parole di speranza” per quelle “coppie di risposati vorrebbero riavvicinarsi alla Chiesa, ma quando si vedono rifiutare i sacramenti la loro delusione è grande”.

“Il problema dei divorzi e dei risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi – ha risposto Benedetto XVI -. Non abbiamo ricette, la sofferenza è grande e possiamo solo aiutare le parrocchie e i singoli promuovendo la prevenzione, approfondendo l’innamoramento, aiutando le coppie e accompagnarle durante il matrimonio affinché le famiglie non siano mai sole ma siano accompagnate nel cammino di ogni giorno. Devono sentire l’amore della Chiesa, devono sentirsi amate e accettate anche se non possono ricevere l’eucarestia. Devono vedere che anche così vivono nella Chiesa, anche se non c’è la confessione l’amicizia con una sacerdote è importante. Possono sentire l’eucarestia e essere spiritualmente nutriti in Cristo”.

Tra una domanda e l’altra Benedetto XVI ha assistito all’esibizione di artisti quali la cantante gospel Lois Kirby, l’italo-somala Saba Anglana, Francesco Garolfi e Ron. Alcune famiglie hanno raccontato la loro storia e pregato insieme al Pontefice.

Sul palco anche alcuni attori famosi del panorama italiano: Serena Autieri, paolo Bonacelli, Myriam Catania, Pamela Villoresi, Giuseppe Cederna.

Il canto del Padre nostro è stato introdotto dalla famiglia Govoni di Cento, vicino a Ferrara, uno dei paesi colpito dai terremoti dei giorni scorsi. Mariacristina e Giuliano hanno salutato il Papa dopo che il Santo Padre si è rivolto a chi era in collegamento da San Felica sul Tanaro: “Cari amici voi sapete che noi sentiamo profondamente il vostro dolore, la vostra sofferenza e vogliamo lavorare per aiutarvi, non vi abbandoniamo”, ha detto il Pontefice ricordando l’attività della Caritas, della Chiesa, dello Stato e delle Comunità attive. “Ognuno di voi – ha concluso – vuole aiutarvi nella preghiera e materialmente”.

Al termine del Padre Nostro Benedetto XVI ha impartito la benedizione solenne per poi tornare in Arcivescovado per la notte.

La serata è continuata fino alle 22.30 con l’esibizione di Dulce Pontes, della cantante israeliana Noa sul palco con Gil Dor, Clelia Sguera e Nico Arcieri, i Sonohra con Hevia, il gruppo zigano Alexian Group.

Il palco della serata, che sarà l’altare della Messa di domani,  lungo 100 metri, alto 25 e profondo 30 è sormontato da una mezza cupola trasparente che rende omaggio alle vetrate del Duomo.

Sul palco trovano posto:

• il S. Padre e i Cardinali concelebranti principali

• i Cardinali

• i Vescovi

• il Seguito Papale

• i concelebranti del Pontificio Consiglio Famiglia

• alcuni Officiali della Segreteria di Stato e dei Dicasteri Vaticani

• il Consiglio Episcopale Milanese ed alcuni presbiteri indicati dall’Arcidiocesi

• i 4 diaconi di servizio liturgico

• i 12 chierici ministranti

• i 5 Cerimonieri Pontifici e il Maestro delle Cerimonie del Duomo

• i 4 Ostiari del Duomo

• il Segretario del Duomo

• il coro e l’animatore dell’assemblea

Sul palco sono collocati i poli liturgici

• altare papale

• sede papale e dei concelebranti principali

• ambone

• credenza dell’altare papale

• sedie per cerimonieri, ministranti, Famiglia pontificia laica, etc.

• sedie per tutti i concelebranti

In una zona presso il palco trovano posto:

• i 2 lettori delle letture

• i 5 lettori delle intenzioni della preghiera universale

• gli 8 incaricati della processione offertoriale

• i 40 fedeli che ricevono la comunione dal S. Padre

• i 70 diaconi permanenti per le Comunioni dei concelebranti

• i 70 seminaristi di Venegono (accoliti e lettori) per Comunioni dei concelebranti

• i 30 ministranti della S. Galdino (servizio liturgico della Cattedrale)

In una zona presso o sotto il palco vari tavoli accolgono tutto ciò che deve “muoversi” al momento dell’offertorio:

• 8 offerte della processione offertoriale

• 300 pissidi per la Comunione dei fedeli

• 70 calici con vino e acqua per la Comunione dei concelebranti

• 70 patene con ostie grandi spezzate (prendono seminaristi Venegono) per la Comunione concelebranti

 

 Processione di ingresso

Viene fatta solo da:

• servizio liturgico

• ostiari Duomo

• 4 diaconi

• Vescovi delle Diocesi lombarde (solo i titolari)

• Vescovi Ausiliari di Milano

• Cardinali

• S. Padre

• Seguito Papale

Saluto al S. Padre

Prima del segno di croce iniziale, il Cardinale Arcivescovo di Milano rivolge un indirizzo di saluto al S. Padre.

Eucologia

Orazioni della solennità della SS. Trinità – Rito Romano

• Le tre orazioni presidenziali in lingua italiana

• Il Prefazio e la Preghiera eucaristica in lingua latina

• Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei in lingua latina

Liturgia della Parola

Letture della solennità della SS. Trinità – Rito Romano

• 1° lettura proclamata in lingua inglese

• Salmo Responsoriale cantato in lingua italiana

• 2° lettura proclamata in lingua spagnola

• Vangelo cantato il lingua italiana

* Omelia

 «La vostra vocazione non è facile da vivere, specialmente oggi». Sono parole di grande realismo, quelle che Benedetto XVI affida alle famiglie in chiusura del VII incontro mondiale di Milano. Il Papa sa bene che la famiglia, sottoposta a repentini e violenti cambiamenti sociali in tutto il mondo, vive una profonda crisi ed è, sovente, oggetto di attacchi, nonché vittima di delegittimazione politica.

Ma, senza negare i problemi, Papa Ratzinger apre alla speranza, perché le famiglie – a cominciare da quelle che hanno partecipato all’Incontro mondiale – custodiscono «l’amore, l’unica forza che può veramente trasformare il mondo».

E così l’omelia della solenne celebrazione eucaristica – davanti a un’assemblea che, col colore delle bandiere e delle tante famiglie, restituisce la dimensione autenticamente cattolica – si trasforma in un vibrante appello a riscoprire la grande dignità della famiglia cristiana e la sua responsabilità dentro la Chiesa e la società. Una responsabilità che il cardinale Angelo Scola ha richiamato nel suo saluto introduttivo, affermando che «quando  i cristiani sanno essere testimoni risultano propositivi di vita buona in una società plurale come la nostra».

Benedetto XVI invita le famiglie ad «evangelizzare non solo con la parola, ma per “irradiazione”, con la forza dell’amore vissuto». Del resto, è  proprio nei gesti di ogni giorno la fede si gioca: nel modo con cui si vivono gli affetti, ci si impegna nel lavoro, si celebra la festa. E’ questo il messaggio forte del VII incontro mondiale della famiglie: la vita quotidiana  è il teatro della vocazione ordinaria della famiglia cristiana: «nella misura in cui vivrete l’amore reciproco e verso tutti – sottolinea il Papa – diventerete un Vangelo vivo, una vera Chiesa domestica».

Parole molto intense il Papa le ha dedicate alla coppia: in poche righe una vera e “propria teologia nuziale”. «Dio ha creato l’essere umano maschio e femmina, con pari dignità, ma anche con proprie e complementari caratteristiche. (…) Cari sposi, nel vivere il matrimonio voi non vi donate qualche cosa o qualche attività, ma la vita intera. E il vostro amore è fecondo innanzitutto per voi stessi, perché desiderate e realizzate il bene l’uno dell’altro». La fecondità della coppia, poi si allarga alla procreazione, «generosa e responsabile», dei figli, e alla società, perché il vissuto familiare è la prima e insostituibile scuola delle virtù sociali».

Per questo il Papa, in un contesto educativo spesso tentato di scorciatoie “manualistiche”, chiede agli sposi di farsi carico fino in fondo dei propri figli:  «In un mondo dominato dalla tecnica, trasmettete loro le ragioni del vivere, la forza della fede, prospettando loro mete alte e sostenendoli nelle fragilità».

A quanti, poi, «pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione», alle persone e alle famiglie “dal cuore ferito” il Papa dedica un pensiero molto affettuoso, un balsamo per tanti: «Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sostengono nella vostra fatica». Poi le incoraggia a rimanere unite alle loro comunità», alle quali, però, il Papa chiede di realizzare adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza».

In chiusura di un Incontro mondiale dedicato a “Famiglia, lavoro e festa” il Papa riserva, infine, poche ma incisive parole a una delle emergenze sociali di oggi: l’equilibrio tra lavoro, festa e tempi della famiglia. Benedetto XVI, che nella “Caritas in Veritate” ha esaltato il valore-bussola della gratuità, denuncia «la mentalità utilitaristica» che «tende ad estendersi anche alle relazioni interpersonali e familiari, riducendole a convergenze precarie di interessi individuali». Ma – insiste – «il progetto di Dio e la stessa esperienza mostrano che non è la logica unilaterale dell’utile proprio e del massimo profitto quella che può concorrere ad uno sviluppo armonico e al bene della famiglia», perché, tra gli effetti collaterali, produce corsa ai consumi e disagio nelle famiglie. C’è bisogno, allora, di lavorare per «armonizzare i tempi del lavoro e le esigenze della famiglia, la professione e la maternità, il lavoro e la festa».

Per gli stessi motivi, una famiglia che voglia dirsi cristiana «pur nei ritmi serrati della nostra epoca», è chiamata a «non perdete il senso del giorno del Signore», ossia «l’oasi in cui fermarsi per dissetare la nostra sete di Dio».

Preghiera dei fedeli

Le cinque intenzioni, introdotte dal Diacono, sono proposte da alcuni fedeli nelle lingue: Tedesca, Inglese, Portoghese, Francese, Spagnola.

Processione offertoriale

8 fedeli presentano al S. Padre il pane d il vino per il sacrifico eucaristico.

Comunione

40 fedeli ricevono la Comunione dal S. Padre.

Concelebranti, diaconi, accoliti e ministri straordinari amministrano la Comunione (in questa occasione non sulla mano) all’assemblea.

Ringraziamento al S. Padre

Conclusa l’orazione dopo la Comunione, il Cardinale Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia rivolge un ringraziamento al S. Padre.

 Allocuzione, Angelus, benedizione

Il S. Padre rivolge l’allocuzione con l’annuncio della sede ospite del prossimo incontro mondiale (Philadelphia, Stati Uniti d’America, 2015) introduce la preghiera dell’Angelus, imparte la benedizione apostolica.

Poi si torna alla realtà di tutti i giorni.

Il Papa atterrerà all’ helicopterorum portum (l’eliporto vaticano) alle 18:45 proveniente dall’aeroporto di Roma Ciampino. La famiglia lo aspetta. I terremotati dell’Emilia anche (ai quali il Papa donerà 500.000 euro tratti dall’Obolo di S. Pietro).

Giorgio Nadali

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foto di apertura “papamobile” di Giorgio Nadali


La Chiesa in rosso

di Giorgio Nadali

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Quota 213 per il “club più esclusivo del mondo”. Uomini in rosso da 70 nazioni diverse, al servizio della carità nella verità. 22 nuovi cardinali nel nuovo concistoro della Chiesa Cattolica.

L’Apostolo della Genti riteneva che «Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, dev’essere irreprensibile: non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagno disonesto,  ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, pio, padrone di sé, attaccato alla dottrina sicura, secondo l’insegnamento trasmesso, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono». (Tito 1,7-9)

 «Mostra deferenza ai tuoi vescovi, rivolgiti sempre a loro per essere consigliato, e , se sarai in armonia con loro, la tua terra prospererà».  (San Remigio – 437 – 533). Eletto vescovo di Reims a 22 anni.

 «Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!». (Lc 11,46)  Ecco, il buon vescovo non deve essere così. Il buon vescovo non confonde l’integralismo con la difesa della sana dottrina. Il buon vescovo deve essere un modello di dialogo.  Un grande vescovo poi diventato Paolo VI – Giovanni Battista Montini – nel 1956 mise in atto la Grande missione di Milano per raggiungere i lontani dalla fede. Dopotutto ha promesso il giorno dell’ordinazione episcopale rispondendo ad una delle domande: «vuoi, come buon pastore, andare in cerca delle pecore smarrite per riportarle all’ovile di Cristo? Eletto: Sì, lo voglio».

 Ecco, il buon vescovo é attento a chi è lontano dalla fede e non confonde la morale con il moralismo. La morale sostenuta dai valori aiuta ad orientare le scelte, mentre nel moralismo contano più le norme stesse che i valori che le sostengono. La morale si basa sulla parola di e la tradizione della Chiesa, non è mai dogmatica ed è sempre in evoluzione.

 Il buon vescovo è umile.

      Non fa moralismi. Il moralismo è nemico della fede. Difendere la fede e la morale non vuol dire ossessionare e allontanare i fedeli con una morale più rabbinica che paolina – come direbbe il cardinale Martini.

 Il buon vescovo dovrebbe anche chiedersi per quale motivo solo il 30% dei battezzati italiani (il 4% dei francesi) frequenta la messa domenicale e non dovrebbe liquidare semplicemente il problema dando la colpa al secolarismo o al materialismo. Non dovrebbe frettolosamente concludere che non c’è più fede e quindi occuparsi soltanto dei propri fedeli. Gesù andava da tutti e anche per questo faceva scandalo. Diceva: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Lc 5,31). «I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?». (Lc 5,30) Quanti vescovi mangiano e bevono con i pubblicani e con i peccatori allo scopo di riportarli all’ovile?

 A quella vista il fariseo che l’aveva invitato pensò tra sé. «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice» (Lc 7,39). Il buon vescovo dovrebbe andare lui da tutti ed essere attento a coloro che sono lontani dalla Chiesa a ragione o a torto – soprattutto a ragione – per comprenderne i motivi. Un padre fa così.

 Il buon vescovo è un uomo dello spirito. E’ attento al suo gregge, ma sa guardare oltre.

      Quanti vescovi uomini dello spirito abbiamo? Quanti manager? Quanti fondamentalisti e quanti sostenitori della fede, ma aperti al dialogo? Il buon vescovo non è un politico. Quanti politici abbiamo e quanti uomini dello spirito? Il buon vescovo dovrebbe anche chiedersi anche per quale motivo vengono mosse certe critiche alla Chiesa. Soltanto torti? Eminenza, attenzione! Il mondo laico non è distratto! Guarda cosa ti dice:

 «L’evento più rivoluzionario, a cui pochi prestano attenzione, è la fine della trasmissione della cultura religiosa tradizionale all’ interno delle pareti domestiche. La famiglia mononucleare (tranne eccezioni) non insegna più a pregare, non spiega il decalogo, non trasmette racconti, fatti e leggende religiose. Affida tutto alla scuola, ma a sua volta l’ora di religione si è trasformata in tuttologia [per colpa di alcuni docenti che tradiscono il loro mandato, N.d.A.], saltando spesso l’esegesi della Bibbia. E così, per la prima volta nella storia del Cristianesimo, si è spezzata la catena della memoria. Basta guardarsi intorno. I figli della generazione di mezzo sanno a malapena chi è Abramo, vacillano su Isacco, ignorano Giacobbe. Le parabole sono per loro un mistero. Quando essi stessi saranno genitori non avranno più niente da tramandare. Eventi e miti che per millenni hanno sorretto la fede, parlando attraverso gli affreschi e le sculture delle cattedrali, sono diventati linguaggio muto. In Francia il direttore di un museo ha organizzato serate di cultura religiosa, perché la gente non sapeva più “leggere” i quadri.

Da noi la perdita della memoria religiosa è altrettanto diffusa. All’alba del Duemila revival religioso e desacralizzazione non sono in contraddizione. Mentre individui, gruppi, movimenti riscoprono con entusiasmo l’ardore mistico, la società contemporanea si desacralizza inesorabilmente. Non esistono più tempi sacri, momenti sacri. I luoghi santi sono per la massima parte del tempo spazi turistici e riti come il matrimonio (che quasi l’ ottanta per cento degli italiani celebra ancora cattolicamente) difficilmente sono percepiti da familiari ed amici come un’ azione sacra, in cui “Dio è presente”. La quotidianità omogeneizza tutto e l’ influenza pervasiva dei mass media contribuisce potentemente a desacralizzare le Chiese in quanto istituzione. Per millenni mistero e inavvicinabilità hanno circondato il sacro e i suoi attori. Ora grazie ai mass media, è scomparso il confine tra scena e retroscena. Ci si è accorti che le persone dell’istituzione sono assolutamente normali con i loro difetti e la loro umanità. “Il re è nudo”, dichiara Pollo. Non a caso papa Wojtyla per combattere la desacralizzazione della Chiesa e del papato ha dovuto puntare sulla proiezione carismatica del proprio personaggio, facendosi sacralizzare dalle televisioni. In questo clima predomina fra i cattolici (e fra gli altri cristiani) una religiosità impostata sul “fai da te”, sul bricolage etico, sulla tendenza a formarsi ognuno per conto suo una propria immagine di Chiesa. Tutto ciò è poco “cattolico” per come lo ha insegnato nei secoli la Chiesa. L’alta partecipazione ai matrimoni religiosi o alle prime comunioni non significa molto. Gli uni e le altre sono sostanzialmente riti di passaggio, celebrati per tradizione etnico-culturale. I preti sanno per esperienza che in genere qualche anno dopo la prima comunione i giovani abbandonano la pratica religiosa. Franco Garelli, che insieme ad altri sociologi ha curato una voluminosa indagine per la conferenza episcopale, prova a delimitare l’ area di quanti possano dirsi veramente cattolici nell’ Italia di oggi. “I credenti militanti – spiega -, coloro che fanno parte di gruppi, associazioni, movimenti e danno grande rilevanza all’ esperienza comunitaria della fede, sono circa un 10 per cento. I praticanti assidui, che però non avvertono l’ esigenza di una vita religiosa collettiva e di una visibilità, sono un altro 15-20 per cento. Sommando entrambi i gruppi si arriva ad un 30 per cento di credenti regolari”. E’ la stessa cifra riferibile ai praticanti abituali della messa domenicale, che rappresenta il centro del culto cristiano. Fra i giovani la partecipazione è naturalmente al ribasso: solo il 20-22 per cento, dice Garelli, frequenta la chiesa la domenica. Un altro riferimento per individuare lo zoccolo duro dei cittadini cattolici convinti è quello dell’ 8 per mille, la firma che i contribuenti mettono sulla dichiarazione dei redditi per favorire la Chiesa. Nel 1993 su 27-29 milioni di contribuenti (dati Cei ricevuti dal ministero delle Finanze) quasi il 49 per cento ha messo la crocetta sul modulo Irpef a favore di una confessione religiosa.

Cioè, grossomodo 14 milioni. Di questi l’ 85,8 per cento ha “votato” a favore della Chiesa cattolica: poco meno di 12 milioni e mezzo. In conclusione se al 30 per cento di cattolici regolari si aggiunge l’ area indistinta dei praticanti saltuari (40 per cento) il cattolicesimo resta in superficie religione di maggioranza. Se si va al fondo delle cose, analizzando credenze dottrinali e comportamenti delle persone, non lo è più. Vescovi e parroci, guardando all’ affluenza nelle loro chiese, sperimentano già oggi che la maggioranza è altrove. Per la chiesa-istituzione la sfida è radicale. Perché anche tantissimi giovani, che abbracciano il cattolicesimo convinti, si sentono a maggior agio in una piccola comunità, basata su un’ esperienza emotiva e la leadership carismatica di una guida spirituale, piuttosto che nell’ organizzazione ecclesiastica tradizionale. “La vera novità – aggiunge Garelli – è che oggi l’ osservanza religiosa dei giovani si identifica molto meno con l’ appartenenza ad una Chiesa”. Si vuole con-vivere piuttosto che con-credere. Le appartenenze travalicano i confini. Preghiere a Taizé, riscoperta del Gregoriano, fascino della liturgia ortodossa, meditazione orientale si mescolano esprimendo una nostalgia di sacro, refrattario alle istituzioni. Forse ha ragione Baget Bozzo. In un intrecciarsi e contaminarsi di credenze siamo tornati indietro di duemila anni: nell’ era pre-cristiana, quando milioni sognavano una qualche salvezza».[1]

 Il buon vescovo sa farsi sa farsi un’autocritica  

      Prima di condannare gli altri  cerca di capire e di incontrare gli altri soprattutto proprio perché è un vescovo. Il buon vescovo sa che nei tempi moderni deve avere a che fare con i Mass media e che i giornali possono prendere anche soltanto una sua parola da lui pronunciata per essere usata in maniera strumentale. Vescovi con formazione mediatica e di stile di comunicazione? Neanche a parlarne… Un buon vescovo è un uomo di fede, non si scandalizza di questo. Sta attento a quello che dice, sul come lo dice e quando lo dice, dove lo dice. Non dovrebbero essere i giornalisti laici a fare i salti mortali per correggere le tue gaffes di comunicazione. Perché non vuoi una Chiesa moderna, non solo a parole. Modernità non vuol dire necessariamente immoralità. Si cresce guardando in avanti, senza dimenticare il passato la tradizione. Tutti abbiamo una storia, ma si guida guardando la strada in avanti. E se devi guardare indietro, guarda nello specchietto retrovisore per svoltare. Rapidamente.  Il buon vescovo è umile e attento ad imparare anche dalle altre Chiese cristiane che non perdono fedeli ogni giorno in caduta libera. Perché il buon vescovo è anche ecumenico. Non solo negli incontri ecumenici ufficiali, ma nei fatti. Troppo orgoglio impedisce un reale incontro ecumenico. E altre chiese cristiane più moderne guadagnano fedeli. Sai, qualcuno ha detto: «Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno». (1 Cor 9,22). Ma il tuo dottorato in teologia può non bastare per questo. E’ urgente che i vescovi abbiano una formazione in scienze della comunicazione. Ma il tradizionalismo clericale è contrario a tutto ciò.

     Il papa ha perso consensi. E non pochi… Il venti per centro proprio nella sua  terra, in Germania. C’è chi avrebbe voluto maggior dialogo ecumenico con la Riforma protestante, piuttosto che revocare la scomunica ad una comunità religiosa anti concilio, che vorrebbe una chiesa ferma agli anni cinquanta del secolo scorso. C’è chi pensa, come il teologo Hans Küng,  che non basti solamente parlare sulla speranza in genere. Ci vogliono atti concreti. Ci sono per esempio milioni e milioni di divorziati che hanno difficoltà perché non sono ammessi alla comunione. Sarebbe molto meglio fare una riconciliazione con questi  divorziati piuttosto che con questi lefrevriani.. E che dire del dialogo con la riforma protestante? E invece si sono messi a repentaglio i rapporti con l’ebraismo. Che cosa dovrebbe fare il papa ora per convincere davvero che non sapeva e per riparare i guasti. Perché dopo il discorso di Ratisbona in qualche modo è riuscito a recuperare con il mondo islamico. Oggi che cosa dovrebbe fare per recuperare questo? Com’è possibile che il papa non sapesse della posizione del vescovo Williamson? Secondo Küng, e molti altri, certamente queste scuse non bastano.

I giudei stessi hanno detto che questo non basta. Il papa deve essere veramente distaccato da questo gruppo. Non è possibile che questi sono vescovi della chiesa cattolica. Anche se sono sospesi dalle funzioni non è accettabile che restino vescovi della chiesa cattolica. E questo sarebbe un atto coraggioso del papa: dire, ecco vediamo questo non è possibile, lasciamo questa gente fuori dove vogliono essere. Ratzinger è stato 20 anni nella curia Romana e vede tutto dal punto di vista del Vaticano. Adesso come papa è ancora di più in questa visione. Praticamente lui non ha nessuno tra i suoi collaboratori che non sia un destro. Tutti sono molto obbedienti, nessuno può criticare il papa. E’ senza critiche. E’ un po’ come questi del Kremlino che non vedono il mondo com’é. Hanno nella mente le loro dottrine, il loro sistema dogmatico, però non vedono il mondo e noi siamo veramente in pericolo che la chiesa avrà un danno molto più serio se il papa non collabora in collegialità con i vescovi, se lui non ha periti in vaticano che abbiano il coraggio di pronunciare una critica seria, se lui non fa altro che solamente ricevere la gente, scrivere libri e fare funzioni. Noi vogliamo avere un leader nella chiesa, un leader che guida la chiesa in  questo periodo molto difficile per tutto il mondo.

Non si è detto che il negazionismo potrebbe essere il risultato per alcuni di una visione preconciliare che accusava gli ebrei di deicidio. Prima di quel concilio che i lefebvriani disprezzano perché ha cercato di ridurre le distanze tra clero e popolo di Dio. E invece di Concilio ce ne vorrebbe un altro. Presto. Che si ponga il problema della perdita di terreno verso milioni di persone che ormai da tempo non guardano più alla Chiesa come alla madre che li conduce a Cristo.    

C’è dunque, e forse no sono pochi,  che vorrebbe un Obama sulla cattedra di Pietro. Che senza scendere a compromessi con la dottrina, suscitasse consensi raggiungendo le masse che abbandonano la Chiesa. Un linguaggio semplice, che tocchi il cuore della gente. Don Primo Mazzolari diceva: “Nell’altro non si entra come in una fortezza, ma come si entra in un bosco, in una bella giornata di sole. Bisogna che sia un’entrata affettuosa per chi entra come per chi lascia entrare, da pari a pari, rispettosamente, fraternamente. Si entra in una persona non per prenderne possesso, ma come ospite di riguardo”.

     La Chiesa ha urgente bisogno del carisma che trascina. In fondo per cambiare le persone occorre amarle, la nostra influenza arriva solo fin dove arriva il nostro amore. Se, come è, il papa è il vicario di Cristo, dovrebbe sempre suscitare  la stessa reazione che  il  Maestro provocò  nella donna samaritana: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». (Gv 4,29). Questo è possibile senza travisare il messaggio. Ma il messaggio non passa se non si creano ponti con le persone. Un carisma dunque che trascina perchè ama e che quindi accorcia le distanze con l’interlocutore. Si riescono a raggiungere i “lontani”  là dove vivono, facendo conoscere loro una nuova immagine di Chiesa. Ci arriveremo? Yes, we can. We must. [2]

     Eminenza, le chiese evangeliche americane scrivono cartelloni accanto alle chiese per invogliare la gente a riflettere. Non lo sapevi? Ti sorprende? Non ti interessa? Non sono dei veri cristiani? Ti fa sorridere? Ne ero certo. Guarda che là qualche parroco cattolico ha incominciato a fare lo stesso. Non è questione di compromettere la sacralità con il profano. Qualcuno ha rinunciato alla sua ieraticità per farsi umile Bambino in mezzo a noi, sconvolgendo le attese dei grandi della Terra. E’ la kénosi, lo sai. Si avvicina la gente al sacro partendo dal profano. Sono cattolico, tu lo sai. E ho assistito all’entusiasmo di altri cristiani come noi che pregano in un ex palazzetto dello sport trasformato in luogo di culto. A Houston, nel Texas. Lo so non puoi andarci. Non puoi fare quello che vuoi. E nemmeno lo vorresti, naturalmente. Ma sarebbe bello se tu lo facessi. Ti verrebbero i brividi. Ho visto la gioia e l’entusiasmo dei primi cristiani nei loro occhi. 40.000 fedeli a settimana in un solo colpo non sono uno scherzo. Senza parlare di quelli che ricevono il messaggio che Dio ci ama e che ci vuole vincenti (anche la croce è vittoria, lo sai). Sai quanti sono? Milioni ogni settimana via televisione e Internet. Ma ti prego, non pensare a loro come la “concorrenza” o come a cristiani “strani”. Non c’è nessuno che prega il Padre Nostro con le mani in tasca o con le braccia conserte. Ma nemmeno in latino. La Chiesa è madre e maestra. Questa mamma deve ricominciare ad essere affettuosa e trasmettere la gioia di vivere in Cristo ai suoi figli. Uno stile nuovo. Ha tanti anni, ma non deve essere mai vecchia. Ricordati che le divisioni stupide le hanno volute gli uomini e che la Chiesa è del Signore. La Chiesa. Senza altri aggettivi storici. Là tu vedresti la fede viva che sgorga dal cuore in festa. Non ti dico che un parroco debba arrivare ai  livelli di Joel Osteen oppure del compianto Roger Schutz che ha avvicinato milioni di giovani alla fede in Cristo, ma che non potrà mai essere dichiarato Santo.[3] Però la gente ha bisogno che tu gli ricordi che Dio è amore. Ma è anche gioia. Gesù voleva che la nostra gioia fosse piena. Sai, lo spirito soffia dove vuole…            

 Un buon vescovo è attento ai tutti i fedeli.

      L’attenzione e l’accoglienza di tutti i figli della Chiesa – facendoli sentire a casa loro – è un’altra caratteristica del buon vescovo, se non vuole perderli. Single di tutte le età, vedovi, separati, divorziati, ragazze madri, madri o padri soli… non dovrebbero mai sentirsi cristiani di serie B… Dovrebbero sentire la carità della Chiesa attraverso iniziative del loro buon vescovo, attento alla pastorale a 360° e non ad aumentare le distanze all’interno della sua Curia e tra i fedeli e l’Istituzione che – troppo spesso – si dimentica appartenere a Gesù Cristo. Sarà Lui che chiederà conto all’amministratore sleale o poco accorto, di quanti figli ha stupidamente perso pensando più alla sua carriera che a pascere le sue pecorelle. Ad esempio, la  festa della famiglia è importante, ma ha senso solo quando tutti si sentono parte di una famiglia spirituale, soprattutto se una famiglia non ce l’hanno più o non hanno potuto per varie ragioni formarla… Nell’era della comunicazione globale e di Internet un fedele ci mette molto poco a informarsi e passare ad un’altra Chiesa cristiana più accogliente per tutti… per non parlare di chi cede alle lusinghe delle sette. Per qualche vescovo  “sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare” (Mt 18,6) piuttosto che dare scandalo a uno solo dei figli della Chiesa… E invece le macine da asino rimangono su altri colli e nessun vescovo incapace si butta negli abissi del mare. Gli basta essere chiamato “eccellenza” o “eminenza”. Non si capisce in cosa eccella l’amministratore infedele del gregge del Signore. Non si è vescovi per carriera, ma per amore.

 Il buon vescovo deve essere un comunicatore.

      Peccato che nessuno insegni ad un vescovo ad essere un buon vescovo. Da molte parti nella Chiesa si auspica una scuola che insegni ai vescovi ad essere tali, mentre adesso si viene eletti vescovi soltanto per elezione diretta. Nessuno insegna oggi ad un prete ad essere un buon vescovo. La visione clericale tradizionale non funziona più. Oggi la Chiesa viene liberamente scelta. Oppure rifiutata. Ci sono tante proposte. Anche Dio va scelto. Io credo che Lui accetterebbe di essere confrontato con le altre proposte. Dopotutto ha accettato di farsi umilmente uomo. Si è messo in discussione. Non scandalizzarti. Dovresti “fargli pubblicità”. Sai, a non tutti basta che la Chiesa esista per essere automaticamente scelta. Senza parlare di chi non si immagina neppure di cosa faccia e di cosa abbia fatto di buono in qualsiasi secolo della sua bimillenaria storia. Di chi non capisce il tuo linguaggio teologico e quindi nemmeno di come la fede possa cambiarti la vita. Sai, un messaggio così prezioso deve essere veicolato con cura. Il 55% della nostra comunicazione è costituita dal linguaggio non verbale del nostro corpo, un altro 38% dal timbro e dall’intonazione della nostra voce. Si capisce quello che siamo e in cosa veramente crediamo. Psicologia, sociologia, immagine, stile di comunicazione… La sola teologia non basta più per attrarre l’uomo moderno. Certo, il carisma è innato, ma molto si può fare. Papa Giovanni Paolo II era amato per il suo carisma, anche se non sempre era ascoltato per la sua dottrina. Non dipende dall’essere conservatori o progressisti. E’ lo stile di comunicazione. Un vescovo deve piacere alla gente, perché ha il dovere di trasmettere il messaggio più importante che esista per l’uomo. Anche il Verbo si è fatto carne, mentre troppo spesso la Chiesa si fa solo carta. 

E poi… qualcuno dovrebbe proprio diventare come i bambini. Semplici, umili, spontanei, gioiosi, entusiasti, simpatici, innocenti, gentili, disponibili – per entrare e fare entrare i suoi figli nel Regno dei Cieli. Lo sai, per noi il potere è servizio – non dominio.

 Il buon vescovo non è clericale, è ecclesiale.

      Clericale è quel vescovo che vive il suo episcopato con lo spirito dei dottori della legge, pieni di sé. Si compiace di una morale rabbinica, basata su leggi e divieti, ma non sui valori che deve trasmettere al suo gregge. E’ più attento al politically corrrect, alla carriera. Sepolcri imbiancati, direbbe il Padrone del suo gregge.    

 Ecclesiale è quel vescovo che tiene in considerazione la dignità del laicato. “Già papa Giovanni Paolo II citando papa Pio XII diceva: «I fedeli, e più precisamente i laici, si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa; per loro la Chiesa è il principio vitale della società umana. Perciò essi, specialmente essi, debbono avere una sempre più chiara consapevolezza, non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, vale a dire la comunità dei fedeli sulla terra sotto la condotta del Capo comune, il Papa, e dei Vescovi in comunione con lui. Essi sono la Chiesa(…)» (Christifideles Laici – 9)

      Il buon vescovo sa come affrontare il laicismo e rispetta la laicità. Esiste un corretto rapporto tra cultura religiosa di un popolo e laicità di uno stato? Non esistono popoli atei. Non esistono popoli senza una tradizione religiosa. Esistono oggi solo alcuni stati in cui la legge religiosa equivale a quella civile. Le teocrazie. In tutti gli altri Paesi, le leggi fondamentali sono state scritte basandosi anche sulla cultura religiosa di maggioranza in quello stato. Non sarebbe stata pensabile la carta costituzionale italiana, astrusa dalla cultura cattolica. Semplicemente perché la grande maggioranza dei cittadini si riconosce nei valori cristiani. Perché la storia dell’Occidente è stata in larga parte fondata dal Cristianesimo. Perché la dimensione religiosa è una parte fondamentale della storia degli individui e dei popoli. Con buona pace di chi vorrebbe rivendicare la laicità come arma di difesa alla crisi della coscienza e al suo rancore verso la religione.

In un certo senso il contrasto nasce dal fatto che, com’è giusto che sia, esistono stati laici, ma non esistono popoli laici. Esiste una minoranza di cittadini non religiosi (o di altre religioni) che deve sentirsi a proprio agio in uno stato democratico, ma sempre in un Paese che trova il suo collante anche e forse soprattutto nelle tradizioni e nella cultura religiosa della sua storia. Non è un caso che su più di sei miliardi di individui nel mondo oggi stime attendibili parlino di qualche centinaio di milioni di atei o agnostici, ben al di sotto del quindici per cento dell’umanità. Un vero laico non è quindi un oppositore della religione, né si sente minacciato dalla naturale e inevitabile religiosità del suo popolo. La vera laicità non è opposta alla cultura religiosa. Uno stato laico deve tenere conto della sua tradizione religiosa. 

     Chiariamo un malinteso. Stato laico non vuol dire stato ateo e nemmeno stato antireligioso. Uno stato laico garantisce le libertà religiose. Ha una cultura religiosa che nasce dalla sua storia e nella quale si riconosce la quasi totalità dei suoi cittadini. Non è realistico pensare all’Italia come ad un Paese non cattolico. E’ impensabile guardare all’Occidente senza comprendere la storia del Cristianesimo. Uno stato laico non ha leggi basate sulla religione. Se così fosse, tutti i peccati, ad esempio, della morale cattolica, sarebbero automaticamente reati. Divorzio, adulterio, aborto, rapporti sessuali prematrimoniali non sono reati. Mentre tutti i reati sono anche peccato perché si oppongono alla visione morale, quella cattolica, che forma il tessuto culturale e sociale del nostro Paese. Certo. I valori laici e quelli cattolici possono convergere, ma è illusorio pensare che i “valori laici” in un Paese di cultura cattolica non abbiano nulla a che fare, anche a livello di formazione, con quest’ultima.

 In altre parole, il cattolicesimo ha generato anche valori che qualcuno ritiene “laici”. E così in qualsiasi altro Paese al mondo, non essendoci, abbiamo già detto, società e popoli atei. Se il nostro Paese crede nel dialogo e nella tolleranza, lo deve alla cultura cattolica. Lo sarebbe nella stessa misura se fosse stato fondato in una cultura islamica fondamentalista, come in Arabia Saudita o in Iran? Alla base delle diverse deviazioni dottrinali e pratiche del mondo attuale si può scoprire come un denominatore comune, che quasi esprima l’anima di tutto e rappresenti il principio ispiratore della complessa gamma degli atteggiamenti errati nel campo religioso e morale?

Noi pensiamo di sì e crediamo di individuare questo atteggiamento di fondo in quella diffusa mentalità attuale che va sotto il nome di “laicismo”. Non temiamo di affermare che questo è l’errore fondamentale, in cui sono contenuti in radice tutti gli altri, in un’infinità di derivazioni e di sfumature.
E’ difficile dare una definizione del laicismo, poiché esso esprime uno stato d’animo complesso e presenta una multiforme varietà di posizioni. Tuttavia in esso è possibile identificare una linea costante, che potrebbe essere così definita: una tendenza o, meglio ancora, una mentalità di opposizione sistematica ed allarmistica verso ogni influsso che possa esercitare la religione in genere e la gerarchia cattolica in particolare sugli uomini, sulle loro attività ed istituzioni.

Ci troviamo, cioè, di fronte ad una concezione puramente naturalistica della vita dove i valori religiosi o sono esplicitamente rifiutati o vengono relegati nel chiuso recinto delle coscienze e nella mistica penombra dei templi, senza alcun diritto a penetrare ed influenzare la vita pubblica dell’uomo (la sua attività filosofica, giuridica, scientifica, artistica, economica, sociale, politica, ecc.).

Abbiamo, così, innanzitutto un laicismo che si identifica in pratica con l’ateismo. Esso nega Dio, si oppone apertamente ad ogni forma di religione, vanifica tutto nella sfera dell’immanenza umana. Il marxismo è precisamente su questa posizione né è il caso che ci diffondiamo ad illustrarlo.
Abbiamo, poi, un’espressione meno radicale, ma più comune, di laicismo, che ammette Dio e il fatto religioso, ma rifiuta di accettare l’ordine soprannaturale come realtà viva ed operante nella storia umana. Nell’edificazione della città terrestre intende prescindere completamente dai dettami della rivelazione cristiana, nega alla Chiesa una superiore missione spirituale orientatrice, illuminatrice, vivificatrice nell’ordine temporale.
Le credenze religiose sono, secondo questo laicismo, un fatto di natura esclusivamente privata; per la vita pubblica non esisterebbe che l’uomo nella sua condizione puramente naturale, totalmente disancorato da un qualsiasi rapporto con un ordine soprannaturale di verità e di moralità. Il credente è perciò libero di professare nella sua vita privata le idee che crede. Se, però, la sua fede religiosa, uscendo dall’ambito della pratica individuale, tenta di tradursi in azione concreta e coerente per informare ai dettami del Vangelo anche la sua vita pubblica e sociale, allora si grida allo scandalo come se ciò costituisse una inammissibile pretesa.
Alla Chiesa si riconosce, tutt’al più, un potere indipendente e sovrano nello svolgimento della sua attività specificamente religiosa avente uno scopo immediatamente soprannaturale (atti di culto, amministrazione dei sacramenti, predicazione della dottrina rivelata, ecc.). Ma si contesta ad essa ogni diritto di intervenire nella vita pubblica dell’uomo poiché questa godrebbe di una piena autonomia giuridica e morale, né potrebbe accettare dipendenza alcuna o anche solo ispirazione da esterne dottrine religiose. Agli antipodi del pensiero cattolico.

 
Tali affermazioni, che sono in nettissimo contrasto con la dottrina cattolica. Vogliamo soltanto sottolineare la portata gravissima di esse. Praticamente si nega o si prescinde dal fatto storico della rivelazione; si misconosce la natura e la missione salvifica della Chiesa; si tenta di frantumare l’unità di vita del cristiano, nel quale è assurdo voler scindere la vita privata da quella pubblica; si abbandona la determinazione della verità e dell’errore, del bene e del male all’arbitrio del singolo o delle collettività, aprendo così la strada a tutte le aberrazioni individuali e sociali, di cui – purtroppo – i nostri ultimi decenni hanno offerto testimonianze atroci.
     Come si vede, il fenomeno laicista affonda le sue radici in un contrasto sostanziale di principi. Non si esaurisce nel fatto politico contingente, anche se preferisce sviluppare soprattutto su questo terreno la sua quotidiana polemica contro la Chiesa. Nella sua accezione più conseguente, esso è una concezione della vita che è agli antipodi di quella cristiana. Una sottile corrosione dell’anima cattolica del Paese
Il pericolo insito in questo errore è oggi accentuato da due fatti. Innanzi tutto il laicismo, nell’odierna situazione italiana, evita generalmente gli atteggiamenti plateali e massicci del vecchio anticlericalismo ottocentesco. IL più scaltrito, più duttile, più lucido ed aggiornato alle tecniche del tempo. Più che aggredire direttamente preferisce l’insinuazione perfida e la critica sottile, più che la discussione diretta preferisce la battuta di spirito e lo scherno, più che l’attacco alle idee preferisce l’utilizzazione delle debolezze degli uomini, più che le spettacolari chiassate di piazza preferisce l’orpello d’una certa severità culturale.
Anche quando attacca la Chiesa si sforza di ammantarsi di nobili motivi: vorrebbe svincolarla da ogni “compromissione” temporale, purificarla da ogni “contaminazione” mondana e politica, metterla al passo dei tempi e svecchiare le sue interne strutture, affinché, libera e ringiovanita, possa tornare ad esercitare il suo sovrano ministero spirituale sulle anime.
A questo s’aggiunge un altro fattore importante: il laicismo sfugge a posizioni dottrinali precise. Come tutti gli errori di oggi preferisce l’indeterminatezza e la vaporosità degli atteggiamenti. Fa leva soprattutto su impressioni, su sentimenti e risentimenti, su stati d’animo. Ciò è dovuto a volte alla superficialità delle sue idee, ma spesso obbedisce ad un preciso calcolo. Ama giocare sull’equivoco per raggiungere i propri scopi senza suscitare eccessive reazioni, soprattutto in quella parte dell’opinione pubblica ancora legata – in qualche modo – alla religione e alla morale cristiana. Si mimetizza per operare indisturbato in modo da creare gradualmente un clima di pensiero e di vita disancorato da ogni riferimento soprannaturale ed aperto a tutte le avventure intellettuali e morali.

Questi fatti rendono l’insidia molto più grave, perché, sotto l’apparente rispetto per la fede religiosa del popolo, può essere gradualmente e insensibilmente consumata un’opera di sistematica corrosione dell’anima cattolica del paese.

Alla base dell’odierno atteggiamento laicista vi sia un profondo contrasto di natura religiosa, lo dimostra anche uno sguardo – sia pure sommario – dato alle più recenti manifestazioni di esso, le quali possono essere così sommariamente delineate:

 a) critiche astiose, anche se talvolta espresse in forma di apparente rispetto, per ogni intervento del magistero ecclesiastico, ogni qualvolta esso, dal piano dei principi, scende alle applicazioni pratiche; allarme e rifiuto dell’intervento della Chiesa e della sua gerarchia perfino in fatto di pubblica moralità;
b)insofferenza e diffidenza, se non aperta ostilità, verso tutto ciò che è espressione del pensiero e della vita dei cattolici nel paese, verso tutto ciò che indica una loro presenza ed influenza nei diversi settori della vita pubblica;
c) compiaciuta pubblicità data ad episodi di immancabili deficienze e di presunti scandali nel clero e nel laicato cattolico organizzato; travisamento sistematico delle finalità che animano opere cattoliche di assistenza, di carità, di educazione, ecc.;

d) compiacente appoggio dato ad ogni tentativo tendente ad introdurre nella legislazione italiana il divorzio e ad attenuare le vigenti disposizioni a tutela delle leggi della vita;

e) isolati, ma chiari sforzi per rimettere in discussione il Concordato che pure fu accettato con quasi unanime riconoscimento nell’immediato dopoguerra ed inserito nella stessa Costituzione;

f) aspri attacchi contro la vera libertà della scuola non statale e continue accuse ai cattolici di voler sabotare la scuola statale; opposizione tenace ad ogni richiesta di contributi, da parte dello Stato, alla scuola non statale e taccia alla stessa di mancare di libertà e di non educare alla libertà, in quanto al cattolico sarebbe preclusa la libertà d’indagine necessaria per il progresso e la cultura;
g) scandalo e proteste per ogni partecipazione delle pubbliche autorità a manifestazioni religiose o ad atti di omaggio al vicario di Cristo, nel quale si vuol vedere soltanto il sovrano della Città del Vaticano, con cui trattare da pari a pari, pena l’umiliazione e l’abdicazione dello Stato alla sua dignità sovrana;
h) incapacità a comprendere nel loro pieno significato religioso gli interventi della Chiesa e della sua gerarchia, intesi ad orientare i cattolici nella vita pubblica, a richiamarli – nel momento attuale – al dovere dell’unità, e a metterli in guardia contro ideologie che, prima di essere aberrazioni politiche e sociali, sono autentiche eresie religiose. Gioverà ricordare le parole di Pio XI: “Ci sono dei momenti in cui noi, l’episcopato, il clero, i laici cattolici, sembra si occupino di politica. Ma, in realtà, non ci si occupa che della religione e degli interessi religiosi, finché si combatte per la libertà religiosa, per la santità della famiglia, per la santità della scuola, e per la santificazione dei giorni consacrati al Signore. Non è questo fare della politica… Allora è la politica che ha toccato la religione, che ha toccato l’altare. E noi difendiamo l’altare” (Pio XI, Discorso del 19 settembre 1925).[4]

Meno male che Dio sa scrivere dritto sulle righe storte degli uomini.

«Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito! ». (Lc 11,46). E’ quello che nessun vescovo vorrebbe sentirsi ripetere da Gesù Cristo nel giorno del giudizio. Perché c’è vescovo e vescovo… Quali caratteristiche deve avere?

Il vescovo “fondamentalista”.

     Il buon vescovo non confonde il sostegno alla sana dottrina  col fondamentalismo.

«Perciò correggili con fermezza, perché rimangano nella sana dottrina». (Tito 1,13)

    Il vescovo “fondamentalista” non dialoga. Si sente migliore degli altri. Pasce, sì, da bravo pastore il proprio gregge, ma usa il pastorale come una sciabola che divide i propri bravi fedeli dal resto delle folle di persone “cattive”, che non figli di Dio e che vogliono incomprensibilmente starsene lontane della Chiesa. O con noi o contro di noi! Siamo o non siamo la vera Chiesa?  E Gesù non ha forse detto “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”? (Mt 5,37) A lui piace la morale  rabbinica, quella basata sulla legge, non quella paolina, basata invece sui valori. Lui non va a cercare la pecorella smarrita, né tanto meno siede a tavola con i peccatori. Queste cose le faceva il Maestro, ma lui che c’entra? Ha una dignità; è un’eccellenza (o un’eminenza) da rispettare! Eminenza, avevi promesso!.. : «vuoi, come buon pastore, andare in cerca delle pecore smarrite per riportarle all’ovile di Cristo? Eletto: Sì, lo voglio».

Il vescovo “difensore della sana dottrina”

    Sostiene la sana dottrina (Tito 2,1), ma cerca di raggiungere ogni persona in nome di Cristo, secondo il monito di San Paolo  (1Corinzi 9:22): «Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno». E’ pastore, quindi è sensibile a coloro che – smarritisi – sono lontani dal suo gregge. “Per poter pre-evangelizzare la Chiesa deve farsi ascoltare, deve essere credibile. Paolo Vi nel 1975 scriveva nell’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi (51): “Rivelare Gesù Cristo e il suo Vangelo a quelli che non li conoscono, questo è, fin dal mattino della Pentecoste, il programma fondamentale che la Chiesa ha assunto come ricevuto dal suo Fondatore. Tutto il Nuovo Testamento, e in modo speciale gli Atti degli Apostoli, testimoniano un momento privilegiato e, in un certo senso, esemplare di questo sforzo missionario che si riscontrerà poi lungo tutta la storia della Chiesa.

     Questo primo annuncio di Gesù Cristo, essa lo realizza mediante un’attività complessa e diversificata, che si designa talvolta col nome di «pre-evangelizzazione», ma che è già, a dire il vero, l’evangelizzazione, benché al suo stadio iniziale ed ancora incompleto. Una gamma quasi infinita di mezzi, la predicazione esplicita, certamente, ma anche l’arte, l’approccio scientifico, la ricerca filosofica, il ricorso legittimo ai sentimenti del cuore umano possono essere adoperati a questo scopo”. E la terza assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, il 28 febbraio 1974 osservava amaramente che “Purtroppo, ci sono oggi molti pregiudizi contro la Chiesa, che ne infirmalo gravemente la credibilità e che fanno sì che essa non sia ascoltata, e, anzi, talvolta sia respinta a priori. Alcuni di questi pregiudizi sono dovuti alle lotte che nel passato ci sono state tra la Chiesa e la società civile: diffusi dalla cultura ufficiale italiana, essi sono profondamente radicati specialmente negli ambienti intellettuali, cosicché sradicarli è molto difficile. Altri pregiudizi sono nati in questi anni, , caos e dell’intervento della Chiesa nel campo politico, dovuto a necessità storiche contingenti: cosicché, per molti italiani, oggi la Chiesa fa politica o è una Chiesa ‘di parte’, perché appoggia un partito contro altri.”[5]

      Il 21 dicembre 2009 nel corso del discorso alla Curia Romana, papa Benedetto XVI osservava che è ricorrente per la Chiesa e i vescovi «la tentazione di fare politica», cioè di «cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche». “Perciò, per poter fare opera di pre evangelizzazione la Chiesa italiana deve sforzarsi di eliminare dalla sua vita a tutto ciò che favorisce il persistere di questi pregiudizi e di mostrarsi, di conseguenza, sempre più credibile e autentica. In particolare, deve sempre più chiaramente, prendere le sue distanze dalla politica concreta e militante, pur dovendo intervenire in campo politico quando sono in gioco le esigenze del Regno di  Dio e i diritti della persona umana, per denunciare le ingiustizie e proporre le vie da percorrere per costruir un mondo più umano e più fraterno; soprattutto deve mostrasi distaccata dal denaro e dagli interessi economici o di prestigio, evitando tutto ciò che può far pensare alla ricerca del lucro anche nell’amministrazione dei sacramenti: deve purificare la sua religiosità da forme ‘superstiziose’ o folcloristiche che impressionano negativamente. Positivamente la Chiesa italiana deve mostrare in se stessa che il Vangelo è veramente capace di creare un mondo nuovo di fraternità, di libertà, di amore: deve, cioè, divenire l’’icona del mondo futuro’. Perciò, essa deve eliminare dal suo seno ogni forma di ingiustizia, ogni forma di mancanza rispetto della dignità delle persone ogni divisione ‘classista’ nel clero e nei fedeli, ogni fermento razzista, mostrandosi sempre più quello che la Chiesa è nella sua essenza profonda: una ‘comunione’ o, come diceva il martire S. Ignazio, una ‘agape’, non chiusa in se stessa in spirito di difesa, ma aperta a tutti, credenti e non credenti, rispettosa delle libertà di tutti, capace di apprezzare tutto ciò che di buono, di bello, di grande, tutto ciò che di autenticamente umano c’è nel mondo di oggi, nel quale, nonostante la presenza di tanto male, Dio è all’opera e silenziosamente costruisce il suo Regno».[6]

     Padre Franc Rodè – attuale Cardinale prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata – nel 1984 scriveva: “Innanzi tutto dobbiamo essere umili nel dialogo, per rispetto al non credente al quale ci rivolgiamo… dove il cristiano troverebbe nella sua fede il fondamento   d’una qualsiasi sufficienza?.. Chi, in effetti potrebbe lusingarsi di ricevere il dono della fede, se rifiutasse d’esprimere e di comunicare questo dono nella semplicità, nella dolcezza?”[7]

 Il buon vescovo non è un manager

     Deve ricordare che la sua autorità è più vicina a quella di un padre, che a quella di un leader. E’ un uomo dello spirito. Certo di avere anche capacità di guida, anche di comando, di gestione della sua diocesi, ma è sempre un uomo dello spirito e la gente oggi ha molto bisogno di modelli spirituali. Guai al vescovo manager. Pensa come sarebbe bello se tanti battezzati “perduti” guardassero alla Chiesa come alla casa di un Padre pronto a fare festa per il loro ritorno. Un Padre che non ha detto una sola parola di condanna. Basta la gioia del ritorno. Fratelli che tornano per interesse – perché hanno fame di verità – e che poi scoprono con sorpresa l’amore che accoglie senza condizioni. Ma se tornano e poi trovano te come manager o come ieratico giudice, beh allora… Cosa fai per questi fratelli? Cosa fai per raggiungerli? Parli la loro lingua? Li capisci? Sai quello che pensano di te e metti da parte il tuo orgoglio?

 Il buon vescovo non confonde la morale col moralismo

    La morale orienta la libertà al bene autentico ed è basata sulla parola di Dio e la tradizione della Chiesa. Questa però può cambiare, evolversi, essere attenta alle situazioni che lo scorrere della storia porta alla ribalta della riflessione etica. La tradizione è buona quando preserva da interpretazioni soggettive, non quando impedisce uno sviluppo della teologia morale. Altrimenti saremmo ancora a sostenere le indicazioni morali errate di papi e dottori della Chiesa. Un esempio? Papa Leone Magno (461) riteneva che «presso tutte le madri di questa terra il concepimento non è senza colpa» (Sermones 22,3). Papa Gregorio Magno (604) riteneva l’unione coniugale immune da colpa solo con la previa intenzione di generare. Per lui «Il piacere non può essere mai senza peccato». Cesario di Arles (542), vescovo, ammoniva che figli lebbrosi e indemoniati sarebbero nati da rapporti sessuali avuti nel dì festivo. Papa Nicola I (866) raccomandava di astenersi da ogni piacere della carne e contaminazione del corpo nei giorni di festa. Per S. Girolamo (420) una donna cessa di essere tale e può essere chiamata uomo quando vuol servire più Cristo che il mondo (Comm. ad Ephesios III,5). Egli afferma inoltre che la contraccezione è omicidio. Papa Gregorio I era convinto che «il piacere non può mai essere senza peccato». La verginità consacrata a Dio è molto superiore al matrimonio.

Il buon vescovo deve rispettare la tradizione, ma essere sempre aperto ad una riflessione che eviti al suo ministero di creare fossati incolmabili col mondo laico e con la parte del suo gregge che non riesce ad accettare una morale come dogmatica. Questo vuol dire dialogo umile e aperto:

Il moralismo è nemico della morale e allontana, la morale comprende. E per favore, dateci una Chiesa realmente ecumenica! Una Chiesa al cuore del Vangelo. Se no la gente comune, sopratutto quel 70% dei cattolici italiani continuerà ad interessarsi solo a quanto guadagnano il Papa, i cardinali e i vescovi… “Stranamente” l’articolo più letto di questo blog, da sempre. (http://giorgionadali.wordpress.com/2010/07/11/vaticano-e-stipendi-papa-vescovi-cardinali-e-preti)


[1] Marco Politi – Sarà il Millennio dei senza Cristo? La Repubblica, 28 luglio 1997, p. 21

[2] Giorgio Nadali – Un Obama a San Pietro, Affari Italiani, 10 febbraio 2009

[3] Joel Osteen è il pastore di Lakewood Church, la più grande chiesa cristiana indipendente degli Stati Uniti. Definito il “predicatore del sorriso”. www.lakewood.cc  Roger Schutz era il priore della comunità ecumenica più grande del mondo. La comunità di Taizé, Francia. www.taize.fr  che papa Giovanni XXIII aveva definito come “Primavera della Chiesa”.

[4] Lettera dell’Episcopato al Clero. Roma, 25 marzo 1960, tratto da Litterae Communionis, supplemento al n. 5, 1988

[5] Evangelizzazione nel mondo contemporaneo – Documenti dell’episcopato italiano per la III assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, 28 febbraio 1974, p. 474 s.

[6] Op. cit. p. 476

[7] Franc Rodè in Via Verità e Vita – Novembre-Dicembre 1984 –“Per una pastorale verso I “lontani”. P. 19

Cf. Giorgio Nadali – La croce e l’anello. Misteri e segreti delle carriere ecclesiastiche, Udine, Edizioni Segno, 2010 

Giorgio Nadali

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GMG Madrid 2011. Cori di gioia e tifo religioso

dell’inviato Giorgio Nadali

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E’ possibile ascoltare cori di montagna in italiano a squarciagola su un vagone del metrò di Madrid? Girare per la città e ascoltare ovunque cori di gioia, vedere bandiere del vaticano sventolate da giovani a piedi nudi, insieme a quella americana, file di confessionali all’aperto, stands per invogliare alla vita consacrata… Tutto questo è possibile alla Giornata Mondiale della Gioventù. Un grande business per la città, ma anche una grande occasione per migliaia di giovani per aprire le porta a Cristo e caricarsi della forza della testimonianza per quando sarà decisamente meno facile essere dei cristiani coerenti, soprattutto fuori dal proprio territorio religioso. Santo Padre, mi scusi. I miei colleghi giornalisti hanno preferito prendere la loro navetta dal Centro Stampa dal Palazzo dei Congressi di Madrid e seguirla negli eventi ufficiali. Io ho preferito seguire soprattutto coloro per i quali Lei è venuto qui. Quelle centinaia di migliaia di giovani in festa. Sono stato pellegrino insieme a loro, nei loro spostamenti caotici sulle strade assolate e dentro i metrò. Nei negozi ad accaparrarsi la sua immagine e le magliette. In tutto o quasi, tranne che per l’albergo a cinque stelle. Quasi comodo come la Nunziatura, ma il Signore ci perdonerà qualche comodità. Dunque, folle oceaniche come semi nelle mani del Signore. Quanti cadranno sulla terra buona? Quanti cederanno alle seduzioni del mondo? La GMG sarà un bel ricordo di gioventù o una tappa per una fede che è pronta al sacrificio, alla testimonianza scomoda, all’apertura a chi è lontano dai valori cristiani? Come ad esempio quei fratelli che ieri sera manifestavano contro di lei e il Vaticano. Quanti pregheranno per loro e daranno una testimonianza credibile, quando coretti e bandiere non basteranno decisamente per darla? Quanti saranno coerenti al suo insegnamento morale gli stessi che ora esprimono il loro entusiasmo verso la sua persona? Intanto stasera, la grande veglia e domani la Messa all’aerodromo Cuatro Vientos. Dove volavano gli aerei, sino a domani voleranno alti i cuori e le speranze della Chiesa. Voi siete la mia speranza, diceva Giovanni Paolo II – che ha voluto queste giornate. E allora benvengano i cori stonati nella metro e i piedi nudi in chiesa. Aspettiamo i frutti.

Giorgio Nadali

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GMG Madrid 2011. Folclore cattolico nel caldo infernale

dell’inviato Giorgio Nadali

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Siate lieti, scriveva San Paolo ai Filippesi. Lieto è il milione di giovani che ha letteralmente invaso il centro di Madrid, oggi per l’arrivo di Papa Benedetto XVI nella capitale spagnola, in occasione della XXVI edizione della Giornata Mondiale della Gioventù. Una folla festante che ha preso sul serio l’invito dell’Apostolo delle Genti. Anche perché alla loro età é facile essere lieti, sventolare bandiere e innegiare coretti del tipo “Benedetto, Benedetto!” verso chi li ha riuniti dai cinque continenti. Quando le amarezze e le delusioni della vita non hanno ancora messo alla prova quella fede che qui sta tra il folclore e il tifo da stadio. Prima che la loro festaiola innocenza capisca che le cose belle durano poco, che c’è solo qualche momento di felicità in un mare di sofferenza e si chiedano se a Dio importi qualcosa di questo. Un’altra prova di forza e di tenuta per la Chiesa Cattolica in piena crisi vocazionale e di consensi. Quanti di loro, smesse le magliette colorate e cessati i coretti sapranno farsi testimoni credibili verso quell’oceano di indifferenza là appena fuori del proprio comodo orticello cattolico? Quanto questa fede sarà utile quando capiranno che seguire Cristo vuol dire portare la croce, non uno zainetto colorato rosso, giallo e arancione con scritto JMJ Madrid 2011? Quanti sapranno amare chi nella vita ha sbagliato molto e ora è come Zaccheo, il Figliol Prodigo, la peccatrice perdonata? Quanti tenderanno loro la mano, la stessa che ora sventola bandiere variopinte? Alla cattedrale dell’Almudena i giovani si fanno fotografare davanti alla Madonna, come se fosse la cantante americana ormai in declino. Ma anche pie suore. Più in là qualcuno fa respirare su un banco i nudi piedi stanchi. Nessuno esce dalla cattedrale facendosi il segno di croce, forse troppe bandiere anche lì sventolate hanno fatto dimenticare il senso del luogo sacro. E allora Benedetto, Benedetto, il Catholic Pride di Madrid sta funzionando nell’immagine. Dio vedrà la sostanza. Intanto aspetto qui nella Calle della Virgen de los Peligros il tuo passaggio in Papamobile. Ti affido a Lei, Santità, anche per il pericolo che la Chiesa sta correndo. Più santità e meno folclore forse gioverebbero. Solo tornando al “Padre, che tutti siano una cosa sola” di Gesù, potrà esserci un’inversione di tendenza. L’unità di tutte le Chiese senza alcuna divisione. Unità nella sostanza, lasciando perdere tutto il resto.  Chissà cosa ne pensa quella donna senzatetto che da sotto un ponteggio della Carrera de San Jeronimo li guarda passare mentre (ancora) sbandierando cantano: “este è la juventud del Papa” (questa è la gioventù del Papa).

Giorgio Nadali

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Medjugorje. Ecco perché non verrà riconosciuta dalla Chiesa

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Giorgio Nadali

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http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/30/medjugorie-chiusa-commissione-dinchiesta-bergoglio-scettico-sui-veggenti/

AGGIORNAMENTO 2 FEBBRAIO 2014: PAPA FRANCESCO NON CREDE A MEDJUGORJE

«Il più grande imbroglio nella storia della Chiesa». Così lo definì il vescovo della zona – Pavao Zanić, che  nutrì fin dagli inizi fortissimi dubbi sulle presunte apparizioni, proprio sentendo i protagonisti. Diversi uomini di Chiesa, increduli dinnanzi ad una Madonna troppo “chiacchierona” (11.000 apparizioni sino a oggi dal 1981 sono davvero troppe, soprattutto la quotidianità di tali eventi stona con l’eccezionalità dell’intervento soprannaturale in tutte le Sacre Scritture). 18 sono state le apparizioni riconosciute di Lourdes. Ma tutti i giorni da 30 anni a tutt’oggi a Medjugorje è una vera assurdità. Il caso diventerebbe anche il più grande fenomeno di fanatismo nella storia della Chiesa cattolica. Toni cupi e apocalittici e reazioni scomposte di molti fedeli suggestionati. Tipico della “religiosità ipomaniaca” – come la chiama l’esperto psicologo della religione e psicanalista Giacomo Dacquino,  docente presso la Facoltà Teologica di Torino, l’Università Pontificia Salesiana e la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Pavia. Il fanatismo religioso, in buona sostanza. Nulla a che fare con la serenità che viene dalla fede sempliceUna fede che crede più all’amore di Dio, che e a uno arrabbiato pronto a distruggere tutti. Dio non può che amare. E ha mandato Suo Figlio. Abbiamo il suo Vangelo. Altri messaggi sono superflui. A Medjugorje la Madonna avrebbe superato la durata di tre anni della vita pubblica di suo Figlio e avrebbe parlato molto più di Lui, come se il Vangelo non bastasse più…  Una Madonna troppo “apocalittica” – molto distante dalla discrezione di Maria di Nazareth descritta nei Vangeli. Tutti costoro hanno liquidato Medjugorje come un panzana gigantesca per creduloni sempliciotti. Assetati non della Parola, ma del sensazionalismo e del miracolismo bigotto. Di una Madonna showgirl per spettacoli a date fisse c’è n’é già una e non é certo l’umile e discreta Santissima Madre di Cristo. Una Madonna malata di protagonismo, che non indica il Figlio ma solo se stessa (la mia via, la mia missione…) e che fa da anni dell’intervento soprannaturale una routine quotidiana spettacolare non è certo Maria di Nazareth.

Ad oggi le apparizioni sarebbero state 40mila. La Madonna è Madre! – ha detto PAPA FRANCESCO – E ci ama a tutti noi. Ma non è un Capoufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni”. “Queste novità – ha affermato il Papa – allontanano dal Vangelo, allontanano dallo Spirito Santo, allontanano dalla pace e dalla sapienza, dalla gloria di Dio, dalla bellezza di Dio”. Perché “Gesù dice che il Regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione: viene nella saggezza”.  http://www.newscattoliche.it/papa-madonna-no-capoufficio-poste/

A Medjugorje in Bosnia Erzegovina, dove ogni anno si recano oltre 2 milioni di pellegrini, è tornata di nuovo una commissione di indagine della Congregazione per la dottrina della fede. Da oltre 25 anni la Madonna apparirebbe ogni giorno ai veggenti e una volta al mese detterebbe un messaggio per l’umanità. Ma il cardinale Bertone non nasconde il suo scetticismo: “Dal 1981 a oggi Maria sarebbe apparsa decine di migliaia di volte a Medjugorje. Questo è un fenomeno non assimilabile ad altre apparizioni mariane”. Per questo il Vaticano ha chiesto all’Opera romana pellegrinaggi (una delle più importanti agenzie di turismo religioso che fa capo al Vicariato di Roma) di depennare dal catalogo le visite al più famoso santuario della ex Iugoslavia. http://www.josp.com/CommerceTab/tabid/88/keys/mariani/language/it-IT/Default.aspx

A tutto ciò si aggiunge un business da parte di alcuni presunti veggenti. Certo, un business si è venuto a creare anche per Lourdes e Fatima, ma non a favore dagli stessi veggenti. Come se Santa Bernadette Soubirous – veggente di Lourdes – avesse aperto un albergo guadagnandoci un sacco di soldi…  Basta confrontare la loro vita con il beato Francisco Marto, con Giacinta Marto e Suor Lucia dos Santos, veggenti di Fatima. O San Juan Diego Cuauhtlatoatzin di Guadalupe… I “veggenti di Medjugorje sono: Vicka Ivanković, Mirijana Dragičević, Marija Pavlović, Ivan Dragičević, Ivanka Ivanković e Jakov Čolo. Quattro dei presunti “veggenti” bosniaci vivono ancora a Medjugorie, una a Monza – sposata con un italiano – e uno fa la spola tra la sua villa con piscina negli Stati Uniti e la cittadina bosniaca. Quest’ultimo – Ivan Dragicevic – nel 1981 era andato in seminario a Visoko, dove ha continuato a ricevere le presunte “apparizioni”. Nel periodo della prima “apparizione”, lavorava in una piantagione di tabacco nelle campagne limitrofe. Dato che a scuola era stato rimandato e non aveva superato l’esame, si pensava che lo studio gli avrebbe procurato minori difficoltà se fosse passato al ginnasio di Dubrovnik. Anche se a Dubrovnik, dopo aver superato l’esame di riparazione riuscendo a passare in seconda classe, non ha tuttavia dimostrato la volontà di proseguire gli studi così come l’aveva per le “apparizioni”, e così è ritornato a casa nel gennaio 1983.

Nessuno dei veggenti ha abbracciato la vita consacrata. Non obbligatoria, ma un fatto insolito per questo genere di eventi. Lourdes e Fatima hanno visto vocazioni consacrate nei veri veggenti e molta discrezione. Nel 1994 Dragicevic si è sposato a Boston con un’americana e così la vocazione al sacerdozio passò irrevocabilmente alla vocazione matrimoniale. L’americana era l’ex miss Massachusetts del 1990, Laureen Murphy, dalla quale ha avuto quattro figli. Ora vive parte dell’anno – da Ottobre ad Aprile – negli Stati Uniti e parte – da Maggio a Settembre a Medjugorje, dove lui e la sua famiglia gestiscono una pensione. Da Ottobre ad Aprile la Madonna gli appare ogni giorno presso la piscina della sua villa di Boston. Perché proprio il periodo Maggio-Settembre? La possibile risposta a questa domanda va ricercata tra i pellegrinaggi dell’agenzia di viaggi americana 206 Tours. Tra le varie offerte, infatti, è presente il pacchetto Prayer Experience with Ivan Dragicevic and Family (“Esperienza di preghiera con Ivan Dragicevic e famiglia”), nel quale viene pubblicizzato e venduto un pellegrinaggio a Medjugorje con alloggio a casa del “veggente”. Stranamente, il periodo in cui Ivan è presente a Medjugorje coincide perfettamente con le date prenotabili per il pellegrinaggio.  Ognuno costa oltre 2000 dollari. http://www.206tours.com/tour1

Tra i motivi di diniego della approvazione della Chiesa per presunte apparizioni vi è: “Qualsiasi tentativo di guadagno finanziario in relazione all’evento supposto”…

In soli 5 anni il “veggente” Ivan Dragicevic ha comprato immobili per un valore complessivo di 1.566.000 dollari, equivalenti a 1.470.953 euro (tenendo in considerazione la valutazione dell’euro al momento delle compravendite). Un americano medio, nei 5 anni avrebbe guadagnato 198.508 dollari lordi, 195.336 euro lordi (tenendo in considerazione la valutazione dell’euro anno per anno). Cifre che, al lordo, sono quasi 10 volte inferiori alla somma spesa dal “veggente”. Come Ivan Dragicevic, anche altri “veggenti” – e i loro parenti – posseggono una pensione a Medjugorje. Il Vescovo di Mostar è finora l’unico canonicamente legittimato ad esprimere un giudizio su Medjugorie e questo giudizio è negativo.

“In questo campo, più che mai, la pazienza è un elemento fondamentale. Nessuna apparizione è indispensabile alla fede, la Rivelazione è terminata con Gesù Cristo”. (Benedetto XVI)

Il 17 marzo 2010 la Santa Sede ha istituito, presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, una speciale commissione internazionale di inchiesta e di studio sulle apparizioni della Madonna di Međugorje, presieduta dal cardinale Camillo Ruini. La Commissione è composta dai seguenti membri: Cardinale Jozef Tomko, Presidente emerito del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali,  Cardinale Vinko Puljić, Arcivescovo Metropolita di Sarajevo,  Cardinale Josip Bozanić, Arcivescovo Metropolita di Zagabria, Vicepresidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa,  Cardinale Julián Herranz Casado, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi,  Cardinale Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi,  Mons. Tony Anatrella, Psicoanalista e specialista in Psichiatria sociale,  Mons. Pierangelo Sequeri, Docente di Teologia Fondamentale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale,  Padre David-Maria Jaeger, O.F.M., Consultore del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi,  Padre Zdzisław Józef Kijas, O.F.M.Conv., Relatore della Congregazione delle Cause dei Santi,  Padre Salvatore Perrella, O.S.M., Docente di Mariologia presso la Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”,  Prof. Dr. Achim Schütz, Docente di Antropologia Teologica presso la Pontificia Università Lateranense, in qualità di segretario,  Mons. Krzysztof Nykiel, Officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, funge da segretario aggiunto. Ai lavori della Commissione hanno partecipato anche alcuni esperti: Franjo Topić, Docente di Teologia Fondamentale a Sarajevo;  Padre Mijo Nikić, S.J., Docente di Psicologia e Psicologia delle Religioni presso l’Istituto Filosofico e Teologico della Compagnia di Gesù a Zagabria, Padre Mihály Szentmártoni, S.J., Docente di Spiritualità presso la Pontificia Università Gregoriana, e  Sr. Veronica Nela Gašpar, Docente di Teologia a Rijeka.

Secondo la fede protestante, anche se fossero davvero scientificamente dimostrati degli autentici miracoli, quali guarigioni connesse a queste apparizioni, andrebbero in ogni caso ascritti come origine a potenze occulte ed ingannatrici che assumono l’aspetto di Maria o di altri santi per ingannare le persone ed allontanarle dall’autentica fede biblica. La Scrittura parla ampiamente di falsi profeti con falsi prodigi: Mt 24,24 e Ap 16,14. Queste apparizioni sono considerate sostanzialmente una forma particolare di spiritismo ed idolatria, anche se piamente mascherati, ma del tutto condannato da Dio: Dt 18,10.

Siti critici su Medjugorje:

http://www.stpauls.it/vita03/0110vp/0110v120.htm (Vita Pastorale)
http://www.stpauls.it/jesus03/0107je/0107je18.htm (Jesus)
http://www.stpauls.it/jesus03/0107je/0107je23.htm (ancora Jesus)
http://www.stpauls.it/fc01/0125fc/0125fc36.htm (Famiglia Cristiana)
http://veritasprimacaritas.googlepages.com/
http://www.sanpiox.it/pub/tradcatt/TClug06.pdf (pagg. 8-34)
http://www.chiesaviva.com/392%20mensile.htm
http://noncredoamedjugorje.blogspot.com
http://www.salpan.org/SCANDALI/CARIS…ntecostali.htm
http://www.salpan.org/SCANDALI/CARIS…-Corvaglia.htm
http://www.effedieffe.com/rx.php?id=…&chiave=savino
http://www.effedieffe.com/rx.php?id=…ria %20chiari
http://www.effedieffe.com/rx.php?id=2194%20&chiave=arai
http://www.ascoltalaradio.it/public/index.php?id=142 (file audio: cliccare su play)

Si può e si deve onorare la Madre di Cristo anche evitando fenomeni dubbi e di fanatismo. Nessuno obbliga un fedele a credere ad alcuna apparizione, nemmeno a quelle rarissime riconosciute dalla Chiesa cattolica. Senza dimenticare che è Cristo il Salvatore. Il resto è solo territorio di guerra contro l’ecumenismo e l’unità dei cristiani.

Apparizioni non riconosciute  Apparizioni riconosciute
1503-1566 Nostradamus, Francia 100-1000 d.C. Alcuni mistici hanno ricevuto una o più rivelazioni private o apparizioni di Cristo, Angeli, e della Madonna. Tra loro Giacomo, Ippolito, Policarpo, Agostino, Crisostomo, Gregorio Magno, Lacanzio, Metodio, Cataldo, Remigio, Cesario di Arles, S. Giovanni Damasceno…
– 1600~ Maddalena della croce, Cordova, Spagna
– 1769-1821 Marie Lenormand, Francia
– 1846 La Salette, Francia, riconosciuta nel 1851 ma condannata dal Sant’ Uffizio Decr. 9 maggio 1923 ed inserita nell’ Index Librorum Prohibitorum (Pio XI)
– 1871-1916 Rasputin, Siberia
– 1861-1922 Felicie Kozlowska, suora francescana scomunicata da Pio X
– 1878 Luigia Piccareta, Corato (I) Condanna Decr. S. Off. 13-07-1938 (Index Librorum Prohibitorum)
– 1931 Ezquioga, Spagna
– 1931 Izurdiaga, Spagna
– 1933 Onkerzele, Belgio
– 1933 Etikhove, Belgio
– 1933 Herzele, Belgio
– 1933 Olsene, Belgio
– 1933 Berchem-Anvers, Belgio
– 1933 Tubize, Belgio
– 1933 Verviers, Belgio
– 1933 Wilrijk, Belgio
– 1936 Bouxiers-aux-Dames,  (F)
– 1936 Ham-sur-Sambre, Belgio
– 1937 Voltago, Italia
– 1938 Kerizinen, Francia
– 1943 Girkalnis, Lituania
– 1943 Athis-Mons, Francia
– 1944 Ghiaie di Bonate, Italia
– 1945 Ida Peerdeman, Amsterdam (NL), condannata dal Vescovo Huibers il 7.5.56, conferma Santa Sede Cardinal Pizzardo il 13.3.57 (prot. N. 511/53), 25.03.1974 Congregazione per la dottrina della fede conferma divieto di propaganda, 26.04.1986 Cardianal Ratzinger conferma validità notifica del 1974.
– 1946 Espis, Francia
– 1947 Pierina Gilli, Montichiari (I)
– 1947 Casanova Stafora (ragazza), Italia
– 1947 Rosa Mistica, Italia, condannata dal Vescovo Bruno Foresti di Brescia
– 1947 Forsweiler, Germania
– 1948 Gimigliano (ragazza), Italia
– 1948 Marina di Pisa, Italia
– 1948 Lipa (1 religioso), Filippine
– 1948 Montlucon (1 religioso), Francia
– 1948 Cluj, Romania
– 1949 Lublin, Polonia
– 1949 Zo-Se (1 religioso), Cina
– 1949 Heroldsbach (4 bambini), Germania
– 1950 Acquaviva Platani (ragazza), Italia
– 1951 Casalicontrada (1 uomo), Italia
– 1953 Cossirano (1 uomo), Italia
– 1953 Santo Saba (ragazzo), Italia
– 1953 Maria Valtorta, Caserta (I), condannata dalla Santa Sede nel 1949, 1960, 1985 e 1993 (16.12.59 Papa Giovanni XXIII conferma “libri proibiti”)
– 1954 Eisenberg (ragazza), Austria
– 1954 Marie-Paule Guigère, Quebec, 1971 forma l’armata di Maria, condannata nel 1987 dal Cardinal Louis-Albert Vachon, Arcivescovo di Quebec con conferma del Cardinal Ratzinger nel febbraio 1987. Agosto 2001 I vescovi canadesi: l’«Armée de Marie» non è cattolica.
– 1956 Urbania (diversi bambini), Italia
– 1961 Garabandal (4 ragazze), Spagna, condannata definitivamente dal Vescovo di Santander Jose Vilaplana 11.10.96
– 1961 Craveggia (1 donna), Italia
– 1961 Rosa Quattrini, San Damiano (I)
– 1962 Ladeira (1 donna), Portogallo
– 1964 San Vittorino, Italia
– 1966 Ventebbio (1 prete), Italia
– 1967 Bohan (2 uomini), Belgio
– 1968 Palmar de Troya (4 ragazzi), Spagna
– 1968 Carmela Carabelli, Italia
– 1970 Veronica Leuken, Bayside (USA), condannata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede 14.6.66 e dal Vescovo di Brooklyn John Mugavero 4.11.86
– 1971 Marisa Rossi, Roma (I), seguita da Don Claudio Gatti incorso nella sospensione “latae sententiae” il 22.10.1998 dal Card. Camillo Ruini.
– 1972 Don Stefano Gobbi, Italia, condanna Arcivescovo Agostino Cacciavillan (USA) 12.1.95
– 1973 Mortzel, Belgio
– 1973 Dozulé (Magdalene Aumont) Francia, condannata dai Vescovi di Bayeux & Lisieux Jean Badré 24.6.83 e Pierre Pican 15.3.91
– 1974 Derval (1 uomo), Francia
– 1976 Cerdanyola, Spagna
– 1977 Le Fréchou (1 uomo), Francia
– 1980 Ampero Cuevas, El Escorial Spagna
– 1980 Ede Oballa (1 uomo), Nigeria
– 1981 Medjugorje (6 ragazzi), Bosnia-Erzegovina. Non riconosciuta dai Vescovi Pavao Zanic (1985) e Ratko Peric (1993, 1997). Le presunte apparizioni continuerebbero ininterrottamente sino a oggi, da 30 anni…
– 1981 La Taludière (ragazzo), francia
– 1982 Nowra (1 uomo), Australia
– 1982 Canton (1 donna), USA
– 1983 Penablanca (ragazzo), Cile
– 1983 Olawa (1 uomo), Polonia
– 1984 Gargallo di Carpi (1 uomo), Italia
– 1985 Renato Baron, San Martino di Schio (Vicenza) Italia
– 1985 Oliveto Citra, Salerno (12 ragazzi) Italia
– 1985 Maureen Sweeney, Cleveland (USA)
– 1985 Julia Kim, Naju, Korea
– 1985 Vassula Ryden, Svizzera, “messaggi non divini” Congregazione per la Dottrina della Fede 06.10.95
– 1986 Nsimalen (6 ragazzi), Cameroon
– 1987 Mayfield, Irlanda
– 1987 Terra Blanca (3 ragazzi), Messico
– 1988 Christina Gallagher, Irlanda, “nessun intervento soprannaturale” Arcivescovo Michael Neary
– 1988 Lubbock (diverse persone), USA
– 1988 Scottsdale (diverse persone), USA
– 1988 Estella Ruiz, Phoenix (USA)
– 1989 Joseph Januszkiewicz, Marlboro, New Jersey
– 1990 Teresa Lopez e Veronica Garcia, Denver (USA), divieto di promozione Arcivescovo J. Francis Stafford 9.3.94
– 1992 Carol Ameche, Scottsdale, Arizona (USA)
– 1993 Matthew Kelly, New S. Wales, Australia
1170-1221: S. DOMENICO1265: S. SIMONE STOCK1302: S. GERTRUDE1360: S. CATERINA DA SIENA1373: S. BRIGIDA1531: NOSTRA SIGNORA DI GUDALUPE appare a Juan  Diego1558: S. TERESA D’AVILA1567: S. GIOVANNI DELLA CROCE1634: NOSTRA SIGNORA DELLA FORTUNA a QUITO, ECUADOR appare a Madre Maria Anna di Gesù Torres1690: S. MARGHERITA  ALACOQUE1774-1824: ANNA CATERINA EMMERICH1769-1837: B. ANNA MARIA TAIGI1777: GIORGIO WASHINGTON1830: LA MEDAGLIA MIRACOLOSA è rivelata a Caterina Laboure1846: NOSTRA SIGNORA DI LA SALETTE appare in lacrime a due bambini: Melanie e Maximim1858: NOSTRA SIGNORA DI  LOURDES appare a S. Bernadette Soubirous1859: S. GIOVANNI VIANNEY1862: S. GIOVANNI BOSCO1873: MARIE-JULIE JAHENNY1899: S. GEMMA GALGANI1910: SUOR MARIA BENIGNA CONSOLATA FERRERO1917: NOSTRA SIGNORA DI FATIMA1918: S. PADRE PIO DA PIETRELCINA1922: CHARLES VON HAPSBURG1923: SUOR JOSEFA MENENDEZ1932: BEAURAING, Belgio, la Madonna appare a cinque bambini1932: TERESA NEUMANN1938: B. SUOR MARIA FAUSTINA Kowalska1940: SUOR ELENA AIELLO1973: Ad AKITA, GIAPPONE, Suor Agnes Sasagawa Katsugo1980: NOSTRA SIGNORA DEL NICARAGUA appare a Bernardo Martinez.1982: NOSTRA SIGNORA DI SOUFANIEH appare a Mirna NazzourInoltre la Chiesa riconosce le seguenti apparizioni personali a:Basilio MagnoSanta Monica

San Bernardo da Chiaravalle

San Domenico

San Simone Stock

Santa Brigida di Svezia

Celestino V

Santa Margherita Maria Alacoque

Alphonse Marie Ratisbonne

Marta Robin

Per evitare rischi, meglio essere prudenti e camminare in oscura fede: ciò che Dio vuole, come si legge nell’opera “Salita del Monte Carmelo” di San Giovanni della Croce.

Giorgio Nadali

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Giovanni Paolo II da beato a santo in meno di tre anni. L’ultimo record da battere

di Giorgio Nadali

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Giovanni Paolo II è beato. E tutti si riscoprono improvvisamente devoti cattolici. Anche quel 70% di italiani che in chiesa non ci mettono mai piede. Una grande festa con tanto di reliquia-ampolla di sangue liquido con anticoagulante, portata in processione. Un campione prelevato per un’eventuale trasfusione, utile anche per una probabile beatificazione. La santità – quando è autentica  – ha un benefico effetto propulsivo per l’immagine della Chiesa.

Beato significa che il fedele è con certezza in Paradiso a causa delle sue virtù vissute in modo esemplare, anche se non ancora ufficialmente da venerare come santo per tutta la Chiesa . L’ultimo papa santo è stato San Pio X (il trevisano Giuseppe Melchiorre Sarto). Morto il 20 agosto del 1914, beatificato il 3 giugno 1951 (dopo 37 anni)  e dichiarato santo il 29 maggio 1954 (a 40 anni dalla morte).  Prima di lui bisogna tornare a San Pio V (Antonio Ghislieri), morto nel 1572. L’ultimo papa beato è stato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli). Morto il 3 giugno 1963. Beatificato il 3 settembre 2000 (dopo 37 anni) proprio da Giovanni Paolo II insieme a Pio IX (Giovanni Mastai Ferretti), morto nel 1878.

I papi canonizzati sono 78, circa il 30% del totale (265), e appartengono quasi tutti alla Chiesa martire dei primi secoli. I papi beati (non santi) sono 10. La prassi di beatificare e canonozzare nuovi beati e santi appartiene alla Chiesa Cattolica.

Le Chiese ortodosse hanno santi, ma solo dell’antichità e non ne dichiarano mai di nuovi.

Nel 2008 la Chiesa cattolica ha dichiarato 14 nuovi beati e 4 nuovi santi. Nel 2009 sono stati canonizzati 10 santi di cui 4 italiani, due uomini e due donne. L’ultima santa italiana laica – madre di quattro figli- è stata dichiarata nel 2004 Gianna Beretta Molla (+1962). L’ultimo santo italiano laico è stato il medico Giuseppe Moscati (+1927) nel 1987, patrono degli anatomo-patologi. La più giovane santa italiana è Maria Goretti, morta a soli 12 anni nel 1902.

Papa Giovanni Paolo II ha già battuto diversi record con la sua santità:

  • 3° pontificato più lungo della
    storia: 1978 – 2005
  • Unico papa polacco
  • Papa straniero dopo 455 anni di papi tutti italiani
  • 3 esorcismi
  • 6 ospedalizzazioni
  • 9 concistori
  • 11 costituzioni apostoliche
  • 14 encicliche
  • 14 esortazioni apostoliche
  • 28 motu proprio
  • 38 visite ufficiali a Capo di
    Stato
  • 52 cerimonie di canonizzazione
  • 77 matrimoni comunitari
    celebrati
  • 104 viaggi
  • 129 nazioni visitate
  • 145 cerimonie di beatificazioni
    226 Primi Ministri ricevuti in
    udienza
  • 232 Cardinali creati (di un 1 inpectore) durante 9
    Concistori
  • 274 unzioni degli infermi
    impartiti
  • 300 confessioni
  • 301 parrocchie visitate
  • 482 santi proclamati
  • 697 città visitate
  • 703 colloqui con Capi di Stato
  • 738 incontri con Capi di Stato
  • 740 visita alla diocesi di Roma
  • 1164 udienze generali
  • 1339 beati proclamati
  • 1378 battesimi amministrati
  • 1595 cresime
  • 2125 sacerdoti ordinati
  • 2412 discorsi pubblici
    pronunciati
  • 1.163.865 chilometri percorsi in aereo, pari a 3
    volte la distanza tra la  Terra e la Luna
  • Beatificato dopo 6 anni dalla morte

Ora potrebbere battere anche questo record detenuto ora dall’ultimo papa santo: Pio X. Meno di tre anni dalla beatificazione alla canonizzazione come Santo. Anche questo farebbe bene all’immagine della Chiesa. Per la santità occorre un secondo miracolo. Questa volta Giovanni Paolo II potrebbe  scegliere di operare un’altra guarigione, ma su scala più vasta. Riempire le chiese e il cuore di quel 70% di italiani che sono cattolici a seconda del papa in carica.

Giorgio Nadali

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150 anni dell’Unità d’Italia. 1861 e 2011. Come è cambiata la religiosità degli Italiani?

di Giorgio Nadali

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La religiosità degli Italiani nel 1861

Il motto della religiosità italiana del 1861? “Religione e
Patria. Credo perché sono italiano”. Raffaello Lambruschini a Bruxelles, nel
1843, pubblica “Del primato morale e civile degli Italiani” dedicato a Silvio
Pellico, nel quale sostiene che sebbene l’idea mazziniana di unità politica non
fosse realizzabile, esisteva, tuttavia, una razza italiana unita da vincoli di
sangue, di religione e di lingua, e che la guida di questa comunità era il
Papa. In “Fede e avvenire” Giuseppe Mazzini – uno dei quattro grandi Padri
della Patria – scrisse: «Noi cademmo come partito politico. Dobbiamo risorgere
come partito religioso. L’elemento religioso è universale, immortale:
universalizza e collega. Ogni grande rivoluzione ne serba impronta, e lo rivela
nella propria origine o nel fine che si propone. Per esso si fonda
l’associazione. Iniziatori d’un nuovo mondo, noi dobbiamo fondare l’unità
morale, il cattolicismo Umanitario». Nel 1848 lo statuto albertino prevedeva la
religione di Stato come Cattolica, Apostolica e Romana con l’articolo 1,

dapprima in vigore nel solo Regno di Sardegna e poi esteso
al nascente Regno d’Italia. (Oggi la religione di stato è prevista dalla
costituzione di quasi tutti i Paesi islamici).

Italiani attaccati al cattolicesimo

Il movimento di scristianizzazione che nel secolo XVIII
aveva infierito in Francia e nei paesi germanici, non aveva raggiunto le stesse
proporzioni in Italia. Sia che abitasse nella popolosa città del Piemonte o del
lombardo Veneto, o nei ducati più progrediti del centro, o nelle campagne
arretrate del Mezzogiorno napoletano, ovvero negli Stati della Chiesa,
l’italiano continuava ad essere attaccato sinceramente al suo cattolicesimo,
nonostante le infiltrazioni volterriane verificatesi in una parte della classe
intellettuale. La religione del popolo, pur nella sua ignoranza e nella sua
morale difettosa, era seria, ma insieme lontana dalla “rispettabilità”
protestante o dal conformismo della controriforma. Le pratiche di devozione
mantengono tutta la loro attrattiva per le masse. Molto numerose le
confraternite, alle quasi si teneva soprattutto per spirito di corpo e che
servivano per mantenere uno stretto legame tra la Chiesa e il popolo. Gli
intellettuali e la borghesia pur mantenendo una sensibilità cattolica,
auspicavano una riforma della Chiesa – soprattutto nell’Italia settentrionale e
in Toscana – e che non si tenesse più conto delle sue esigenze
nell’organizzazione della vita civile.

Dal 1848 si diffonde l’indifferenza religiosa

Dopo il 1848 lo stato complessivo della vita religiosa non è
più così positivo. Da diverse parti si segnala il diffondersi dell’indifferenza
religiosa tra il popolo. A Torino il fenomeno è notato da Don Bosco. Negli
ambienti evoluti incomincia a penetrare il razionalismo incredulo. Addirittura
un giovane prete giobertiano – Cristoforo Bonavino – con lo pseudonimo di
Ausonio Franchi, fonda nel 1854 un giornale (La Ragione) destinato a
propagandare l’idea che il razionalismo debba diventare la “religione” del XIX
secolo, sostituendosi al “cattolicesimo gesuitico”, ma anche a quello liberale
e al protestantesimo.

Progresso dell’anticlericalismo

Gli italiani danno a Pio IX e alla Chiesa la colpa
dell’insuccesso subito dal movimento nazionale nel 1848 e la crescente ostilità
che gli ambienti cattolici dirigenti mostrano verso le concezioni liberali non
fa che rafforzare il disagio. Vi è un raffreddamento tra le relazioni
borghesia-clero e progredisce l’anticlericalsimo, favorito da giornali come
L’Opinione, un tempo vicino alla Chiesa.

Fede sì. Istituzione Chiesa no

La maggioranza della gente vuole conciliare la propria
opposizione al cattolicesimo ufficiale e le tendenze politico-religiose
dominanti a Roma, con la propria fede cattolica e la pratica dei sacramenti, ma
inevitabilmente i rancori verso il papa conducono lentamente verso
l’indifferenza nei confronti della dottrina. Un aspetto che si ritroverà oggi
nel pensiero “Cristo sì, Chiesa no” dei “cattolici” lontani dalla Chiesa che
tanto avrebbe fatto inorridire S. Cipriano e quelli che come lui, ieri come
oggi pagano con la vita la loro fedeltà alla Chiesa. Nel III Secolo scrisse:
«Non può avere Dio per Padre, chi non ha la Chiesa per Madre».

Preti oziosi

La chiesa è sul punto di perdere in Italia la borghesia,
proprio nel momento in cui sta finendo di perdere, in Francia la classe
operaia. Il clero secolare, il cui reclutamento è facile e che verso il 1850
conta più di 60.000 preti sulla popolazione che non raggiunge i 25 milioni di
abitanti, è ben lontano dal dare quel che se ne potrebbe aspettare. Prima di
tutto molti preti non esercitano alcun ministero, contentandosi di amministrare
il loro patrimonio familiare o di servire da precettori e da cappellani in
qualche famiglia nobile, conservando una quasi totale libertà di movimento nei
riguardi del proprio vescovo.

e santi

Non mancano però i santi come S. Giovanni Bosco. Il suo
improvvisato patronato giovanile si trasformò presto in un’opera che con la sua
fama superò i confini italiani. S. Vincenzo Pallotti, uno dei precursori
dell’Azione Cattolica e la mistica S. Teresa di Lisieux, morta a ventiquattro
anni e una delle tre donne “dottore della Chiesa” (insieme a 30 uomini),
patrona dei malati di AIDS, aviatori, orfani, fiorai e missionari.

Spiritualità del Sacro Cuore

Nel 1861 in Italia è diffusa la devozione al Sacro Cuore,
nata negli ambienti religiosi femminili nel corso del XVIII secolo, come
tensione ad una spiritualità più affettuosa e sensibile verso il Signore,
nell’Ottocento si presenta come una diffusa religiosità popolare avvolta da un
pervadente sentimento partecipativo dell’esperienza religiosa. Questo secolo è
stato chiamato proprio il ”Secolo del Sacro Cuore”. Con il pontificato di Pio
IX questa devozione si diffonde come strumento di protesta e di difesa contro
il secolo razionalizzante, portato alla vita spensierata e godereccia. In
questo periodo storico la borghesia intellettuale, marcatamente individualista
e impregnata di cultura positivista riusciva ancora a comprendere ed era
sensibile al valore religioso di un’anima che partecipava all’opera redentiva,
votandosi all’apostolato del sacrificio.

Cattolici transigenti

La borghesia si allontanò sempre più da una Chiesa che
sembrava esigere sentimenti patriottici. Da una parte vi era il gruppo ridotto
dei cattolici transigenti che credevano possibile conciliare la fede cattolica
con i loro sentimenti italiani ed anche con un’effettiva partecipazione alla
vita pubblica, contrariamente alla parola d’ordine lanciata dall’abate Giacomo
Margotti e approvata dal Vaticano: Né eletti, né elettori.

Meno preti, più religiose e molta stampa cattolica

Nel 1850, su una popolazione che superava di poco i 23
milioni, vi erano circa 100.000 sacerdoti, con una media di un sacerdote ogni
250 abitanti con moltissimi edifici aperti al culto. Il numero delle vocazioni
religiose femminili inizia a salire e supererà quelle maschili nel 1911. Dal
1868 il clero è in forte continua diminuzione. La stampa cattolica, già viva in
Italia fin dalla Restaurazione, ebbe un forte incremento dopo il 1848, sino a
raggiungere il nel 1872, 126 periodici di cui 17 quotidiani per lo più locali.

La religiosità degli Italiani nel 2011

Non si può certo dire “non c’è più religione”, ma in 150
anni molto è cambiato. Il motto della religiosità italiana del 2011? “Credo, se
voglio e come voglio”. Oggi Il 70% degli italiani è convinto che non occorra
avere una fede religiosa per avere una morale. E’ il fenomeno della credenza
senza appartenenza. La società italiana è sempre più laica da un punto di vista
etico. Gli italiani non rinnegano la propria cristianità, ma non accettano più
quei precetti osservati solo per obbedienza. Un fai da te dei dettami morali,
insomma. Li osservo se ci credo e se mi convengono. I cattolici battezzati in
Italia sono 56.258.000 su 57.440.000 cittadini (pari al 97,94%), e fra il 33 e
il 38% della popolazione complessiva è praticante. Di questi fedeli il 10%
appartiene a movimenti laicali. 227 diocesi, 25.000 parrocchie, 48 cardinali,
500 vescovi, 38.000 sacerdoti, 22.300 religiosi, 16.740 religiose, 102.739 catechisti,
25.000 docenti di religione cattolica.

Ateismo in costante calo e donne con più fede

L’Italia rimane il Paese col minor numero di non credenti
con un calo costante negli anni. In controtendenza rispetto al altri Paesi
aumenta il numero dei praticanti nella fascia dai 18 ai 30 anni. La pratica
religiosa oggi è per lo più animata da convinzione personale, nonostante alcuni
riti importanti come il matrimonio in chiesa e il battesimo siano chiesti da
molti ancora per tradizione. I “credenti praticanti” rappresentano il
59,3% della fascia “anziana” della popolazione (oltre i
sessant’anni), il 40,5% della fascia “adulta” (tra i trentuno e i
sessant’anni), ma scendono al 28,6% nella fascia giovanile (tra i diciotto e i
trent’anni). Rispetto ad altri Paesi dove anche le donne – tradizionalmente più
religiose – si allontanano dalla religione, le italiane “non
credenti”, una minoranza forte nel 1981 (6,2%), alla fine degli anni
Novanta si sono all’incirca dimezzate (3,5%). Il settore femminile più vicino
alla Chiesa cresce di quasi dieci punti: dal 42,6% al 51,6%, diventando il
gruppo di maggioranza.

Fede critica verso l’Istituzione Chiesa

Sono soprattutto i maschi più giovani a mostrare un
atteggiamento critico verso la Chiesa. Le accuse sono quelle di incoerenza e
l’obiezione più ricorrente è quella che si può essere buoni cattolici senza
seguire le indicazioni in campo morale del Magistero – cioè dei Vescovi. Oggi
la religiosità deve fare i conti con due fattori importanti: il relativismo e
il secolarismo. Il relativismo porta a individualizzare la propria fede. La si
vive come si vuole. Il secolarismo la stacca dal contesto del vissuto
quotidiano. Il 75% dei giovani-adulti (18-49 anni) di entrambe i sessi,
ritengono che l’autonomia in campo etico possa tranquillamente legarsi ai
valori cattolici.

Fede privata e autonomia etica

L’orientamento della privatizzazione della fede interessa il
40% dei giovani uomini (18-29 anni), il 34% degli uomini adulti (30-49 anni) e
il 30% circa delle donne dai 18 ai 49 anni, rispetto al 25% degli uomini con
oltre 50 anni e al 18% delle donne della stessa età. D’altra parte, sono
soprattutto le donne mature e anziane a invitare la Chiesa a mantenere fermi i
propri principi e a riconoscere maggiormente il suo particolare ruolo religioso
nella

società. Le persone con oltre 50 anni, sia uomini che donne,
sono in particolare favorevoli alle iniziative cattoliche per affermare i
valori religiosi nella società (l’8 per mille alla Chiesa Cattolica, l’ora di
religione a scuola) e delle prescrizioni che regolano il mondo ecclesiastico,
come il celibato sacerdotale e il no al sacerdozio femminile). Tra queste
posizioni estreme si collocano poi altri due gruppi: da un lato quanti si
dichiarano religiosamente convinti e sono realmente attivi; dall’altro lato,
quanti si ritengono persone religiose o per tradizione educazione o per la
condivisione di alcune idee del cattolicesimo. Si tratta di raggruppamenti
assai numerosi, essendo il primo composto da circa il 38% della popolazione e
il secondo da circa un terzo degli italiani. Nel primo caso i soggetti condividono
le principali credenze cristiane si caratterizzano per una pratica religiosa
discontinua e per un livello medio alto di identificazione con la Chiesa; nel
secondo, si tratta di persone che affidano la loro partecipazione religiosa per
lo più ai riti di passaggio, segnate a deboli atteggiamenti di fede, per i
quali l’istanza religiosa rappresenta un principio di identificazione
culturale. Circa rapporto Chiesa-società il primo gruppo presenta posizioni
tendenzialmente più vicine al raggruppamento dei convinti attivi, mentre il
secondo mostra posizioni più disincantate e distaccate nei confronti della
Chiesa con giudizi più critici circa il modo in cui essa opera nel Paese.

Tenuta della fede cattolica

La grande maggioranza degli italiani continua a definirsi
cattolica, e a credere in Gesù Cristo e del tutto o almeno in parte negli
insegnamenti della Chiesa cattolica. In particolare, dichiara di appartenere
alla religione cattolica l’88% della popolazione, mentre più della metà si
identifica nella figura di Cristo e nelle indicazioni della Chiesa e un altro
30% crede in Gesù Cristo e solo parzialmente nella Chiesa. Anche in un clima
più realistico e differenziato come quello del 2011 prevale dunque nel nostro
paese una certa qual uniformità a religiosa. In questo quadro, comunque, solo
una ridotta minoranza di soggetti (7-8%) che non crede in Dio o risulta in
ricerca o indifferente al problema religioso; mentre altre e esigue minoranze
sono rappresentate da quanti credono di non essere o realtà superiore pur senza
appartenere a una specifica a religione (6,4%) e da quanti appartengono a
confessioni o gruppi movimenti religiosi diversi da quella cattolica (2-3%).

Fede “etnico-religiosa”

Nella società italiana di oggi non si registra un aumento
del numero dei soggetti che prescindono da un riferimento religioso o
caratterizzati da posizioni di ricerca, per contro, risulta allargata la
tendenza a riconoscersi nell’espressione della fede prevalente nel nostro
contesto, anche se ciò non depone per una generalizzata accettazione del
modello ufficiale di religiosità. Nel nostro Paese inoltre non risulta
particolarmente estesa nemmeno la quota di soggetti che maturano un’idea di Dio
scollegata da un’appartenenza religiosa specifica; questo fenomeno che va sotto
il nome di “credenza senza appartenenza” risulta in aumento in alcuni Paesi del
centro-nord Europa. Nel 2011 emerge una contraddizione singolare in Italia,
riscontrabile comunque anche nella maggior parte dei paesi occidentali, a
dominanza sia cattolica sia protestante; seppur di poco, quanti dichiarano di
appartenere a una religione (in questo caso il cattolicesimo) risultano più
numerosi di quanti credono in Gesù Cristo, nel Dio della tradizione cristiana;
per una certa quota di persone, dunque,

l’appartenenza religiosa acquista – anche a livello
esplicito – un carattere più etnico-culturale che religioso.

Le tappe più importanti

1860 – Unificazione dell’Italia. 19 gennaio. Enciclica
Nullis Certe Verbis di Pio IX in difesa dello Stato della Chiesa

1861 – 17 marzo. Proclamazione del Regno d’Italia

1865 – il frate agostiniano Gregor Mendel scopre i caratteri
ereditari. E’ il padre della moderna genetica

1867 – 19 giugno. Nasce a Bologna la Società della gioventù
cattolica italiana (Oggi Azione Cattolica Italiana). Fondata da Mario Fani e
Giovanni Acquaderni. Tra i precetti vi è un diffuso impegno alla carità verso i
più deboli e i più poveri.

1868 – 30 gennaio. Non expedit (non conviene). Proibizione
ai cattolici di partecipare alla vita politica

1869 – 8 dicembre. Apertura del Concilio Vaticano I

1870 – 20 settembre. Fine dello Stato Pontificio (1118 anni,
dal 752) e del potere temporale della Chiesa Cattolica

1871 – 13 maggio. Il governo italiano promulga la legge
delle guarentigie, per regolare i rapporti tra Regno d’Italia e Santa Sede.

1874 – 12 giugno. Primo congresso dei cattolici italiani a
Venezia

1875 – Anno Santo

1878 – 7 febbraio. Muore Pio IX. 20 febbraio. Elezione di
Leone XIII

1888 – 31 gennaio. Muore S. Giovanni Bosco. Enorme opera
educativa fondata su tre parole: ragione, religione, amorevolezza.

1891 – 15 maggio. Leone XIII scrive la prima enciclica
sociale (Rerum novarum) sulla questione operaia.

1896 – 31 agosto. Nasce la Federazione universitaria
cattolica italiana

1901 – 18 gennaio. Enciclica Graves de communi sulla
democrazia cristiana: Leone XIII insiste sull’obbligo dei cattolici di
astenersi dal partecipare alla vita politica sinché non sarà risolta la
questione romana.

1900 – Anno Santo

1903 – 20 luglio. Muore Leone XIII. 4 agosto. Elezione di S.
Pio X

1904 – 11 giugno. Enciclica Il fermo proposito di S. Pio X
dedicata all’”azione cattolica” in

Italia. Prime deroghe al non expedit.

1906 – Febbraio. Nascono l’Unione popolare, l’Unione
elettorale e l’Unione economico sociale dei cattolici italiani

1907 – 8 settembre. Enciclica Pascendi dominici gregis.
Condanna del modernismo come sintesi di ogni eresia.

1910 – 1 settembre. S. Pio X impone al clero il giuramento
antimodernista contro il modernismo teologico che affermava – tra l’altro – che
la Rivelazione non è Parola di Dio

1912 – 12 ottobre. Pubblicato il catechismo di S. Pio X

1914 – 20 agosto. Muore Pio X. 3 settembre. Eletto Benedetto
XV. 1 novembre. Enciclica Ad beatissimi, che condanna la guerra

1919 – 18 gennaio. Fondazione del Partito Popolare italiano
ad opera di Don Luigi Sturzo. 12 novembre. Decaduto il Non expedit.

1922 – 22 gennaio. Muore Benedetto XV. 6 febbraio, elezione
di Pio XI

1925 – Anno Santo

1927 – Il prete gesuita belga Georges Lemaitre pubblica la
teoria del Big Bang, basata sulla relatività generale

1929 – 11 febbraio. Patti lateranensi tra Italia e Santa
Sede sottoscritti dal Cardinal Gasparri e Benito Mussolini. Proclamazione di
indipendenza dello Stato della Città del Vaticano. 31 dicembre. Enciclica
Divini illius magistri sull’educazione cristiana della gioventù.

1931 – 15 maggio. Enciclica Quadragesimo Anno sulla
questione sociale. 29 giugno. Enciclica Non abbiamo bisogno, che condanna lo
stato totalitario

1937 – 14 marzo. Enciclica Mit brennender sorge contro il
nazismo. 19 marzo. Enciclica Divini Redemptoris contro il comunismo ateo.

1938 – 3 agosto. Il governo introduce le leggi razziali. La
Chiesa prende le distanze

1939 – 10 febbraio. Muore Pio XI. 2 marzo. Eletto Pio XII

1948 – il beato Don Carlo Gnocchi fonda la Fondazione Pro
Infanzia Mutilata

1949 – 15 luglio. Decreto di scomunica dei comunisti da
parte del Sant’Uffizio

1950 – Anno Santo. 1 novembre. Pio XII promulga il dogma
dell’Assunzione di Maria Vergine in Cielo

1958 – 9 ottobre. Muore Pio XII. 28 ottobre. Eletto Giovanni
XXIII

1962 – 11 ottobre. Apertura del Concilio Vaticano II

1963 – 3 giugno. Muore Giovanni XXIII. 21 giugno. Eletto
Paolo VI

1965 – 7 marzo. Prima Messa celebrata nella lingua italiana.
2 dicembre. Abolizione del Sant’Uffizio (trasformato in Congregazione per la
Dottrina della Fede) e dell’indice dei libri proibiti

1967 – 26 marzo. Enciclica Popolorum progressio sullo
sviluppo del Terzo Mondo

1968- 25 luglio. Enciclica Humanae vitae sulla regolazione
delle nascite

1974 – 12, 13 maggio – Referendum sul divorzio. Vince il
fronte divorzista (59,1%)

1975 – Anno Santo

1978 – 6 agosto. Muore Paolo VI. 26 agosto. Eletto Giovanni
Paolo I. 28 settembre. Muore Giovanni Paolo I. 16 ottobre. Eletto Giovanni
Paolo II

1981 – 17 maggio. Referendum sulla modifica della legge
sull’aborto proposta dal Movimento per la Vita. Vince il fronte abortista

1983 – Anno Santo straordinario dai 1950 anni dalla
redenzione.

1984 – 18 febbraio. Revisione del Concordato tra Stato
Italiano e Santa Sede

1986- 13 aprile. Giovanni Paolo I è il primo papa ad entrare
in una sinagoga ebraica. 27 ottobre. Incontro di tutte le Religioni ad Assisi,
voluto d Giovanni Paolo II. 30 dicembre. Enciclica Sollicitudo rei socialis
sullo sviluppo e la solidarietà interazionale

1988 – 15 agosto. Enciclica Mulieris dignitatem sulla
dignità ella donna

1993 – 6 agosto. Enciclica Veritatis splendor sulla verità
morale

1994 – 18 gennaio. Scompare la Democrazia Cristiana travolta
dallo scandalo di “Mani pulite”

1995 – 25 marzo. Enciclica Evangelium vitae
sull’inviolabilità della vita umana

1997 – 5 settembre. Muore Madre Teresa di Calcutta

2000 – Anno Santo. 26° Giubileo

2005 – 2 aprile. Muore Giovanni Paolo II. 19 aprile. Eletto
Benedetto XVI, 265° papa.

2009 – 29 giugno. Enciclica Caritas in veritate sulla crisi
economica, povertà, occupazione. 237° enciclica dal 1861

2011 – 1 maggio. Beatificazione di Papa Giovanni Paolo II

2011 – 27 ottobre. Quarto incontro di tutte le Religioni ad
Assisi con Benedetto XVI

Giorgio Nadali

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Vita, rimani qui con me. L’uomo si distrugge con la scienza senza umanita’.

di Giorgio Nadali

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L’embrione «È un essere vivente non un cumulo di materiale biologico». Lo ha ribadito Benedetto XVI a San Pietro nell’omelia della celebrazione di apertura dell’Avvento, che ha voluto fosse preceduta quest’anno da una Veglia di preghiera per la vita nascente. «Riguardo all’embrione nel grembo materno, la scienza stessa – ha detto il Papa – ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con la madre. Non si tratta di un cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, un nuovo individuo della specie umana». «Purtroppo, anche dopo la nascita, la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento».

“L’uomo si distrugge con la scienza senza umanita'” – diceva Gandhi.  E’ il cuore della bioetica. Quella riflessione etica sulle scoperte scientifiche e sulle relative applicazioni tecnologiche, che ci salva dall’autodistruzione. E’ lo studio sistematico della condotta umana nell’area delle scienze della vita e della cura della salute, quando tale condotta viene esaminata alla luce dei valori e dei princìpi morali. Già, ma quali princìpi? 

• La scienza è buona solo se difende, protegge, sviluppa, aiuta la vita umana, dal concepimento alla morte naturale.
• L’uomo è persona dal concepimento alla morte naturale. La vita umana è un valore assoluto. Non dipende da opinioni, non dipende dal fatto che sia stata voluta o no. Qualsiasi vita umana vale sempre e comunque. Contro questo principio ci sono solo ingiustizie e barbarie.
• L’uomo è sempre soggetto e mai oggetto. La vita umana non può mai essere usata. Non esistono vite meno importanti di altre. Agisci sempre in modo da trattare l’umanità sempre come fine e mai come mezzo (Kant).
• L’uomo deve sempre preservare la sua vita e quella degli altri.
• Il vero progresso scientifico deve difendere la vita e migliorarla. Non esiste vero progresso contro la dignità della persona umana.
• L’uomo è persona anche quando non può comunicare o non può mostrare la sua intelligenza (perché è in coma o è malato di mente o è ancora un embrione o perché è semplicemente un deficiente). Va comunque sempre rispettato. L’intelligenza è una condizione necessaria ma non sufficiente per essere persona (gli animali sono intelligenti, ma non sono persone). La vita è un diritto. Allora esiste sempre il dovere corrispondente di rispettarla e difenderla. 

Lo scientismo tecnologico è quella visione che dà una fiducia esagerata alla scienza, senza alcuna riflessione etica.  Confonde il progresso con
la scienza. Innanzi tutto il progresso non è solo un fatto legato alla
scienza e alla tecnica. Qualsiasi miglioramento della condizione
della vita umana, grazie all’arte, alla musica, alla politica, alla
sociologia, alla filosofia, agli sforzi per la pace e la giustizia
grazie alla religione, alla diplomazia, ecc. costituiscono
un progresso per l’umanità. In campo scientifico e tecnico
è progresso (da “pro”-“gradum” = “andare avanti”) solo ciò
che difende e migliora la vita dell’uomo e la rispetta nella sua dignità.
Non può essere considerato progresso ciò che danneggia la vita umana. Un cattivo utilizzo della scienza, contro la vita, non è un progresso, e diventa di fatto una violenza tecnologica (abuso delle forze per un fine sbagliato). Lo scientismo tecnologico si illude che ogni problema umano possa essere risolto in chiave
tecnologica (dalle cose e non dai valori), dimenticando che l’uomo ha
bisogno di significato profondi. nel suo agire (risposte di senso, che la scienza non può dare). In filosofia, lo scientismo è una concezione epistemologica secondo la quale la conoscenza scientifica deve essere il fondamento di tutta la conoscenza in qualunque dominio, anche in etica e in politica. Il termine scientismo è usato spesso in senso dispregiativo, per criticare un dogmatico eccesso di fiducia nel metodo scientifico o negli scienziati. Si vuole criticare così la mancanza di consapevolezza del fatto, supportato dallo studio delle grandi rivoluzioni scientifiche, che l’intero approccio epistemologico della scienza, i suoi metodi, i contenuti e lo stesso paradigma dominante in una data epoca storica sono soggetti a continue variazioni, e non possono essere fissati una volta per tutte. In sintesi, i termini del problema bioetico consistono nell’unire il “si può fare?” di tipo tecnico, (nel senso: “abbiamo le conoscenze scientifiche e tecniche per realizzare qualcosa?”) con il “si può fare?” di tipo etico, cioè:  “E’ giusto farlo?” Tra il potere e il dovere sta il ponte dell’etica. Ma quali valori danno le risposte? 

La visione “Radicale Nichilista” ha come metro di giudizio solo la libertà individuale. Tutto ciò che si può fare è anche giusto farlo. Aborto libero, eutanasia libera, fecondazione assistita libera e senza limiti etici, e così via. 

La visione “Sociologico Utilitarista” ha come metro di giudizio l’opinione dominante della massa e la propria utilità. Se un bambino concepito non è ritenuto un essere vivente, una persona, dalla maggioranza, allora non lo è. Se mi è utile abortire, allora lo faccio. 

La visione “Scientista” ha come metro di giudizio la scienza. Tutto ciò che la scienza scopre e che la tecnica applica è giusto e automaticamente è un progresso. Nessuna riflessione etica sui suoi utilizzi. 

La visione “Personalista” ha come metro di giudizio la vita e la dignità dell’uomo (valore della persona umana in quanto tale che non dipende da origini, pensieri , comportamenti, ecc. ma dalla legge naturale. Un essere umana ha la dignità umana per il solo fatto di essere una persona umana. Ogni vita umana vale sempre e comunque). E’ lecito solo e tutto ciò che difende, guarisce, protegge, sviluppa, promuove e rispetta la vita umana dal concepimento alla morte naturale. Questa visione è quella ufficiale cattolica, ma è trasversale a credi politici e religiosi. La vita non può esssre ridotta a ideologie e credi. 

E’ un valore universale. Infatti il giuramento che ogni medico in ogni università statale, compie nel giorno della laurea, si basa su questo principio:  “Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo,  GIURO:  di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacità professionali ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione; di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato”.

Senza la difesa della vita. Di ogni vita, l’uomo ha solo la possibilità di distruggersi in sette modi “L’uomo si distrugge con la politica senza principi.  L’uomo si distrugge con la ricchezza senza lavoro. L’uomo si distrugge con l’intelligenza senza carattere. L’uomo si distrugge con gli affari senza morale. L’uomo si distrugge con la scienza senza umanità.
L’uomo si distrugge con la religiosità esteriore senza fede. L’uomo si distrugge con la carità senza il sacrificio di sé”. (Gandhi) Strano che chi usa la sua immagine per le sue lotte politiche, ritenga che la scienza non debba avere limiti morali e che un bambino possa essere ucciso con l’aborto. La tradizione della Chiesa ha sempre ritenuto che la vita umana deve essere protetta e favorita fin dal suo inizio, come nelle diverse tappe del suo sviluppo. Opponendosi ai costumi del mondo greco-romano, la Chiesa dei primi secoli ha insistito sulla distanza che, su questo punto, separa da essi i costumi cristiani. Nella Didachè è detto chiaramente: «Tu non ucciderai con l’aborto il frutto del grembo e non farai perire il bimbo già nato».  Atenagora sottolinea che i cristiani considerano come omicide le donne che usano medicine per abortire; egli condanna chi assassina i bimbi, anche quelli che vivono ancora nel grembo della loro madre, dove si ritiene che essi «sono già l’oggetto delle cure della Provvidenza divina». Tertulliano non ha forse tenuto sempre il medesimo linguaggio; tuttavia egli afferma chiaramente questo principio essenziale: «È un omicidio anticipato impedire di nascere; poco importa che si sopprima l’anima già nata o che la si faccia scomparire sul nascere. È già un uomo colui che lo sarà». Ma . il rispetto della vita umana non si impone solo ai cristiani: è sufficiente la ragione a esigerlo basandosi sull’analisi di ciò che è e deve essere una persona. Dotato di natura ragionevole, l’uomo è un soggetto personale, capace di riflettere su se stesso, di decidere dei propri atti, e quindi del proprio destino; egli è libero. È, di conseguenza, padrone di sé, o piuttosto, poiché egli si realizza nel tempo, ha i mezzi per diventarlo: questo è il suo compito. Creata immediatamente da Dio, la sua anima è spirituale, e quindi immortale. Egli è inoltre aperto a Dio e non troverà il suo compimento che in lui. Ma egli vive nella comunità dei suoi simili, si nutre della comunicazione interpersonale con essi, nell’indispensabile ambiente sociale. Di fronte alla società e agli altri uomini, ogni persona umana possiede se stessa, possiede la propria vita, i suoi diversi beni, per diritto; la qual cosa esige da tutti, nei suoi riguardi, una stretta giustizia.

EUTANASIA

1) La vita umana ha un valore assoluto. Vale dunque sempre e comunque. Voluta o non voluta. Sana o malata. Colpevole o innocente. In stato cosciente o in stato vegetativo. Concepita e non ancora nata o già nata…

2) Nessun medico può dare la morte. Ha giurato di aiutare la vita. Questo il giuramento moderno di Ippocrate, fatto il giorno della Laurea:

“Consapevole dell’ importanza e della solennità dell’ atto che compio e dell’ impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’ uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi alla mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’ esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione. Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’ urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità a disposizione dell’Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’ esercizio della mia professione o in ragione del mio stato; di astenermi dall’ “accanimento” diagnostico e terapeutico”.

3) Non esiste il diritto di morire, ma solo quello di vivere. Ad ogni diritto corrisponde un dovere.  Diritto alla vita – Dovere di rispettare ogni vita.  Gli unici che hano diritti senza avere doveri sono: Il bambino non ancora nato, ma già concepito.  Il bambino non ancora in grado di distinguere il bene e male. Il disabile mentale.

4) Il malato può voler morire, ma non va preso sul serio (come d’altra parte non si asseconda nessun aspirante suicida, che iene sempre bloccato se possibile). Va invece  confortato e aiutato.

5) Si può togliere il dolore senza togliere la vita. La terapia del dolore è utilizzata soprattutto durante le ultime fasi di una malattia terminale.

6) L’eutanasia si presta a gravi abusi sociali. (Chi può pagare resta in vita e il povero può essere eliminato facilmente, oppure si ouò chiederla per un parente incosciente per ereditare da lui).

7) Una società giusta non elimina i suoi deboli. Malati, disabili, anziani, bambini concepiti e non ancora nati. Era il nazismo che eliminava sistematicamente i disabili.

Il programma eugenetico nazista Aktion T4 fu anche chiamato «programma eutanasia», espressione che venne utilizzata allora da molti di coloro che erano coinvolti in quest’operazione, ma non può essere considerata a tutti gli effetti eutanasia: non prevedeva infatti il consenso dei pazienti, ma la soppressione contro la loro volontà. Il programma non era poi motivato da preoccupazione per il benessere dell’ammalato, come il desiderio di liberarlo dalla sofferenza, l’Aktion T4 veniva invece portato avanti principalmente a scopo eugenetico, per migliorare l’«igiene razziale» secondo l’ottica dell’ideologia nazista allora imperante. Mirava inoltre a diminuire le spese sanitarie ed assistenziali statali, considerando che le priorità economiche erano rivolte ad altre voci come il riarmo militare. Il programma fu definito dai contemporanei come una «eutanasia sociale». A fronte di una grande opposizione interna il programma fu ufficialmente abbandonato nell’estate del 1941.

8 ) Lo stato vegetativo in medicina è solo “persistente”. Non esiste quello “permanente”.

9) Solo la morte celebrale è quella che può essere certificata da un medico.  La morte cerebrale è un criterio per ottenere la diagnosi di morte. La morte ha inizio con la cessazione irreversibile di tre funzioni
Cardiocircolatoria: morte clinica. Respiratoria: morte reale. Nervosa: morte legale.Nella legge 644/75 del 2 dicembre 1975 si dice testualmente che « l’accertamento della morte deve essere effettuato,
mediante il rilievo continuo dell’elettrocardiogramma protratto per non meno di venti minuti primi »  Si parla quindi di cardiogramma, poiché viene da sé che un encefalo non ossigenato per venti minuti muore.

10) Non si può suicidarsi nè chiedere di essere uccisi. La società sostiene la vita, non la morte.

11) Il valore della vita non dipende dalla salute.

12) In Italia vi sono 3360 casi di stato vegetativo persistente.

13) Il mondo rifiuta l’eutanasia. Su 194 stati nel mondo, solo 14  la consentono, di cui 9 in Europa. Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Lussemburgo, Olanda, Regno Unito, Svezia e Svizzera. In nessuno di questi è consentita l’eutanasia di un paziente che non sia cosciente e consenziente e che non abbia manifestato per scritto la sua volontà.

14) A Bologna esiste una struttura pubblica e gratuita per questi casi: la Casa dei Risvegli Luca de Nigris. www.casadeirisvegli.it

Solo il nazismo selezionava e discriminava la vita umana in base alla razza e alla salute. Il marxismo lo fa tuttora (23 dittature in corso) in base alle classi sociali. Totalitarismi appunto. Ma la vita umana vale sempre e comunque.

Tu da che parte stai? Vita o morte? 

Giorgio Nadali

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Nuovi o vecchi cardinali? La politica degli uomini in rosso

di Giorgio Nadali

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Mons. Gianfranco Ravasi ce l’ha fatta. Il biblista della gente se lo meritava. Ha fatto amare la Parola di Dio anche a chi non conosce nulla di teologia, di ebraico o greco biblici. Entra nel club esclusivo degli uomini in rosso. Il coetus peculiaris, come lo chiama il Papa. Con lui Mons. Elio Sgreccia, il grande paladino della bioetica che difende davvero la persona umana. 

Mons. Rino Fisichella dovrà aspettare il prossimo concistoro per essere cardinale. Tanto c’è tempo. Ravasi (68) e Fisichella (59) si contenderanno il Soglio di Pietro nel prossimo Conclave.

9 nuovi “posti liberi” nel 2011. 13 nel 2012 per riampiazzare gli ultraottantenni. La media di età rimane però alta- 78 anni. 73 tra gli elettori del futuro papa. Si va dai 57 anni del cardinale Marx ai 96 di Tonini.

 24 nuovi cardinali- 10 italiani – tutti di linea “politica” vicini a Benedetto XVI. Il numero dei cardinali sale a 203. Di cui 121 elettori e 82 non elettori perché ultraottantenni. 60 sinora i cardinali creati da Benedetto XVI. 69 le Nazioni rappresentate, su 197. Oggi la “visita di calore” di parenti e amici per i 24 neo porporati.Ventiquattro nuovi cardinali, di cui venti elettori (sotto gli ottant’anni), e tra questi dieci italiani, di cui otto elettori. Tra gli esponenti della Curia, hanno ricevuto la porpora Angelo Amato, Fortunato Baldelli, Raymond Leo Burke (Usa), Velasio De Paolis, Francesco Monterisi, Kurt Koch (Svizzera), Gianfranco Ravasi, Paolo Sardi, Robert Sarah (Guinea)e Mauro Piacenza. Tra gli arcivescovi diocesani, diventano cardinali Antonio Naguib (Egitto); Paolo Romeo (Palermo); Reinhard Marx (Monaco e Frisinga, Germania, Kazimierz Nycz (Varsavia, Polonia), Donald William Wuerl (Washington, Usa), Laurent Monsengwo Pasinya (Kinshasa, Congo), Medardo Joseph Mazombwe (emerito di Lusaka, Zambia), Albert Malcom Ranjith Patanbendige Don (Colombo, Sri Lanka), Raul Eduardo Vela Chiriboga (Quito, Ecuador) e Raymundo Damasceno Assis (Aparecida, Brasile). 4 di loro non entreranno in Conclave perchè hanno più di 80 anni: Elio Sgreccia, Domenico Bartolucci, Walter Brandmuller (Germania) e José Manuel Estepa Llaurens (Spagna).

 Ma… quali sono i “partiti politici” dei principi della Chiesa?  

Corrente della “Riforma della Chiesa” “Sinistra” Corrente della “Luce del Mondo”“Centrosinistra” Corrente dei “Guardiani della Fede” “Destra”
C’è bisogno di una morale paolina (basata sui valori), non di una morale rabbinica (basata sulla legge). Questo il pensiero di uno dei maggiori rappresentanti di questa corrente. Il Cardinale Carlo Maria Martini. I prìncipi della Chiesa “riformatori” ritengono che il dialogo sui temi scottanti sia essenziale. Nessuno di loro è d’accordo con l’ordinazione delle donne o con l’accettazione dell’omosessualità, ma lo stile di approccio ai temi è diversa. Recentemente il Cardinale Martini si è espresso a favore di un’apertura maggiore della Chiesa ai divorziati.Questa corrente è favorevole ad una maggiore collegialità dei vescovi e a una minore centralizzazione sulla Santa Sede.Vogliono che la Curia Romana funzioni come serva delle chiese locali, non come padrona. Si esprimono a favore di una maggiore libertà delle chiese locali nell’adattare gli insegnamenti le pratiche alle loro particolari circostanze. Il Concilio Vaticano II è stato per loro una stagione di riforme prematuramente interrotte dal pontificato di Giovanni Paolo II. Il rappresentante principale di questa corrente riformatrice è stato il Card. Franz Koenig, scomparso nel 2004. Altri sono Lehmann, Kasper, Danneels, Tettamanzi, Mahony, Cassidy e il già nominato Martini. Le loro strategie riformatrici della Chiesa sono diverse, ma hanno in comune il desiderio per una Chiesa più aperta, che condanni di meno e che sperimenti maggiormente il dialogo. I membri di questa corrente ritengono che il Popolo di Dio non debba perdere tempo in dibattiti teologici. Desiderano gettare ponti con le culture differenti da quella cattolica. Desiderano preservare la tradizione cattolica, ma sotto forma di influsso politico sui governi affinché questi adottino scelte in linea con la morale cattolica. Ad esempio – in Italia -col referendum contro la legge 40 in bioetica. L’ordine sociale deve riflettere gli insegnamenti cattolici. Interesse sulla questione sociale e su come il sistema sociale promuova la giustizia. Ad esempio attraverso la cancellazione del debito ai Paesi del Terzo Mondo. Fanno parte di questa corrente i cardinali McCarrick, Maradiaga, Arns, Ruini, Daarmatmadja, Napier. Sono molto preoccupati dell’impatto del relativismo e del secolarismo sulla Chiesa. Il relativismo è la negazione di verità assolute, specialmente in campo morale. Il secolarismo è invece la marginalizzazione o esclusione dei valori della fede religiosa nella vita quotidiana. Il relativismo pone diversi problemi perché mette in discussione l’autorità della Chiesa sulle questioni morali, che diventano un fatto soggettivo. Col relativismo non c’è più bisogno di un’autorità centrale della Chiesa che indichi una retta via. Ma manca anche la percezione di un bene e di un male assoluti per l’uomo. Il relativismo dovrebbe quindi anche negare i diritti umani universali proprio in quanto universali, cioè non relativi. Inoltre se tutte le religioni, tutte le verità si equivalgono non c’è più bisogno di conversione al Cattolicesimo. La secolarizzazione invece tende a separare a Chiesa dallo Stato e riduce o elimina l’influsso della Chiesa sulla politica di una nazione. È l’esempio di quelle nazioni che hanno approvato l’aborto, l’eutanasia, la contraccezione, ecc.Questi cardinali si preoccupano della perdita di identità cristiana dei fedeli, dell’obbedienza all’autorità della Chiesa e dell’assimilazione della cultura cristiana a culture estranee ai suoi valori. Due sono i rimedi: Ribadire i principi dottrinali e morali anche a costo di entrare in contrapposizione dura con il mondo non cattolico. La fedeltà e l’identità cattolica sono più importanti del dialogo. Il cardinale Biffi, ad esempio, ha suggerito di adottare leggi per ridurre l’immigrazione islamica al fine di preservare la cultura cattolica. Il leader del “”partito conservatore” all’interno il Collegio cardinalizio è stato sino alla sua elezione a Papa, Joseph Ratzinger. Benedetto XVI fu prefetto della Congregazione della Fede fino al 1981 e nel 2001 scrisse la Dominus Iesu ribadendo i principi del cattolicesimo e la relazione tra il Cattolicesimo e le altre Religioni, rassicurando della superiorità del Cattolicesimo. Un forte accento è messo anche sulla liturgia, perché questa dà identità ed è uguale in tutto il mondo e ha il potere di rinforzare e di alimentare la fede. Ad esempio, nel maggio 2001 il cardinale Medina ha promulgato nuove regole per i testi liturgici, il più possibile fedeli all’originale latino.Un altro accento è posto sulla forte distinzione tra clero e laicato. Vi è un’enfasi su una Chiesa aggressiva, che erge barriere contro gli “attacchi” delle culture estranee ad essa. Clericalismo quindi come barriera alle invasioni e agli attacchi contro la cultura (e all’autorità) cattolica. I membri di questa corrente di “destra” sono – tra gli altri – i cardinali Biffi, Medina, Schotte, Schoumn, Law, George, Degenhard, Dias, Cornell, Ambrozic, Tomko, Jaworski, Schonborn.[1]

 


[1]              Giorgio Nadali, La croce e l’anello. Misteri e segreti delle carriere ecclesiastiche, Udine, Segno, 2010.

Giorgio Nadali, I monaci sugli alberi e centinaia di altre cose curiose su Dio, la Bibbia, il Vaticano, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 2010  

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I monaci sugli alberi

di Giorgio Nadali

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Introduzione

Perché questo libro sulle curiosità del cristianesimo? E’ semplice. Quando ami qualcosa o qualcuno vuoi scoprire tutto. I suoi lati più intimi e nascosti, le sue qualità, il suo passato, cosa fa tutti i giorni e magari – ma sì – anche qualche pecca e un pizzico di gossip. Sì, lo confesso. Amo la mia religione. Amo il senso che Cristo dà alla mia vita. Capisco la donna samaritana al pozzo di Giacobbe, di cui parla il Vangelo. «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». (Gv 4,29). La fede non è qualcosa che puoi tenerti dentro. E’ come la faccia. Non puoi nasconderla. Con la mia curiosità ho voluto cercare alcuni aspetti più particolari e poco noti della fede cristiana, condivisa da un terzo del Mondo. La vastità della cultura cristiana nella storia l’ha resa una ricerca molto vasta, non certo esaustiva, ma appassionante. Tutto in un unico volume proprio non ci poteva stare… Qui ci sono le più strane e curiose. Perché no?

Penso che molti non si rendano conto della profondità dell’influsso del Cristianesimo nella storia, nella cultura, nella società in cui viviamo. Solo la venuta di Dio fattosi uomo ha potuto cambiare la storia e incidere così tanto sulla cultura a livello planetario. Le divisioni nel Cristianesimo non vengono da Dio, ma dagli uomini. Per cui questa ricerca è orientata a tutto il Cristianesimo, senza i confini che la debolezza umana ha voluto porre al desiderio di Cristo «perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21) e senza dimenticare il monito di Gesù a Giovanni: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri». Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9,38-40).

Non esiste persona al Mondo che non sia in qualche modo toccata da qualcosa che riguardi almeno un aspetto della cultura cristiana. Atei e indifferenti compresi, naturalmente. Capire il Cristianesimo e scoprirne i suoi lati più nascosti è compiere un viaggio appassionante nel Mondo in cui viviamo, nella storia che ci ha condotto sino a qui, nella cultura che ha reso possibile un progresso di cui tutti beneficiamo, nel futuro stesso dell’umanità. Tutto questo è stato reso possibile dalla fede in Cristo di miliardi di persone. Dalla consapevolezza che la fede non è solo credere ai dogmi del catechismo, ma è la fiducia incondizionata sul come Dio operi personalmente tutti i giorni nella nostra vita, realizzando in noi cose grandi che troppi non osano nemmeno sperare e sul come il suo amore riesca a scrivere diritto nella storia sulle righe talvolta decisamente storte di noi uomini.

INDICE

Un po’ di Bibbia… per cominciare

Cose di Chiesa…

Tra scienza e fede

Un po’ di segreti (e non) del Vaticano

Papato e dintorni

Il Guinnes dei primati ecclesiali

Strane Chiese…

Luoghi sacri, santi e reliquie


RECENSIONE

ISBN: 978-88-215-6784-1

“I monaci sugli alberi”, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2010

Brossura – Pagine: 246 – Prezzo: Euro 14,00

Collana: Letteratura / Narrativa moderna / Il pozzo – 2ª serie

Formato: 13,5×21

 http://www.paolinitalia.it/libri/catalogo.asp?p=9&isbn13=9788821567841

http://www.ibs.it/code/9788821567841/nadali-giorgio/monaci-sugli-alberi.html

Intervista per Radio Monte Carlo