La Generazione Snowflake e il “fascismo dello scandalo”

Il politically correct a sei anni dall’attentato al mensile Charlie Hebdo, tra identità personale, satira e censura sociale con la mia intervista al caricaturista Forattini

di Giorgio Nadali

Snowflake. Fiocchi di neve. Così vengono chiamati. Sono nati in questo millennio e si risentono su tutto, anzi si incazzano proprio sul loro luogo di aggregazione tipico, il web.

Offendi sempre qualcuno perché stai seduto in modo sbagliato in pubblico, o per il fatto che mangi carne, perché usi i pronomi di genere, o sostieni apertamente il tuo partito politico, se flirti casualmente con uno sconosciuto o per aver toccato innocentemente un altro essere umano, perché preghi la tua divinità preferita, per sostenere Donald Trump o per il fatto di guadagnare più soldi di qualcun altro, per andare in giro con i jeans stracciati o per vestire un costoso completo di Brioni, per essere una persona di successo, per vivere una sessualità diversa dalla massa, per volere la vaccinazione contro il Covid (di ieri le minacce di morte dei “no-vax” all’infermiera di Roma, la prima vaccinata nel Lazio),  allora rivendica con fermezza il diritto di essere te stesso, e credimi, non c’è assolutamente niente di sbagliato in questo.

La gente è sempre offesa, non è un fatto nuovo. Il problema oggi è il senso del diritto delle persone. Perché molti millennial, soprattutto in Occidente sono cresciuti in un tempo di pace – liberi dall’oppressione e dalla povertà non hanno mai saputo cosa vuol dire non avere tutto e non ottenere ciò che vogliono. Questo ha instillato in molti la sensazione che sentirsi offesi significhi qualcosa. Sentirsi offesi è una risposta umana naturale e va bene sentirsi offesi o addirittura disgustati dalle azioni o dai pensieri degli altri, ma assolutamente queste non ti danno il ​​diritto di controllare come gli altri si comportano e parlano.

Se qualcuno ti dà dello stupido dovresti giustamente offenderti, ma questo non significa che puoi avviare una campagna per impedire alle persone di utilizzare la parola stupido. Questa è qualcosa chiamata oppressione. Se sei semplicemente te stesso e se quello che fai urta la sensibilità di qualcun altro, allora è un problema suo. I confini sono già stabiliti dalla legge, non dagli snowflake o dai politically correct. Pena una forma di fascismo dello scandalo. In media al 50% delle persone non piacerai mai. Non è un tuo problema.

Nel novembre 2009 uno psicologo che lavorava nell’esercito americano, Nidal Malik Hasan, aprì il fuoco sui suoi commilitoni della base, gridando “Dio è grande” in arabo e uccise 13 persone. Si è presto scoperto che il Pentagono sapeva tutto sul modo delle ideologie radicali di Hasan prima di questo atto di terrorismo. Erano a conoscenza di molte email che aveva mandato ad altri musulmani radicali. Anche i suoi colleghi alla base dell’esercito avevano espresso il loro disagio per lui ad altri, dicendo che era una “bomba a orologeria”. Allora come ha potuto il governo degli Stati Uniti e gli alti dirigenti dell’esercito permettere un omicidio di massa? Perché i poteri che sono nell’esercito degli Stati Uniti avevano troppa paura di essere accusati di razzismo e di profilare qualcuno per intraprendere qualsiasi azione. E così a causa della pressione incessante di correttezza politica nell’età moderna, tredici persone sono morte tragicamente. Solo un tragico esempio.

Satira, religione e politically correct

Secondo Carlo Cattaneo (1839) la satira è l’esame di coscienza dell’intera società; è una reazione del principio del bene contro il principio del male; è talora la sola repressione che si possa opporre al vizio vittorioso; è un sale che impedisce la corruzione. La strage della redazione del settimanale Charlie Hebdo ha suscitato una domanda, anzi due. Si può far satira sulla religione? Perché il Cristianesimo, la chiesa cattolica accetta di buon grado vignette “irriverenti” e l’Islam no? È un fatto culturale. È proibita la rappresentazione di Maometto per evitare l’adorazione di qualcuno che non sia Dio. In nessuna moschea sono presenti immagini di persone. Esiste un’eccezione proprio nella rigida Theran dove un enorme murale moderno alto quindici metri rappresenta l’ascensione di Maometto (senza tratti somatici) in cielo. Il Cristianesimo è per natura tollerante verso persecuzioni e dileggiamenti e anche dove questi travalicano il limite del buon gusto e della volgarità, conosce l’evangelica regola del perdono, non presente nell’Islam. Per cui chi tocca il Profeta è blasfemo.  I musulmani ritengono che la libertà d’espressione sia buona, ma che nessuno abbia il diritto di ferire i sentimenti religiosi di un altro. Tra i numerosi peccati di blasfemia vi sono il parlare male di Maometto, dare il nome di Maometto ad un orsacchiotto (in Sudan), speculare su come il Profeta si comporterebbe oggi (in Nigeria), trovare qualcosa di sbagliato in lui, rappresentarlo graficamente nei film, scrivere il suo nome sui bagni pubblici (in Pakistan), ma anche mettere del trucco in televisione (in Iran), fischiare durante le preghiere (in Indonesia), trovare qualcosa di sbagliato nell’Islam, guardare film o ascoltare musica (in Somalia) e… (per tutti) esprimere o distribuire un punto di vista laico o ateo.

Ho intervistato nel 2015 per il settimanale “Stop” uno dei più grandi vignettisti italiani: Giorgio Forattini (89 anni). Ecco cosa ne pensa sulle vignette satiriche che costarono la vita a dodici persone nell’attentato al settimanale francese Charlie Hebdo, il 7 gennaio 2015 e che solo due mesi fa, il 7 ottobre 2020, portarono alla decapitazione in strada di un professore che aveva le aveva mostrate in classe. Crimine commesso da un diciotenne.

Forattini, secondo Lei ci dev’essere un limite alla satira?

Si, il limite è la volgarità

E’ giusto a Suo avviso fare satira sulle religioni?

Sì, purché non sia gratuita

Ha mai disegnato vignette riguardanti l’Islam?

Ne ho disegnate sull’islam “politico”.

Forattini, quali sentimenti si sente di condividere nei confronti dei disegnatori di Charlie Hebdo uccisi a Parigi?

Di grande solidarietà. Ne conoscevo alcuni che ora non ci sono più. Sento una grande tristezza.

Recentemente il papa ha dichiarato che non bisogna offendere le religioni. Si sente coinvolto in questo nel Suo lavoro?

Sono coinvolto nel momento in cui la religione fa politica

Secondo Lei che rapporto c’è tra libertà di espressione e la tutela di sentimenti altrui?

La satira è libera e contro il potere, qualsiasi potere, non contro i sentimenti

Forattini, la satira si muove fuori dal limite della misura e ha quindi un presunto “diritto ad esagerare”. Cosa ne pensa?

Vorrei sapere chi ha dettato queste misure. Non certo le Religioni


La libertà finanziaria parte dal cervello

 

Money

Puoi prendere due strade. La prima è quella delle persone comuni. Non sono forse propriamente “povere”, ma la loro strada le porta verso la dipendenza dal denaro. Se lavori tanto per guadagnare molto in modo da sostenere tutte le tue spese, puoi essere ricco, ma non sei finanziariamente libero. La libertà finanziaria è il denaro che lavora per te con entrate passive “automatiche” che non dipendono dal tuo tempo. In questo caso sei libero finanziariamente, anche se non sei propriamente ricco. La libertà finanziaria è un passo avanti rispetto alla ricchezza!

La prima strada è quella di coloro che lavorano per produrre denaro. Niente di male. Ma il denaro non li renderà liberi. Appena possono spendono e quel poco che rimane magari lo investono. Mutui da pagare, rate da onorare, acquisti superiori alle entrate. Lavora una vita intera e poi aspetta la pensione. Se hai intrapreso questo percorso torna subito indietro. Sempre che tu voglia essere finanziariamente libero. Perché, sai, il trucco c’è! È il denaro che deve lavorare per te. Non il contrario.

Come? Per prima cosa ti consiglio di non pensare a come risparmiare. Una contraddizione? No. Pensiero positivo. Pensa piuttosto a come guadagnare di più. Non lavorando di più, ma con più valore! Sei sicuro di essere pagato per quello che veramente puoi valere, se vuoi?

La seconda strada. Non chiederti cosa può fare il tuo conto in banca per te, ma cosa puoi  fare tu per il tuo conto in banca! Per guadagnare di più devi prendere in esame la possibilità di cambiare lavoro. Lo so, non è facile. Devi superare la paura di non farcela e la mentalità perdente dei “soldi, pochi maledetti e subito”. Devi abbandonare la tua “zona di comfort” e navigare verso orizzonti più ampi e sconosciuti. Insomma, mettiti in proprio. Certo, non è essenziale per essere libero finanziariamente. Quello che però è fondamentale è aumentare il tuo valore di mercato. Perché, sai, il mercato è un po’ egoista. Lui ti paga molto solo se tu vali molto. Valere molto – per il mercato – non vuol dire solo essere una brava persona. Non basta. Vuol dire fare guadagnare molto la tua azienda o i tuoi clienti. Vuol dire produrre un servizio o un prodotto che molti vogliono. Anzi, che percepiscono come importante. Non devi abbassare il prezzo. Devi farlo percepire come essenziale per quello che offri. Ci vuole intelligenza. Ci vogliono le giuste strategie. Un coach come me sarebbe felice di insegnartele. A pagamento, si intende!

Ora ti dirò qualcosa di scandaloso. La ricchezza è direttamente proporzionale all’intelligenza. La povertà è inversamente proporzionale all’intelligenza. Scandaloso per quelle ideologie e per quelle visioni religiose deformate che ti vogliono materialmente povero. E magari te dicono da un ricco pulpito! Perché i poveri li si controlla meglio. Ad ogni modo, se vuoi essere finanziariamente libero devi usare il cervello. Non seguire le pecore o le galline. Loro stanno bene insieme nel pollaio e si accontentano. No! Tu non devi accontentarti! Devi volare solo e in alto come un’aquila! Se non te la senti, ok. Ti capisco. Ma poi non invidiare chi ce l’ha fatta! Non pensare che quello abbia rubato o chissà cos’altro. Non pensare che il 30% dei 1870 miliardari  al mondo che sono partiti da zero abbiano venduto l’anima al diavolo. No, loro hanno fatto un passo coraggioso e difficile, con tanti sacrifici, tanta creatività, tanta determinazione, tante porte chiuse in faccia e… con un’idea vincente. Cerca le loro storie. Un’operaia di Hong Kong è una delle donne partite da zero diventate miliardarie. Zhou Qunfei ha messo su un giro di prostituzione? No. Ha creato molto valore. Schermi per i telefoni cellulari che usi anche tu. Si è detta “non voglio più essere una semplice operaia. Voglio di più dalla mia vita”. E l’ha fatto. Azione! Non ti dico i sacrifici! E cosa le ha portato così tanto denaro? Ha fatto qualcosa utile a moltissime persone. Parliamo anche di Bill Gates di Microsoft o di Mark Zuckenberg di Facebook?

Già ti vedo. Ecco le tue convinzioni limitanti: “Io non sono così. Loro sono dei geni. Io no!” Ma guardati! Sei il primo a non credere in te stesso! Forse è meglio per te continuare sulla strada “povera”. Ottima compagnia. Gente onesta, per carità! Continua a farti fotografare davanti a macchine di lusso o mega yacht che appartengono a qualcun altro. Sogna in modo sbagliato e pensa che tanto loro hanno rubato! Ti sentirai meglio. O forse no? Pensa in grande. Sogna in grande. Fallo. Non farti rubare i sogni dalli sfigati!

L’invidia è disastrosa. Ti allontana dal denaro. Fai un esame di coscienza con umiltà e chiediti dove hai sbagliato. Magari, è probabile, hai sbagliato a non investire abbastanza su te stesso. Per pagare le bollette hai finito per esserne schiavo per sempre.

Per prima cosa devi avere una grande ambizione. GRANDE. Devi volere di più! Non sei nato per una vita mediocre! Tira fuori le… giuste motivazioni. Dì a te stesso: Io voglio una grande prosperità. Me la merito. Con questa aiuterò tanta gente, anche soltanto a capire che “povero” non è bello! È stupido. Essere povero non vuol dire essere un mendicante. A meno che tu non abbia liberamente scelto di fare un voto religioso di povertà. Ripeto: scelto. Altrimenti essere “povero” vuol dire tirare a campare. Vuol dire investire poco, prima di tutto in te stesso. Vuol dire spendere troppo e investire male. Vuol dire lavorare per il denaro e non farlo fruttare automaticamente mentre tu ti occupi d’altro, magari crescendo sempre di più frequentando corsi di formazione, leggendo molto, creando opportunità di lavoro. Rifiuta la pigrizia mentale. Chiediti: “come posso fare per guadagnare (onestamente) di più?” Il tuo cervello si sentirà obbligato a fornirti la risposta. Non ci credi?

Sai, «Spesso la differenza tra un uomo di successo ed un fallito non è nelle migliori idee o capacità, ma nel coraggio che si ha nello scommettere sulle proprie idee, assumersi dei rischi calcolati – ed agire» come diceva Maxwell Maltz.

Sei ancora lì? Ok. Ascolta bene:

  • Crea più valore per te stesso. Trova un’idea vincente. Fai un piano finanziario personale. Investi da subito il 30% dei tuoi guadagni, anche se sono ancora piccoli.
  • Lascia l’ancora e il vittimismo. Rischia e mettiti in proprio.
  • Fai lavorare il denaro per te con almeno tre rendite automatiche al mese.

Buona libertà finanziaria. Se hai bisogno di aiuto (non di soldi) scrivimi: coach@giorgionadali.com

 

 

 


Verità contro Relativismo

di Giorgio Nadali – www.giorgionadali.it

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«Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui» – dice il libro del Siracide (37,13) nell’Antico Testamento. A volte però non è così facile distinguere il bene dal male e fare delle scelte corrette, «perché anche satana si maschera da angelo di luce» (2 Corinzi 12,14). Si maschera da verità, lui che «è padre della menzogna» (Giovanni 8,44). ). “Se qualcuno di voi manca di sapienza – scrive San Giacomo – la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data. La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all’onda del mare mossa e agitata dal vento” (Giacomo 1,5-6). Siamo divisi tra ciò che vorremmo e ciò che dovremmo. Il relativismo è quella visione che mette sullo stesso piano ogni opinione personale. Tutto è valido e non esistono valori validi per tutti. Ciò che io ritengo bene è bene e ciò che io ritengo male è male. Io sono l’autore della mia morale personale, senza riferimenti ad un criterio oggettivo. Io divento il dio di me stesso, come vuole Satana (Genesi 3,5). Il relativismo porta a non comprendere che il bene e il male possono essere assoluti. Insomma, senza se e senza ma, Come dice Gesù: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”. (Matteo 5,37). Il dono del consiglio è molto importante oggi proprio perché è diffuso il relativismo, cioè la confusione tra bene e male. Siamo divisi tra ciò che vorremmo e ciò che dovremmo e confondiamo i nostri diritti con i nostri capricci. Il relativismo porta a non comprendere che il bene e il male possono essere assoluti. Insomma senza se e senza ma, Come dice Gesù: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”. (Matteo 5,37). È uno dei tre mali filosofici della società moderna, che conduce di conseguenza alla nascita e diffusione di presunti (falsi) che si crede di avere e invece non si hanno. Mi invento quindi i diritti che mi fanno più comodo. Se non c’è più una norma oggettiva con la quale confrontarsi – che in ultima analisi è Dio stesso – tutto diventa possibile e diviene invece impossibile criticare e condannare anche il male più efferato non potendolo confrontare con la Verità assoluta. Tutto è possibile. Ma questa è la rovina dell’uomo. “Se Dio non esiste tutto è concesso” – scriveva Dostoevskij. L’uomo si sostituisce a Dio e diventa lui stesso la fonte della norma morale e il suo egoismo diviene il punto di rifermento per ogni scelta. È ciò che voleva Satana nel racconto biblico di Adamo ed Eva: «Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». (Genesi 3,5). La conseguenza è il terzo male filosofico moderno: l’individualismo etico. Io mi creo la morale che mi fa più comodo. Il peccato non esiste. Mentre per un cristiano c’è una sola Verità: Gesù Cristo. «Io sono la via, la verità e la vita» (Giovanni 14,6) «La verità vi farà liberi» (Giovanni 8,32). Il male rende meno uomini. Consigliare nella Verità chi è nel dubbio è agire nella carità per orientare le scelte verso il bene e quindi la felicità della persona. Consigliano i dubbiosi i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti illuminati da Dio, i direttori spirituali laici e religiosi,  e chiunque abbia la competenza e la buona volontà di aiutare chi è nel dubbio. Durante la messa per eleggere il nuovo Papa – che sarebbe poi stato lui – il cardinale Joseph Ratzinger ricordò che «si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo». Il relativismo nega i valori assoluti e mette nel dubbio le coscienze appiattendo ogni scelta etica come ugualmente valida e accettabile. Il suo predecessore – papa San Giovanni Paolo II – osservava nell’enciclica sulla fede e la ragione (Fides et Ratio) che «sono derivate varie forme di agnosticismo e di relativismo, che hanno portato la ricerca filosofica a smarrirsi nelle sabbie mobili di un generale scetticismo. Di recente, poi, hanno assunto rilievo diverse dottrine che tendono a svalutare perfino quelle verità che l’uomo era certo di aver raggiunte». Confondere le coscienze e il bene col male, lasciare l’uomo nel dubbio e “cambiare le carte in tavola” è una delle specialità di Satana. Difatti nell’enciclica sulla verità (Veritatis Splendor) scrive: «Chiamati alla salvezza mediante la fede in Gesù Cristo, “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9), gli uomini diventano “luce nel Signore” e “figli della luce” (Ef 5,8) e si santificano con “l’obbedienza alla verità” (1 Pt 1,22). Questa obbedienza non è sempre facile. In seguito a quel misterioso peccato d’origine, commesso per istigazione di Satana, che è “menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44), l’uomo è permanentemente tentato di distogliere il suo sguardo dal Dio vivo e vero per volgerlo agli idoli (cf 1 Ts 1,9), cambiando “la verità di Dio con la menzogna” (Rm 1,25); viene allora offuscata anche la sua capacità di conoscere la verità e indebolita la sua volontà di sottomettersi ad essa. E così, abbandonandosi al relativismo e allo scetticismo (cf. Gv 18, 38), egli va alla ricerca di una illusoria libertà al di fuori della stessa verità». «Che cos’è la verità?» si chiede Ponzio Pilato davanti a Gesù (Giovanni 18,38). Consigliare i dubbiosi è aiutare a trovare la verità. L’opposto del confondere le coscienze. La verità non ammette compromessi (“non dire falsa testimonianza” – ottavo comandamento) a costo della propria croce e a costo delle persecuzioni che possono arrivare dalla società e dalla cultura relativista nemica della Via, della Verità e della Vita (Giovanni 14,6). Il cristiano non ha la verità in tasca. L’ha nel cuore. Una sola Verità: Gesù Cristo.

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it


Cristianofobìa

 di Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

Nel 311 Galerio emanò l’Editto di tolleranza dei Cristiani che accordava la liceità del culto, poi confermata da Costantino nel 313. Cos’è cmbiato? Oggi 50 Paesi – un quarto del Mondo – perseguitano il Cristianesimo. L’unica Religione universale che considera tutti fratelli. Non così l’Ebraismo. Fratello è l’ebreo. Tu non ebreo sei un gohim. Non così l’Islam. Tu non musulmano sei un kafir. Non così l’Induismo – la religione più antica tuttora esistente – Sei sei di un’altra casta non vali nulla. Non così il Buddhismo. La tua vita è solo apparenza… E allora?  La fratellanza universale, proveniente dal Cristianesimo si paga con la cristianfobìa, anche in Italia presente con il laicismo anticlericale, beceramente intollerante e irriverente alla fede cristiano cattolica e all’Istituzione ecclesiale. In altri 50 Paesi del mondo 10 milioni di cristiani pagano un alto prezzo alla loro fede.  Si va dal rifiuto di un posto di lavoro, alla negazione di diffusione di materiale cristiano, sino agli omicidi.

L’ espressione cristianofobia e’ stata introdotta per la prima volta nel 2003, in una Risoluzione del Terzo Comitato della 58a Assemblea Generale dell ONU. In tale circostanza, il termine venne associato alla islamofobia ed allo antisemitismo e, da allora, e’ comparso in vari Documenti ONU e di altri Organismi internazionali, senza tuttavia essere mai stato definito. Tutto considerato, mi pare che esso consista in un insieme di comportamenti, raggruppabili in 3 ambiti:

– la erronea educazione, o addirittura la disinformazione sui cristiani e sulla loro religione, specie attraverso i media;
– la intolleranza e la discriminazione subita dai cittadini cristiani segnatamente a causa della legislazione o di provvedimenti amministrativi rispetto a quanti professano altre religioni o non ne seguono alcuna;
– le violenze e la persecuzione.

Ecco i 50 Paesi dove la libertà religiosa cristiana subisce forti
persecuizioni e limitazioni. Il più vicino geograficamente all’Italia è
l’Algeria, seguita da Libia e Turchia (Paesi islamici). 9 di questi
Paesi sono mete turistiche di italiani: Egitto, Maldive, India, Cuba,
Emirati Arbiti Uniti, Turchia, Marocco, Tunisia e Cina. L’unico Paese
europeo è la Bielorussia. L’unico nel continente americano è Cuba. 37 su
50 sono Paesi islamici. Uno è un Paese di tradizione cristiano ortodossa
(la Bielorussia). La persecuzione di crstiani più grave vicina
all’Italia avviene in Algeria.

1) Corea del Nord 2) Arabia Saudita (nel Paese non esistono chiese. E’
consentito solo il culto islamico) 3) Iran 4) Afghanistan 5) Somalia 6)
Maldive 7) Yemen 8 ) Laos 9) Eritrea 10) Uzbekistan 11) Buthan 12) Cina
13) Pakistan 14) Turkmenistan 15) Comore 16) Iraq 17) Qatar 18)
Mauritania 19) Algeria 20) Cecenia 21) Egitto 22) India 23) Vietnam 24)
Birmania 25) Libia 26) Nigeria 27) Azerbaijan 28) Oman 29) Brunei 30)
Sudan del Nord 31) Zanzibar 32) Kuwait 33) Cuba 34) Taijilistan 35)
Emirati Arabi Uniti 36) Sri Lanka 37) Giordania 38) Gibuti 39) Turchia
40) Marocco 41) Indonesia 42) Territori Palestinesi 43) Bangladesh 44)
Bielorussia 45) Etiopia 46) Siria 47) Tunisia 48) Bahrein 49) Kenya
(Nord-Est) 50) Kazakistan
I cristiani del Maghreb, dell’Africa subsahariana, del Medio e dell’Estremo Oriente sono perseguitati, muoiono o scompaiono in una lenta emorragia, vittime del crescente anticristianesimo.
La cristianofobia è multiforme e si nutre di motivazioni tra loro assai diverse: tuttavia, ogni anno fa parecchie centinaia o addirittura migliaia di morti. In alcuni casi essa è frutto dell’adozione di una politica ispirata a idee di «pulizia» etnica e religiosa il cui scopo è cacciare dalla culla del cristianesimo le popolazioni cristiane, ostinatamente fedeli al credo dei loro antenati.
Il nostro silenzio in proposito ricorda altri silenzi di sinistra memoria, e nel giro di due o tre decenni provocherà forse nuovi imbarazzati appelli al pentimento e dichiarazioni di rimpianto per non aver voluto far affiorare una verità che doveva essere resa nota a tutti.
Nel corso di anni di ricerche mi è capitato di incontrare, in Occidente, numerosi cristiani, cresciuti in famiglie cristiane, benché non praticanti, i quali non erano minimamente turbati dagli attacchi contro i loro fratelli. Sembrava che quelle persone fossero affette da cecità o amnesia. E quando ho presentato il dossier da me raccolto, quando ho tirato fuori fotografie e ritagli di giornali citando statistiche, bilanci e rapporti, mi sono trovato di fronte al rifiuto, talvolta cortese, di ascoltare quanto avevo da dire. Non ero credibile e, soprattutto, non ero «moderno».
Agli occhi dei miei interlocutori avevo il grande torto di predicare per la mia parrocchia, i cui valori sono rigettati e condannati senza appello.
Dapprincipio ho ingenuamente ritenuto che la colpa di questa situazione fosse da addebitare all’ignoranza. Ma essa non basta a spiegare tutto, anzi. Combattere l’antisemitismo e il razzismo, battaglie alle quali mi dedico con forza da decenni, non richiede necessariamente una conoscenza approfondita della letteratura rabbinica o della storia dello schiavismo. Non c’è alcun bisogno di avere un’empatia particolare con colui che soffre a causa della propria origine, vittima di una giustizia negata, per aver voglia di prendere le sue difese denunciando a gran voce il silenzio e l’oblio che circondano la sua condizione. Sono in ballo la dignità e i diritti umani.
Una delle ragioni del silenzio e dell’oblio che circondano le minoranze cristiane è da ricercare nella loro progressiva emarginazione e nella continua perdita di peso politico e demografico da cui sono afflitte.
I cristiani d’Oriente sono emigrati o stanno emigrando in massa; sono sempre meno numerosi e in mancanza di meglio sostengono i regimi al potere (ritenendoli preferibili all’avvento di regimi fondamentalisti); in pratica non hanno più alcun ruolo politico nei paesi in cui risiedono.
In più, devono fare i conti con un circolo vizioso: sono emarginati in quanto cristiani, e, in quanto emarginati, di loro si parla sempre meno.
Il loro isolamento è aggravato dal fatto che le persecuzioni contro i cristiani non sono generalmente menzionate nelle denunce delle violazioni dei diritti umani, per una ragione molto semplice: perlomeno in Occidente i cristiani faticano ad associare al cristianesimo il concetto di minoranza.
La difesa dei diritti dell’uomo si è sviluppata a partire dalla lotta per la protezione delle minoranze religiose o etniche un tempo soggette a persecuzioni. Gli ebrei, i neri o i musulmani in Europa e in America rientrano in questo schema. La mobilitazione in loro favore è resa ancora più incisiva dal senso di colpa prodotto dal coinvolgimento delle Chiese cristiane nello sviluppo dell’antisemitismo, nello schiavismo e nel colonialismo (portatore di una visione umiliante per i musulmani).
In Occidente prendere le difese dei cristiani equivale a schierarsi dalla parte della maggioranza.
Il sempre più scristianizzato Occidente fa fatica a concepire che i cristiani possano essere perseguitati in quanto cristiani, perché essere tali, secondo uno slogan semplicistico che si sente ripetere spesso, significa stare dalla parte del potere.
Occorre combattere la gravissima disinformazione che affligge l’opinione pubblica occidentale a proposito della situazione dei cristiani nel mondo e in particolare nelle regioni dove essi sono minoritari, come nel Maghreb, nell’Africa subsahariana, in Medio Oriente e in Estremo Oriente.
L’esistenza dei cristiani orientali è poco nota. Coloro che non la ignorano ne danno spesso una valutazione troppo riduttiva, che tende a fare delle comunità cristiane d’Oriente una sorta di appendice del cristianesimo occidentale, o la conseguenza dell’espansione coloniale. In altre parole, i cristiani d’Oriente non sono considerati autoctoni, ma un elemento importato.
Si dimentica che il cristianesimo è nato in Oriente dove si è sviluppato ben prima che l’Europa diventasse quasi completamente cristiana.
Secondo il punto di vista occidentale, le persecuzioni a cui sono sottoposti i cristiani in quei luoghi lontani colpirebbero il cristianesimo non in quanto tale, ma nella sua qualità di emanazione dell’Occidente. Inoltre, poiché in Occidente il cristianesimo è maggioritario, non può aspirare allo status di minoranza in Oriente.
Questo ragionamento sortisce l’effetto di negare implicitamente la sofferenza delle minoranze cristiane e di frenare la mobilitazione in loro favore. Al tempo stesso, iniziative a sostegno delle popolazioni cristiane d’Oriente sono scoraggiate, in quanto potenzialmente controproducenti: trasformare i cristiani orientali in «protetti» dell’Occidente potrebbe esporli a rischi ancora più gravi.
Tuttavia, questa preoccupazione deve forse esonerarci dall’intervenire, dal momento che proprio noi parliamo di «dovere di ingerenza»? E l’indifferenza non apre forse la via all’oscurantismo?
Le guerre di religione o i fenomeni religiosi ci sembrano appartenere a una lontana preistoria: da ciò deriva la radicale incapacità, da parte dell’Occidente, di affrontare la questione in tutti i suoi aspetti.
Per esempio, nella nostra società, la difesa dei cristiani di altre parti del mondo è spesso vista come un tentativo di favorire il ritorno del religioso o di imporre i principi cristiani, che non sono più considerati valori fondamentali; ne consegue che coloro che si preoccupano della sorte delle minoranze cristiane sono guardati con gran sospetto: nella migliore delle ipotesi sono etichettati come ultraconservatori.
Nel silenzio cristiano si deve scorgere altresì l’effetto di una svalutazione implicita e sistematica del cristianesimo, largamente incoraggiata da un laicismo ottuso e aggressivo, che spesso si manifesta nel modo in cui i media trattano le vicende che coinvolgono i cristiani.
Tra fine novembre e i primi di dicembre del 2008 due avvenimenti legati alle tensioni interreligiose hanno fatto parlare di sé attirando l’interesse dei grandi media internazionali in modo assai diseguale: ci riferiamo al massacro compiuto a Mumbai da un gruppo di mujaheddin, che hanno ucciso 172 persone e ne hanno ferite circa 300, e alle sommosse anticristiane verificatesi in Nigeria, dove alcuni gruppi musulmani locali hanno attaccato i cristiani, uccidendone più di 300, saccheggiando i loro beni e devastando le loro chiese. Nel 2004 si erano scatenate violenze simili, che avevano lasciato sul terreno i cadaveri di oltre 700 cristiani.
I fatti di Mumbai hanno occupato le prime pagine di quotidiani e telegiornali, mentre l’altro episodio è stato appena menzionato, sebbene l’ammontare delle vittime fosse assai più elevato e le distruzioni nettamente più gravi.
Questo trattamento differenziato da parte dell’informazione è emblematico della difficoltà di sensibilizzare l’opinione pubblica, persino la più accorta, riguardo alle persecuzioni che colpiscono i cristiani in numerose regioni del mondo.
Si usano due pesi e due misure; se qualcuno protesta, viene accusato di essere a favore della censura, contro la libertà di informazione e di essere un bigotto e un baciapile.
Ho avuto occasione di sperimentare personalmente questo disprezzo a Parigi, nell’agosto del 1997, in occasione della Giornata mondiale della gioventù, che aveva riunito giovani giunti da ogni parte del globo.
Prima della manifestazione la grande stampa internazionale aveva pressoché ignorato l’evento. Se n’erano occupati soltanto alcuni editorialisti, i quali avevano previsto che quel tentativo di «irreggimentare» e «manipolare» la gioventù si sarebbe risolto in un insuccesso. Durante la manifestazione un certo numero di giornalisti si è limitato a sottolineare i gravi disagi al traffico cittadino causati del raduno.
Nessuno si interrogava sulle motivazioni che animavano i partecipanti, né sul significato profondo di quel ritorno al religioso.
Di fronte a un giornalista che mi intervistava rivolgendomi domande sarcastiche sull’avvenimento, ho abbozzato una provocazione, domandandogli a mia volta quale fosse la sua reazione di fronte al pellegrinaggio islamico canonico alla Mecca (Hajj). Il mio interlocutore mi ha guardato stupito, come se le mie parole facessero di me un emulo degli antichi inquisitori.
Ho quindi capito quanto sia difficile perorare la causa dei cristiani che soffrono nel mondo e quanto essere cristiano, agli occhi di molti, rappresenti un’intollerabile mancanza di buon gusto, per non dire un handicap che sarebbe meglio tentare di nascondere.
Come si può chiedere all’opinione pubblica di mobilitarsi in favore dei cristiani d’Oriente, d’Africa, del Maghreb ecc., se il cristianesimo è la sola religione sottoposta a una sistematica denigrazione che si prefigge di snaturane lo spirito e il messaggio?
La Francia è forse l’unico paese occidentale in cui è buona norma stigmatizzare coloro che si dichiarano credenti, e di conseguenza anche le Chiese ufficiali alle quali li lega la fede.
Questo atteggiamento è evidente ogniqualvolta è tirata in ballo la laïcité, principio legislativo che gode di un consenso quasi unanime e di cui nessuna associazione religiosa ufficialmente costituita chiede l’abolizione. Anche i cristiani d’Oriente si richiamano alla laicità. Inchieste e sondaggi hanno dimostrato che i cattolici francesi, praticanti compresi, erano favorevoli alla legge del 1905, la quale è ormai sul punto di diventare quasi un testo sacro, almeno a giudicare dagli strepiti che provengono da certi ambienti dell’integralismo laicista quando si affronta l’argomento. La legge del 1905 è probabilmente il solo documento mai votato a Palazzo Borbone che sia considerato scolpito nella pietra. Chiunque osi suggerire l’idea di una sua revisione si attira l’accusa di minacciare le fondamenta stesse della République.
Nella loro miopia, i campioni della ragione, del libero esame e della critica rifiutano ostinatamente di applicare queste virtù alla propria causa. Chi commette il sacrilegio di non pensarla come loro è regolarmente denunciato come un novello inquisitore!
I conflitti politici sono resi ancor più aspri dal fatto che per lungo tempo hanno riguardato la religione: il castello contro il municipio, il curato contro il maestro pubblico ecc. L’adesione alla Repubblica della quasi totalità dei cristiani ha semplicemente cambiato i termini del confronto, spostandolo sul terreno della scuola: di qui le grandi crisi provocate, nel corso del XX secolo, dai progetti di riforma delle leggi che regolano i rapporti tra lo Stato e l’insegnamento confessionale. Mentre le manifestazioni del 1° maggio mostravano segni di logoramento, quelle a favore della scuola laica o confessionale del 1984 hanno richiamato in piazza centinaia di migliaia di persone.
Sembra quasi che la Repubblica sia costantemente minacciata dalle oscure trame dei bigotti. Provate a parlare di «laicità positiva» e scatenerete immediatamente una bufera difficilmente comprensibile per gli osservatori stranieri, che si stupiscono nel vedere quanto facilmente noi francesi ci crogioliamo in vecchie questioni «fratricide».
Gli anticlericali di un tempo hanno lasciato il posto ai nuovi professionisti dell’anticristianesimo, intolleranti e irrispettosi delle credenze di coloro che hanno la sfortuna di non pensarla come loro. La società francese continua a essere impregnata del tanfo di un anticlericalismo primario che si ripresenta ogniqualvolta si discute a proposito di laicità.
Se vi azzardate a far notare la cosa sarete etichettati come «baciapile», e vi sarà quasi certamente sbattuto in faccia l’affare delle vignette danesi sul profeta Maometto.
Peraltro, le prime vittime di quelle caricature non sono stati gli anticlericali e i laicisti d’Europa ma i cristiani del Pakistan e della Nigeria, che hanno pagato con la vita l’«errore» dell’Occidente, il quale tanto per cambiare non ha mosso un dito.

da “Cristianofobia. La nuova persecuzione”, di René Guitton – Lindau Editore, Torino, 2010

DOVE:

Arabia Saudita: Probito qualsiasi culto che non sia quello islamico. Unico Paese al mondo senza luoghi di culto di altre Religioni

Corea del Sud: 404.000 cristiani. I cristiani soffrono forti
persecuzioni. Il solo culto consentito è quello del “Beneamato Leader”
Kim Jong-il e di suo padre Kim II-Sung. I cristiani sono visti come
minaccia per cui un numero semre in aumento è stato condannato ai lavoro
forzati nei campi e ad esecuzioni capitali segrete.

Cina: 21 milioni di cristiani. Esistono grandi squilibri nella libertà
religiosa, con maggiore libertà per le chiese registrate e per I
cristiani delle città, mentre quelli nelle areee rurali e delle chiese
non registrate (di gradimento al regime) vengono arrestati.

Algeria: Il governo regola la pratica religiosa cristiana. La metà delle
52 chiese evangeliche ha dovuto chiudere. 10 cristiani arrestati per
avere venduto copie della Bibbia. Quasi tutti i cristiani sono ex
musulmani.

Egitto: 8,3 milioni di cristiani. Nonostante il cristianesimo sia
presente sin dal primo secolo, le chiese evangeliche in particolare sono
sotto pressione dal governo. Vi è discriminazione di cristiani sul posto
di lavoro e i musulmani spesso usano la shar’ia — legge isalmica — per
discriminare i cristiani. I convertiti al cristianesimo subiscono
pressioni per tornare all’Islam. Alcuni sono minaciati di morte.

Bielorussia: 9 milioni di cristiani (96%). La chiesa ortodossa gode di
privilegi. Le altre denominazioni cristiane vengono molestate e multate
dalle autorità. Tutte le Chiese devono registrarsi e questo richide anni
di burocrazia. Le proprietà ecclesiastiche vengonbo vandalizzate e la
distribuzione di stampa cristiana è ristretta dalla legge. La Chiesa
cattolica attende ancora la restituzione dei beni confiscati nel periodo
sovietico, in modo particolare chiese e luoghi di culto.

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it