La scienza conferma: L’anima è immortale. Scoperta in campo quantico

Alcuni fisici internazionali sono convinti che il nostro spirito ha uno stato quantico e che il dualismo tra corpo e anima è altrettanto reale quanto il “dualismo onda-particella” (detto anche “dualismo onda-corpuscolo”) delle particelle più piccole.

Il Dottor James G. di San Francisco, un ex collaboratore della società tedesca Max-Planck di Francoforte, ha riportato la seguente incredibile storia: “Ho studiato non solo negli U.S.A., ma per alcuni semestri ho studiato chimica anche a Londra. Quando arrivai in Inghilterra, il pensionato universitario era pieno, così aggiunsi il mio nome alla lista d’attesa. Poco tempo dopo, ricevetti la bella notizia che una camera si era liberata. Poco tempo dopo essermici trasferito, mi svegliai una notte e nel crepuscolo fui in grado di vedere un giovane uomo con ricci capelli neri. Ero terrorizzato e dissi al presunto vicino che aveva sbagliato stanza. Lui semplicemente pianse e mi guardò con una enorme tristezza nei suoi occhi.

Quando accesi la luce, l’apparizione era scomparsa. Dato che ero certo al cento percento che non era stato un sogno, il mattino dopo raccontai lo strano incontro alla direttrice del collegio. Le feci un’accurata descrizione del giovane uomo. Lei improvvisamente impallidì. Guardò negli archivi e mi mostrò una foto. Riconobbi immediatamente il giovane uomo che era venuto a trovarmi nella mia stanza la notte precedente. Quando le chiesi chi fosse, mi rispose con voce tremolante che si trattava dell’affittuario precedente. Poi aggiunse che la mia stanza si era liberata perché si era tolto la vita poco prima.L’autore non avrebbe mai documentato la storia se “James” non fosse stata una persona totalmente degna di fiducia e affidabile”.

Il Professor Hans-Peter Duerr, ex direttore dell’Istituto Max Planck di Fisica di Monaco, rappresenta il parere che il dualismo delle particelle più piccole non si limita al mondo subatomico, ma è invece onnipresente. In altre parole: il dualismo tra corpo e anima è altrettanto reale per lui quanto il “dualismo onda-particella” delle particelle elementari. Secondo il suo punto di vista, esiste un codice quantico universale applicabile a tutta la materia vivente e non. Questo codice quantico abbraccia presumibilmente l’intero cosmo. Di conseguenza, Duerr crede – di nuovo basandosi su considerazioni puramente fisiche – nell’ esistenza dopo la morte. Ecco come lo ha spiegato nel corso di un’intervista:

“Ciò che consideriamo il qui ed ora, questo mondo, è in realtà solo il livello materiale comprensibile. L’aldilà è una realtà infinita che è molto molto più grande. Nella quale questo nostro mondo è radicato. In questo modo, le nostre vite su questo piano di esistenza sono contenute e circondate già dal mondo dell’aldilà. Quando pianifico immagino di aver scritto la mia esistenza in questo mondo su una specie di hard disk sul tangibile (il cervello), e di aver anche trasferito questi dati su un campo quantico spirituale, così da dire che quando morirò, non perderò queste informazioni, questa coscienza. Il corpo muore ma il campo quantico spirituale continua. In questo modo, io sono immortale.”

L’anima lascia il corpo. Video

Il Dottor Christian Hellweg è convinto anche che lo spirito ha uno stato quantico. Nel corso dei suoi studi in fisica e medicina, ha effettuato ricerche sulle funzioni cerebrali per molti anni presso l’Istituto Max Planck di Biochimica Fisica. Ha dimostrato che le informazioni nel sistema nervoso centrale possono essere codificate in fasi. Negli ultimi anni ha dedicato la sua vita allo studio della questione corpo-anima e ha effettuato ricerche sulle percezioni immateriali e allucinazioni. E’ interessato in modo particolare al fischio/ronzio nelle orecchie, una percezione immateriale del senso dell’udito. Di conseguenza si è specializzato anche nella terapia. Sintetizza la sua tesi nel seguente modo:

I nostri pensieri, la nostra volontà, la nostra coscienza e le nostre sensazioni mostrano proprietà che potrebbero essere definite come proprietà spirituali … Nessuna interazione diretta con le forze fondamentali conosciute della scienza naturale, come la gravitazione, le forze elettromagnetiche, etc… può essere rilevata nello spirituale. D’altro canto, però, queste proprietà spirituali corrispondono esattamente alle caratteristiche che contraddistinguono i fenomeni estremamente sconcertanti e meravigliosi del mondo quantico. Mondo quantico, in questo caso, si riferisce a quel regno del nostro mondo che non è solo fattuale; in altre parole, il regno delle possibilità, il regno dell’incertezza, dove noi “sappiamo il cosa” ma non sappiamo esattamente né il quando né il come. Sulla base del contesto della fisica tradizionale, si può concludere, per necessità, che questo regno deve effettivamente esistere nella realtà.

Il fisico americano John Archibald Wheeler colpisce un nervo simile, “molti scienziati speravano … che il mondo, in un certo qual senso, fosse tradizionale – o semplicemente privo di curiosità del tipo larghi oggetti che sono nello stesso posto allo stesso tempo. Ma queste speranze sono andate in fumo dopo una serie di nuovi esperimenti.

Attualmente ci sono gruppi di ricerca universitari che analizzano l’interazione tra coscienza e materia. Uno dei principali ricercatori in questo campo è il fisico Professor Robert Jahn della Università di Princeton nel New Jersey.

Egli sostiene che se gli effetti e le informazioni possono essere scambiati in entrambe le direzioni tra coscienza umana e ambiente fisico, allora si deve anche assumere una risonanza o “potenziale legame molecolare” anche per la coscienza. In sintesi: secondo questa teoria, si dovrebbe riconoscere anche alla coscienza le proprietà quantiche conosciute. A suo avviso non avrebbe senso assegnare termini come informazione o risonanza né al mondo fisico né alla coscienza spirituale o separare gli effetti fisici dagli effetti spirituali.

Il fisico quantico David Bohm, allievo e amico di Albert Einstein, fece affermazioni simili. La sua sintesi: “I risultati delle scienze naturali moderne hanno senso solo se assumiamo una realtà interiore uniforme trascendente che si basa su tutti i dati e fatti esterni. Il vero profondo della coscienza umana è una di queste.”

Il fisico nucleare e biologo molecolare Jeremy Hayward della Università di Cambridge non fa mistero delle sue convinzioni: ”Molti scienziati che fanno parte della corrente scientifica principale non hanno più paura di dichiarare apertamente che la coscienza potrebbe, in aggiunta a spazio, tempo, materia, essere un elemento fondamentale del mondo – probabilmente molto più fondamentale di spazio e tempo. Potrebbe essere un errore separare lo spirito dalla natura.” Viene addirittura messo in discussione se la materia debba essere considerata un elemento fondamentale dell’universo.

Dr. Rolf Frobã–Se – The Huffington Post

dallo SchwartzReport del 29 giugno 2014

traduzione a cura della redazione di coscienza.org – Erica Dellago

coscienza.org


Genetica, fisica e Mente divina

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Francis Collins – genetista autore della sequenza del DNA umano – direttore del National Institutes of Health, ha affermato che il Big Bang «domanda a gran voce una spiegazione divina e infatti si accorda perfettamente con l’idea di un Dio Creatore trascendente. Non riesco a capire come la natura avrebbe potuto crearsi da sé. Solo una forza al di fuori del tempo e dello spazio avrebbe potuto fare una cosa simile».

 

C’è un eccezionale invisibile ordine che sembra governare l’universo. Diversi scienziati concordano sul fatto che esista un codice cosmico. Le costanti fondamentali dell’universo sono relazioni così sensibili che se cambiassero anche di poco renderebbero impossibile la sua stessa esistenza. Se la velocità di espansione dell’universo dopo il Big Bang fosse cambiata di una parte su un trilione (uno con diciotto zeri) l’universo si sarebbe allargato troppo o collassato su se stesso e nulla esisterebbe. In sostanza sarebbe bastato un solo granello di sabbia su tutti quelli contenuti in tutte le spiagge del mondo per fare la differenza. Se la materia si fosse sparsa uniformemente la vita non ci sarebbe.

L’ipotesi più popolare per una precisione così grande è quella degli universi paralleli, ma la tesi di un multiverso richiede tanta fede quanto quella necessaria a credere all’esistenza di Dio. Recentemente la fisica, con la “teoria delle stringhe” fonde la meccanica quantistica con la relatività generale e ipotizza l’esistenza di altre dimensioni a noi invisibili… La “mente” di Dio? Tuttavia le dimensioni extra non possono spiegare la natura trascendente di un Creatore. Determinare se sia stato Dio o no a determinare le leggi della fisica è impossibile, a meno che il Creatore non abbia lasciato un messaggio leggibile nel codice cosmico. Tuttavia l’universo è matematica e studiandola si può dire di esplorare la “mente” di Dio. «Se non ammettiamo l’esistenza di Dio come cristiani, dobbiamo ammetterla come matematici», diceva il matematico Cauchy…

 

Stephen Hawking sosteneva che Dio non esiste perché non esiste tempo prima del Big Bang e quindi nessuno può avere creato nulla prima del tempo. Tuttavia la tesi di Stephen Hawking non tiene conto che il tempo non è (solo) un concetto scientifico, ma soprattutto metafisico. Quando i teologi parlano di cosa esistesse prima dell’universo immaginano un vero vuoto. Se l’universo era davvero un nulla questo vuol dire che è stato creato da qualcosa al di là dell’universo, qualcosa di totalmente trascendente che lo ha fatto passare dal nulla all’esistente: Dio. La teoria chiamata No boundary proposal (di Hartle e Hawking) sostiene che tutto (tempo, spazio, leggi fisiche) è nato da un singolo punto. Ma usando le leggi fische per comprendere il Big Bang incontrano la cosiddetta “singolarità”, in cui quelle leggi cedono e appare necessario l’intervento di un Creatore che ha dato il via al tutto. Hawking risponde che l’universo non è nato da una singolarità, ma il tempo ha avuto origine come una delle dimensioni dello spazio. Tuttavia la teoria non afferma che l’universo si estende all’infinito all’indietro nel tempo, ma che il momento iniziale è in una sorta di condizione nebulosa il che significa che c’è comunque stato un’inizio. I teologi contrattaccano la teoria atea di Hawking con il teorema di tre fisici che affermano che qualsiasi universo in espansione deve avere avuto un inizio. Tutti gli universi in espansione devono avere un confine inziale di tempo. Questo fa tornare all’intervento divino.

L’astrofisico Allan Sandage ha osservato che «con le conseguenze riguardanti la possibilità che gli astronomi abbiano identificato l’evento della creazione mette veramente la cosmologia vicino al tipo di teologia naturale medioevale che ha cercato di trovare Dio identificando la causa prima». Secondo un insegnamento indù esistono infiniti universi ognuno con un dio diverso immerso in un differente sogno cosmico. Tuttavia questo implicherebbe l’esitenza di un super dio responsabile dell’esistenza degli altri déi e dei loro universi sognati e creati. Siamo noi a sognare l’intervento divino nella creazione o è questo a farcelo sognare? La questione però non è testabile e quindi non può far parte della scienza perché questa usa dati dell’universo e non può quindi confutare ciò che è al di là dell’universo stesso…

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Il racconto biblico della creazione (scritto nel VI secolo a.C.) rispecchia fedelmente il processo di evoluzione dell’universo e dello sviluppo della vita sulla Terra che conosciamo oggi. Infatti, la prima cosa che Dio crea è la luce. «Dio disse: “Sia luce!” E luce fu. Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno». (Genesi 1,3-5).

Oggi sappiamo che un’esplosione di luce primordiale ha generato l’universo che conosciamo. E la teoria del Big Bang, formulata nel 1927 da un prete astronomo belga, Georges Lemaitre. Poi Dio crea nell’ordine: la terra, (pianeti) i mari (pianeti con acqua liquida), vegetazione (conseguenza della presenza di acqua), stelle (sistemi solari), animali acquatici (i primi presenti sulla Terra), volatili (i secondi presenti sulla Terra), bestiame, rettili (al terzo posto dopo i volatili), uomo, donna (l’essere umano è l’ultimo essere vivente ad apparire sulla Terra).
Mosè Maimonide nella sua «Guida degli smarriti» raccomanda di interpretare in senso allegorico diversi passi della Bibbia: «Dio avendo deciso nella sua divina sapienza della necessità di comunicarci questi profondi argomenti (il racconto della creazione del mondo) decise anche – a causa dell’immensità e della difficoltà del soggetto, insieme alla mancanza della nostra comprensione – di parlarcene sotto forma di allegoria, con detti nascosti e parole velate».

Giorgio Nadali

 


Dio Madre

Padre John Michael O’Neal, 71, è un sacerdote cattolico della diocesi di Boston che ha subito un attacco di cuore ed è “morto” per 48 minuti. Durante questo periodo ha affermato di essere andato in Cielo, prima di essere riportato dai medici sulla terra nella sua stanza nel Massachusetts. Tuttavia, Terrence Donilon, un portavoce per l’arcivescovo di Boston, ha respinto i rapporti come una bufala. “’Non abbiamo un sacerdote di questo nome”. Si era detto che il prete era stato inghiottito da un sentimento di amore incondizionato come ha incontrato Dio, che ha descritto come un essere di luce simile ad una madre.

Diomadre

“La sua presenza era sia travolgente che confortante e aveva una voce morbida e rassicurante e la sua presenza era rassicurante come l’abbraccio di una madre. Il fatto che Dio è una Santa Madre invece di un Santo Padre non mi disturba. Lei è tutto quello che ho sempre sperato”. Tuttavia la Bibbia ebraica non solo identifica Dio attraverso il singolare maschile “Lui”, ma usa anche sostantivi maschili come padre e Signore per escludere i suoi corrispondenti femminili. Il Dio biblico ha un anche un corpo: volto, bocca, schiena, fianchi, mano e così via. Dio è raffigurato come maschio senza un fallo. Egli appare come maschio desessualizzato, ciò nonostante un maschio. Da quando è merso il femminismo ebraico negli anni ’70 del secolo scorso negli Stati Uniti, le donne hanno direttamente sollevato la questione del sesso di Dio.

Uomini e donne sono ugualmente creati a immagine del divino e Dio è letteralmente né maschio né femmina, tuttavia le immagini liturgiche della divinità sono principalmente, se non esclusivamente maschili. Ci sono poche prove del fatto che l’immagine femminile della divinità fosse ampiamente conosciuta fuori dai circoli mistici maschili cabalistici. Tuttavia per i mistici, la sofferenza ebraica assunse un significato cosmico, poiché la rottura del mondo era paragonata alla rottura di Dio con il suo elemento femminile, la Shekhinah. La Shekhinah confortò e offrì speranza non solo agli ebrei in esilio dalla terra di Israele, ma anche, nel XV secolo, ai marrani, gli ebrei espulsi dalla Spagna. Vi sono delle forti somiglianze tra la figura medievale di Maria, la madre di Gesù – che intercede tra i credenti e un sempre più remoto Dio padre – e la Shekhinah. la Shekhinah – presenza divina – consola il popolo ebraico come una madre consola i suoi figli, portandoli più vicini a un Dio inconoscibile e irraggiungibile.

Chava Weissler ha scoperto almeno una tekhine (preghiera di petizione) del XVIII secolo scritta nella lingua yiddish da Sarah Rebecca Rachel Leah Horowitz, che comprende un poema liturgico che si riferisce alla imana shekinta, “la nostra Madre Shekhinah” (Weissler 1998, 92). Nonostante non siano esplicite, vi sono altre due antiche descrizioni di Dio come madre. Un nome usato di frequente nella Bibbia è El Shaddai, di solito tradotto come l’Onnipotente. Tuttavia in ebraico Shad significa seno. El Shaddai può essere interpretato come Dio (El) col seno, un’immagine non lontana dalle descrizioni del vicino oriente di Asherah, la divinità madre della fertilità dotata di un grosso seno. Spesso raffigurato come attributo centrale di Dio, la Rachamim (compassione) non è esplicitamente identificata nella Bibbia come immagine femminile della divinità.

Come molte femministe hanno notato, la Rachamim proviene probabilmente dalla radice ebraica Rechem, che significa ventre e può essere vista come immagine di Dio madre. Nonostante la connessione tra Rachamim e Rechem non sia universalmente accettata, alcune femministe ebree hanno continuato ad associare questa immagine compassionevole della divinità a Dio come madre. Alcune femministe contemporanee hanno provato ad ampliare le metafore che gli ebrei usano nel parlare di Dio, immaginando la divinità come dea. I detrattori hanno contestato questa immagine come idolatra, ma Marcia Falk, Judith Plaskov e altre hanno insistito sostenendo – con le parole della Plaskov – che «quando il monoteismo è identificato con una singola immagine o figura di Dio, ciò che passa per monoteismo è in realtà monolatria».

Diversa è la questione del “Madonnesimo“, una forma di “religiosità ipomaniaca” presente in determinati fedeli del Cattolicesimo, i quali non si limitano ad onorare Maria di Nazareth come madre di Cristo, ma superano i confini della cosiddetta iperdulìa – cioè la venerazione della Madonna – e sconfinano nell’idolatrìa, riservando di fatto a Maria di Nazareth un posto più importante di quello di suo figlio, fondatore stesso del Cristianesimo. E’ dovuto alla convinzione che Dio non ami abbastanza l’uomo, il quale ha dunque bisogno di “raccomandazioni” celesti per farsi ascoltare dal Creatore… Ne riparleremo.

Giorgio Nadali


Angeli e scienza. La “sindrome del terzo uomo”

Nel calcio c’è il “quarto uomo”. La “sindrome del terzo uomo” è il termine che allude invece ad un misterioso essere che si presenta accanto ai moribondi o alle persone in situazioni molto critiche. Qualcuno parla di fenomeno psicologico. Altri di un vero e proprio essere soprannaturale, come l’Angelo custode. Vi sono testimoni famosi di questo fenomeno. Gli esploratori Reinhold Messner, Frank Smythe, Peter Hillary e Ann Bancroft, e Ron Di Francesco, l’ultimo sopravvissuto agli attacchi dell’11 settembre 2001 al World Trade Center – che sentì la presenza del “terzo uomo” all’ottantaquattresimo piano della torre Sud –  e la microbiologa Stephanie Schwabe. Tutti hanno sentito chiaramente la presenza misteriosa accanto a loro nei momenti critici.

John Geiger descrive il fenomeno del compagno misterioso nel suo nuovo libro The Third Man Factor: Surviving the Impossible. Geiger spiega che il “terzo uomo” è un essere invisibile che interviene nei momenti difficili – quando le persone sostengono un grande stress in una situazione di vita o di morte — per dare conforto, aiuto e sostegno.

Questo essere incorporeo offre una sensazione di speranza, protezione e guida, e lascia la persona convinta che lui o lei non è sola. Se solo poche persone avessero incontrato il terzo uomo, potrebbe essere liquidato come un delirio insolito condiviso da alcune menti stressate. Ma nel corso degli anni, l’ esperienza si è verificata più volte, ai sopravvissuti dell’11 settembre 2001, agli alpinisti, ai subacquei, agli esploratori polari, ai prigionieri di guerra, ai marinai, ai naufraghi, agli aviatori e agli astronauti. Tutti sono scampati ad eventi traumatici e hanno raccontato storie sorprendentemente simili: di aver intuito la stretta presenza di un assistente o di un tutore. La forza è stato spiegata come frutto di allucinazioni o di intervento divino. Recenti ricerche neurologiche suggeriscono qualcos’altro…

Giorgio Nadali

 


Angelo in ecografia. Madre si converte

L’ecografia di un feto ha sorpreso tutti. La notizia è stata diffusa da The Mirror il 4 gennaio 2016. Kelly Lewis – 26 anni, del Galles –  ha condiviso l’immagine che mostra quello che sembra un angelo chino sulla sua bambina, con la faccia di un cherubino sorridente sopra. La madre ha detto che una sua amica aveva individuato la figura celeste nell’ecografia. Ha detto: “Il mio amico ha visto la scansione del demone e gli ricordava l’ecografia del mio bambino nel 2012. “Sembra proprio come un angelo è chino su il mio bambino, con un volto cherubino che si libra sopra il piccolo. Nessuno poteva credere ai suoi occhi quando è stata mostrata l’ecografia”.

Nel settembre scorso l’ecografia di gravidanza della ventunenne Jade Hornsby aveva messo in luce l’immagine del nonno che baciava il bambino. Suggestione o realtà?

 

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Redazione


Religiosità: Ricchi o poveri?

Di certo Adriano Celentano non sarebbe d’accordo, ma secondo un nuovo studio di un istituto di ricerca sociale americano – Pew Research Center – c’è un rapporto tra benessere economico personale e fede religiosa. Ricchezza e religione sarebbero inversamente proporzionali: i paesi più religiosi quelli con un più alto tasso di povertà e viceversa, mentre quelli più ricchi i più tendenti all’ateismo. Unica eccezione gli Stati Uniti d’America, dove nonostante la ricchezza elevata in termini di PIL, il 54% della popolazione afferma la grande importanza della religione nella propria vita. Nel testo sociologico “Sacro e popolare. Religione e politica nel mondo globalizzato”, gli autori Pippa Norris e Ronald Inglehart sottolineano come la partecipazione alle pratiche religiose registri tassi più alti tra persone più incerte a livello economico e che si trovano ad affrontare più problemi di salute e povertà. Nell’ipotesi generale, il declino del valore della religione, della fede e delle attività religiose dipende dal mutamento di lungo periodo della sicurezza esistenziale: con il processo e il progresso dello sviluppo umano, l’importanza della religione nella vita degli individui diminuisce gradualmente.

Giorgio Nadali, il direttore del del nostro settimanale ha sentito il parere di tre importanti sociologi italiani.

Roberto Cipriani. Professore ordinario di Sociologia nell’Università Roma Tre.
Silvio Scanagatta. Docente di Sociologia del mutamento culturale all’Università di Padova
Paola Di Nicola. Presidente della Associazione Italiana di Sociologia. Docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Verona.

Siete d’accordo con la ricerca?

Cipriani:
Non è facile essere d’accordo con la ricerca perché le informazioni sulla metodologia sono insufficienti a valutare l’affidabilità. A livello comparativo fra nazioni ci sono moti problemi di omogeneità fra i dati raccolti.
Scanagatta:
Non mi stupisce affatto. Gli Stati Uniti hanno una cultura decisamente diversa dall’Europa. Gli Stati Uniti sono gli unici che differiscono in questa variabile che va dal massimo di senso religioso rapportato con la povertà sino al minimo di senso religioso rapportato con la ricchezza. Gli Stati Uniti essendo più ricchi dell’Europa dimostrano che uno stato più coeso il senso religioso va perfettamente d’accordo con la ricchezza conseguita.
Di Nicola:
Indubbiamente al di là di tutte le questioni teologiche la religione ha avuto sempre una funzione consolatoria nei confronti dei soggetti e spesso questa funzione consolatoria ha trovato maggiore accoglimento tra le persone che sperimentano condizioni di vita altamente problematiche. Rimane il fatto che a livello personale le religioni sono fonte di conforto. È un dato di conforto. Soprattutto le religioni rivelate (Ebraismo, Cristianesimo e Islam).

Esiste a vostro parere un rapporto con la condizione economica personale e la propria fede religiosa?

Scanagatta:
Certamente c’è un rapporto. Il problema è che il tentativo di alcuni di dire che più si è ricchi e meno si è religiosi è contrastante no solo con un’infinità di realtà individuali, ma anche con realtà collettive dove società unite come quella americana dimostrano che si può far convivere benissimo il senso religioso con una grande ricchezza.
Cipriani:
Non necessariamente. Ci sono persone ricche poco religiose e poveri assai religiosi ma anche il contrario. Non si può generalizzare.
Di Nicola:
Bisogna distinguere tra la fede e la religiosità, che spesso si caratterizza anche con aspetti di tipo magico e di superstizione. Se per fede si intende un credere a livello personale nell’esistenza di un’Entità di tipo trascendente io credo che questo sentimento che possa essere presente a tutti gli uomini in tutte le classi sociali. Se invece pensiamo alla religiosità, che comprende anche tutti gli aspetti del rito, indubbiamente nelle aree del Paese in cui esiste ancora uno sviluppo non ancora pienamente maturo, spesso questi atteggiamenti continuano a persistere.

Secondo voi la ricchezza economica allontana dalla fede religiosa (cristiana)?

Cipriani:
Molto dipende dalla socializzazione e dall’educazione ricevute, che possono impedire di pensare che la ricchezza allontani dalla fede.
Scanagatta: No, no. L’aumento economico non allontana affatto dal senso religioso. Anzi, lo fa crescere perché spesso il livello culturale rende più sensibili e attenti al senso religioso, non necessariamente più distanti.
Di Nicola: Non è facile da dire. Con l’Europa del Settecento la religione ha perso un po’ la funzione di essere la guida per la vita e la risposta a tutti i problemi. Soprattutto con l’industrializzazione e l’aumento della ricchezza disponibile sia a livello individuale sia a livello collettivo ci si rende conto che si può avere una situazione di sicurezza autonomamente, per meriti personali, senza dover necessariamente ringraziare Qualcuno…

Cosa pensate della teologia della prosperità, di origine protestante, cioè che Dio desidera il nostro benessere economico personale e agisce anche per farcelo avere?

Cipriani:
La teologia della prosperità è un espediente per recuperare adesioni rispetto alla teologia della liberazione, promettendo esiti economici positivi in caso di adesione ad una certa linea teologica e cultuale.
Scanagatta:
Secondo un’idea protestante una persona deve la sua ricchezza non solo alla grazia che Dio gli dà ma anche al senso di comunità con cui esplica questa grazia ed è quello che può spiegare una convivenza tra ricchezza e senso religioso. In Europa invece prevale l’idea per essere ricchi bisogna distruggere il sistema di valori religiosi, in America succede esattamente il contrario. Non solo. Il cattolicesimo dice che la ricchezza è una colpa, ma anche il Paesi del Nord Europa dicono che la separazione tra senso religioso e ricchezza va operata a livelli massimi, tanto è vero che sono i Paesi del Nord che non hanno voluto riconoscere le radici giudaico cristiane della società europea.
Di Nicola:
Con il protestantesimo l’uomo è diventato la misura di tutte le cose, anche la misura della sua etica, della sua moralità e della sua religiosità. Nelle prime forme del Calvinismo per un uomo l’aver successo nella vita era un segno di essere un eletto e quindi nella grazia di Dio. Poi con il Novecento questa dimensione si è molto affievolita e l’obiettivo non stato più stato di arricchirsi per avere una misura del proprio stato di grazia, ma l’obiettivo era semplicemente quello di raggiungere livelli più alti di ricchezza indipendentemente dal fatto che questo fosse un indicatore di essere nelle grazie di Dio.

Secondo voi c’è un rapporto tra la condizione economico sociale e la fede religiosa in Italia?

Cipriani:
La condizione economica non è una variabile indipendente che presieda in Italia all’orientamento religioso.
Scanagatta:
Certamente c’è un rapporto. Il problema è che il tentativo di alcuni di dire che più si è ricchi e meno si è religiosi è contrastante no solo con un’infinità di realtà individuali, ma anche con realtà collettive dove società unite come quella americana dimostrano che si può far convivere benissimo il senso religioso con una grande ricchezza.

Di Nicola:
Bisogna distinguere tra la fede e la religiosità, che spesso si caratterizza anche con aspetti di tipo magico e di superstizione. Se per fede si intende un credere a livello personale nell’esistenza di un’Entità di tipo trascendente io credo che questo sentimento che possa essere presente a tutti gli uomini in tutte le classi sociali. Se invece pensiamo alla religiosità, che comprende anche tutti gli aspetti del rito, indubbiamente nelle aree del Paese in cui esiste ancora uno sviluppo non ancora pienamente maturo, spesso questi atteggiamenti continuano a persistere. La tradizione dà delle sicurezze e chi sperimenta maggiore insicurezza quotidiana spesso trova nella tradizione religiosa dei punti di riferimento.

Intervista di Giorgio Nadali


Non solo ISIS. In aumento talebani e bigotti di casa nostra

Per trovare fanatici religiosi non bisogna guardare lontano, magari nelle terre dello cosiddetto stato islamico dell’ISIS. Sono in casa nostra, soprattutto tra i cattolici. Sono coloro che sentono di avere la verità in tasca e si permettono di giudicare gli altri. Per questi farisei moderni valgono le parole del Vangelo: «Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!». L’incoerenza è di casa partendo dai vertici della chiesa. Parlano di povertà perché pensano che Dio ci voglia tutti poveri e sfigati, ma poi si scoprono ogni giorno scandali legati all’accumulo di ingenti ricchezze: aprlo di castità intendendola come sessuofobia e la pedofilia clericale dilaga. Tra i fedeli il moderno fariseo è pronto a guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello e a non vedere la trave che è nel suo. L’opposto dell’insegnamento evangelico (Luca 6,42). Una chiesa sempre più vecchia (sia tra i vertici, sia tra i frequentatori) che dell’anziano inacidito ha tipicamente invidia di chi ha successo o che si discosta in apparenza da valori che neppure loro seguono. Come dire, la vecchietta che va a Messa e poi sparla ai quattro venti dei vicini o si sente giusta perchè si gloria di pratiche devozionali ossessive, meccaniche e ripetitive. Insomma, religiosità ipomaniaca. Non solo ISIS…

Sigmund Freud considerava la religione una nevrosi collettiva. Una nevrosi è un «disturbo psichico senza causa organica, i cui sintomi i cui sintomi sono interpretati dalla psicoanalisi come espressione simbolica di un conflitto che ha le sue radici nella storia del soggetto e che costituisce un compromesso tra il desiderio e la difesa». Su posizioni diametralmente opposte si pone Carl Gustav Jung che chiama «Sé il rappresentante psicologico dell’immagine di Dio e concepisce il Sé come principio ordinatore della personalità che ne presiede il senso e la configurazione». Nel fanatismo religioso «le pratiche religiose non sono un mezzo per entrare in rapporto con Dio, ma soltanto una fuga nel comportamento gregario per evadere dall’isolamento, un ripiego difensivo per il bisogno di uno pseudo contatto reintegrativo quale surrogato di un rapporto affettivo autentico che non si è potuto realizzare. La ricerca dell’accettazione da parte della divinità è cioè un tentativo per compensare la non accettazione da parte degli uomini». Occorre chiarire. Non per dare la caccia al fanatico o per dare etichette offensive, ma per saper cogliere la differenza tra una fede che porta giovamento a sé e agli altri che s’incontrano, da una religiosità malata, che fa ripiegare su se stessi e non porta alcun giovamento agli altri, se non addirittura dei danni, come nel caso del fondamentalismo violento. La necessità di capire porta a non temere l’altro e a non discriminarlo.

Chi è il fanatico religioso?

Due sono gli aspetti del fanatismo religioso. Il primo è quello psicologico. Nel fanatismo religioso manca l’umiltà. Ci si sente migliore degli altri (di chi non crede o di non ha la nostra stessa fede). Si rivendica una “linea diretta” con Dio. È una religiosità segnata da eccessiva ambizione morale, dal desiderio assoluto di convertire gli altri. Non è quindi la fede, ma un conflitto psicologico che ha risvolti nella credenza religiosa. Tuttavia occorre avere un criterio oggettivo per non cadere nei pregiudizi. Ciò che per alcuni sembra fanatismo religioso ad altri è semplicemente l’espressione di una fede profonda. Si chiama religiosità ipomaniaca. In altri casi vi è un indottrinamento di correnti religiose che porta a un progressivo cambiamento verso una personalità rigida, in cui il testo sacro diventa la norma assoluta per il proprio vissuto e per quello degli altri. Perciò si entra nella logica ideologica, uscendo da quella spirituale. O con noi o contro di noi. E chi non è con noi o va convertito oppure – nei casi di fanatismo estremista – va eleminato. Mancano quindi l’umiltà e la tolleranza che costituiscono i più grandi deterrenti al fanatismo religioso. Da un punto di vista sociale non si può essere umili e anche fanatici religiosi. Il fanatico religioso si sente protagonista, anche se è chiuso nella cella di un monastero. Certe forme di annullamento di sé e di mortificazione personale non hanno nulla a che fare con l’umiltà. La penitenza, almeno nell’esperienza cristiana, è il riconoscimento dell’amore di Dio. Non si fa penitenza per farsi amare, ma per amore. Se manca l’umiltà il fanatico religioso può pagare decime e digiunare due volte la settimana inutilmente (Luca 18,9-14). La mancanza di umiltà e di gioia portano al fanatismo religioso. «Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Giovanni 15,11).
La “tristizìa” era un vizio capitale nel Medio Evo cristiano. Chi è gioioso e gode della vita con umiltà, non può essere un fanatico religioso. Un secondo aspetto è quello ideologico e sociale. Ci si “ammala” di fanatismo religioso quando si entra in contatto o addirittura si viene educati in una corrente di pensiero fondamentalista (cristiana, Islamica, ebraica, induista, ecc.) che non tollera in confronto con la diversità dottrinale e morale dell’altro. In questa visione l’altro non è un diverso, uno che mi è antipatico e nemmeno un semplice avversario. È un nemico. Quello del fanatismo religioso (la religiosità ipomaniaca) non è una fede che nasce dall’amore, ma dall’ideologia o da un Io malato, in termini psicanalitici. «Risulta chiaro così che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti».
Nelle moschee afghane invece i bambini imparano sistematicamente ad odiare: «Dio dice che non possiamo mai essere amici degli infedeli. Cosa sanno della nostra religione? Non potremo mai essere amici». In Pakistan il 70% degli studenti impara a odiare cristiani, indù ed ebrei. «L’induismo è basato su ingiustizia e crudeltà» è scritto in un testo scolastico. In un altro è scritto: «Tutti i Paesi cristiani si sono uniti contro I musulmani e hanno inviato grandi eserciti per attaccare la città santa di Gerusalemme. Le guerre sono causate dai cristiani perché il papa, un capo dei cristiani, ha indetto un concilio di guerra. In questo ha detto che Gesù Cristo ha sanzionato la guerra contro i musulmani».

Talebani di casa nostra

Razza di vipere. Sepolcri imbiancati. Così li chiamava Cristo. Insomma, stiamo parlando dei Farisei. Quelli della nota setta contemporanea di Gesù Cristo si facevano chiamare farishà, “i puri”. A volte ritornano. E poiché oggi il corrispondente moderno di “fariseo” è “talebano”, qualche collega giornalista ha già rinominato “talebani cattolici” i fanatici religiosi che appartengono alla più grande Chiesa cristiana.

I talebani – quelli veri – sono gli studenti coranici che ideologicamente vogliono fondere la legge Islamica (sharia) con il codice d’onore (pashtunwali) del popolo Pashtun (Afghanistan e Pakistan). Tālib significa studente. Noto è il loro radicalismo estremo. Vietano musica, film, televisione, e l’istruzione per le donne. Le finestre delle case vanno oscurate perché nessuno possa vedere donne al loro interno. Il popolo Pashtun conta cinquanta milioni di persone e i talebani estendono violentemente quest’autorità anche alla popolazione afghana, a stragrande maggioranza non Pashtun. Il loro regime è rimasto in carica ufficialmente dal 1996 al 2001, ma dal 2004 a oggi gli insorti continuano a imporre la loro visione radicale alle popolazioni locali, contrastati solo dalle forze militari alleate, compresa quella italiana. Nessun regime al mondo è stato così violento contro le donne come quello talebano. Virtualmente tutte le donne erano confinate in casa e la polizia religiosa talebana vigilava su questa disposizione fucilando in piazza con un colpo alla nuca i trasgressori (e soprattutto le trasgreditrici). Inoltre i divieti comprendono: carne di maiale, parabole satellitari, danzare, applaudire, aquiloni, bambole e pupazzi, smalto per le unghie, cinema, strumenti musicali, scacchi, alcol, fuochi d’artificio, statue, fotografie e qualsiasi cosa legata al sesso. Divieto di lavoro, educazione e sport per tutte le donne. I talebani sono stati criticati perché molte delle loro regole non sono presenti nel Corano e nella sharia, la legge Islamica. I talebani sono dei salafi-takfir. Giudicano cioè chi è un vero musulmano oppure un musulmano apostata infedele (kafir). In realtà l’unica autorità Islamica che potrebbe farlo è un ulema. Dal 2010 l’ONU ha chiesto di eliminare i nomi dei capi talebani dalla lista dei terroristi. E all’ONU ha parlato nel luglio 2013 Malala Yousafzai, nata nel 1997. La più giovane candidata al Premio Nobel per la pace. Malala era stata ferita gravemente con colpi di arma da fuoco alla testa dai talebani nell’ottobre 2012 a Mingora (Pakistan) su un pullman scolastico perché ritenuta simbolo dell’oscenità degli infedeli. La sua colpa: desiderare per sé e per le donne il diritto all’istruzione e per aver denunciato su di un blog le atrocità commesse dei talebani nella valle dello Swat, liberata solo nel 2009.

I “talebani cattolici” sono invece dei fanatici religiosi che, credendo di fare un gran servizio alla già disastrata immagine della Chiesa, se la prendono anche loro con le donne. È noto il fatto di cronaca del parroco di Lerici (SP) del Natale 2012. Un bel volantino affisso sul portone di una chiesa. Nessuna tesi di luterana memoria per invitare la Chiesa a essere più evangelica. No, solo una tesi per allontanare ancora di più coloro che di essa non vogliono più sapere. Eccola. Le donne sono colpevoli della violenza che nel 2012 ha mandato al cimitero un centinaio di loro e all’ospedale diverse centinaia. Il femminicidio è causato dalle loro provocazioni. Il fariseo più famoso della storia – San Paolo – ha sì detto «nelle assemblee la donna taccia» (1 Corinzi 14,34), ma anche detto «non vi è più giudeo, né greco, né uomo né donna», e secondo i biblisti la prima frase è stata aggiunta. L’Apostolo delle genti, che sempre difendeva le donne, non ne avrebbe colpa. Non tutti hanno la presenza di spirito per comprendere che il fanatismo si annida ovunque, anche tra gli atei. Ad esempio, un conto è essere ateo, un altro è essere laicista o anticlericale.

Questi individui non sono fanatici perché sono cattolici. Sono fanatici perché soffrono di una “religiosità ipomaniaca”. E per disgrazia della chiesa, sono pure cattolici. Non rappresentano nessuno se non il loro disturbo. La religiosità ipomaniaca è quella – nelle religioni – di chi si sente detentore della verità e rivendica una linea diretta con Dio, al quale deve sempre dimostrare quanto sia un vero credente migliore degli altri… Suona familiare? No? È la parabola del fariseo e del pubblicano, che Gesù racconta nel Vangelo di Matteo. Nella parabola chi andò a casa giustificato? Il superbo fariseo che osservava tutte le prescrizioni della Legge di Mosè e presentava il conto a Dio, oppure l’umile pubblicano che si batteva il petto in fondo al tempio? Moralismo, non morale. Morale rabbinica, non morale paolina. La morale rabbinica non tiene conto della vittima; è interessata più alla legge che alla persona. La morale paolina (del fariseo convertito San Paolo) è attenta ai valori e alla persona, prima ancora delle norme morali. Ergersi a difensori della morale, mancando gravemente di attenzione a chi è vittima della violenza è tipico del fanatismo religioso. La donna si cerca la violenza perché è provocante. A tanto non è arrivato neanche Siddartha Gautama (il primo Buddha storico e fondatore del Buddhismo). Pochi sanno che scrisse: «Io non conosco, o monaci, altra forma che sia così attraente, così eccitante, così inebriante, così avvincente, così seducente così contraria alla vita serena, come proprio la forma della donna».
Controverse sono varie affermazioni del direttore di Radio Maria, Padre Livio Fanzaga. Eccone alcune: «Chi ci salva dalla cattiveria? Non certamente la scienza!» (Radio Maria, 2 luglio 2010), «La laicità è la moglie del demonio». (Commento alla stampa del giorno, Radio Maria, 2 ottobre 2008), «Il nuovo presidente della RAI è un giornalista di Repubblica… Se vuoi togliere il diavolo di torno accendi Radio Maria 24 ore al giorno». (Commento alla stampa del giorno, Radio Maria, 24 marzo 2009). Sui docenti dell’Università la Sapienza di Roma: «Se tu vai lì con quella gente lì e li spruzzi di acqua santa, esce fuori il fuoco… fumano! Se li spruzzi di acqua santa fumano, quella gente lì fuma! Fuori va il fumo, capito? Come avviene negli esorcismi più tremendi». Sui non credenti: «Io gli atei li avrei fatti tutti a fette! […] Passavo in questa via di atei e pensavo: se fossi il Padre Eterno li sterminerei tutti!-Ahahahah».

All’opposto di quest’atteggiamento talebano vi è quello di papa Francesco che ha voluto incontrare il non credente direttore di «Repubblica» Eugenio Scalfari il 24 settembre 2013. Il pontefice ha preso personalmente un appuntamento col giornalista e ha voluto intavolare un dialogo con un significativo rappresentante di quella parte dell’opinione pubblica più lontana e critica verso la Chiesa cattolica.

Claudio Rendina – ha scritto: «Il presbitero scolopio Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, all’indomani del terremoto abbattutosi in Abruzzo il 6 aprile 2009 si è sentito in dovere di annunciare dai microfoni dell’emittente radiofonica cattolica di Como che quell’evento sismico non è altro che “una manifestazione della volontà divina mirata”. La spiegazione, nella sua banalità, è peraltro una indicazione esatta del rapporto che la Chiesa ha con la scienza». Naturalmente non è questo il rapporto (contemporaneo) della chiesa cattolica con la scienza, e tantomeno – per fortuna – il rapporto della «volontà divina mirata» con i disastri naturali. Ma come giustificare simili affermazioni ad un non credente?

Se non fossimo gentiluomini verrebbe proprio da dire ai talebani nostrani: «Mai i cazzi vostri mai, eh?». Noblesse oblige!

Giorgio Nadali


Velo integrale islamico vietato negli uffici pubblici

Niente velo integrale islamico negli uffici poubblici della Lombardia. Dal gennaio 2016 sarà vietato l’ingresso nelle strutture regionali e negli ospedali per chi indossa niqab e burqa. Lo aveva già annunciato il governatore della Lombardia, Roberto Maroni. La giunta lombarda ha modificato il regolamento di accesso agli edifici pubblici per motivi di sicurezza, in base alla legge nazionale. Il provvedimento è ssotenuto dalla Lega Nord, dopo gli attentati di Parigi.

La Sura 24,31 del Corano richiede che la donna si veli i capelli. Le nazioni più rigide a questo riguardo sono Arabia Saudita e Iran. La più libera è la Tunisia (velo non necessario). Si va dall’hijab (velo semplice tipo foulard) al niqab (velo nero integrale con fessura che lasciano intravedere solo gli occhi e con sportellino per mangiare. Va indossato solo in pubblico. Arabia Saudita, Yemen, Bahrain, Kuwait, Qatar, Onam, Emirati Arabi Uniti, Pakistan. Dalla pubertà (14 anni in su). Lo chador è invece il velo totale ma fa intravedere l’ovale del volto. Il burqa è il velo totale con una retina per vedere. Non si vedono nemmeno gli occhi. Si usa solo in Afghanistan. La polizia religiosa islamica è chiamata muttawia o muttaween. È il «Comitato per l’imposizione della virtù e l’interdizione del vizio». Opera in Iran contro le donne non velate bene e altre indecenze.
I tipi di veli, dal più coprente a quello più semplice, sono: Burqa. (Afghanistan e Pakistan). Mantello integrale, interamente coprente di colore blu o marrone. La donna può vedere solo grazie ad una piccola rete all’altezza degli occhi. Impossibile identificare i tratti somatici della persona. Ha
un prezzo molto basso. In uso negli harem del re Habibullah, poi diffusosi a tutte le donne dal 1950. Niqab (soprattutto Arabia Saudita). Interamente coprente di colore nero, composto da una tunica nera e un velo aggiuntivo che lascia scoperta solo una fessura per gli occhi. Per mangiare in pubblico la donna deve alzare leggermente il velo sul volto da sotto, sena scoprire altro. Va indossato con lunghi guanti neri sino al gomito. Khimar (Paesi Islamici teocratici). Velo integrale che lascia scoperto l’ovale del volto. Chador (Iran). Mantella di colore nero coprente sino ai piedi. Dal 1979 (rivoluzione islamica) le donne devono indossarlo quando escono da casa. L’ovale del volto è visibile. Shayla (India e Pakistan). Sciarpa rettangolare che avvolge la testa. Usata insieme alla tunica. Volto visibile. Al Amira. Velo composto di due pezzi usato insieme con un foulard che copre il collo e alla tunica. Volto visibile. Hijab. (Algeria, Tunisia, Marocco). Velo coprente testa e spalle con chiusura sul collo. Volto visibile Usato insieme alla tunica. Jibab. (Egitto, Marocco, Giordania, donne immigrate in Paesi occidentali). Abito simile a un impermeabile scuro che copre interamente il corpo. Usato insieme al khibab i cui lembi sono inseriti nel colletto dell’abito.

Giorgio Nadali


Nuova ricerca: Bambini religiosi, ma non più altruisti

Molte famiglie ritengono che la religione giochi un ruolo essenziale durante lo sviluppo morale dell’infanzia. Ma i figli di genitori religiosi possono non essere così altruisti come quei genitori pensano, secondo un nuovo studio internazionale condotto dall’Università di Chicago e pubblicato il 5 novembre 2015 su Current Biology. Un team di psicologi dello sviluppo guidato dal Prof. Jean Decety esaminato le percezioni e il comportamento dei bambini in sei paesi . Lo studio ha valutato la tendenza dei bambini a condividere – una misura della loro altruismo – e la loro tendenza a giudicare e punire gli altri per cattiva condotta. I bambini provenienti da famiglie religiose erano meno propensi a condividere con gli altri che erano bambini provenienti da famiglie non religiose . L’educazione religiosa è stata anche associata con più tendenze punitive in risposta a comportamenti anti-sociali. Lo studio dell’Università di Chicago ha preso in esame 1.170 bambini di età compresa tra 5 e 12 anni, provenienti da sei paesi – Canada, Cina, Giordania, Sud Africa, Turchia e Stati Uniti.

Fonte: http://www.sciencedaily.com/releases/2015/11/151105121916.htm