La forza del Mandala

Il mandala, un tempo riservato solo agli iniziati, ed oggi così diffuso, è un’opera grafica buddhista che favorisce non solo la concentrazione in un punto per coloro che lo realizzano, ma anche per quelli che lo contemplano.

“Mandala” è una parola sanscrita sovente tradotta come “universo”. La si trova originariamente in certe culture millenarie come in India ed, in particolare, nella tradizione del Buddha. Difatti, il Risvegliato ha trasmesso una via di liberazione riguardo la sofferenza e questa Via è distinta generalmente in parecchi livelli di lettura. Per esempio, così come a scuola apprendiamo inizialmente l’alfabeto, poi la grammatica ed infine l’arte del dissertare, il Buddha Shakyamuni ha insegnato prima un Veicolo Fondamentale (oggigiorno ritrovato in certi aspetti della tradizione pali del Theravada), poi un Veicolo Universale (o Mahayana, oggigiorno praticato in certi paesi come il Vietnam, la Cina o il Giappone) ed infine un Veicolo Tantrico che offre una moltitudine di mezzi abili che permettono una pro-gressione più veloce sulla Via del Risveglio.

Questo ultimo Veicolo, chiamato anche “Vajrayana”, è accettato largamente come proveniente dal Buddha stesso e si è trasmesso mediante i millenni dall’India fino ad altri paesi come la Corea, il Giappone e, soprattutto, il Tibet, a tal punto che questa forma molto completa della tradizione buddhista ha finito per prendere il nome di “Buddhismo tibetano.” Quale è allora il posto del mandala in questa tradizione dei Mantra segreti? Senza rivelare tuttavia gli insegnamenti dati solo ai discepoli, è possibile dare alcune chiavi riguardo ai simboli che esso contiene: questa rappresentazione manifesta le qualità risvegli-ate di questo o quel Buddha che troneggiano nel suo centro su di un loto.

Questa loto è un seggio in seno ad un palazzo che possiede quattro porte corrispondenti alle direzioni cardinali; la porta dell’est è sempre quella in basso perché il discepolo iniziato entra prima da lì, così come il sole appare all’est. All’esterno del palazzo quadrato si trovano i giardini e, poi tutto il resto di questa “terra pura”, cioè dai segni di buon auspicio ai gonfalone di vittoria, dagli alberi ai gioielli che esaudiscono i desideri, ecc. Infine troviamo tre cerchi periferici di cui il cerchio di petali di loto ricorda la purezza fondamentale di questo universo perfetto. Così come il loto nasce nella melma, attraversa l’acqua e gli altri elementi e sboccia ín un fiore immacolato e profumato, il mandala, sebbene esistente tra gli universi, senza essere sporcati dal ganga dell’ignoranza – causa delle nostre sofferenze – manifesta la purezza essenziale del Risveglio. Questo Risveglio è indistruttibile tanto quanto il diamante e questo è perché il secondo cer-chio concentrico è quello dei vajras o scettri adamantini.

Si può vedere infine, l’ultimo cerchio di fuoco che si distende all’infinito perché un mandala e privo di limiti assegnabili e realizza una saggezza primordiale che allontana l’oscurità dall’ignoranza: l’inafferrabilità di un sé innato. Essendo un universo tutto intero, un mandala si presenta in tre dimensioni e queste possono essere ricordate dallo spessore più pronunziato dei primi motivi in rilievo al centro e, poi, meno presente sull’esterno. Si possono trovare dei mandala sotto forma di costruzioni di boschi tridimensionali oppure dipinti su tela ancora sempre come supporti di meditazione, ma i mandala di sabbia sono al tempo stesso più conosciuti e più ragguardevoli per il loro aspetto effimero: benché immateriale, il mandala è rappresentato dagli accostamenti di colori diversi di sabbia che sarà, poi, tradizionalmente dispersa per mostrare l’impermanenza dei fenomeni prodotti. Il supporto rimasto vuoto, permette ai discepoli un ritorno alla natura essenziale di tutta l’esistenza: la vacuità dell’esistenza intrinseca dei fenomeni. Per cui le sabbie benedette sono versate, poi, in un corso d’acqua naturale per simboleggiare il ricominciare che si inserisce nell’impermanenza: la causalità. Così, la vacuità è manifestata dalla causalità e la causalità non saprebbe esistere al di là della vacuità.

Giorgio Nadali


The abortion Pope

Il presidente eletto degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump è pro life: decisamente contrario all’aborto. Tanto è vero che cancellerà la sentenza “Row contro Wade” che ha reso legale l’aborto negli USA. Sicuramente contribuirà a ridurre gli aborti volontari negli USA. Chi invece contribuirà ad aumentarli è proprio colui dal quale ci si aspettava (ingenuamente, visto il profilo “politico”) il contrario. Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, passerà alla storia come il “papa abortista” che nella sua lettera apostolica “Misericordia et misera” del 20 novembre 2016, scrive “candidamente” al punto 12: “… concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario [Cardinali disperati, n.d.A.]. Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione”.

Cancellato il codice 1398 del Diritto Canonico: «Chi procura l’aborto, nei casi si raggiunga l’effetto, incorre nella scomunica latae sententiae» [automatica, n.d.A.].

Non è difficile immaginare le conseguenze di tale atto. Un aumento esponenziale degli aborti volontari anche da parte di coloro (seppur relativamente pochi) che avevano ancora qualche remora ascoltando l’imperativo morale di una chiesa che di misericordia ha sempre meno, diversamente dalla “misera”. Come dire: è male abortire compagni, è uccidere! Ma niente paura, tutto passa con due Ave Maria. Dopo gay e transessuali, cade un altro baluardo di una chiesa a pezzi. Abortire è peccato, ma si lava in un attimo anche quello in confessionale, come l’evasione fiscale, i patrimoni offshore dello IOR – la banca vaticana – e le regge cardinalizie da 700 metri quadri. L’ipocrisia farisaica è peccato, abortire anche. Ma tutto si lava. E con l’acqua scivolano via sempre più migliaia di fedeli delusi che hanno aperto gli occhi e reso il “giubileo” un vero flop. Fortunatamente di Santi Padri c’è solo Dio.

Insomma, una chiesa ricca che ti vuole povero. E da oggi anche abortista senza problemi di scomunica.

Giorgio Nadali


Induismo. L’onesta ricchezza è un diritto

Nell’Induismo la ricchezza è divina. Lakshmi, la dea della ricchezza e abbondanza è venerata da tutti. Tutti gli dei dell’induismo vivono nell’opulenza. Anche se Il dio Shiva è un dio ascetico, è il signore dell’abbondanza. Shiva premia ampiamente quelli che lo adorano con offerte materiali e spirituali. Nella creazione, la ricchezza è un aspetto della natura.

La ricchezza va usata per servire gli scopi di Dio, non il male. Purtroppo, nell’età delle tenebre (Kaliyuga) gran parte della ricchezza è controllata dalle forze del male. Esse lo usano per accumulare più ricchezza e porre in un angolo tutte le risorse del mondo. Quindi, vediamo che le persone giuste soffrono e le persone malvagie godono di potere e lusso. Quando l’avidità spinge le persone a guadagnare ricchezza in eccesso di cui non hanno bisogno, la ricchezza diventa un potere malvagio. Tuttavia, quando il servizio agli altri diventa il movente, la ricchezza diventa uno strumento divino e porta a uno scopo buono. In mani giuste ricchezza è utile alle finalità della creazione, come strumento di Dio che aiuta le persone a vivere secondo il dharma – la legge morale – e come suoi veri devoti camminare sul sentiero del karma yoga. Nelle mani sbagliate la ricchezza diventa una forza del male e delle tenebre e provoca dolore e sofferenza per gran parte della gente.

Così, essendo uno strumento della natura – Maya – la ricchezza serve sia il bene sia il male. Delude chi la usa per il male, ma aiuta coloro che sono puri. Dà loro la libertà di godere di pace e felicità e di servire Dio contribuendo a preservare l’ordine e la regolarità della vita. Nell’Induismo, la ricchezza è considerata divina e un requisito essenziale per la conservazione e la continuazione della vita sulla terra. Dio è descritto nei Veda come il creatore e la fonte di tutto. Pertanto, egli è anche la fonte di tutta la ricchezza e di tutta l’abbondanza. La sua abbondanza materiale è rappresentata da Prakriti, la dea Madre. Lei è associata al suo potere e appare in ogni manifestazione di Dio, come la sua forza dinamica – la Shakti. Lei è la fonte della conoscenza in associazione con Brahman, la fonte della ricchezza in associazione con Vishnu, la fonte del potere rigenerativo in associazione con Shiva. Così, Saraswathi, Lakshmi e Parvati sono considerate le risorse triple di abbondanza nell’universo. Saraswathi illumina. Lakshmi arricchisce e Parvati  dà forza. L’Induismo non considera la ricchezza come un male in sé. La ricchezza diventa un male solo quando è guadagnata ignorando il dharma (legge morale) e utilizzata per scopi diversi dal bene. La ricchezza (artha) è anche considerata uno dei principali obiettivi della vita umana, da perseguire dagli esseri umani che occupano le funzioni di capofamiglia (grihastas). Coloro che scelgono di vivere come capofamiglia devono avere ricchezza per adempiere vari doveri obbligatori. Non sono tenuti a vivere per se stessi, ma per il bene degli altri. Devono guadagnare ricchezza per mantenere le loro famiglie e servire gli altri attraverso il cinque sacrifici quotidiani (karma nitya) vale a dire sacrificare agli dei, agli esseri umani, agli antenati, alle piante e animali e a Dio.

Inoltre, devono prendersi cura delle loro famiglie, prendersi cura di loro progenie e mantenere le loro famiglie come parte del loro dovere di garantire l’ordine e la regolarità del mondo. Essi sono inoltre tenuti a servire gli ospiti, gli anziani, aiutare i poveri e i bisognosi, nutrire gli studenti e gli asceti che li visitano con l’elemosina, la carità ai templi e altre istituzioni, il culto degli dei e così via. Fanno parte dei compiti obbligatori dei padroni di casa, i quali hanno bisogno di ricchezza. Quindi, guadagnare ricchezza per un padrone di casa è anche un dovere obbligatorio, e incorrerà nel peccato se lo trascura.

Coloro che rinunciano alla vita e vivono come asceti non hanno questi obblighi, ma chi sceglie di rimanere nella società e vivere come padroni di casa che hanno una famiglia propria, dovrebbero osservare questi cinque compiti, in modo che il mondo possa rimanere in buon ordine, e tutti possano vivere pace sulla terra. Come dichiara la Bhagavadgita, quelli che vivono per se stessi, senza servire gli altri e Dio, in verità mangiano il peccato. Un padrone di casa è molto vulnerabile a un cattivo karma, dal momento che ha a che fare con i problemi della vita reale, guadagnare soldi per mantenere la sua famiglia, vivere la sua vocazione e interagire con la società. La natura stessa della sua vita richiede danneggiare o ferire gli altri intenzionalmente, con parole, pensieri o azioni. In altre parole, i padroni di casa non possono evitare un cattivo karma, in qualunque modo essi vivano. L’unico modo per sfuggire alle conseguenze delle loro azioni è di vivere disinteressatamente al servizio degli altri e di offrire le loro azioni a Dio come sacrificio.

In altre parole, non usare la ricchezza per fini egoistici o per rafforzare l’ego, ma per servire Dio e gli altri, che sono aspetti del divino. Prendi ciò che è tuo, ma non quello che non ti appartiene. Nella tradizione induista prendere ciò che non appartiene è considerata un furto. Nel guadagnare ricchezza, non infliggere dolore e sofferenza agli altri e non sfruttarli. Ancora più importante, quando si cerca la ricchezza materiale occorre lasciare che il desiderio sia guidato da un essere superiore, piuttosto che dall’avidità e dall’egoismo. Vivere in tutta comodità o avere una ricchezza eccessiva non è peccato. Tuttavia, lo è utilizzare la ricchezza per scopi malvagi. Coloro che accumulano ricchezza attraverso il male facilmente incorrono nel  peccato e ne soffriranno le conseguenze. La prosperità è uno dei principali attributi del Signore dell’Universo (Isvara). Come aspetti di Dio noi umani abbiamo una diritto alla nostra ricchezza per il nostro benessere, pace e felicità.

Giorgio Nadali

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Scoperte e invenzioni legate all’Islàm

Il merito dell’invenzione dell’algebra va ad Abū Jaʿfar Muhammad ibn Mūsā al-Khwārizmī, (780 – 850). Divide il titolo con Diofanto. Siringa, pinza, gancio e ago chirurgici, sega per le ossa e bisturi per la litotomia: Abu al-Qasim al-Zahrawi. Nel IX secolo fu inventato il primo mulino a vento verticale in Persia. Nel 850 d.C. la turbina ad acqua fu inventata da ingeneri Islamici. Nel 850 d.C. ibn Musa al-Khwarizmi inventò lo strumento a muro noto come quadrante sinecale, il Rebul Mujayyab usato per risolvere problemi trigonometrici e condurre osservazioni astronomiche. Nel 900 d.C. la prima biblioteca pubblica con prestito di libri e il catalogo della biblioteca. Nel 925 il kerosene fu prodotto dalla distillazione del petrolio e fu descritto per primo da al-Razi a Baghdad. Al-Razi descrisse nel suo Kitab al-Asrar (Libro dei Segreti) anche le prime lampade a kerosene (naffatah) usate per riscaldare e illuminare. Nel 964 d.C. Abd al-Rahman al-Sufi scrisse il Libro delle Stelle Fisse e osservò per primo la galassia di Andromeda. A lui è dedicato un cratere lunare ampio 47 km. Nel 1000 d.C.

Al-Karaji scrisse un libro contenente la prima prova di induzione matematica. Nel 1030 d.C. Abu Rayhan al-Biruni scoprì che la luce ha un avelocità definite e fu il rpimo a teorizzare che la velocità della luce è molto più alta di quella del suono. I fratelli Bani Musa nella  Bayt al-Ḥikma (Casa della Sapienza) di Baghdad scrissero il libro dei dispositivi ingegnosi descrivendo le loro invenzioni tra cui la valvola, la valvola flottante, il flauto automatico, la maschera a gas, la lampada ad olio autoalimentata, l’organo alimentato ad acqua.

Nel 1577 d.C. Taqi al-Din costruì l’osservatorio di Istanbul di Taqi al-Din, il più grande osservatorio astronomico del suo tempo, sotto il patronato del sultano ottomano Murad III. Produsse anche un catalogo astronomico più accurato di quello di Ticho Brahe e Nicolò Copernico. Taqi al-Din ottenne questi risultati grazie al suo “orologio delle osservazioni”, un orologio meccanico astronomico che può misurare il tempo in secondi. Inoltre… dai paesi Islamici giunsero la chitarra, la viola, le tecniche per la lavorazione del vetro e la foglia d’argento, l’idrologia e le tecniche di irrigazione, la bussola, il sestante, l’astrolabio, la ceramica a smalti colorati, la maiolica, i tessuti damasco, satin, velluto, mussola, atlas. I musulmani esportarono in Europa il cotone, spinaci, pesche, arance, albicocchi, tarassaco, carciofi, caffè e riso. L’invenzione della sociologia e la nozione di storia ciclica, col trattato di Walī al-Dīn ʿAbd al-Raḥmān ibn Muḥammad ibn Muḥammad ibn Abī Bakr Muḥammad ibn al-Ḥasan al-Ḥaḍramī, o molto più semplicemente Ibn Khaldūn (XIV secolo). Le basi della moderna medicina, attraverso i “Canoni di medicina” di Ibd Sina (Avicenna) e Al Razi, e di conseguenza la visione logica del funzionamento del corpo umano.

Giorgio Nadali


ISIS e strategia mediatica

L’ISIS – il sedicente Stato islamico – è il primo gruppo terrorista che ha l’ambizione di imporre la sua ideologia a livello globale e il primo che ha una vera e propria strategia di comunicazione. Il suo primo obiettivo infatti è quello di presentarsi al mondo come Stato, influenzando la politica occidentale convincendola della potenza del Califfato. Per fare questo punta sulle dinamiche dello “sciame”, ossia la radicalizzazione di un singolo seguace per condizionare un gruppo di suoi amici. Per fare questo vengono ampiamente utilizzati i social network. La comunicazione è divisa in locale, regionale e globale. Quella locale riguarda la popolazione del luogo, raggiunta attraverso opuscoli, oratori e con la radio Al-Bayan, una stazione radio in Iraq di proprietà e gestita dallo Stato Islamico dell’Iraq e il Levante (ISIL) che trasmette sulla frequenza 92,5 in FM e che serve anche per una comunicazione globale. Infatti la stazione trasmette notizie dell’ISIS in arabo, curdo inglese, francese e russo. La qualità dei notiziari è stata paragonata a quelli della BBC inglese. La stazione offre una vasta gamma di programmi tra cui i canti islamici Nasheed solo vocali, recitazioni del Corano, discorsi, fiqh (la giurisprudenza coranica), corsi di lingua, e interviste, intervallati da regolari notiziari e relazioni sul campo da corrispondenti di Al-Bayan in Iraq e in Siria. Le notizie in lingua inglese e i bollettini sono forniti da uno speaker con accento americano e le date degli eventi vengono letti secondo il calendario islamico. L’ISIS utilizza molto anche i “mujatweets” su Twitter – che partono dal media center Al Hayat di ISIS a Mosul con i quali raggiunge i seguaci più evoluti tecnologicamente. Ben sessantamila sono gli account internet pro ISIS sui social network. La comunicazione avviene con caratteristiche diverse a seconda degli obiettivi:

Prodotto Target Obiettivo
Social media (Mujatweets e video)In questi filmati i membri dell’ISIS si mostrano gentili con i bambini e regalano dolci e vestiti Potenziali reclute Radicalizzazione e reclutamento
Filmati dell’orrore Nemici del CaliffatoPubblico occidentale ampio Terrorizzare, minacciare
Filmati di contro informazione Pubblico occidentale competente Indirizzare il dibatto su ISIS
Filmati di testimonianza Musulmani in Occidente e nel mondo islamico Reclutare nuovi volontari
Brochure Famiglie di potenziali sostenitori Indirizzano sul piano politico, teologico e tattico
Ebook, magazine Foreign fighters e pubblico occidentale competente Socializzare al Califfato

 

ISIS ha anche una rivista online di propaganda chiamata Dābiq nata il 5 luglio 2014 (Mese di Ramadan 1435 islamico) uscita con il primo numero intitolato “Il ritorno del Califfato”). Il numero attuale è il 14, uscito il 13 aprile 2016 (Mese di Rajab 1437 islamico) dal titolo “La confraternita dei Murtadd”. Il murtadd è un apostata dell’Islàm.

ISIS ha addirittura una targa automobilistica, per sostenere l’utopia di essere un vero Stato e un hotel moderno a cinque stelle (piscina, campo da tennis, 262 stanze), il Ninawa International Hotel a Mosul, sorto per foreign fighters, i combattenti stranieri unitisi alle fila dell’ISIS, che sono ormai ventiduemila. Ovviamente anche l’hotel fa parte di una strategia per dare l’Idea di uno stato stabile. Di questi foreign fighters quattro sono svizzeri. Tra questi il 32enne romando Mathieu A., detto Abu Mahdi Al Suissery (che significa “lo Svizzero Illuminato”) aggregato al Califfato nel 2013 e il 25enne Damien G, già noti agli inquirenti federali. Un giornalista britannico – John Cantlie – rapito in Siria nel 2012 viene costretto dall’ISIS a girare sinora sei finti documentari “verità” di propaganda (della serie chiamata Lend Me Your Ears – cioè “prestami le tue orecchie”) vestito normalmente in abiti occidentali per mostrare al mondo che lo Stato islamico è un luogo tranquillo ed efficiente. In uno di questi filmati si vede Cantlie che si “diverte” a bordo di una moto di notte per le vie di Mosul portando sul sellino un combattente dell’ISIS vestito in abito tradizionale e mitra a tracolla. In realtà il combattente si sta assicurando gentilmente che Cantlie dica la “verità” con un mitra alle spalle.

Giorgio Nadali