La scienza conferma: L’anima è immortale. Scoperta in campo quantico

Alcuni fisici internazionali sono convinti che il nostro spirito ha uno stato quantico e che il dualismo tra corpo e anima è altrettanto reale quanto il “dualismo onda-particella” (detto anche “dualismo onda-corpuscolo”) delle particelle più piccole.

Il Dottor James G. di San Francisco, un ex collaboratore della società tedesca Max-Planck di Francoforte, ha riportato la seguente incredibile storia: “Ho studiato non solo negli U.S.A., ma per alcuni semestri ho studiato chimica anche a Londra. Quando arrivai in Inghilterra, il pensionato universitario era pieno, così aggiunsi il mio nome alla lista d’attesa. Poco tempo dopo, ricevetti la bella notizia che una camera si era liberata. Poco tempo dopo essermici trasferito, mi svegliai una notte e nel crepuscolo fui in grado di vedere un giovane uomo con ricci capelli neri. Ero terrorizzato e dissi al presunto vicino che aveva sbagliato stanza. Lui semplicemente pianse e mi guardò con una enorme tristezza nei suoi occhi.

Quando accesi la luce, l’apparizione era scomparsa. Dato che ero certo al cento percento che non era stato un sogno, il mattino dopo raccontai lo strano incontro alla direttrice del collegio. Le feci un’accurata descrizione del giovane uomo. Lei improvvisamente impallidì. Guardò negli archivi e mi mostrò una foto. Riconobbi immediatamente il giovane uomo che era venuto a trovarmi nella mia stanza la notte precedente. Quando le chiesi chi fosse, mi rispose con voce tremolante che si trattava dell’affittuario precedente. Poi aggiunse che la mia stanza si era liberata perché si era tolto la vita poco prima.L’autore non avrebbe mai documentato la storia se “James” non fosse stata una persona totalmente degna di fiducia e affidabile”.

Il Professor Hans-Peter Duerr, ex direttore dell’Istituto Max Planck di Fisica di Monaco, rappresenta il parere che il dualismo delle particelle più piccole non si limita al mondo subatomico, ma è invece onnipresente. In altre parole: il dualismo tra corpo e anima è altrettanto reale per lui quanto il “dualismo onda-particella” delle particelle elementari. Secondo il suo punto di vista, esiste un codice quantico universale applicabile a tutta la materia vivente e non. Questo codice quantico abbraccia presumibilmente l’intero cosmo. Di conseguenza, Duerr crede – di nuovo basandosi su considerazioni puramente fisiche – nell’ esistenza dopo la morte. Ecco come lo ha spiegato nel corso di un’intervista:

“Ciò che consideriamo il qui ed ora, questo mondo, è in realtà solo il livello materiale comprensibile. L’aldilà è una realtà infinita che è molto molto più grande. Nella quale questo nostro mondo è radicato. In questo modo, le nostre vite su questo piano di esistenza sono contenute e circondate già dal mondo dell’aldilà. Quando pianifico immagino di aver scritto la mia esistenza in questo mondo su una specie di hard disk sul tangibile (il cervello), e di aver anche trasferito questi dati su un campo quantico spirituale, così da dire che quando morirò, non perderò queste informazioni, questa coscienza. Il corpo muore ma il campo quantico spirituale continua. In questo modo, io sono immortale.”

L’anima lascia il corpo. Video

Il Dottor Christian Hellweg è convinto anche che lo spirito ha uno stato quantico. Nel corso dei suoi studi in fisica e medicina, ha effettuato ricerche sulle funzioni cerebrali per molti anni presso l’Istituto Max Planck di Biochimica Fisica. Ha dimostrato che le informazioni nel sistema nervoso centrale possono essere codificate in fasi. Negli ultimi anni ha dedicato la sua vita allo studio della questione corpo-anima e ha effettuato ricerche sulle percezioni immateriali e allucinazioni. E’ interessato in modo particolare al fischio/ronzio nelle orecchie, una percezione immateriale del senso dell’udito. Di conseguenza si è specializzato anche nella terapia. Sintetizza la sua tesi nel seguente modo:

I nostri pensieri, la nostra volontà, la nostra coscienza e le nostre sensazioni mostrano proprietà che potrebbero essere definite come proprietà spirituali … Nessuna interazione diretta con le forze fondamentali conosciute della scienza naturale, come la gravitazione, le forze elettromagnetiche, etc… può essere rilevata nello spirituale. D’altro canto, però, queste proprietà spirituali corrispondono esattamente alle caratteristiche che contraddistinguono i fenomeni estremamente sconcertanti e meravigliosi del mondo quantico. Mondo quantico, in questo caso, si riferisce a quel regno del nostro mondo che non è solo fattuale; in altre parole, il regno delle possibilità, il regno dell’incertezza, dove noi “sappiamo il cosa” ma non sappiamo esattamente né il quando né il come. Sulla base del contesto della fisica tradizionale, si può concludere, per necessità, che questo regno deve effettivamente esistere nella realtà.

Il fisico americano John Archibald Wheeler colpisce un nervo simile, “molti scienziati speravano … che il mondo, in un certo qual senso, fosse tradizionale – o semplicemente privo di curiosità del tipo larghi oggetti che sono nello stesso posto allo stesso tempo. Ma queste speranze sono andate in fumo dopo una serie di nuovi esperimenti.

Attualmente ci sono gruppi di ricerca universitari che analizzano l’interazione tra coscienza e materia. Uno dei principali ricercatori in questo campo è il fisico Professor Robert Jahn della Università di Princeton nel New Jersey.

Egli sostiene che se gli effetti e le informazioni possono essere scambiati in entrambe le direzioni tra coscienza umana e ambiente fisico, allora si deve anche assumere una risonanza o “potenziale legame molecolare” anche per la coscienza. In sintesi: secondo questa teoria, si dovrebbe riconoscere anche alla coscienza le proprietà quantiche conosciute. A suo avviso non avrebbe senso assegnare termini come informazione o risonanza né al mondo fisico né alla coscienza spirituale o separare gli effetti fisici dagli effetti spirituali.

Il fisico quantico David Bohm, allievo e amico di Albert Einstein, fece affermazioni simili. La sua sintesi: “I risultati delle scienze naturali moderne hanno senso solo se assumiamo una realtà interiore uniforme trascendente che si basa su tutti i dati e fatti esterni. Il vero profondo della coscienza umana è una di queste.”

Il fisico nucleare e biologo molecolare Jeremy Hayward della Università di Cambridge non fa mistero delle sue convinzioni: ”Molti scienziati che fanno parte della corrente scientifica principale non hanno più paura di dichiarare apertamente che la coscienza potrebbe, in aggiunta a spazio, tempo, materia, essere un elemento fondamentale del mondo – probabilmente molto più fondamentale di spazio e tempo. Potrebbe essere un errore separare lo spirito dalla natura.” Viene addirittura messo in discussione se la materia debba essere considerata un elemento fondamentale dell’universo.

Dr. Rolf Frobã–Se – The Huffington Post

dallo SchwartzReport del 29 giugno 2014

traduzione a cura della redazione di coscienza.org – Erica Dellago

coscienza.org


Chiese e droghe rituali

ATTENZIONE. OLTRE non approva l’uso di alcuna droga, anche a scopi rituali.

Le Chiese del Santo Daime di cui oggi esistono varie branche indipendenti – nascono dall’esperienza di Raimundo Irineu Serra (Mestre Irineu,1892-1971), un povero lavoratore afro-brasiliano della foresta amazzonica che nei primi anni 1920 entra in contatto con popolazioni indigene che da tempo immemorabile fanno uso di ayahuasca (parola quechua che significa “la corda degli spiriti”), una bevanda rituale estratta da un arbusto (Bannisteriopsis caapi) e da foglie (Psychotria viridis) della foresta, entrambe con un contenuto variabile di diversi alcaloidi che conferiscono alla bevanda un effetto allucinogeno. Sembra che Serra si ripromettesse anzitutto di ottenere dalle visioni indicazioni e vantaggi di tipo pratico.

Ben presto, però, gli appare uno spirito femminile che è insieme la Regina della Foresta della tradizione indigena e la Vergine Maria, e che lo guida nei passi che lo conducono alla fondazione di una religione. Nel 1930 Serra si trasferisce nella città di Rio Branco, dove fonda una Chiesa popolarmente nota come Alto Santo e che prenderà poi il nome di Centro de Illuminãção Cristã Luz Universal. La droga di questa chiesa è chiamata “daime”. Le Chiese del Santo Daime insistono sul fatto che il consumo del Daime ha senso solo all’interno di un rituale preciso, che si collega a una visione del mondo che affonda le sue radici insieme nella saggezza degli indios amazzonici e nel cristianesimo.

L’esperienza del Daime inizia con la preparazione rituale della bevanda, che consiste nella raccolta nella foresta e poi nella riduzione in poltiglia dell’arbusto (che rappresenta il principio maschile) e della foglia (che rappresenta il principio femminile). Strati alternati di quanto è stato ricavato rispettivamente dall’arbusto e dalla foglia sono disposti in un grande calderone e fatti bollire finché ne fuoriesce un liquido che è raccolto in bottiglie (dove si conserva per parecchio tempo). L’assunzione – che in piccole quantità nella comunità è proposta anche ai bambini – avviene nel quadro di cerimonie dove la musica e gli inni hanno una notevole importanza. Le foglie sono preparate da dodici uomini, che simboleggiano i dodici apostoli di Gesù. Il santo Daime è considerato un sacramento vero e proprio ed è il Sangue di Cristo. La droga assunta è la Dimetil Triptamina (DMT).

Illegale in Brasile, ma lecita solo a scopi religiosi per questa chiesa. Anche negli Stati Uniti è stata legalizzata solo per questi fedeli, dal 2009 ed è illegale per chiunque altro. La droga rimuove i filtri naturali del cervello e rende possibile – a loro dire – esperienze mistiche. La chiesa è di fatto un miscuglio tra cattolicesimo e sciamanesimo. Esiste una sede italiana ad Assisi (Perugia).

Recentemente l’uso rituale della ayahuasca – una droga allucinogena degli sciamani dell’Amazzoniasi è diffuso in Italia. La chiesa cristiana che utilizza regolarmente la ayahuasca è la União do VegetalIl Centro Spirituale Carità Unione del Vegetale è una società religiosa fondata il 22 luglio 1961 da José Gabriel da Costa, Gabriel Maestro, al fine di promuovere la pace e “lavorare per l’evoluzione umana verso il loro sviluppo spirituale” , come specificato nel suo statuto. L’organizzazione ha attualmente più di 18.000 membri, distribuiti in più di 200 unità in tutti gli stati del Brasile, Perù e in alcuni paesi in Europa, Nord America e Oceania.

Nelle sue sessioni, i membri bevono il tè Hoasca o Ayahuasca, come è anche noto, per effetto di concentrazione mentale. In Brasile, l’uso di Hoasca nei rituali religiosi era regolata il 25 gennaio 2010 dal Consiglio nazionale per la politica della droga, il governo federale brasiliano. Il presente regolamento stabilisce norme giuridiche per le istituzioni religiose che fanno un uso responsabile di tè. La Corte Suprema degli Stati Uniti, ha garantito all’Unione del Vegetale, all’unanimità, il diritto di utilizzare il tè Hoasca durante le sessioni di religiose in tutto il territorio degli Stati Uniti nel corso dell’udienza tenutasi il 21 Febbraio, 2006. Oltre alla attività religiose, l’UDV ha anche un servizio di beneficienza sociale. Il governo federale ha concesso il centro spirituale União do Vegetal Benefico il titolo di Entità di Pubblica Utilità sulla Gazzetta Ufficiale n. 139, del 22 luglio 1999-

La Peyote Church of God (Chiesa peyotica di Dio)

Formata a San Francisco nel 1971. La Chiesa dell’Albero della Vita Church of the Tree of Life, è una dei culti psichedelici sopravissuti. Come la Church of the Psychedelic Mystic (Chiesa del Mistico Psichedelico) la Native American Church (Chiesa dei Nativi Americani) e The Peyote Way Church of God (La Chiesa Peyotica di Dio). La setta crede che ognuno debba avere il diritto di fare di sé e di ogni adulto consenziente ciò che vuole, senza lederne i diritti. Incluso l’utilizzo di droghe psichedeliche. Queste ultime sono dono di Dio e vanno usate a piacimento. Dato che LSD e marijuana non sono legali, non vengono considerate come sacramenti. Altre sostanze allucinogene come kava, soma, peyote, ginseng, calamus e noce moscata sono ritenute sacramenti. La setta ha pubblicato The First Book of Sacraments, come guida agli allucinogeni legali. I rituali prevedono l’uso delle droghe come mezzi per l’ottenimento del massimo dell’esperienza (spirituale).

Verso il 1870 i nativi americani iniziarono ad usare nelle loro cerimonie religiose, la pianta allucinogena del peyote, un cactus che cresce selvaggiamente nel Sud Ovest degli Stati Uniti. I rituali prevedono l’ingestione dei “bottoni” della pianta grassa. Jonathan Koshiway, riteneva che il peyotismo affermasse sia le sue origini di nativo americano, sia le sue tendenze cristiane. Vedeva il peyote come un riflesso del pane e del vino sacramentali. Formò la First Born Church of Christ nel 1914, poi assorbita dalla Native American Church. La figura centrale di questo culto è lo sciamàno, che possiede i “bottoni” del peyote e controlla il loro uso.

I membri della tribù danno inizio al rituale andando a raccogliere la pianta allucinogena e consegnandola allo sciamano. Alla sera, nel tepee (la tenda) il “padre peyote” viene posto in un mucchietto a forma di luna crescente. I partecipanti pregano e poi mangiano e fumano il peyote sino all’alba. Nel 1899 lo stato dell’Oklahoma rese fuorilegge l’uso della pianta allucinogena, ma nel 1964 la Corte Suprema della California dichiarò che i nativi americani non dovevano essere privati del peyote per usi cerimoniali. Il culto conta 225.000 membri. La Peyote Way Church of God, fondata nel 1977 dal reverendo Immanuel Pardeathan Trujillo (ex membro del Native American Church che ammetteva solo nativi americani almeno al 25 percento), considera invece il peyote un mezzo per stabilire un contatto con la luce di Cristo. Non fumano insieme la droga. Piuttosto, durante un rituale chiamato Spirit Walk (Percorso dello Spirito), preceduto da un giorno di digiuno, un seguace assume la droga del peyote e trascorre un periodo di preghiera e di contemplazione nel deserto. Lo stato indotto dal peyote viene ritenuto in grado di purificare sia il corpo sia lo spirito.

Tratto da Giorgio Nadali, “Strano, ma Sacro”, Lampi di Stampa, Milano, 2003 e Giorgio Nadali, “Soprannaturale curioso”, Lampi di Stampa, Milano, 2010

Giorgio Nadali


Fede e genetica. Il “Gene di Dio” VMAT2

La Teoria del gene di Dio ipotizza uno specifico gene chiamato VMAT2 che predispone gli esseri umani verso esperienze mistiche e spirituali . L’idea è stata postulata dal genetista Dean Hamer, direttore dell’unità di genetica presso il National Cancer Institute e autore di un libro del 2006.
A pagina sei del suo libro Hamer si chiede: «Perché la spiritualità è una forza così potente e universale? Perché così tante persone credono in cose che non possono vedere, annusare, assaggiare, ascoltare o toccare? Perché persone di tutte i tipi, nel mondo, al di là del loro credo religioso o del particolare dio che venerano, danno importanza alla spiritualità come o più del piacere, del potere e della salute? Ritengo che la risposta sia, almeno in parte, cablata nei nostri geni. La spiritualità è una delle nostre eredità basilari umane. È di fatto un istinto». La teoria è basata su una combinazione di studi genetici, neurobiologici e psicologici del comportamento. Gli argomenti principali dell’ipotesi sono: (1) la spiritualità può essere misurata mediante misurazioni psicometriche; (2) l’orientamento personale alla spiritualità è parzialmente ereditabile; (3) parte di questa ereditabilità può essere attribuita al gene VMAT2; (4) questo gene agisce alterando i livelli di monoamine; e (5) gli individui spirituali sono favoriti dalla selezione naturale perché sono dotati di un innato senso di ottimismo, questi ultimi producenti effetti positivi a livello fisico o psicologico.

Un certo numero di scienziati e ricercatori è critico verso questa ipotesi; Carl Zimmer, scrivendo sulla rivista «Scientific American», si chiede perché «Hamer volle far pubblicare il libro prima di esporre i suoi risultati in una rivista scientifica credibile». Nel suo libro, Hamer scrive: «proprio perché la spiritualità è in parte genetica, non significa che sia automatica. Secondo questa ipotesi, il gene di Dio (VMAT2) è una disposizione fisiologica che produce le sensazioni associate da alcuni con esperienze mistiche, tra cui la presenza di Dio, o più precisamente la spiritualità come stato d’animo (cioè non codifica o causare la fede in Dio stesso, nonostante il “Gene di Dio”)».

Basata sulla ricerca dello psicologo Robert Cloninger, questa tendenza verso la spiritualità è quantificata mediante la scala di auto-trascendenza, che è composta di tre sottoinsiemi: “dimenticanza di sé” (come la tendenza a diventare totalmente assorbito in alcune attività, come ad esempio la lettura); “identificazione del transpersonale” (un sentimento di connessione a un universo più grande); e “misticismo” (un’apertura a credere in cose non letteralmente provabili, come le esperienze sensitive). Cloninger suggerisce che prese nel loro insieme, queste misurazioni sono un modo ragionevole per quantificare (rendere misurabile) come “spirituale” una persona. Walter Houston, cappellano del Mansfield College di Oxford ha osservato: “Il credo religioso non è solo correlato alla costituzione di una persona; è legato alla società, alla tradizione, al carattere.

Avere un gene che può fare tutto questo mi sembra abbastanza improbabile”. Hamer ha risposto che l’esistenza di un tale gene non sarebbe incompatibile con l’esistenza di un Dio personale: «I credenti possono indicare l’esistenza di geni di Dio come un segno in più dell’ingegno del creatore — un modo intelligente per aiutare gli esseri umani nel riconoscere e abbracciare una presenza divina». Hamer ha evidenziato più volte nel suo libro, «questo libro riguarda il fatto se i “geni di Dio” esistano, non sul fatto che Dio esista». Nel 1996 lo scienziato (ateo) premio Nobel (1962) Francis Crick ha scoperto che il libero arbitrio non esiste. Le azioni umane sarebbero tutte predeterminate. Il ricercatore Jonathan Schooler ha condotto degli esperimenti su vari soggetti scoprendo che coloro che erano stati convinti dell’assenza di libertà personale di scelta, assumevano comportamenti immorali rispetto a quelli che erano certi di poter scegliere. Ciò dimostra che eliminando il libero arbitrio crollerebbero i sistemi religiosi e il concetto di peccato, ma anche la società ordinata, che si trasformerebbe in una giungla spietata e invivibile.

Giorgio Nadali


I valori cristiani. 6. La famiglia

La famiglia è la cellula base della società. La parola famiglia deriva da famulus, che il latino significa “servitore”. È quindi una comunità di amore basata sul reciproco servizio nell’amore. Il matrimonio (da mater, cioè madre in latino) fonda la famiglia tradizionale. A differenza di altre unioni e convivenze basate sull’amore reciproco, gli sposi diventano parenti, generano figli consanguinei e hanno il sostegno della grazia sacramentale. È quindi un amore che da privato diventa “pubblico” e offerto a Dio. L’istituzione matrimoniale nasce più di 5000 anni fa. Già il filosofo Aristotele (384 – 322 a. C.) scriveva: «L’amicizia tra marito e moglie è naturale: l’uomo, infatti, è per sua natura più incline a vivere in coppia che ad associarsi politicamente, in quanto la famiglia è qualcosa di anteriore e di più necessario dello Stato».

I ministri del sacramento del matrimonio cristiano sono gli stessi sposi, che sono immagine dell’amore di Cristo per la sua Chiesa. Nel 1981 il papa San Giovanni Paolo II ha scritto una lettera enciclica sulla famiglia: la Familiaris Consortio nella quale ricorda che la comunione d’amore tra Dio e gli uomini, contenuto fondamentale della Rivelazione e dell’esperienza di fede di Israele, trova una significativa espressione nell’alleanza sponsale, che si instaura tra l’uomo e la donna… Tra i compiti fondamentali della famiglia cristiana si pone il compito ecclesiale: essa, cioè, è posta al servizio dell’edificazione del Regno di Dio nella storia, mediante la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa… In virtù della sacramentalità del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l’uno all’altra nella maniera più profondamente indissolubile.

La loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il matrimonio, come ogni sacramento è memoriale, attualizzazione e profezia: «in quanto memoriale, il sacramento dà loro la grazia e il dovere di fare memoria delle grandi opere di Dio e di darne testimonianza presso i loro figli; in quanto attualizzazione, dà loro la grazia e il dovere di mettere in opera nel presente, l’uno verso l’altra e verso i figli, le esigenze di un amore che perdona e che redime; in quanto profezia, dà loro la grazia e il dovere di vivere e di testimoniare la speranza del futuro incontro con Cristo. Come ciascuno dei sette sacramenti, anche il matrimonio è un simbolo reale dell’evento della salvezza, ma a modo proprio.

«Gli sposi vi partecipano in quanto sposi, in due, come coppia, a tal punto che l’effetto primo ed immediato del matrimonio non è la grazia soprannaturale stessa, ma il legame coniugale cristiano, una comunione a due tipicamente cristiana perché rappresenta il mistero dell’Incarnazione del Cristo e il suo mistero di Alleanza. E il contenuto della partecipazione alla vita del Cristo è anch’esso specifico: l’amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona – richiamo del corpo e dell’istinto, forza del sentimento e dell’affettività, aspirazione dello spirito e della volontà -; esso mira ad una unità profondamente personale, quella che, al di là dell’unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuor solo e un’anima sola: esso esige l’indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca definitiva e si apre sulla fecondità.

In una parola, si tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale naturale, ma con un significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma le eleva al punto di farne l’espressione di valori propriamente cristiani… Nel disegno di Dio Creatore e Redentore la famiglia scopre non solo la sua «identità», ciò che essa «è», ma anche la sua «missione)», ciò che essa può e deve «fare». I compiti, che la famiglia è chiamata da Dio a svolgere nella storia, scaturiscono dal suo stesso essere e ne rappresentano lo sviluppo dinamico ed esistenziale. Ogni famiglia scopre e trova in se stessa l’appello insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua dignità e la sua responsabilità. I compiti della famiglia cristiana sono: 1) la formazione di una comunità di persone; 2) il servizio alla vita;3) la partecipazione allo sviluppo della società; 4) la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa… La Chiesa difende apertamente e fortemente i diritti della famiglia dalle intollerabili usurpazioni della società e dello Stato.

In particolare, i Padri Sinodali hanno ricordato, tra gli altri, i seguenti diritti della famiglia: di esistere e di progredire come famiglia, cioè il diritto di ogni uomo, specialmente anche se povero, a fondare una famiglia e ad avere i mezzi adeguati per sostenerla; di esercitare la propria responsabilità nell’ambito della trasmissione della vita e di educare i figli; dell’intimità della vita coniugale e familiare; della stabilità del vincolo e dell’istituto matrimoniale; di credere e di professare la propria fede, e di diffonderla; di educare i figli secondo le proprie tradizioni e valori religiosi e culturali, con gli strumenti, i mezzi e le istituzioni necessarie; di ottenere la sicurezza fisica, sociale, politica, economica, specialmente dei poveri e degli infermi; il diritto all’abitazione adatta a condurre convenientemente la vita familiare; di espressione e di rappresentanza davanti alle pubbliche autorità economiche, sociali e culturali e a quelle inferiori, sia direttamente sia attraverso associazioni; di creare associazioni con altre famiglie e istituzioni, per svolgere in modo adatto e sollecito il proprio compito; di proteggere i minorenni mediante adeguate istituzioni e legislazioni da medicinali dannosi, dalla pornografia, dall’alcoolismo, ecc.; di un onesto svago che favorisca anche i valori della famiglia; il diritto degli anziani ad una vita degna e ad una morte dignitosa; il diritto di emigrare come famiglie per cercare una vita migliore… A coloro che non hanno una famiglia naturale bisogna aprire ancor più le porte della grande famiglia che è la Chiesa, la quale si concretizza a sua volta nella famiglia diocesana e parrocchiale, nelle comunità ecclesiali di base o nei movimenti apostolici. Nessuno è privo della famiglia in questo mondo: la Chiesa è casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti sono «affaticati e oppressi».

Giorgio Nadali


Zaoshen. Lo spirito della cucina

Nel Taoismo lo Spirito della Cucina (zaoshen), noto come “Sovrano della Cucina che controlla i destini e la buona fortuna” (dongchu siming dingfu zaojun), viene comunemente chiamato Sovrano della Cucina (zaojun), Re della Cucina (zaowang) o Duca della Cucina (zaowangye). La venerazione dello Spirito della Cucina esisteva già nell’antica Cina. La sezione “Riti sacrificali” (jifa) del Libro dei Riti (liji) dice che “il re stabilì sette culti per il popolo”, uno di questi era il culto dello Spirito della Cucina. Il Libro completo dell’adorazione dello Spirito della Cucina (jingzao quanshu), scritto durante la dinastia Qing, spiega che dopo aver riferito in Cielo, lo Spirito della Cucina torna nel santuario domestico preparato da ogni famiglia alla vigilia del nuovo anno (cinese). Le famiglie fanno offerte e accendono dei petardi.

Nei fogli di carta (vedi jīnzhǐ) che vengono bruciati durante i sacrifici rituali vi è sempre stampata l’immagine di una coppia di anziani, il Sovrano della Cucina e sua moglie. Il ventiquattresimo giorno del dodicesimo mese lunare di ogni anno, lo Spirito della Cucina sale in Cielo per riferire dei meriti e dei demeriti del mondo degli umani e per determinare la fortuna o la sfortuna delle persone. Quindi è meglio tenerselo buono bruciando incenso e offrendo sacrifici la notte precedente della sua ascesa.
Lo Spirito della Cucina gradisce zollette di zucchero, riso arrostito, noccioline tostate, caramelle di sesamo e gnocchi di riso glutinati. In questo modo lo stomaco dello Spirtto della Cucina sarà pieno e non riferirà in Cielo le malefatte degli umani. La gente lo chiama “riferire le buone azioni al Cielo e tenere sicurezza nel mondo dei mortali”. Buon appetito!

Giorgio Nadali


Shoah, Chiesa e nazismo. La “via dei ratti”

Molti gerarchi nazisti fuggirono alla fine della Seconda Guerra mondiale grazie a un pecora nera e alla sua via dei ratti. La “via dei ratti”, Rattenlinien, fu il servizio di fuga fondato dal vescovo tedesco Alöis Hudal (Luigi Hudal, 1885-1963) specializzato nella fuga di gerarchi nazisti in Argentina nel 1945. Padre Krunoslav Draganović dell’Istituto Croato di San Girolamo era incaricato di organizzare il cambio di identità e la fuga. Michael Phayer scrisse: «Permettendo che il Vaticano venisse coinvolto nella ricerca di un rifugio per i colpevoli dell’olocausto, Pio XII commise la più grande scorrettezza del suo pontificato».

Il vescovo Hudal operava in modo autonomo come spia dei nazisti con base in Vaticano e aveva contatti diretti con Walter Rauff, il gerarca delle SS che inventò i furgoni camera a gas mobile mediante quelli di scarico. Monsignor Hudal – confessore della comunità cattolica tedesca di Roma – dichiarò che era cosa buona mettere al riparo i gerarchi nazisti dalla persecuzione degli alleati. La sua opera principale fu il libro «Die Grundlagen des Nationalsozialismus» (I fondamenti del Nazionalsocialismo).

Fonti minoritarie vedono nel cardinale Giuseppe Siri (1906-1989), arcivescvo di Genova un coinvolgimento indiretto nella rattenlinien per la fuga del gerarca nazista, soprannominato “architetto dell’olocausto” incaricato delle deportazioni degli ebrei – Adolf Eichmann – unico civile condannato a morte (per impiccagione) in Israele (1962). Eichmann fuggì dapprima in Argentina con documenti falsi forniti dal vicario generale di Bressanone, il sacerdote filo nazista Alois Pompanin (1889-1966) – prelato d’onore di Sua Santità – che ribattezzò Eichmann, Priebke e Bormann (il segretario di Hitler). Eichmann fu rapito dal servizio segreto israeliano nel 1960. La sentenza fu eseguita da Shalom Nagar – allora ventiseienne – che oggi fa il macellaio a Holon (Israele).

Giorgio Nadali


Fede e capelli

Tempi difficili per i barbieri di ebrei ortodossi. È assolutamente proibito usare il rasoio per la barba, sia per la Torah, sia per la Mishna – uno dei testi fondamentali dell’ebraismo – sia per la Cabala, che la considera santa. Dopotutto tutti i profeti e i patriarchi avevano una folta barba. L’accorciarla costituisce un grave peccato, tranne per gli ebrei chassidici italiani. Per l’ebraismo ortodosso è anche obbligatorio per i maschi far crescere sin da piccolissimi i peyot (“boccoli”) ai lati delle tempie. I bambini ebrei delle famiglie ortodosse devono lasciarsi crescere i capelli sino all’età di tre anni. Poi, secondo la tradizione, il padre invita i membri della famiglia a tagliare ciascuno una ciocca di capelli al bambino, lasciando solo i peyot, che rimarranno lunghi per tutta la vita e che dopo la pubertà si uniranno alla barba.

È uno dei segni più caratteristici degli ebrei ortodossi. Forse l’unico che li distingue dagli altri. Infatti, gli ebrei sono quattordici milioni nel mondo, ma solo una piccola parte, circa due milioni, può essere riconosciuta subito anche visivamente. La maggioranza degli ebrei non ha segni distintivi esteriori. I peyot sono dapprima solo capelli (nell’età impubere) e poi misti a barba. Possono essere anche molto lunghi. Secondo Maimonide rasarsi ai lati delle tempie è un uso pagano.
Difficili sono le regole per i rasoi ebraici. Infatti, il rasoio elettrico Philishave con lame rotanti fu inventato proprio da un ebreo ortodosso olandese, Alexandre Horowitz. Un rasoio kosher, secondo la legge ebraica. Quello adatto per gli ebrei ortodossi, per una semplice regolata ai baffi quando interferiscono con la bocca nel mangiare, deve avere le lame secondarie rimosse. Le lame del rasoio non possono toccare la pelle in cinque punti. Esistono due vere e proprie enciclopedie di più di 1000 pagine solo sul come poter trattare religiosamente la santa barba.

Nel Cattolicesimo, con la lettera apostolica in forma di motu proprio Ministeria Quaedam “con la quale nella Chiesa Latina viene rinnovata la disciplina riguardante la prima tonsura, gli ordini minori e il suddiaconato”- del 15 agosto 1972 – papa Paolo VI abolì il rito della prima tonsura:
Da quel momento, tuttavia, alcuni istituti sono stati autorizzati a utilizzare la prima tonsura clericale, come ad esempio la fraternità sacerdotale di San Pietro (1988), l’Istituto di Cristo Sacerdote e Re (1990) e l’amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney, (2001).

Nel Buddhismo la tonsura è una parte del rito di pabbajja per diventare un monaco. Questa tonsura è rinnovata spesso per mantenere il viso rasato e la cute del cuoio capelluto completamente calva. Alcuni monaci buddhisti cinesi hanno sei, nove o dodici punti neri nella parte superiore dello scalpo, come risultato della combustione del cuoio capelluto con la punta di un bastone d’incenso fumante. «Soli venite qui, radetevi il capo e la barba». Sono le parole del testo sacro Vinaya Pitaka. Un monaco buddhista si rade per la prima volta durante la cerimonia d’iniziazione. Rinunciando ai propri capelli e alla barba il novizio dimostra di essere pronto ad accettare uno stile di vita più semplice. La tonsura è una delle 227 regole della vita monastica descritta nel Vinaya Pitaka. Violare almeno novanta di queste regole vuol dire provocare una rinascita sfavorevole, come star seduto con una donna all’aperto uccidere un animale o avere una sedia o un letto con gambe più alte di venti centimetri.

Nell’Induismo, il concetto alla base è che i capelli costituiscono una simbolica offerta agli déi. In India – a Tirumala – c’è il tempio Tirumala Venkateswara nei pressi di Tirupati, dedicato al dio Venkateswara, dove i pellegrini si radono a zero. Il tempio raccoglie una tonnellata di capelli il giorno, poi venduti per sei milioni di dollari all’anno. Questo rappresenta un vero e proprio sacrificio di bellezza e in cambio ricevono benedizioni in proporzione al loro sacrificio. Il taglio di capelli (in sanscrito cuda karma, cuda karana) è uno dei tradizionali riti di passaggio detti samskara, eseguiti per i bambini: «secondo l’insegnamento dei testi rivelati, il Kudakarman (tonsura) deve essere eseguita, per ragioni di merito spirituale, da tutti gli uomini nati due volte nel primo o nel terzo anno». In alcune tradizioni la testa è completamente rasata mentre in altri è lasciato un piccolo ciuffo di capelli chiamato sikha. Nel movimento Hare Krishna di origine induista il sikha è l’appiglio per Krishna. Consiste in un ciuffetto di capelli risparmiato alla rasatura totale, segno di rinuncia alla vita mondana. Al momento di passare a miglior vita, Krishna afferra i suoi fedeli da questo ciuffetto posto poco sopra la nuca. Le vedove si radono a zero dopo la morte del marito e non è raro vedere tonsure sulla testa di un bambino dopo la morte di un genitore (di solito il padre).

Per i Sikh il Kes è una delle cinque regole con la “K”. La regola Kes prevede che i capelli e la barba non debbano mai essere tagliati perché sono un simbolo della perfezione divina nel creato. Non bisogna interferire quindi con le funzioni del corpo e avvolgere i capelli in un turbante e sono pettinati frequentemente con un Kangha (un’altra delle cinque “K”). Kangha è un pettine di legno o d’avorio per raccogliere i capelli lunghi e tenerli ordinati. È quindi simbolo di spiritualità controllata. Spesso un kirpan (pugnale) in miniatura è incastonato nel pettine. Le altre quattro K sono: Khacch, pantaloncini indossati sotto l’abito, simbolo di continenza. Kara, braccialetto d’acciaio al polso destro, simbolo della forza e dell’unione con Dio e gli altri Sikh. Kirpan, pugnale (per uso non violento) dai venti ai novanta centimetri. Simboleggia il coraggio nella difesa del giusto. Sono i cinque segni del khalsa (“l’esercito dei puri”). Un gruppo di fedeli Sikh che si dedicano al servizio militare della comunità. Il decimo guru (maestro), Guru Gobind Singh, nel 1699 fondò questo ramo ortodosso dei Sikh, religione professata da venti milioni di fedeli, in India. Gli uomini del khalsa si chiamano tutti Singh (“leone”) e le donne tutte kaur (“principessa”). L’undicesimo guru è il Wahe Guru, il guru supremo: Dio.

Fede e capelli anche per i bambini. La tribù keniota dei Gikuyu taglia i capelli a forma di croce ai bambini per spaventare gli spiriti malvagi che provocano le epidemie.

Nel battesimo cristiano ortodosso, subito dopo il rito fonte battesimale vi è la cresima, dove il bambino riceve il miron, l’olio Benedetto dal patriarca. Poi vi è la tonsura. Al bambino sono tagliate tre ciocche di capelli a forma di croce.

Da ultimo l’aspetto più doloroso. In India ad una ragazza che decida di consacrarsi suora gianista, durante la cerimonia di investitura vengono letteralmente strappati tutti i capelli a ciocche – senza anestesia – sino a renderla completamente calva. Da quel momento non potrà mai più vedere nè sentire la famiglia di origine.

Giorgio Nadali

 


I seminari di OLTRE. 1. Marino Parodi. Viaggio alla scoperta della guarigione e della medianità. 13/03/2016 a Milano

OLTRE, Settimanale online del soprannaturale

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Un’avventura con il Dott. MARINO PARODI

Viaggio alla scoperta della guarigione e della medianità

Imparare a comunicare con il mondo spirituale, trasformando profondamente la propria esistenza

Scoprire la spiritualità significa non solo vedere il mondo con occhi nuovi ma anche vedere il mondo con occhi nuovi”  Marylin Ferguson psicologa e scrittrice

 

A tutti è capitato di incontrare persone passate attraverso le vicende più devastanti, eppure profondamente innamorati della vita. Com’è possibile?

Indipendentemente dall’età, dallo stato sociale, dallo stato di vita, tutti possiamo trasformare radicalmente la nostra esistenza, facendone un’avventura veramente affascinante.

La decisione di trasformare il dolore in gioia e il grigiore di giornate vuote o cupe, nello splendore di opportunità e sorprese incessantemente nuove, spetta a noi…

Esiste la possibilità di scoprire quel “centro di gravità permanente” che è poi l’anima, al tempo stesso fonte di uno straordinario  potenziale capace di trasformare a fondo la nostra esistenza a tutti i livelli, nonché chiave di accesso alla comunicazione con i mondi superiori.

Si tratta di un percorso tramandato nel corso dei millenni da svariate scuole iniziatiche la cui validità è stata in tempi recenti confermata da numerose, sconvolgenti e recenti  scoperte scientifiche, ad esempio nel campo della psicologia più avanzata e della fisica quantistica.

Tenetevi forte: comunicare con i propri cari trapassati e “ottenere miracoli” sono obiettivi tendenzialmente alla portata di tutti.

Il seminario offrirà un possibile percorso allo scopo centrato su tre tappe…. Vedere per credere.

L’incontro si svolgerà Domenica 13 Marzo  2016 dalle 10.00 alle 18.00 (con una pausa pranzo dalle 13.00 alle 14.00)

 Luogo: NOVOTEL MILANO NORD CA’ GRANDA, Viale Suzzani 13, Milano

Per info e iscrizioni:  posta@oltre.online  

Il  Dott. Marino Parodi è  scrittore, psicologo, terapeuta e docente.

Nella  sua ricerca, basata su esperienze condotte in vari Paesi del globo,  scienza e spiritualità si incontrano armoniosamente. Propone un approccio  alla trasformazione dell’esistenza e alla  guarigione basato sulla scoperta di una consapevolezza di fondo: la natura sostanzialmente divina dell’anima umana.  E’ fra l’altro autore di numerosi libri, fra i quali Scopri la forza della gioia che è in te, Nati per essere felici,   e Sono ancora con te.

Redazione