Halloween? No, grazie. Preferiamo festeggiare la vita

di Giorgio Nadali

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Le origini di Halloween si trovano presso le antiche tribù celtiche che vissero in Irlanda, Scozia, Galles e Bretagna. Per i Celti, il primo novembre segnava l’inizio del nuovo anno e l’arrivo dell’inverno. La notte precedente il nuovo anno, festeggiavano il festival di Samhain, Signore dei Morti. Durante il festival, i Celti credevano che le anime dei defunti – fantasmi, streghe, demoni compresi – ritornassero a mescolarsi con i vivi. Per spaventare e fare fuggire gli spiriti maligni, la gente indossava maschere e accendeva dei falò. 

Quando i Romani conquistarono i Celti, aggiunsero la loro inventiva al festival di Samhain. Realizzavano dei centrotavola di mele e noci per Pomona, la dea dei frutteti. Ma quando la festa di Halloween entra nello scenario del Cristianesimo? 
Nel 835, papa Gregorio IV spostò la celebrazione di tutti martiri (che sucessivamente divenne la festa di Ognissanti) dal 13 maggio al primo novembre. La notte precedente divenne nota come “Vigilia di Tutti i Santi” o “notte santa”. Il nome anglosassone Halloween deriva proprio da “hallow”, parola inglese arcaica per “santo” e da “even”, contrazione di “evening”: sera. 
Il due novembre la Chiesa celebra la Commemorazione dei Defunti

Lo scopo di queste ricorrenze è quello di ricordare coloro che hanno lasciato l’esistenza terrena. Il primo novembre per coloro che godono già della visione beatifica di Dio in Paradiso e il due novembre per coloro che, avendo già raggiunto la salvezza eterna, si stanno preparando alla beatitudine, nello stato di purificazione del Purgatorio. Nel Cristianesimo, solo la Chiesa Cattolica (che costituisce da sola circa la metà della cristianità) crede a questo stato intermedio ultraterreno d’espiazione delle conseguenze dei peccati veniali, traendone il fondamento da alcuni brani biblici (2 Macc 12,39-45; Mt 12,31; 1 Cor 3,11-15) e da S. Agostino (La Città di Dio). Uno dei più grandi attuali ostacoli teologici al movimento ecumenico (quello che causò uno scisma  nel 1517 a causa della dottrina sulle indulgenze per la riduzione del Purgatorio) fu approvato definitivamente dai Concilio di Lione (1274) e dal Concilio di Firenze (1439). La grande sostenitrice della dottrina sul 

Purgatorio fu la convertita Caterinetta Fieschi, meglio nota come S. Caterina da Genova (1447-1510), nel suo Trattato sul Purgatorio. Le festività precedute da Halloween sono la celebrazione del mistero della comunione dei santi, il quale ci ricorda che la Chiesa non è legata al tempo e allo spazio ed è unita sia nella dimensioe terrena, sia in quella gloriosa, dei suoi membri già giunti alla beatitudine eterna. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (§ 1475) e Papa Paolo VI (costituzione apostolica Indulgentiarium Doctrina, 5) ricordano che “tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla Terra, esiste certamente un vincolo permanente di carità e un abbondante scambio di tutti i beni”. 

Ma torniamo ad Halloween. Viviamo in una società moderna e secolarizzata. Togliamo la celebrazione del nuovo anno celtico e della sua vigilia. Togliamo la venerazione dei santi e la fede nel destino e nella dignità dell’uomo. Cosa rimane? La superstizione precristiana sui defunti. L’Halloween moderno è la vigilia di una festa cattolica sul mistero del destino ultimo dell’uomo nella vita eterna e, in larga parte, un fenomeno di costume di matrice anglosassone che veste i bambini da vampiri e da streghe a causa del suo antico retaggio legato alla morte.

Tra molti cristiani è cresciuta la preoccupazione che la situazione stia fuggendo di mano. Dopo tutto, Halloween non glorifica forse il diavolo? E’ giusto lasciare che i figli si vestano da diavoli e vampiri o è meglio insistere sul significato originario di vigilia della festa dei Santi, dai quali, come abbiamo visto, la parola trae origine? Questa festa, se celebrata inmaniera corretta, può essere l’occasione di approfondire la nostra fede nella comunione dei Santi.

Sino al nono secolo la Chiesa celebrava questa festa il 13 maggio, durante il periodo pasquale di gioia dopo la risurrezione di Cristo. Questa è la luce in cui vediamo tutti coloro che sono morti nella fedeltà a Cristo. Nell’anno 835 la data fu cambiata al 1 novembre, proprio per cristianizzare la festa pagana allora dedicata alla commemorazione dei defunti. Per portare luce nelle tenebre e speranza alla più atavica della paure dell’uomo.

Il desiderio umano di ricordare coloro che hanno lasciato questo mondo, era presente prima ancora che fosse istituito un giorno per la commemorazione dei defunti, prima ancora che il Nuovo Testamento prendesse forma. Ed erano defunti speciali: quelli che erano morti per testimoniare Cristo. La parola greca maritre, significa testimone. La loro morte fu una vittoria, non una sconfitta; un trionfo, non un dolore.

Allo stesso modo in cui oggi le persone si radunano sul luogo di una tragedia e parlano tra di loro e ai cronisti, i primi cristiani si riunivano per l’anniversario della morte di un martire (fatto allora molto comune) per ricordarlo nel modo che meglio conoscevano: spezzando il pane. Si raccontavano la loro vita per darsi forza e ispirazione in un periodo in cui la fede significava persecuzione e martirio. Nemmeno la morte poteva rompere l’unità che S. Paolo chiamò “il corpo di Cristo”.

Gli anniversari di martiri locali molto conosciuti, riempivano il calendario. Poi sorse una questione: che nome dare a quei martiri dei quali non si conosceva il nome. A quei militi ignoti della fede in Cristo? Molti di loro furono dati in pasto ai leoni per testimoniare la loro fede e non tutti erano noti alla comunità dove vivevano. Dalla metà del IV secolo, ecco la soluzione: la “festa di tutti i Martiri” apparve nel calendario. E quando le persecuzioni iniziarono a diminuire, furono inclusi anche i “testimoni” della fede, non martiri. Cristiani la cui vita era un “Vangelo in azione”, come avrebbe in seguito definito i santi S. Francesco di Sales.

Una vigilia, due feste

Nel frattempo, venivano ricordati anche coloro che non avevano vissuto una santità eroica. I primi cristiani adottarono l’usanza giudaica di pregare per i defunti e di offrire sacrifici per loro, come parte della fede ebraica nella risurrezione dei morti (Is 16,19 ; Dn 12,2; 2 Macc 12,43ss).

I cristiani di oggi dimenticano che al tempo di Gesù, molti ebrei, specialmente i Farisei, avevano una fede molto sviluppata nella risurrezione dei morti, compresa la convinzione che le preghiere dei vivi potessero aiutare i defunti. Fu a causa di questa fede che 160 anni prima di Cristo, Giuda Maccabeo pregò e offrì sacrifici per i suoi compagni che peccarono: “Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione […] Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato”. 2 Macc 12,43ss

Per i primi 1000 anni della Cristianità non vi fu una memoria collettiva dei Santi. I parenti e le persone care venivano ricordate durante la Messa, nella ricorrenza della loro morte. Ma dal VII secolo i monasteri iniziarono a celebrare una Messa annuale per tutti i defunti del loro ordine religioso. Un’idea che si estese poi anche per i laici. Verso l’anno 1048 un abate molto influente scelse il 2 novembre per commemorare i defunti, perché era una data ideale da abbinare a quella della festa di tutti i Santi. Entrambe le date ci aiutano a ricordare che tutti noi, vivi o morti, siamo uniti nella comunione viva con Cristo e tra di noi.

Dai Santi agli scheletri

In effetti, Halloween, divenne l’unica vigilia di due feste celebrate da tutta la Chiesa. Nel XVI secolo, nel periodo della Riforma, molti Protestanti rigettarono sia la dottrina della comunione dei Santi, sia la pratica di pregare per i defunti. La vigilia di queste feste divenne vuota e senza senso per loro. Rimasero quindi, per il folklore, le usanze pagane di mascherarsi per spaventare gli spiriti dei defunti che tornavano sulla terra.

Salvare Halloween

Come possiamo mantenere il significato religioso eliminandone i contorni precristiani? Alcune parrocchie all’estero invitano i bambini a vestirsi con l’abito dell’epoca di alcuni santi particolari, in occasione della vigilia di Ognissanti.

Molti altri giovanissimi preferiscono truccarsi in maniera macabra per partecipare a feste di Halloween, e – nei Paesi anglosassoni – per andare in giro per le case a chiedere dolci presentandosi con la frase “Trick or treat?” (“dolcetto o scherzetto?”). Istintivamente capiscono che scheletri e zucche di Halloween (le “Jack-o’-lanterns”) sono travestimenti molto più appropriati per l’occcasione. Così facendo si divertono, ma esorcizzano anche la paura della morte. Hanno ragione. La morte non è bella. Halloween dopo tutto ebbe inizio con i martiri, come abbiamo visto. La tradizione conosce molte storie di vita che incontrarono una morte atroce, che mai però interferì con la gioia e la fiducia in Dio.

Per Halloween dobbiamo usare il discernimento per separare i simboli, per preservare i più giovani dai veri pericoli, per farci strada attraverso le usanze che contraddicono la nostra relazione con Dio, prime fra tutte quelle occultistiche e magiche. E’ bene ricordare brevemente che lo spirito magico è diametralmente opposto a quello religioso. 
Nel primo è l’uomo che sfida Dio e cerca di piegare a proprio uso e consumo, senza alcun sacrificio personale, le forze a lui superiori o Dio stesso. Nel secondo è l’uomo che si piega alla volontà di Dio e collabora con lui, anche col sacrificio personale. 
Nella dimensione superstiziosa poi, l’uomo crede che oggetti, simboli, gesti, numeri, abbiano un potere sulla libertà che Dio gli ha donato. L’uomo cessa di essere libero e si affida alla realtà creata, che avrebbbe il potere di determinare la sua esistenza. Magia e supersitione fanno quindi parte dell’ irreligiosità.

Inoltre, i simboli di Halloween possono far presa sull’immaginario infantile e contribuire alla curiosità verso il mondo dell’occulto, che riceve già abbastanza pubblicità da film e storie ritenute troppo superficialmente sempre “divertenti” e innocenti. La strega o il maghetto di turno fanno colpo perché ottengono tutto ciò che vogliono senza fare il minimo sforzo. Proprio il contrario della figura del santo, pronto a sacrificarsi per il valore più alto e per la fedeltà al Vangelo. Il messagio nasconde diverse insidie. Quella del potere per il proprio interesse personale e per giunta senza alcuno sforzo. Quella dell’inutilità dell’umile preghiera. Quella del fascino delle forze del male o dell’occulto, ritenute più forti e appaganti. Spingendoci ancora più in là con lo sguardo non ci vuole molto a intuire quale spirito regni nel cuore del bambino divenuto adulto che corre ad arricchire il mago di turno.

E’ proprio perché noi Cattolici crediamo nella realtà del male che promettiamo di tenerci lontani da “Satana e le sua azioni” nel rito battesimale (sempre accompagnato da un esorcismo ordinario). Una promessa che rinnoviamo ogni anno nella veglia pasquale. E’ compito primario della famiglia vigilare affinchè gli stimoli dei media non condizionino le giovani personalità in formazione e ridimensionarli alla realtà per la quale si sono impegnati davanti al Signore.

Innazi tutto, essere liberi dalla paura. Credendo in Cristo non abbiamo nulla da temere e dobbiamo essere pronti a rispondere a coloro che agiscono come se Satana avesse lo stesso potere di Dio. Non c’è alcun potere uguale e contrapposto a Dio. (Questa visione è quella manicheista e specificatamente della religione monotesita zoroastriana, tuttora vivente, che crede nel dio del bene – Aura Mazda – contrapposto al dio del male – Angra Mainyu). Satana è una creatura, un angelo decaduto. Il suo potere e in generale il potere del male, è limitato, permesso e controllato da Dio. Sino alla fine dei tempi il grano del bene e il male della zizzania dovranno convivere. Ma Cristo ha già vinto il peccato e il Maligno una volta per sempre. Chi crede in Lui condivide la sua vittoria.

Come separare quindi i simboli di Halloween? Dobbiamo smettere di mangiare mele solo perché queste erano offerte alla dea Pomona, nella Roma antica? Oppure le ciambelle, che erano cibo per le anime dei defunti? (La loro forma circolare era simbolo di eternità, lo stesso significato che ha un anello). Certamente no. Dobbiamo godere dei beni che Dio ci dona. Mele e ciambelle comprese.

Alcuni simboli di Halloween

Dolcetto o scherzetto?

Meglio noto nei Paesi anglosassoni come “Trick or Treat?”, ha origine nella credenza pagana nei defunti che vagano su questa terra perché non si sono ancora riconciliati con qualcuno. Questi hanno il potere di disturbare i viventi, a meno che non vengano placati con offerte di dolci, come le “soul cakes” (“torte dell’anima”), appunto dei treats, cioè dei “piaceri”, in cambio di tranquillità da parte delle anime vaganti. Inutile ricordare che per la dottrina cattolica le anime dei defunti non vagano in alcun modo sulla terra. Subito dopo la morte terrena l’anima in grazia di Dio si ricongiunge con Lui, oppure dopo un periodo di purificazione. Le anime non in grazia di Dio vanno subito all’Inferno. Non esistono defunti da evocare né da placare. Solo da pregare e da ricordare, nell’attesa di ritrovarli un giorno nella luce di Dio.

Zucche di Halloween

Sono le “Jack-o’-lanterns”. Leggenda del folklore irlandese sbarcata negli Stati Uniti con i colonizzatori. Jack ha la capacità di mettere nel sacco lo stesso diavolo, ma questo non gli basta per essere beato. Deve girovagare per sempre tra cielo e terra, tenendo la sua lanterna (che originalmente era un rapa, poi trasformatasi in zucca, quando i colonizzatori trovarono il vegetale oltreoceano). Jack era egoista e non aiutò mai nessuno. Era più furbo del diavolo, ma questo carisma non lo fece fruttare. Sotterrò il suo talento. Solo la croce di Cristo porta alla vita eterna e questa ha il potere di vincere il maligno.

Messaggi positivi di Halloween?

Halloween ha dei messaggi positivi, se torniamo all’origine della ricorrenza. Quella che aveva prima della Riforma. Ci aiuta a ricordare la fede nella comunione dei santi. Li onoriamo e chiediamo il loro aiuto. “Noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti” (Eb 12,1). Inoltre aiuta a riflettere sulla morte (e sul destino ultimo dell’uomo), in una società che ne ha perso il significato e tenta di esorcizzarla perché non crede che essa non ha più l’ultima parola sull’esistenza umana. “Ma ti accadranno queste due cose, d’improvviso, in un sol giorno; perdita dei figli e vedovanza piomberanno su di te, nonostante la moltitudine delle tue magie, la forza dei tuoi molti scongiuri”. (Is 47,9)

L’insegnamento della Chiesa

“Nella comunione dei santi “tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5]. In questo ammirabile scambio, la santità dell’uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato”. 

Questi beni spirituali della comunione dei santi sono anche chiamati il tesoro della Chiesa, che non “si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l’infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre ed offerti perché tutta l’umanità fosse liberata dal peccato e pervenisse alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5].
“Appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere del la beata Vergine Maria e di tutti i santi, i quali, seguendo le orme di Cristo Signore per grazia sua, hanno santificato la loro vita e condotto a compimento la missione affidata loro dal Padre; in tal modo, realizzando la loro salvezza, hanno anche cooperato alla salvezza dei propri fratelli nell’unità del Corpo mistico” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5]”. (Catechismo della Chiesa Cattolica 1475-1477)

“Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che “svelino” l’avvenire [Cf Dt 18,10; Ger 29,8 ]. La consultazione degli oroscopi, l’astrologia, la chiromanzia, l’interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l’onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo. 

Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo – fosse anche per procurargli la salute – sono gravemente contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancor più da condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all’intervento dei demoni. Anche portare gli amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l’invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui”. (Catechismo della Chiesa Cattolica 2116-2117)

Giorgio Nadali
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Il segno di Giona e i falsi maestri

Di Giorgio Nadali

    «Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole».  (2 Timoteo 4,3-4)

    «Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto». (Matteo 24,24)

    «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». (Mt 15,28) Com’è bella la fede semplice di chi non cerca segni e prodigi  e si affida totalmente a Cristo – che disse: «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare». (Mt 18,6)

    AAA. Cercasi fede semplice in Cristo. Una fede che fa volentieri a meno di falsi frati, guaritori, taumaturghi, stigmatizzati, esorcisti e veggenti non autorizzati, spregiudicati e talvolta anche pregiudicati. Addirittura una radio cattolica da milioni di ascoltatori che è stata redarguita dal vescovo di Vittorio Veneto per toni apocalittici. Sì, perché “Non conviene parlare troppo di satana. C’è il rischio che se ne faccia propaganda”. Mons. Zenti già nel 2006 chiese maggior delicatezza nel trattare i casi di esorcismo: “Non se ne può fare – chiede a padre Livio, direttore di Radio Maria – un fenomeno di incontrollata espansione, come se in queste persone (che sono sottoposte ad esorcismo) di fatto il demonio si sia scatenato”.

    Il Vescovo rimprovera anche le sfumature apocalittiche dei messaggi della radio. Perché, chiede Mons. Zenti, dire in onda che Maria “tiene sorrette le braccia della misericordia di Dio impedendogli di scatenare la sua ira sull’umanità peccatrice”? Dio è misericordia! ribadisce il vescovo, chiedendo a radio Maria di “essere in perfetta sintonia con la fede genuina della Chiesa”. Pungolò infine padre Livio a moderare lo “schieramento acritico” nel dare ampia diffusione alle apparizioni di Medjugorje, cui la Chiesa non ha ancora dato il suo riconoscimento ufficiale.

    Ecco, perché non stare al Magistero della Chiesa? E’ quello che tiene la rotta e cerca di impedire che un fedele si trasformi – magari senza volerlo – in un fanatico bigotto, talvolta pure manipolato da sedicenti guaritori, falsi stigmatizzati e presunti veggenti…  «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!» (Gv 20,29).

    La fede non manca solo agli atei, ma anche in chi la confonde con il miracolismo. La spasmodica ricerca di segni, prodigi, guarigioni, colpi di scena divini.  «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona». (Lc 11,29) Sono ancora parole di Cristo. Il segno è la sua risurrezione. «Come Giona rimase per tre giorni e tre notti nel ventre del pesce [Giona 2,1], così il Figlio dell’uomo rimarrà ne cuore della terra per tre giorni e tre notti» (Mt 12,40).

    Certo, per alcuni – troppi – il segno di Giona non basta. E allora i ciarlatani hanno buon gioco nel farsi pubblicità, richiamando folle devote a loro.   

E allora ricordiamoli qui i criteri per discernere i falsi maestri.

Secondo A. Royo Marin O.P. i criteri di discernimento dell’autenticità delle apparizioni e dei messaggi contenuti sono i seguenti:
1. Occorre ritenere come assolutamente false le rivelazioni che si oppongono al dogma o alla morale. Non è possibile che Dio si contraddica con quanto ha affermato nella Divina Rivelazione e con quanto la Chiesa insegna con la sua divina assistenza.
2. Le rivelazioni che hanno per oggetto cose inutili, curiose o sconvenienti bisogna respingerle come non divine. Lo stesso si dica di quelle che sono prolisse senza necessità o sovraccariche di prove e di ragioni superflue. Le rivelazioni divine sono molto brevi e discrete; vengono espresse con poche parole molto chiare e precise.
3. Si esamini attentamente il temperamento e il carattere della persona che afferma di ricevere delle rivelazioni. Se è discreta e giudiziosa, se gode buona salute, se è umile e mortificata, se è molto avanti nella santità, ecc.; o se, al contrario, è estenuata a causa delle austerità o delle malattie, se va soggetta a disturbi nervosi, se è propensa all’entusiasmo e all’esaltazione, se divulga facilmente le sue rivelazioni, ecc…
4. Infine, la principale regola di discernimento saranno sempre gli effetti che le pretese rivelazioni producono nell’anima: «Non può l’albero buono dare frutti cattivi, né l’albero cattivo dare frutti buoni» (Mt 7,18) (cfr. Teologia della perfezione cristiana, pp. 1077-1078).

 A queste si possono aggiungere le seguenti:

– vedere se tale visione od apparizione porta alle virtù ed a spogliare l’anima dell’amore e stima di sé e delle creature (Gal 5, 22-23).
– se queste visioni ed apparizioni portano al bene, spronano alla pratica della legge di Dio, dei precetti della Chiesa, all’amore del patire, all’umiltà, all’obbedienza, se ispirano pensieri santi, diffidenza di se stessi uniti al desiderio che restino occulte, hanno probabile carattere di verità (1 Gv 4,1-4).
Se, al contrario, destano nell’anima in cui avvengono opinione e stima di sé, dolcezza inquieta, ostinazione nel proprio parere e o brama che siano conosciute, si può, con fondamento, ritenerle opera del demonio o di menti esaltate.
L’improvviso mutarsi del carattere e dell’indole della persona da dolce e mansueta in iraconda, melanconica da cortese ed a umile in sprezzante, intollerante di contraddizione e presuntuosa da saggia e considerata in impetuosa da obbediente in ribelle sono questi segni quasi certi che le visioni ed apparizioni derivano dal demonio o da una forma di nevrastenia.

Ecco il pensiero di san Tommaso:
 “Si dice miracolo in senso stretto un fatto che si verifica fuori dell’ordine della natura.
Tuttavia per parlare di miracolo non basta che il fatto avvenga fuori dell’ordine di una natura particolare, perché altrimenti scagliare una pietra in alto sarebbe un miracolo, essendo contrario alla natura della pietra. Si dice invece che un fatto è un miracolo se è al di là dell’ordine di tutta la natura creata. E una tale cosa può compierla soltanto Dio: poiché tutto ciò che opera un angelo o qualunque altra creatura con la propria virtù rientra nell’ordine della natura creata, e così non è un miracolo. Resta dunque che solo Dio può operare miracoli” (Somma teologica I, 110, 4).

2. In che senso i demoni possono compiere miracoli:
“Ma poiché noi non conosciamo tutte le forze della natura, ne segue che un fatto compiutosi fuori dell’ordine della natura da noi conosciuta, per mezzo di una virtù creata ma occulta, viene detto miracolo non in senso assoluto, ma relativamente a noi.
Quindi allorché i demoni compiono delle opere con le loro forze naturali, queste opere non sono miracoli in senso assoluto, ma solo relativamente a noi.
Tali dunque sono i miracoli che i maghi compiono per mezzo dei demoni” (Somma teologica I, 110, 4 ad 2).

3. “Se il miracolo è preso in senso stretto, allora né i demoni possono fare miracoli, né alcun’altra creatura, ma solo Dio: poiché il miracolo in senso stretto trascende l’ordine di tutta la natura creata, il quale abbraccia la virtù di tutte le creature.
Tuttavia talvolta vengono denominati miracoli, in senso lato, anche quei fenomeni che trascendono soltanto le forze e le conoscenze dell’uomo. E in questo senso i demoni possono compiere dei miracoli, cioè delle opere tali da fare stupire gli uomini, in quanto superiori alle loro forze e alle loro conoscenze. Del resto anche chi compie un’impresa superiore alle capacità di un altro induce costui ad ammirarla, dando l’impressione di compiere un miracolo.
Ora, riguardo alle opere demoniache che a noi sembrano dei miracoli è da notare che, sebbene non posseggano la natura del vero miracolo, sono nondimeno dei fatti reali. Così per virtù dei demoni i maghi del Faraone produssero dei veri serpenti e delle vere rane (Es 7,12; 8,7). E «quando», come dice S. Agostino [De civ. Dei 20,19], «cadde fuoco dal cielo e distrusse i servi di Giobbe insieme con i greggi e gli armenti, e un turbine abbattendo la casa uccise i suoi figli, queste opere compiute da Satana furono dei fatti reali, e non delle mere apparenze” (Somma teologica I, 114, 4).
S. Agostino dice che “con le arti magiche spesso vengono compiuti miracoli simili a quelli fatti dai servi di Dio” (Lib. XXI Sent. 4).
Ma si tratta sempre di “di portenti, di segni e prodigi menzogneri” (2 Ts 2, 9). E vengono detti menzogneri “o perché egli ingannerà i sensi dei mortali con allucinazioni, in modo che sembri fare ciò che in realtà non fa, o perché i suoi prodigi, se veri, serviranno a condurre alla menzogna quanti crederanno in lui” (S. Agostino, ib.).

Quante energie spirituali sprecate nel seguire ciarlatani. Meglio usarle per seguire Cristo… A proposito, alzi la mano chi vuole un elenco di false apparizioni e magari anche uno di falsi Cristi, come Quello vero aveva predetto…

– 1503-1566 Nostradamus, Francia.

– 1600~ Maddalena della croce, Cordova, Spagna

– 1769-1821 Marie Lenormand, Francia

– 1871-1916 Rasputin, Siberia

– 1861-1922 Felicie Kozlowska, suora francescana condannata dal Vescovo Szembeck di Plock e scomunicata da Pio X il 5.12.1906

– 1878 Luisa Piccareta, Corato (I)Condanna Decr. S. Off. 13 iul. 1938 (Index Librorum Prohibitorum) –

– 1931 Ezquioga (Spagna), Antonia e Andrés Bereciartua, Ramona Olabada Spagna Condanna del Sant’Uffizio il 13.6.1934

– 1931 Izurdiaga, Spagna

– 1933 Onkerzele, Belgio, Berthonia Holtkamp e Joseph Kempeneers Condannata il 23.8.34 dal Cardinal Van Roey, Léonie Van Dyk (48 anni) valutazione negativa il 25.3.42 Arcivescovo di Malines

– 1933 Etikbove, Belgio, Omer Peneman. Giudizio negativo

– 1933 Herzele, Belgio, Jules de Vuyst confessa l’inganno prima della morte

– 1933 Olsene, Belgio, Maurice van den Boeke. Giudizio negativo

– 1933 Berchem-Anvers, Belgio

– 1933 Tubize, Belgio

– 1933 Verviers, Belgio

– 1933 Wilrijk, Belgio

– 1933-1940 Lokeren, Belgio, 1 donna e 1 bambino. Giudizio negativo

– 1936 Bouxiers-les-Dames, Francia, Gabriele Hanus e A. Pietquin, Giudizio negativo 1946

– 1936 Ham-sur-Sambre, Belgio, Imelda Schohy e Adeline Pietquin, Giudizio negativo 1946

– 1937 Voltago, Italia diverse ragazzine, Condannata il 31.12.38

– 1938 Kerizinen, Francia, Jeanne-Louise Ramonet, Giudizio negativo vescovo di Quimper 12.10.56 (costruzione chiesa senza il suo nulla osta), divieto di culto il 24.3.61

– 1943 Girkalnis, Lituania, giudizio negativo

– 1943 Athis-Mons, Francia, giudizio negativo

– 1944 Ghiaie di Bonate, Italia, Adelaide Roncalli, nessun carattere soprannaturale Mons. A. Bernareggi vescovo di Bergamo

– 1946 Espis, Francia Condannata il 31.7.47 dal Vescovo Théas di Tarbes e Lourdes

– 1947 Pierina Gilli, Montichiari e Fontanelle (I)

– 1947 Casanova Staffora (Pavia) Italia, Angela Volpini, Giudizio negativo

– 1947 Rosa Mistica, Montichiari, condannata dal Vescovo Bruno Foresti di Brescia il 15.10.84 con riconferma il 19.2.97

– 1947 Forstweiler di Tannhausen, Germania, Pauline H. Condannata dal Vescovo Sproll di Rottenburg 11.1948

– 1947 Uracaiña (Brasile) 1 religioso, Giudizio negativo

– 1948 11.2 Assisi (Perugia), Italia. Giudizio negativo

– 1948 18.4 Gimigliano di Venarotta (Ascoli Piceno), Italia, Anita Federici, Giudizio negativo del vescovo

– 1948 27.4 Marina di Pisa, Italia, Paola Luperini

– 1948 19.5 Marta (Viterbo), Italia, gruppo di ragazzine, Giudizio negativo emesso il 29.6.52

– 1948 13.9 Lipa, Isola di Lucon (Filippine), una suora, Giudizio negativo

– 1948 Montlucon, Michel Collin (religioso), Francia, Ridotto a stato laico per decreto del Sant’Uffizio nel 1951

– 1948 Cluj, Romania, Gran folla, Giudizio negativo

– 1949 Opus Angelorum (L’Opera degli Angeli) fondata da Gabrielle Bitterlich (Austria 1896-1978), condannata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 24.9.83

– 1949 Lublin, Polonia, folla, Giudizio negativo

– 1949 Zo-Se (1 religioso), Cina

– 1949 Heroldsbach, Germania, 6 bambini, Nessun carattere soprannaturale e divieto di culto dal Sant’Uffizio il 18.6.51, Condanna Arcivescovo Kolb di Bamberg, 25.7.51 Sant’Uffizio sospende a divinis preti disobbedienti

– 1949 12.5 Fehrbach (Germania), una bambina, Giudizio negativo

– 1949 Haszos, Ungheria, folla, Valutazione vescovile negativa

– 1949 7 Lublin (Polonia), giudizio negativo

– 1950-1952 Necedah (USA) Anna Von Hoof (41 anni), Giudizio negativo vescovo di La Crosse il 17.6.55

– 1950 Acquaviva Platani (Caltanisetta) Italia, Pia Mallia (12 anni), Dall’apertura di una nuvola vide una stella brillante ed un sole che girava emettendo raggi colorati. Giudizio negativo

– 1951 8.8 Casalicontrada (Chieti), Italia, Leonardo Masoli, Avvenimenti non riconosciuti

– 1951 Rodalben (Germany) Annelise Wafzig (27 anni), scomunicata dal Vescovo Wendel di Speyer

– 1953 21.8 Hydrequent (Francia), Jean Lavoiser (10 anni) + altre persone, Valutazione ecclesiastica negativa

– 1953 Cossirano (Brescia), Italia, Condanna del Vescovo Tredici di Brescia nel 54 e 58

– 1953 Santo Saba di Sparà (Messina), Italia, Rosario Pio (8 anni), Giudizio negativo

– 1953 Maria Valtorta, Caserta (I), condannata dalla Santa Sede nel 1949, 1959, 1985 e 1993 (16.12.59 Papa Giovanni XXIII conferma “libri proibiti”)

– 1954 Eisenberg, Aloisia Lex, Austria, Condannata il 20.5.69 dal Vescovo di Eisenstadt

– 1954 Marie-Paule Guigère, Quebec, 1971 forma l’armata di Maria, condannata nel 1987 dal Cardinal Louis-Albert Vachon, Arcivescovo di Quebec con conferma del Cardinal Ratzinger nel febbraio 1987. Agosto 2001 I vescovi canadesi: l’«Armée de Marie» non è cattolica.

– 1955 Reggio Emilia (Italia), Rosina Soncini (55 anni) fino al 1956, Giudizio negativo

– 1956 Urbania (Pesaro) Italia, Augusta Tangini (11 anni) + altri fanciulli, Nessun carattere soprannaturale delle visioni

– 1961-1965 Garabandal (4 ragazze), Spagna, condannata definitivamente dal Vescovo di Santander Jose Vilaplana 11.10.96, link interno, La Congragazione del Sant’Uffizio appoggiò i divieti vescovili il 28.7.65, 7.3.67 e 10.5.68

– 1961 Craveggia (Novara) Italia, 1 donna (60 anni) miracolata a Lourdes, Apparizioni giudicate non soprannaturali

– 1961 Rosa Quattrini, San Damiano (I) Condannata il 2.2.68 e 2.11.70 dal Vescovo Enrico Manfredi di Piacenza – Lettera a tutti i presbiteri della Chiesa di Piacenza-Bobbio riferita a “fenomeni di visioni, rivelazioni, apparizioni, illuminazioni, stigmate” – PDF – Conferma giudizio negativo presunte apparizioni San Damiano. Curia Vescovile di Piacenza 7.6.2005 – PDF

– 1962 La Ladeira, Maria da Conceição Mendes Horta, Portogallo, Condannata il 17.6.77 dal Vescovo di Santarém

– 1963 Ostia (Roma, Italia) Giudizio negativo

– 1966 Ventebbio (1 prete), Italia

– 1966 Surbiton, Surrey (UK) Patricia de Menezes e Divina Innocenza, messaggi non di origine soprannaturale, Arcivescovo Michael Bowen di Southwark.

– 1967 Bohan (2 uomini), Belgio

– 1968-1971 EL Palmar de Troya (4 ragazzi), Spagna, di cui Clemente Dominguez seguito dall’Arcivescovo di Bulla Regia Ngô-dinh-Thuc scomunicato il 17.9.76 per ordinazioni illegittime di presbiteri e vescovi, assolto il 17.12.76 ma riscomunicato il 12.3.83 dalla C.D.F. (dichiarava vacante la Sede Apostolica). Ritratta pubblicamente i propri errori prima della morte.

– 1968 Carmela Carabelli, Italia

– 1970 Veronica Lueken, Bayside (USA), condannata dal Vescovo di Brooklyn John Mugavero 4.11.86

– 1971 Marisa Rossi, Roma (I), seguita da Don Claudio Gatti incorso nella sospensione “latae sententiae” il 22.10.1998 dal Card. Camillo Ruini e dimesso dallo stato clericale il 7.11.2002. Le apparizioni e il rischio di ‘privatizzare’ la fede (Mons. Arrigo Miglio Vescovo di Ivrea)

– 1972 Don Stefano Gobbi, Italia, 85 Autorità Ecclesiastica invita a lasciare la direzione del movimento, 98 ammette alla Congregazione della Dottrina della Fede che non sono messaggi della Madre di Dio, condanna Arcivescovo Agostino Cacciavillan (USA) 12.1.95

– 1973 Mortzel, Belgio

– 1973 Dozulé (Magdalene Aumont) Francia, condannata dai Vescovi di Bayeux & Lisieux Jean Badré 24.6.83 e Pierre Pican 15.3.91 – Messa a punto sul fenomeno “Dozulé” Commento di Avvenire – Lettera di Mons. Luigi Bressan dell’Arcidiocesi di Trento – oppure

– 1974 Derval (1 uomo), Francia

– 1976 Cerdanyola, Spagna

– 1977 Le Fréchou (1 uomo), Francia

– 1980 Escorial (Spagna) Amparo Cuevas, per l’episcopato locale nessun carattere soprannaturale

– 1980 Ede Oballa (1 uomo), Nigeria

– 1981 Medjugorje (6 ragazzi), Bosnia-Erzegovina, CONDANNATA dai Vescovi Pavao Zanic (1985) e Ratko Peric (1993, 1997) alcune lettere ufficiali ed articoli – Dichiarazione di Mons. Pavao Zanic del 1990 – Una dichiarazione aggiornata dal vescovo Ratko Peric – pdf – LA SOLENNITA’ DEL CORPO E SANGUE DI CRISTO Medjugorje, 15.VI.2006 – Disinformazioni da parte di René Laurentin

– 1981 La Taludière, Jean Piégay e sua figlia Blandine, francia, Condanna del 18.4.82 dal Vescovo Rousset di Saint-Étienne

– 1982 Nowra (1 uomo), Australia

– 1982 Canton (1 donna), USA

– 1983 Peñablanca, Cile, Miguel Angel Poblet, Condanna dall’Arcivescovo Valenzuela Rios il 4.9.84 per “manipolazione fede popolare”

– 1983 Olawa, Polonia, Kazimierz Domanski, Condannato dal Cardinal Glemp Arcivescovo di Varsavia nel 1988

– 1984 Gargallo di Carpi, Gian Carlo Varini, Nessun fondamento di soprannaturalità, Mons. Maggiolini e suo successorre Mons. Bassano Staffieri

– 1985 San Martino di Schio (Vicenza) Italia, Renato Baron, Arcivescovo Mons. Bressan rigurado Schio, Malé e San Vito di Flavon

– 1985 Oliveto Citra (Salerno), Italia, (12 ragazzi)

– 1985 Maureen Sweeney, Cleveland (USA)

– 1985 Naju, Korea, Julia Kim, Condannata il 1°.1.98 dall’Arcivescovo Victorinus K. Youn di Kwangju

– 1985 Bangladesh, Losanna, Roma e si presume dal 2005 Washington, Vassula Ryden, “messaggi non divini” Congregazione per la Dottrina della Fede 6.10.95 – PDF – Quei messaggi sospetti di Vassula Ryden

– 1986 Nsimalen (6 ragazzi), Cameroon, Condanna 90 dal Vescovo Zoa di Yaoundé, 8.5.92 nota pastorale denuncia attività pastorale di 2 preti

– 1987 Mayfield, Irlanda

– 1988 Avola (Siracusa) Giuseppe Auricchia, Giudizio negativo

– 1988 pressi di Gorizia, Vittorio Spolverini, visione della “Madonna” col volto dell’ex convivente, Giudizio negativo

– 1988 Christina Gallagher, Irlanda, “nessun intervento soprannaturale” Arcivescovo Michael Neary

– 1988 Lubbock (diverse persone), USA

– 1988 Scottsdale (diverse persone), USA

– 1988 Phoenix (USA), Estella Ruiz

– 1989 Marlboro (New Jersey, USA), Joseph Januszkiewicz

– 1989 2 settembre, Fatima (Portogallo), Giorgio Bongiovanni seguace del contattista Eugenio Siragusa, Giudizio negativo

– 1990 Conyers (Georgia, USA), Nancy Fowler, Giudizio negativo

– 1990 Arcellasco (Italia), Maria Pavlovic (veggente di Medjugorje), Giudizio negativo

– 1990 Denver (USA), Teresa Lopez e Veronica Garcia, divieto di promozione Arcivescovo J. Francis Stafford 9.3.94

– 1992 Scottsdale, Arizona (USA), Carol Ameche

– 1992 Manduria (Taranto) Debora Moscugiari condannata il 14.12.97 da Monsignor Franco Vescovo d’Oria ed ordinario del luogo. Lettera pastorale letta in tutte le Chiese della Diocesi. Fatti qualificati come opera del Maligno. Da Faussaires de Dieu di Joachin Bouflet. segnalazione 5.01 – oppure

– 1992 San Pancrazio (Lucca) Pino Casagrande, nuove supposte visioni mariane

– 1993 Matthew Kelly, New S. Wales, Australia

– 1999 Marpingen, Germania, 3 donne, l’11.8.99 Vescovo Spital di Trèves pubblica nota su nessun riconoscimento d’intervento soprannaturale. Nonostante questo gruppi mariani legati a Medjugorje ed alla rivista Stella Maris, non tengono conto del documento episcopale (J.B.)

– 2001 Antonio di San Lazzaro in Capua (CE) “Vergine della Rivelazione degli ultimi Tempi” Movimento non riconosciuto dalla Chiesa Diocesana. Arcivescovo di Capua Mons. Bruno Schettino

– Elia Cataldo – detto Frà Elia. Nato il 20 febbraio 1962 Francavilla Fontana (Br), Cataldo Elia, da Carmelo Elia e Anna Argentieri. Secondo quanto afferma Fiorella Turolli, seguace e portavoce ufficiale di frà Elia, all’età di 7 anni il piccolo Cataldo comincia a soffrire di strani  stati di malessere durante il periodo di quaresima, come svenimenti, inappetenza, dimagrimento ecc. I medici non riuscendo a comprendere la causa di tali malori, gli diagnosticano disturbi neurovegetativi o della crescita. Nello stesso periodo hanno inizio fenomeni mistici di visioni di angeli, e poco più tardi gli si presenta quello che diventerà il suo angelo custode: Lechitiel. (La Parola di Dio conosce solo 5 nomi di Angeli di cui 3 buoni e non c’è nessun Lechitiel). Giovanissimo decide di entrare in convento e durante il periodo del noviziato (28 anni) riceve sul suo corpo i “presunti segni della passione di Cristo”, le “Stigmate”, che verranno poi certificate dal neurofisiologo prof. Marco Margnelli (morto il 28 gennaio 2005). È alquanto improbabile che un neurofisiologo, bravo per quanto possa essere, abbia da solo la competenza necessaria per certificare la presenza di un fenomeno soprannaturale quale può essere quello delle stimmate, ma necessita dell’ausilio di una commissione specifica nominata dall’autorità ecclesiastica, composta da medici, sacerdoti, teologi ed esorcisti che condividono le proprie competenze per stimare un giudizio finale che venga riconosciuto dall’unica autorità competente a emettere un simile verdetto, ossia la Chiesa Cattolica.

Con una nota ufficiale, comparsa pure sulle pagine del settimanale Il Popolo, la Curia che riunisce Friuli Occidentale e Veneto Orientale “respinge” seccamente Frate Elia. “Si rende noto – recita testualmente la comunicazione – che il sedicente frate non appartiene ad alcun istituto di vita consacrata che abbia ricevuto il placet da un vescovo diocesano, né a un istituto di vita consacrata eretto o approvato dalla Sede apostolica. Non è perciò autorizzato – questo il succo del messaggio – a tenere incontri di preghiera in alcun luogo di culto all’interno del territorio di Concordia – Pordenone”. La Curia Vescovile di Verona il 5 ottobre 2004 comunica che il sig. Elia Cataldo non è un frate, è stato un novizio nel convento dei Cappuccini della provincia di Bergamo ma è stato dimesso dall’Ordine (quindi non lo ha lasciato spontaneamente come invece il Sig. Elia Cataldo afferma). Il Vescovo vieta a Frà Elia di insegnare e condurre incontri di preghiera nelle parrocchie della sua Diocesi fino a quando non otterrà un ufficiale riconoscimento del suo presunto carisma.  Facendo riferimento a P. Pio, santo a cui Elia viene spesso paragonato, il Vescovo di Verona precisa che mai tale personaggio ha voluto ostentare le sue Stimmate pubblicamente ricorrendo a programmi televisivi. (Il sig. Elia Cataldo è stato ospite del programma televisivo “Miracoli”, e Fiorella Turolli ha partecipato ad altre trasmissioni). La Curia di Pordenone vieta a Frà Elia di tenere incontri di preghiera in luoghi di Culto della Diocesi. Il 6 settembre l’Arcidiocesi di Modena in un comunicato stampa rende noto che al sig. Elia Cataldo non è concessa nessuna autorizzazione per condurre incontri di preghiera nelle proprie parrocchie, questo in seguito alla richiesta di informazioni sul “mistico” da parte di alcuni fedeli della Diocesi. Elia avrebbe condotto infatti incontri di preghiera in una parrocchia Modenese all’insaputa dell’Arcivescovo.  Aprile 2006 la Curia di Terni segue la linea delle Curie sopraccitate.

– Altri luoghi e “veggenti” in Italia sono:

Salvatore Caputa a Mozanbano (Mantova); Pina Micali a Giampilieri Marina (Messina); Giuseppe Auricchia di Avola (Siracusa); Silvana Orlandi ad Ostina (Firenze); Rossana Salvadori a Borgo Meduna (Pordenone); Fratel Cosimo a Reggio Calabria; “Chiesa dello spirito santo” (1 donna) di Asso (Como); Pino Casagrande (in circolazione) Testimonianza; Divina Sapienza di Cassino (messaggi trasmessi via internet), Marco Ferrari, Paratico (Brescia) (Cf. http://www.cafarus.org)

Esistono molte altre rivelazioni provate e fatti psuedo miracolosi non riconosciuti dalla Chiesa Cattolica. Queste sono tra le più famose che hanno e che continuano ad ingannare tanti fedeli e anche religiosi nel mondo intero. Quanta fede sprecata, sottratta a Cristo e regalata ai ciarlatani…

Per i falsi Messia vedere il mio articolo “I falsi profeti, antipapi moderni e falsi Messia” ne “Il Segno del Soprannaturale” di Maggio 2010 N. 263 –  pp.33-34

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

 


Risorgeremo. Ma come?

 Di Giorgio Nadali       www.giorgionadali.it 

 “Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Giovanni 6,40)

 “E questa è la promessa che egli ci ha fatta: la vita eterna”. (1Giovanni 2:25)

 “E’ seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale”. (1Corinzi 15:44)

 Nella risurrezione dei corpi noi avremo un corpo trasfigurato e spirituale (un solido fatto di respiro d’anima – pneuma = soffio di spirito – capace di ubiquità senza ostacoli) consimile al corpo che nel cielo hanno Cristo e la Madonna.

Quindi dopo la risurrezione le nostre anime (ectoplasmi incorporei), che ora non hanno corpo, ne avranno uno che ricorderà solo nella forma (nei lineamenti) il corpo terrestre.

Il corpo spirituale (integro in tutte le sue forme (cioè “formale” e non materiale) è un corpo molto diverso dal nostro fisico, perché è capace di sentire – partecipare – avere volume, ma non carne animale in quanto privo di qualsiasi possibilità di peccare o turbarsi in senso negativo.

Il corpo di Gesù, che ha dato anche la possibilità, dopo risorto, di essere toccato nel costato da San Tommaso, ed ha dimostrato di nutrirsi insieme agli altri apostoli, è di natura gloriosa (materia spiritualizzata e trasfigurata dallo Spirito Santo).

Il corpo di Gesù è Glorioso, tangibile ma spiritualmente Perfetto, assolutamente esente dai difetti della materia.

La volontà e l’essenza, purissima – perfetta e luminosissima, ne hanno fatto, nel mistero incommensurabile delle possibilità divine, preziosissima qualità d’amore e di bene.

Così è anche il corpo della Regina del Cielo, perché è così che Ella si è fatta sentire nell’abbraccio ricevuto dai veggenti in una delle sue tante apparizioni.

          IL CODICE DI DIRITTO CANONICO DAL 1983 PERMETTE E CONSENTE LA CREMAZIONE

L’ABBRUCIAMENTO DEL CADAVERE NON PUO’ NUOCERE ALL’ANIMA, PERCHE’ IL MODO DI RITORNARE ALLA POLVERE E’ SOLO QUESTIONE DI DIFFERENZA DI TEMPO

PUR NON PROIBENDO LA CREMAZIONE, LA CHIESA RACCOMANDA IL SEPPELLIMENTO E LA TUMULAZIONE, PERCHE’ LA LENTA TRASFORMAZIONE NATURALE AIUTA A SENTIRSI MAGGIORMENTE E FIGURATIVAMENTE ANCORA COLLEGATI AL CORPO DELLA PERSONA CHE NON C’E’ PIU’

LE SOLE CENERI IMPRIMONO, INVECE, UNO STACCO NETTO.

In contrasto con la negazione della resurrezione da parte dei Sadducei, che accettavano soltanto i primi cinque libri dell’AT (il Pentateuco ), Gesù insegna che la resurrezione finale avrà luogo grazie al potere di Dio, che è un Dio dei viventi, il «Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe» ( Mt 22,32; cfr. Es 3,6). Nel far questo, Gesù ricollega le radici del credo nella resurrezione (cioè la fede nell’onnipotenza e nella sovranità di Dio su tutto l’ordine creato) indietro fino al libro dell’Esodo, accettato dagli stessi Sadducei che negavano la resurrezione. Tuttavia, diversamente dall’insegnamento dei Farisei, Gesù afferma che chi risorge non ritorna ad uno stato di terreno o corruttibile, bensì possederà uno stato trasfigurato, glorificato, perché «alla resurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo» ( Mt 22,30).

In secondo luogo – e questo è l’elemento più specifico della dottrina del NT – la resurrezione avrà luogo non solo grazie al potere vivificante di Dio in genere, ma in virtù della resurrezione di Gesù Cristo dalla morte, con la forza dello Spirito Santo. La resurrezione di Gesù fornisce pertanto la promessa, la garanzia, l’esempio e la primizia della resurrezione universale, che può essere considerata come una «estensione della resurrezione di Gesù a tutto il genere umano». In modo più specifico, secondo s. Giovanni, Gesù in persona è «la resurrezione e la vita» ( Gv 11,25), ed egli spiega: «Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso.  Verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una resurrezione di vita e quanti fecero il male per una resurrezione di condanna» ( Gv 5,26.28-29).  

Tutti risorgeremo. Alla nostra libertà la decisione se per il Paradiso o per l’Inferno. In entrambe le condizioni il nostro corpo ultraterreno parteciperà alla beatitudine del Paradiso o alle pene dell’Inferno.

S. Paolo insiste ripetutamente sulla dottrina della resurrezione finale (cfr. At , 24,14; 1Ts 4,14-17; Ef 3,1-4; 1Cor , c. 15; ecc.). Cristo è «primogenito fra molti fratelli» ( Rm 8,29; cfr. Col 1,18). Nel c. 15 della Prima Corinzi egli sviluppa l’idea che la resurrezione finale dipende interamente da quella di Gesù Cristo e colloca questo convincimento al centro della fede cristiana, dicendo che «se non esiste resurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti» (vv. 13-14 e 20). E ancora: «come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste» (v. 49). Per Paolo la resurrezione è come anticipata nella vita presente, per coloro che partecipano alla morte e resurrezione di Gesù Cristo mediante il sacramento del Battesimo (cfr. Rm 6,3-11; Ef 2,6).

Come risorgeremo? La Teologia

Appartiene al dogma della risurrezione che essa avvenga coi corpi che abbiamo ora (“cum suis propiis resurgent corporibus quae nunc gestant” – IV Concilio del Laterano – e “in hac carne, qua nunc vivimus” – Fidei Damasi). Il corpo sarà non solo specificamente lo stesso (il corpo che ho ora). Con questa affermazione, si evita ogni modo di pensare che suggerisca una metempsicosi o una tramigrazione delle anime da un corpo all’altro…

Tre ipotesi teologiche sul come riavremo il nostro corpo il giorno della risurrezione

    Gesù Cristo promette che questo avverrà alla fine dei tempi. In Giovanni 6:54 dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Le ipotesi sulla nostra risurrezione sono:

Identità materiale – perché il corpo sia numericamente lo stesso, si richiederebbe che fosse composto nella stessa materia. Intesa in tutto il suo di rigore, la teoria difficilmente accettabile. D’altra parte, il principio secondo il quale un’identità materiale necessaria perché il corpo possa essere considerato lo stesso, è scientificamente assai discutibile. Dato il metabolismo costante del corpo umano, il mio corpo attuale ha rinnovato totalmente la sua materia da com’era sette anni or sono; e tuttavia, penso con ragione che sia rimasto realmente lo stesso corpo.

Identità formale – una teoria che si colloca all’estremo opposto sarebbe quella proposta, già nel Medio Evo da Durando di San Porciano (+ 1334). Durando suppone che, quale sia la materia di cui è composto un corpo, è il mio corpo per il fatto medesimo che esso s’unisce la mia anima… Bisogna riconoscere che, esposta in questo modo e senza altri particolari, questa teoria lascia l’impressione di una certa somiglianza con la teoria della trasmigrazione delle anime… Joseph Ratzinger [1][attuale papa Benedetto XVI, n.d.A.] pensa che non sia necessaria la stessa materia perché il corpo possa essere considerato lo stesso, e ha fatto notare che tutta la tradizione ecclesiastica (dottrinale e liturgica) impone come limite che il corpo risuscitato deve includere le reliquie dell’antico corpo terreno, se si esistono ancora come tali quando avviene la risurrezione. Tali “reliquie” saranno nuovamente animate dall’anima santa al corpo della quale appartennero. D’altra parte, insistendo sul fatto che la nostra risurrezione gloriosa non può essere spiegata senza un parallelismo con la risurrezione di Gesù, pare necessario affermare, come secondo limite, una certa continuità di somiglianza morfologica col corpo mortale. 

Alcuni autori medievali, come Durando di s. Porziano (1270 ca.-1334), hanno suggerito che l'”identità formale“, riguardante essenzialmente l’identità dell’anima umana, «unica forma del corpo», sarebbe sufficiente ad assicurare l’integrità del medesimo corpo umano nella resurrezione (cfr. In IV Sent. , d. 44, q. 1). L’ipotesi è stata ripresa in tempi recenti da neo-tomisti quali Hettinger, Scheel, Billot, Michel, Feuling. Tale posizione in realtà non è lontana da quella di Origene, basata sulla comprensione paolina della resurrezione come lo sviluppo di un seme (cfr. 1Cor 15,35), o come la presenza di un’immagine spirituale (gr. eîdos ) che non cambia durante tutte le trasformazioni cui soggiace la vita umana e che persisterà dopo la glorificazione. Tale visione, tuttavia, riteniamo non tributi un sufficiente realismo alla resurrezione di Gesù, avvenuta «il terzo giorno». Essa non tiene sufficientemente conto delle implicazioni escatologiche della perenne prassi liturgica di venerare le reliquie dei santi (cfr. DH 1822; Ratzinger, 1957), ed il significato del dogma dell’assunzione in cielo di Maria, madre di Gesù (cfr. Ratzinger 1979, pp. 120-122). Già in epoca patristica, inoltre, alla comprensione di Origene della resurrezione in termini alquanto “spiritualisti” si opposero le posizioni di altri autori, come Metodio di Olimpo (m. 310 ca.) e Gregorio di Nissa (335-395) (cfr. Crouzel, 1972; Chadwick, 1948; Daniélou, 1953).

Identità sostanziale – Alois Winklhofer ha proposto, recentemente una nuova ipotesi… di fronte a un cadavere che comincia a corrompersi, Dio sottrae e conserva separatamente questa sostanza non fenomenologica del corpo. Il cadavere, a dispetto della sua continuità fenomenologica col mio corpo, non sarebbe più, in questo caso, il mio corpo. Al contrario, partendo dalla sostanza non fenomenologica del mio corpo, Dio ricostruirebbe il mio corpo risuscitato; e appunto la permanenza di questa sostanza (l’identità sostanziale) farebbe sì che sia il mio corpo e non un altro.

L’identità del corpo risorto. Nonostante il carattere eterno e glorioso del corpo risorto, la fede cristiana predica la sua identità con il corpo terreno. La Chiesa la ha insegnata con insistenza riferendosi non solo alla resurrezione dalla morte generalmente intesa, ma alla resurrezione «di questo corpo», «di questa carne» (cfr. O’Callaghan, 1989a). Il termine «resurrezione» indica proprio tutto ciò, in quanto denota una realtà previa e decaduta che assume una vita nuova e definitiva. Si comprende allora perché le affermazioni dei Padri della Chiesa circa la resurrezione finale avevano una veste così fortemente realistica: «la verità della resurrezione non può essere compresa senza la carne e le ossa, senza il sangue e le membra», diceva s. Girolamo ( Contra Iohannem Hierosolymitanum , 31).

L’identità del corpo risorto con il corpo terrestre, tuttavia, non vuol dire una stretta “identità materiale” fra gli elementi fisici della condizione terrena e quelli oggetto dello stato risorto, come già suggerirono i primi autori cristiani, come Teofilo di Antiochia, Taziano, Atenagora o Ilario di Poitiers. Servendosi dell’immagine del vaso di creta ricostruito ancora una volta, presente nel profeta Geremia (cfr. Ger 18,1-10), Origene aveva spiegato che la materia di cui saranno composti i nostri corpi risuscitati non è necessariamente identica a quella del corpo terreno e che, in ogni caso, la logica di tale trasformazione appartiene al potere creatore di Dio (cfr. Homiliae in Jeremiam , 18, 4). Fra l’altro, non va dimenticato che il semplice metabolismo umano rinnova continuamente, in un ciclo di pochi anni, gli elementi fisici e chimici che compongono la materialità del nostro corpo.

Per approfondire:

Cesare Marcheselli Casale

Risorgeremo, ma come? Risurrezione dei corpi, degli spiriti o dell’uomo?

EDB, Bologna, 1988

Candido Pozo

Teologia dell’Aldilà

Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 1990

Giorgio Nadali

I monaci sugli alberi

E centinaia di altre cose curiose su Dio, la Bibbia, il Vaticano

Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2010

Giorgio Nadali

 www.giorgionadali.it

 


[1] Joseph Ratzinger – Auferstehungsleib, LexTheolKirch, 1, 1053


Angeli e curiosità

di Giorgio Nadali  www.giorgionadali.it

Nella Bibbia sono chiamati מלאך אלהים (mal’akh Elohim; messaggero di Dio), מלאך יהוה (mal’akh Adonai; messaggero del Signore), בני אלוהים (b’nai Elohim; figli di Dio) e הקדושים (ha-qodeshim; i santi). Altri termini usati in testi più recenti sono העליונים (ha’elyoneem; i superiori). Daniele è il primo a riferirisi agli angeli con un nome proprio.

Nel Giudaismo vi è il detto « Chi compie una Mitzvà acquisisce un angelo, chi ne compie due acquisisce due angeli, chi compie più Mitzvot acquisisce mezza schiera di angeli ». Il Mitzvà è un comandamento.

Secondo la Cabala ebraica vi sono 4 mondi e il nostro è l’ultimo, quello dell’azione (Assiyah). Gli Angeli esistono nei mondi superiori come “compiti” di Dio. Gli Angeli sono un’estensione di Dio che produce effetti in questo mondo. Dopo che un Angelo ha realizzato il uo compito, cessa di esistere. L’Angelo è il compito stesso. Questo deriva dal libro della Genesi, quando Abramo incontra 3 angeli e Lot ne incontra 2. Il compito di uno di loro era di informare Abramo di suo figlio. Gli altri due dovevano salare Lot e distruggere Sodoma e Gomorra.

Gli Angeli sono persone spirituali. Persona non vuol dire necessariamente “essere umano”. Una persona è un essere libero, intelligente, razionale e spirituale. Quelle spirituali dotate di un corpo  sono gli esseri umani. Quelle incorporee sono gli Angeli (creature) e Dio (creatore in 3 Persone divine). 

La collezione angelica

La collezione Gianni Brandozzi di Ascoli Piceno è una delle più complete raccolte di opere figurative dedicate all’iconografia e al culto degli angeli. Oltre 100 capolavori,  oggetti d’arte e di alto artigianato che hanno per oggetto l’iconografia cristiana di angioletto dorati i quali impreziosivano chiese e abbellivano dimore, in gran parte lignee negli originali d’epoca dal ‘600 all’800.

Museo degli Angeli. Beloit, Usa

Si trova a Beloit, Winsconsin, USA. E’ un enorme museo dedicato interamente alla figura angelica. Il museo dispone di due collezioni raffiguranti Angeli nelle più disparate fogge. La collezione Berg conta dodicimila pezzi provenienti da Giappone, Italia, Spagna, Portogallo, Taiwan, Cina, Stati Uniti e da numerosi altri Paesi. Tra i materiali dei pezzi raffiguranti gli Angeli ci sono il legno, il vetro, il metallo, la stoffa. La collezione dell’Angelo Nero conta seicento pezzi di Angeli di colore, donati alla giornalista afroamericana Ophrah Winfrey dai suoi ascoltatori.

La più alta statua di un angelo. Gateshead, Gran Bretagna

 

E’ Angel of the North, una scultura moderana di Antony Gormley. Alta 20 m. con ali larghe 54 m. Si torva a Gateshead, Inghilterra su una collina. La statua più alta di un angelo in stile classico è quella dell’Angelo Moroni sulla Cumorah Hill a Palmyra, Nw York (USA).  E’ l’angelo che ha parlato nel 1823 con Joseph Smith, fondatore dei mormoni e gli ha consegnato la tavole d’oro che ispirarono il Libro di Mormon, proprio nello stesso luogo dove oggi sorge la statua, alta 3 m. su un piedistallo di 7,62 m. Opera dello scultore norvegese Torleif S. Knaphus, il monumento fu inaugurato dal presidente americano Heber J. Grant il 21 luglio 1935. [1]  

L’esorcismo col pesce consigliato dall’Angelo Raffaele

Nell’Antico testamento Tobia compie un esorcismo su Sara allontanado il diavolo con l’odore del fegato e del cuore di un pesce (Tobia 8,3), secondo i consigli dell’Angelo Raffaele (Tobia 6,8). “Quanto al cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi in presenza di una persona, uomo o donna, invasata dal demonio o da uno spirito cattivo e cesserà in essa ogni vessazione e non ne resterà più traccia alcuna”. “L’odore del pesce respinse il demonio, che fuggì nelle regioni dell’alto Egitto. Raffaele vi si recò all’istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi”. (Tobia 8,3)

      [In realtà l’Angelo Raffaele utilizza le credenze antiche per manifestare la liberazione divina].

Iconografia

Le ali = simbolo di prontezza alla volontà divina

La veste bianca  = purezza

L’aureola = santità

Padri della Chiesa

“Ogni fedele ha al suo fianco un Angelo protettore e pastore, per condurlo alla vita” (S. Basilio di Cesarèa – Adversus Eunomium 3,1)

“Dobbiamo pregare gli Angeli perché ci sono dati come guardiani” (S. Ambrogio)

 Religioni

Le tre Religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo e Islam) credono nell’esistenza degli Angeli. In totale circa 3,5 miliardi di fedeli.

Dottrina Cattolica

Il Catechiesmo della Chiesa Cattolica, al paragrafo 328, afferma che “l’esistenza di esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente Angeli, è una realtà di fede. La testimonianza delle Scritture è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione”.

Malintesi popolari. Gli Angeli NON sono:

Uomini defunti;  portafortuna; coloro che ci eliminano ogni sofferenza; sessuati; corporei; legati a segni zodiacali; da evocare con lo spiritismo; creati beati (hanno passato una prova di fedeltà a Dio per essere beati); bambini defunti.

La funzione dell’Angelo custode

E’ di sostenerci nelle prove della vita in modo che possiamo realizzare il disegno di Dio su di noi. Può proteggerci, ma non evitare qualsiasi sofferenza della vita.  Gesù disse: «Chi vuol essere mio discepolo rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua: chi vuol salvare la sua vita la perderà, chi la perderà per me, la salverà» (Mt 16,24). Ogni persona ha un Angelo custode dal momento della nascita. Dal concepimento alla nascita il bambino è sotto la protezione dell’Angelo custode della mamma.  L’Angelo custode è colui che ci introdurrà nella vita eterna al momento della morte terrena.   

Angeli interreligiosi

Gabriele è presente nella fede dell’Islam. Consegna il Corano a Maometto. Ogni fedele islamico ha 11 Angeli custodi. Per l’Islam  i capitoli del Corano (dette sure)  sono stati disposti nell’ordine in cui furono insegnati  al profeta Maometto dall’arcangelo Gabriele.

Angeli biblici

La parola “angelo” al singolare è presente nella Bibbia   146  volte, in 212 versetti. (129 volte nell’A.T. e 94 volte nel N.T.)

La parola “angeli”  al plurale è presente nella Bibbia  177  volte, in 97 versetti (17 volte nell’A.T. e 83 volte nel N.T.)

 

Malachim (traduzione: Messaggeri) Parola generica per Angeli

Michele – Antico Testamento e Nuovo Testamento. (traduzione: chi è come Dio) Realizza la gentilezza di Dio. L’arcangelo Micael il cui nome significa: “Chi è come Dio”? è menzionato in Daniele 10:13,21; 12:1 come uno dei grandi capi angelici e come il protettore del popolo d’Israele. In Apocalisse 12:7 come il capo che, coi suoi angeli, combatte contro a Satana e lo vince. In Italia è’ patrono della Polizia di Stato.

“Ma io ti voglio far conoscere ciò che è scritto nel libro della verità; e non c’è nessuno che mi sostenga contro quelli, tranne Michele vostro capo”. (Daniele 10,21)

“Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli” (Apocalisse 12,7)

 “L’arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore!” (Giuda 9)

Gabriele –  Antico e Nuovo Testamento. Unico Angelo presente anche in un’altra Religione, l’Islam  (traduzione: La Forza di Dio) Realizza atti di giustizia e potenza.

“Mentre dunque parlavo e pregavo, Gabriele, che io avevo visto prima in visione, volò veloce verso di me: era l’ora dell’offerta della sera” (Daniele 9,21)

“Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret” (Luca 1,26)

Raffaele (traduzione: Dio guarisce) Forza guaritice di Dio.

“Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore” (Tobia 12,15)

Serafini (traduzione: I Brucianti) Proteggono i cancelli del Giardinodell’Eden

 

Angeli della Cabala ebraica

Uriel – Cabala ebraica (traduzione: Dio è la mia luce) Ci guida al nostro destino

Malach HaMavet – Cabala ebraica (traduzione: Angelo della Morte)

HaSatan (traduzione: il persecutore, l’avversaio, l’accusatore) Porta i nostri peccati davanti alla corte divina

Chayot HaKodesh (traduzione:   )

Ophanim (traduzione: Orbite) Influenza

HaMerkavah (translation: The Chariot) Transports God’s glory

Classificazione cristiana

La classificazione più influente fu discussa da Pseudo-Dionigi nel quarto o quinto secolo, nel libro De Caelesti hyerarchia. In questo suo lavoro, l'autore aveva indicato alcuni passaggi del Nuovo Testamento, nello specifico gli Efesini 6,12 e i Colossesi 1,16, sulla cui base costruire uno schema di tre Gerarchie, Sfere o Triadi di angeli, nella quale ogni Gerarchia contiene tre Ordini o Cori. In decrescente ordine di potenza questi sono:

Prima Gerarchia:

Serafini.  Appartengono al più alto ordine di angeli, asservono il ruolo di guardiani del trono di Dio e continuamente cantano le sue preghiere
 

Cherubini.  Sono i guardiani della luce e delle stelle. Si crede che, anche se sono stati rimossi dal piano reale e materiale degli uomini, la luce divina che essi filtrano giù dal cielo possa ancora toccare le vite umane. Hanno quattro ali e quattro facce, ovvero una umana, una di cherubino, una di leone ed infine una di aquila. I Cherubini sono considerati coloro dediti alla protezione. Essi stanno a guardia dell’Eden e del trono di Dio.

 

Troni o Ophanim.  Il loro compito è quello di portare il trono di Dio per il Paradiso in suo nome. San Paolo usa il termine troni nella lettera ai Colossesi 1:16. Sono portatori del Divino, premurosamente aperti a ricevere le Sue donazioni

Seconda Gerarchia: 

Dominazioni.  Sono conosciute anche come Hashmallim, e hanno il compito di regolare i compiti degli angeli inferiori. Ricevono i loro ordini dai Serafini, Cherubini o direttamente da Dio, e devono assicurarsi che il cosmo sia sempre in ordine. È con estrema rarità che le Dominazioni assumano forma fisica per mostrarsi ai mortali. Invece, si interessano tranquillamente dei particolari dell'esistenza. Il termine dominazioni è usato da San Paolo nella seconda lettera ai colossesi 1,16. 
 

Virtù.  Il loro dovere è quello di osservare i gruppi di persone. La loro forma è simile a lampi di luce che ispirano nell’umanità molte cose come l’Arte o la Scienza. Il nome Virtù significa coraggio saldo e intrepidità in tutte le attività, un coraggio che mai si stanca di accogliere le illuminazioni donate dal Principio divino, che è anzi potentemente teso all’imitazione di Dio.

 
Potestà.  Nella credenza popolare sono gli Angeli che accompagnano le decisioni dei padri e li consigliano nella cura della famiglia.
 
Terza Gerarchia:
 

Principati.  sono esseri angelici dalla forma simile a raggi di luce. Si trovano oltre il gruppo degli arcangeli. Sono gli angeli guardiani delle nazioni e delle contee, e tutto quello che concerne i loro problemi e eventi, inclusa la politica, i problemi militari, il commercio e lo scambio. Uno dei loro compiti è quello di scegliere chi tra l’umanità può dominare. San Paolo usa il termine Principati nelle lettere ai Colossesi 1:16 e agli Efesini 1:21;3:10.

 
 

Arcangeli. La parola “arcangelo” è usata solamente due volte nelle scritture ( ma diverse volte nel Septuaginta): una volta riferendosi a Michele l’arcangelo e nell’altro caso riferendosi a Gabriele

 
Angeli.  Sovraintendono a tutte le occupazioni degli uomini

 
Angeli decaduti. I demoni
 

Demoni biblici

Lucifero. Antico Testamento. “Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell’aurora?.. E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell’abisso!” (Isaia 14,12-15)

Belzebub. Nuovo Testamento. “Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate. Ma alcuni dissero: «È in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl”. (Luca 11,14-18)

Demoni della Cabala ebraica

 

La Cabala è parte della tradizione esoterica della mistica ebraica, in particolare il pensiero mistico sviluppatosi in Europa a partire dal VII-VIII secolo.

Secondo la Cabala ebraica esistono sei categorie di demoni:

Demoni del Fuoco: abitano le regioni più lontane degli Inferi. 
Demoni dell’Aria: dimorano e volano intorno agli uomini. 
Demoni della Terra: essi si mescolano agli uomini con il compito di tentarli e ammaliarli. 
Demoni dell’Acqua: vivono negli oceani, nei mari e nei fiumi provocando burrasche e naufragi. 
Demoni Sotterranei: si celano nei pozzi e sono la causa di terremoti e delle eruzioni vulcaniche 
Demoni delle Tenebre: devono il loro nome al fatto che vivono lontani dal sole. 

La Cabala divide queste categorie di demoni in 10 gruppi, ciascuna comandata da un demonio particolare 

THAMIEL: i bicefali. Spiriti in rivolta dominati da Moloch. 
CHAIGIDEL: Spiriti di menzogna guidati da Beelzebub e da Bodon. 
SATARIEL: i velatori. Spiriti della falsità, retti da Lucifugo. 
GAMCHICOLH: i Perturbatori di anime. Spiriti impuri governati da Astaroth. 
GALB: gli Incendiari. Spiriti della collera dominati da Asmodeo. 
TAGARIRIM: i litigiosi. Sono gli Spiriti della discordia guidati da Belphegor. 
HARAB SERAPHEL: i corvi della morte. Spiriti ribelli governati da Baal. 
SAMAEL: i battaglieri. Spiriti della ferocia guidati da Adramelech. 
IAMALIEL: gli Osceni. Spiriti capeggiati da Lilith. 
RESHAIM: i malvagi. Spiriti crudeli governati da Nahenia. 
DRAKROLLIL: i Draghi della Morte. Spiriti della Morte governati da Abraxas.

 

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[1] Giorgio Nadali – I monaci sugli alberi, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2010, ISBN: 978-88-215-6784-1


I monaci sugli alberi

di Giorgio Nadali

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Introduzione

Perché questo libro sulle curiosità del cristianesimo? E’ semplice. Quando ami qualcosa o qualcuno vuoi scoprire tutto. I suoi lati più intimi e nascosti, le sue qualità, il suo passato, cosa fa tutti i giorni e magari – ma sì – anche qualche pecca e un pizzico di gossip. Sì, lo confesso. Amo la mia religione. Amo il senso che Cristo dà alla mia vita. Capisco la donna samaritana al pozzo di Giacobbe, di cui parla il Vangelo. «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». (Gv 4,29). La fede non è qualcosa che puoi tenerti dentro. E’ come la faccia. Non puoi nasconderla. Con la mia curiosità ho voluto cercare alcuni aspetti più particolari e poco noti della fede cristiana, condivisa da un terzo del Mondo. La vastità della cultura cristiana nella storia l’ha resa una ricerca molto vasta, non certo esaustiva, ma appassionante. Tutto in un unico volume proprio non ci poteva stare… Qui ci sono le più strane e curiose. Perché no?

Penso che molti non si rendano conto della profondità dell’influsso del Cristianesimo nella storia, nella cultura, nella società in cui viviamo. Solo la venuta di Dio fattosi uomo ha potuto cambiare la storia e incidere così tanto sulla cultura a livello planetario. Le divisioni nel Cristianesimo non vengono da Dio, ma dagli uomini. Per cui questa ricerca è orientata a tutto il Cristianesimo, senza i confini che la debolezza umana ha voluto porre al desiderio di Cristo «perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21) e senza dimenticare il monito di Gesù a Giovanni: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri». Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9,38-40).

Non esiste persona al Mondo che non sia in qualche modo toccata da qualcosa che riguardi almeno un aspetto della cultura cristiana. Atei e indifferenti compresi, naturalmente. Capire il Cristianesimo e scoprirne i suoi lati più nascosti è compiere un viaggio appassionante nel Mondo in cui viviamo, nella storia che ci ha condotto sino a qui, nella cultura che ha reso possibile un progresso di cui tutti beneficiamo, nel futuro stesso dell’umanità. Tutto questo è stato reso possibile dalla fede in Cristo di miliardi di persone. Dalla consapevolezza che la fede non è solo credere ai dogmi del catechismo, ma è la fiducia incondizionata sul come Dio operi personalmente tutti i giorni nella nostra vita, realizzando in noi cose grandi che troppi non osano nemmeno sperare e sul come il suo amore riesca a scrivere diritto nella storia sulle righe talvolta decisamente storte di noi uomini.

INDICE

Un po’ di Bibbia… per cominciare

Cose di Chiesa…

Tra scienza e fede

Un po’ di segreti (e non) del Vaticano

Papato e dintorni

Il Guinnes dei primati ecclesiali

Strane Chiese…

Luoghi sacri, santi e reliquie


RECENSIONE

ISBN: 978-88-215-6784-1

“I monaci sugli alberi”, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2010

Brossura – Pagine: 246 – Prezzo: Euro 14,00

Collana: Letteratura / Narrativa moderna / Il pozzo – 2ª serie

Formato: 13,5×21

 http://www.paolinitalia.it/libri/catalogo.asp?p=9&isbn13=9788821567841

http://www.ibs.it/code/9788821567841/nadali-giorgio/monaci-sugli-alberi.html

Intervista per Radio Monte Carlo


Vaticano e stipendi. Papa, Vescovi, Cardinali e Preti

[polldaddy poll=6538410]

di Giorgio Nadali 

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Quanto guadagna il Papa? Nessuno stipendio. A disposizione un fondo in euro presso lo I.O.R.
 (Istituo Opere di Religione- la banca del Vaticano), l’Obolo di San Pietro (vedi voce) e il fondo di
 2,5 milioni di dollari - il Vicarius Christi Fund - della Confraternita dei Cavalieri di Colombo con
sede a New Haven, Connecticut (USA) e Roma, presieduta dal Prof. Carl A. Anderson. Inoltre i diritti
d’autore delle opere letterarie gestite dalla Fondazione Joseph Ratzinger, inaugurata nel 2008, amministrata
dagli Ratzinger Shulerkreis (Circolo degli Studenti di Ratzinger) a Monaco di Baviera (Germania)
e presieduta dal Prof.  Stephan Otto Horn.  
Cardinali di Curia – 150.000 euro (1) netti annuali per l'"assegno cardinalizio" (il nuovo nome del vecchio "piatto cardinalizio") erogati dall’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica 
 per i Cardinali di Curia, più il “rotolo cardinalizio” (somma derivante dalle rendite del Sacro Collegio Cardinalizio). Altri parlano di cifre ben più modeste: 3000 euro netti mensili. 
(1) Claudio Rendina - "La santa casta della Chiesa", Roma, Newton & Compton, 2009, p. 241. 

Vescovi – 39.000 euro netti annuali più fondo spese per l’episcopato di competenza.
Preti (italiani) - L’ammontare dello stipendio mensile (lordo di imposte, per 12 mensilità) è calcolato sulla
base di un certo numero di punti - da 80 a 140 - ciascuno del valore di 11,82 euro. Il numero di punti attribuito
a ciascun sacerdote varia a seconda dell’anzianità vocazionale e degli incarichi ricoperti. Ad esempio ad un prete
appena ordinato spettano 80 punti, che moltiplicati per 11,82 euro danno 945,60 euro lordi di stipendio mensile.
Ad un vescovo alle soglie della pensione spettano 140 punti, che ancora moltiplicati per 11,82 fanno risultare 1.654,80 euro lordi.
I limiti di reddito anzidetti, equivalenti per tutti i 37.456 presbiteri italiani, rappresentano il tetto massimo di tutte le entrate a
favore dei singoli. Ogni sacerdote può contare mensilmente su: a) una quota cosiddetta “capitaria”, pari a € 0,0723 per parrocchiano;
b) una quota proveniente dalla ridistribuzione degli ex benefici parrocchiali, assorbiti dal 1989 dagli Istituti Diocesani per
 il Sostentamento del Clero; c) l’eventuale retribuzione di un’attività esterna (in tal caso, ha comunque diritto, in aggiunta,
alla sola quota capitaria di cui al punto a); d) le offerte libere dei fedeli; e) l’intervento della Cei, che
 (con l’utilizzo dei fondi provenienti dall’otto per mille dell’Irpef) integra le entrate a-b-c-d fino al raggiungimento
delle somme indicate all'inizio, che rappresentano i limiti massimi di reddito a favore dei singoli.

Lo Stato della Città del Vaticano lavorano 1894 dipendenti di cui 31 religiosi, 28 religiose, 1.558 laici e
277 laiche. Negli enti legati lla Santa Sede  prestano servizio complessivamente 2.732 persone, di cui 761
ecclesiastici, 334 religiosi (246 uomini e 88 donne), 1.637 laici (1.199 uomini e 438 donne).
I cittadini, quelli con carta d'identità vaticana, sono 524, tra i quali i circa 200 rappresentanti dello Stato
del Vaticano presso i governi di tutto il mondo. Le famiglie residenti sono 15, ma i figli perdono
automaticamente la cittadinanza vaticana a 28 anni. E ci sono infine 350 residenti non cittadini.
Nessun bambino vi è mai nato. Si diventa cittadini del Vaticano non per il fatto naturale che si nasce nel
suo territorio, ma per incorporazione, per volontà del Pontefice. I residenti, tra alti prelati, suore e
addetti ai servizi telefonici e di sorveglianza sono circa 500 (stipendio per 36 ore settimanali, da 800 a 1250 Euro).
Praticamente nulla è proprietà privata. Al 31 dicembre 2000 le persone in possesso della cittadinanza vaticana erano 524,
delle quali 49 Cardinali, 271 Ecclesiastici aventi lo status di membri delle Rappresentanze Pontificie,
63 altri Ecclesiastici, 88 componenti il Corpo della Guardia Svizzera Pontificia e 53 altri laici.

Giorgio Nadali
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http://www.ibs.it/code/9788821567841/nadali-giorgio/monaci-sugli-alberi-e.html 
http://www.edizionisanpaolo.it/varie_1/narrativa/il-pozzo-2a-serie/libro/i-monaci-sugli-alberi.aspx

Test. Qual è la tua spiritualità? di Giorgio Nadali – www.giorgionadali.it

Test. Qual è la tua spiritualità?

“Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri” Salmo 138,23

 di Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

 

 

 

 

Rispondi:

 “A” = Pienamente d’accordo con l’affermazione

“B” = Parzialmente d’accordo con l’affermazione

“C” = Per niente d’accordo con l’affermazione

1.

C’è una dimensione trascendente, spirituale della vita.

2.

Anche se non è sempre chiaro, l’universo ha un significato mirato e preciso.

3.

Quando sarò vecchio e guarderò indietro alla mia vita, voglio sentire che il mondo è un po’ migliore grazie a me.

4.

Anche certe attività come il mangiare, il lavoro e il sesso, hanno una dimensione sacra.

5.

Il mio obiettivo primario nella vita è quello di diventare finanziariamente sicuro.

6.

Sento una forte identificazione con tutta l’umanità.

7.

Quando vedo ciò che una cosa è, ho delle visioni su come potrebbe essere.

8.

Anche  senza esagerare o diventare morboso, credo che sia bene per noi  essere a conoscenza del dolore,  della sofferenza e della morte.

9.

Il nostro maggior bene è adeguarci armoniosamente alla dimensione trascendente, spirituale.

10.

So come e entrare in contatto con la dimensione trascendente, spirituale.

11.

L’universo non è ancora completo, ma si sta evolvendo in modo significativo.

12.

È importante cercare il nostro scopo e la nostra missione nella vita.

13.

Non separo vita sacra e profana; credo che tutta la vita sia permeata di sacralità.

14.

È molto più importante perseguire l’obiettivo spirituale piuttosto che cercare denaro e possedimenti.

15.

Mosto raramente il mio amore per l’umanità attraverso l’azione.

16.

Nonostante tutto continuo ad avere una convinzione profonda, positiva nell’umanità.

­17.

Ho avuto un a crescita spirituale grazie al dolore e alla sofferenza.

18.

Il contatto con la dimensione trascendente, spirituale mi ha dato un senso di potere personale e di fiducia.

19.

Ho avuto esperienze in cui mi sentivo molto vicino alla dimensione trascendente, spirituale.

20.

La ricerca di significato e di scopo nella vita è una ricerca importante.

21.

Credo che la vita abbia per ognuno una missione da compiere.

22.

Ho fatto esperienza che l’amore tra membri della famiglia possa essere così profondo e speciale.

23.

Denaro e possedimenti non sono importanti per me. Trovo la mia più profonda soddisfazione da fattori spirituali.

24.

Non sento alcun senso di responsabilità verso l’umanità.

25.

Credo che lo spirito umano sia forte e vincerà alla fine.

26.

Sono una persona migliore oggi a causa di esperienze di vita passata che sono state molto dolorose.

27.

Credo che alcolisti, tossicodipendenti e altre persone con una vita fuori controllo possano essere aiutate attraverso il contatto con la dimensione trascendente, spirituale.

28.

Ho avuto esperienze trascendenti, spirituali, in cui ho provato una gioia incontenibile.

29.

Quando uno cerca veramente il significato e lo scopo della vita può trovare risposte.

30.

È più importante per me essere fedele alla mia missione che avere successo agli occhi del mondo.

31.

Ho sperimentato un senso di timore reverenziale verso gli esseri umani.

32.

Alla fine la sola ricerca di denaro e possedimenti lascerà vuoti e incompiuti.

­33.

Sento un profondo amore per tutta l’umanità.

34.

Credo davvero che una persona possa fare la differenza.

35.

Anche se noi tutti dobbiamo morire, credo che sia meglio ignorare questo fatto il più a lungo possibile.

36.

Il contatto con la dimensione trascendente, spirituale mi ha aiutato a ridurre il mio livello di stress personale.

37.

Ho avuto esperienze spirituali, trascendenti che sembrano quasi impossibili da tradurre in parole.

38.

Se uno ha un motivo o per lo scopo per cui vivere, uno può sopportare quasi ogni circostanza.

39.

Ho una missione personale nella vita, e  sento di avere una vocazione da compiere.

40.

Non ho mai sentito dentro di me il senso del sacro.

41.

Ho una fame spirituale che soldi e beni materiali non soddisfano.

42.

Ho spesso sentimenti di compassione per gli esseri umani.

43.

Gli idealisti sono di solito solo dei romantici nevrotici.

44.

Sembra che il dolore e la sofferenza siano spesso necessari per farci esaminare e ri orientare le nostre vite.

45.

Il contatto con la dimensione trascendente e spirituale ha migliorato la mia salute fisica.

46.

Ho avuto esperienze trascendenti e spirituali, in cui mi sentivo intimamente e profondamente amato da qualcosa di più grande di me.

47.

La mia convinzione è che esista una dimensione trascendente e spirituale e questa dà un senso alla mia vita.

­48.

Mi dedico a ciò che io ritengo essere una causa significativa.

49.

La natura ispira spesso in me un senso solenne di stupore e di riverenza.

50.

Se dovessi scegliere tra essere ricco o essere spirituale, vorrei scegliere di essere ricco.

51.

Le persone che mi conoscono dicono che io sono molto amorevole e disposto ad aiutare gli altri.

52.

Anche se c’è molto male nel mondo, credo la bontà, l’integrità, e l’amore  abbondino.

53.

Il contatto con la dimensione trascendente e spirituale ha migliorato la mia salute emotiva.

54.

Ho avuto esperienze spirituali e trascendenti, in cui ho affidato al mia vita a qualcosa di superiore.

55.

Il fatto che, in definitiva, dobbiamo morire dimostra come la vita sia priva di significato.

56.

Gli esseri umani sono talvolta “chiamati” per compiere un certo destino spirituale.

57.

Credo che sia un errore di relegare la sacralità solo ai luoghi religiosi, agli oggetti e ai riti sacri.

58.

In generale, apprezzo l’amore e la cooperazione più della competitività.

59.

Credo che gli esseri umani abbiano un grande potenziale di bontà e di amore.

60.

Il contatto con la dimensione trascendente e spirituale ha approfondito i miei rapporti con gli altri.

61.

Ho avuto esperienze trascendente e spirituali che mi hanno fatto sentire più vicino all’universo.

62.

Anche se non sempre la capisco, penso che la vita abbia un profondo significato.

63.

Ho trovato la mia missione nella vita o la sto ancora cercando.

64.

Non ho mai fatto l’esperienza del sacro.

65.

Non c’è nessuna speranza per l’umanità.

66.

Il contatto con la dimensione trascendente e spirituale mi ha aiutato a sentirmi più vicino alla mia “Forza Superiore”.

67.

Ho avuto esperienze tascendenti e spirituali, in cui gli aspetti più profondi della verità mi sono stati rivelati.

68.

Credo che le persone dovrebbero solo divertirsi e non preoccuparsi di questioni filosofiche come il senso della vita.

69.

Tutto quello di cui ho bisogno da un posto di lavoro è un ottimo reddito in modo che io possa vivere bene e godere di ciò che il denaro può comprare.

70.

Nel nostro mondo moderno e scientifico dobbiamo smettere di credere in tali idee ascientifiche come il sacro.

71.

Sono molto cinico riguardo all’umanità.

72.

Il contatto con la dimensione trascendente e spirituale mi ha aiutato a distinguere ciò che è veramente importante nella vita e ciò che non lo è.

73.

Ho avuto esperienze trascendenti e spirituali, in cui mi sentivo “rinato” e trasformato in una nuova vita.

74.

Si può trovare un significato anche nella sofferenza, nel dolore e nella morte.

75.

Le persone non religiose che si credono spirituali si autoingannano.

76.

È un bene sognare e “costruire castelli in aria”.

77.

Il contatto con la dimensione trascendente e spirituale mi dà l’energia per vivere pienamente la vita con ottimismo.

­78.

Ho avuto esperienze trascendenti e spirituali, in cui mi sono sentito sopraffatto da un senso di stupore, meraviglia e riverenza.

79.

Le persone religiose sono più spirituali di quelle non religiose.

80.

Non ho mai avuto un’esperienza spirituale e trascendente.

81.

Spiritualità significa far parte di una chiesa o un tempio e partecipare attivamente alle attività religiose.

82.

Le persone emotivamente sane non hanno esperienze spirituali e trascendenti.

83.

Fede e ragione sono incompatibili

84.

Credere che esista Dio e avere fede in Dio sono la stessa cosa

85.

Le persone che parlano della vita, come “sacra” mi sembrano un po’ strane. Io non ho ho esperienza della vita in quel modo.

Domande sulla religiosità riservate ai credenti:

86. La mia fede religiosa mi fa sentire migliore degli altri
87. Se Dio fosse buono non permetterebbe certe sofferenze
88. Ringrazio Dio ogni giorno per ogni cosa, non solo nel momento del bisogno
89. spesso preferisco parlare con Dio che con gli esseri umani
90. La malattia e la morte sono punizioni divine
91. Le mie pratiche religiose mi fanno ottenere l’amore di Dio 
92. Non sono nulla per Dio. Lui ha alto da fare che occuparsi di me
93. Per me è importante cercare di convertire chi incontro nella mia vita
94. Mi ritengo un vero credente
95. Le mie azioni devono dimostrare a Dio quanto valgo
96. Il mondo in cui viviamo è essenzialmente corrotto e cattivo
97. Sinceramente spesso ho paura di Dio e penso con preoccupazione alla mia morte
98. Mi capita di pensare all’Inferno e questo mi genera timore
99. Non bisogna mai mettere in discussione i precetti morali della mia religione
100. Fede e ragione non possono convivere tranquillamente

Profili della religiosità riservate ai credenti cattolici:

Se hai risposto “A” alla 86

 RELIGIOSITA’ NARCISISTICA      Manca il ricordare che l’amore di Dio è gratuito.

Il tuo rapporto con Dio maschera il tentativo di recuperare l’amore perduto nell’infanzia. E’ un modo per sentirti migliore degli altri, talvolta condannandoli.

Se hai risposto “A” alla 87

RELIGIOSITA’ DIPENDENTE         Manca la speranza.

Cercano sicurezza nel rapporto con la Chiesa, non per rinuncia all’egoismo, ma per trovare una dipendenza che compensi la propria insicurezza. Ogni difficoltà della vita è vissuta come tradimento da parte di Dio, che non li protegge. Mentre Gesù disse: “Chi vuol essere mio discepolo, prenda la sua croce e mi segua”.

Se hai risposto “C” alla 88

RELIGIOSITA’ GRATIFICANTE     Manca la carità e la volontà.

La tua pratica religiosa è vissuta senza comprenderne il significato e solo per abitudine. Invochi Dio solo nel bisogno (mai per lodare e ringraziare). La tua fede non si traduce in carità, ma è vissuta solo per sé, molto formalmente. Sei praticante saltuario.  

Se hai risposto “A” alla 89

RELIGIOSITA’ SOSTITUTIVA      Manca l’apertura agli altri

La tua pratica religiosa non è un mezzo per entrare in rapporto con Dio, ma per fuggire la solitudine e l’incapacità dei rapporti affettivi.

Se hai risposto “A” alla 90

RELIGIOSITA’ DA TIMORE       Manca la fede in Dio come Padre del figliol prodigo.

Caratterizzata da un comportamento puramente legalistico e negativo (non fare peccati). Dio è visto soprattutto come giudice. Ha paura di ogni autorità e anche di Dio. La malattia e la morte sono viste come punizioni divine.

Se hai risposto “A” alla 91 e  92

RELIGIOSITA’ MASOCHISTICA   Manca la coscienza che Dio è amore.

Sei moralista e ti senti un nulla di fronte a Dio. La tua è devozione ritualistica basata sul rimorso e sul peccato.

  Se hai risposto “A” alla 93, 94, 95 e 96

RELIGIOSITA’ IPOMANIACA       Manca l’umiltà.

Ti senti migliore di altri (chi non crede o non ha la stessa fede). Rivendichi una “linea diretta” con Dio. Eccessiva ambizione morale. Vuoi convertire gli altri. Sei al limite del fanatismo religioso e del fondamentalismo

Se hai risposto “A” alla 97, 98, 99, 100   

RELIGIOSITA’ OSSESSIVA       Manca la fiducia nel Dio di amore.

La tua religione è vissuta solo per placare il tuo senso di colpa e non come risposta libera all’amore di Dio. Hai ossessione per il peccato, che nel tuo caso nasce dalla tua paura, non dall’amore che si preoccupa di rispondere a Dio che ti ama. Qualcuno potrebbe definirti “bigotto”. 

Se hai risposto “C” dalla 86, 87 e dall 89 alla 100

Sei hai risposto “A” all 88

RELIGIOSITA’ MATURA

Hai un giusto equilibrio di grazia (Dio ti chiama), Intelligenza (tu ragioni) e volontà (tu rispondi e vivi di conseguenza) e questo porta molti benefici alla tua salute psicologica, affettiva e spirituale.

Profili generali

Se hai risposto in maggioranza “A” alle domande:

1,2,3,4,6,8,9,10,11,12,13,14,16,17,18,19,20,21,22,23,25,26,27,28,29,31,32,33,34,36,37,38,39,41,42,44,45,46,47,48,49,51,52,53,54,56,57,58,59,60,61,62,63,67,72,73,74,75,77,78,79,81

La tua spiritualità è solida e ti dà gioia ed entusiamo nella vita. Desideri trasmettere la tua dimensione spirituale altri senza per questo forzarli nelle loro scelte. Trovi un senso profondo nelle tua azioni. Capisci che l’uomo non è solo un fatto biologico e materiale, ma anima, spirito e corpo uniti inscindibilmente tra di loro. La tua spiritualità incide positivamente sulla tua salute fisica, spirituale e psicologica. 

Se hai risposto in maggioranza “B” alle domande:

1,2,3,4,6,8,9,10,11,12,13,14,16,17,18,19,20,21,22,23,25,26,27,28,29,31,32,33,34,36,37,38,39,41,42,44,45,46,47,48,49,51,52,53,54,56,57,58,59,60,61,62,63,67,72,73,74,75,77,78,79,81

Sei in ricerca di un senso profondo per la tua vita. Probabilmente sei agnostico. Non sei necessariamente indifferente al problema della fede e all’attività spirituale o religiosa. Sei tra coloro che stanno attivamente cercando una fede o sono in dubbio e hanno sostanzialmente una posizione agnostica, paragonabile al dubbio metodologico nella filosofia. Non hai le idee chiare sulle Religioni e pensi che tutte si equivalgano.

Se hai risposto in maggioranza “C” alle domande:

1,2,3,4,6,8,9,10,11,12,13,14,16,17,18,19,20,21,22,23,25,26,27,28,29,31,32,33,34,36,37,38,39,41,42,44,45,46,47,48,49,51,52,53,54,56,57,58,59,60,61,62,63,67,72,73,74,75,77,78,79,81

Non hai una spiritualità. Il tuo ateismo nasce dal dolore, oppure da esperienze negative irrisolte o ancora dalla tua (?) visione ideologica. Ritieni che fede e ragione siano assolutamente incompatibili. Provi irritazione per le persone religiose e talvolta ti ritieni migliore di loro.


Fine dei Tempi. Il ratto salvifico e la profezia del 2060 di Isaac Newton. Giorgio Nadali – www.giorgionadali.it

di Giorgio Nadali www.giorgionadali.it

Fine dei Tempi e Vangelo

 «Quando dunque vedrete l’abominazione della desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele, posta in luogo santo (chi legge faccia attenzione!), allora quelli che saranno nella Giudea, fuggano ai monti; chi sarà sulla terrazza non scenda per prendere quello che è in casa sua;  e chi sarà nel campo non torni indietro a prendere la sua veste. Guai alle donne che saranno incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! Pregate che la vostra fuga non avvenga d’inverno né di sabato; perché allora vi sarà una grande tribolazione, quale non v’è stata dal principio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. Se quei giorni non fossero stati abbreviati, nessuno scamperebbe; ma, a motivo degli eletti, quei giorni saranno abbreviati. Allora, se qualcuno vi dice: “Il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non lo credete;  perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l’ho predetto. Se dunque vi dicono: “Eccolo, è nel deserto”, non v’andate; “Eccolo, è nelle stanze interne”, non lo credete;  infatti, come il lampo esce da levante e si vede fino a ponente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.  Dovunque sarà il cadavere, lì si raduneranno le aquile.

 Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno scrollate. Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro dei cieli. Imparate dal fico questa similitudine: quando già i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l’estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, proprio alle porte. Io vi dico in verità che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

«Ma quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo. Come fu ai giorni di Noè, così sarà alla venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni prima del diluvio si mangiava e si beveva, si prendeva moglie e s’andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e la gente non si accorse di nulla, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti, così avverrà alla venuta del Figlio dell’uomo. Allora due saranno nel campo; l’uno sarà preso e l’altro lasciato;  due donne macineranno al mulino: l’una sarà presa e l’altra lasciata. Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà. Ma sappiate questo, che se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe scassinare la sua casa. Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà». (Mt 24,15-44)

 

Il ratto salvifico

Ratto salvifico.  Non è un topo, ma una profezia biblica che riguarda i credenti scelti e ancora vivi poco prima della data della  fine del mondo.  E’ contenuta nella prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi 4,17: “Poi noi viventi, che saremo rimasti, saremo insieme con loro rapiti nelle nuvole, a scontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore”.  Coloro che saranno scelti dal Signore perché giusti e vivi sette anni prima della fine del mondo, saranno chiamati in Cielo smaterializzandosi improvvisamente da questa Terra, per risparmiarsi i sette anni della tribolazione finale prima della fine.  Le conseguenze saranno disastrose perché queste  persone scompariranno improvvisamente. Pensiamo a quelle alla guida di auto e aerei ad esempio. Gli altri assisteranno invece ai sette anni di tribolazione immediatamente precedenti il giorno finale dell’Armaghedon.

La tribolazione è un periodo di tempo futuro di 7 anni in cui Dio completerà la Sua disciplina d’Israele e porterà a compimento il Suo giudizio del mondo miscredente. La Chiesa, composta da tutti coloro che hanno confidato nella persona e nell’opera del Signore Gesù per essere salvati dal castigo per il proprio peccato, non sarà presente durante la tribolazione. La Chiesa verrà allontanata dalla terra nell’evento che conosciamo come il rapimento:

1 Tessalonicesi 4:13-18:  Fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza.  Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati;  perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo;  poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore.  Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.

 1 Corinzi 15:51-53Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati. Infatti bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità e che questo mortale rivesta immortalità.

La chiesa è stata salvata dall’ira ventura (1 Tessalonicesi 5:9). Da un capo all’altro della Scrittura, si fa riferimento alla tribolazione con altri nomi come:

1) il giorno del Signore (Isaia 2:12; 13:6, 9; Gioele 1:15, 2:1, 11, 31, 3:14; 1 Tessalonicesi 5:2);
2) angoscia o tribolazione (Deuteronomio 4:30; Sofonia 1:1);
3) grande tribolazione, che fa riferimento alla seconda metà più intense del periodo di 7 anni (Matteo 24:21);
4) tempo o giorno di angoscia (Daniele 12:1; Sofonia 1:15);
5) tempo di angoscia per Giacobbe (Geremia 30:7).

È necessario comprendere Daniele 9:24-27 per capire lo scopo e il periodo della tribolazione. Questo passo di Daniele parla di 70 settimane che “sono state fissate riguardo al tuo popolo”. Il “popolo” di Daniele era quello ebraico, la nazione d’Israele, e quello di cui parla Daniele 9:24 è un periodo di tempo che Dio ha dato per “per far cessare la perversità, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità e stabilire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo”. Dio dichiara che “settanta settimane” adempiranno tutte queste cose. È importante comprendere che quando sono menzionate le “settanta settimane”, non si sta parlando di una settimana per come la conosciamo noi (di 7 giorni). Il termine ebraico (heptad) tradotto come settimana in Daniele 9:24-27 significa letteralmente “7”, e 70 settimane significa letteralmente 70 sette (70 volte 7). Questo periodo di tempo di cui parla Dio consiste effettivamente in 70 volte sette anni, ovvero 490 anni, il che è confermato da un’altra parte del passo di Daniele. Ai versetti 25 e 26, Daniele dice che il Messia sarà soppresso dopo le “sette settimane” e le “sessantadue settimane ” (69 settimane in totale), a cominciare dal decreto di ricostruire Gerusalemme. In altri termini, 69 volte sette anni (483 anni) dopo il decreto di ricostruire Gerusalemme sarà soppresso il Messia. Gli storici biblici confermano che trascorsero 483 anni dal tempo del decreto di ricostruire Gerusalemme fino al tempo in cui fui crocifisso Gesù. La maggior parte degli studiosi cristiani, a prescindere dalla loro posizione in merito all’escatologia (le cose o gli eventi futuri), interpreta come sopra le 70 settimane di Daniele.

Essendo trascorsi 483 anni dal decreto di ricostruire Gerusalemme fino alla soppressione del Messia, resta un sette (7 anni) da adempiersi nei termini di Daniele 9:24: “per far cessare la perversità, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità e stabilire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo”. Questo periodo finale di 7 anni è conosciuto come il periodo della tribolazione: un tempo in cui Dio porterà a compimento il giudizio su Israele per il suo peccato.

Daniele 9:27 dà qualche altra notizia di rilievo sul periodo di 7 anni della tribolazione. Daniele 9:27 dice: “L’invasore stabilirà un patto con molti, per una settimana; in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e offerta; sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore. Il devastatore commetterà le cose più abominevoli, finché la completa distruzione, che è decretata, non piombi sul devastatore”. La persona di cui parla questo versetto è quella che Gesù definisce “l’abominazione della desolazione” (Matteo 24:15) ed è chiamata “la bestia” in Apocalisse 13. Daniele 9:27 dice che la bestia stabilirà un patto per una settimana (7 anni), ma, a metà di questa settimana (3 anni e mezzo dall’inizio della tribolazione), infrangerà il patto facendo cessare sacrificio e offerta. Apocalisse 13 spiega che la bestia metterà un’immagine di se stessa nel tempio ed esigerà dal mondo intero di essere adorata. Apocalisse 13:5 dice che questo durerà per 42 mesi, che equivalgono a 3 anni e mezzo. Poiché Daniele 9:27 dice che questo accadrà “in mezzo alla settimana” e Apocalisse 13:5 dice che la bestia farà questo per un periodo di 42 mesi, è facile vedere che la lunghezza totale di tempo è di 84 mesi, ovvero 7 anni. Vedi anche Daniele 7:25, dove “un tempo, dei tempi e la metà d’un tempo” (un tempo = 1 anno; dei tempi = 2 anni; la metà d’un tempo = 1 anno e mezzo per un totale di 3 anni e mezzo) fanno anche riferimento alla grande tribolazione, cioè l’ultima metà del periodo di 7 anni della tribolazione, quando sarà al potere “l’abominazione della desolazione” (la bestia).

Il 2060 anno della fine del mondo, secondo lo scienziato cristiano Isaac Newton

Isaac Newton (1643-1727) fu tra i più conosciuti scienziati della storia dell’umanità. Uno dei cardini del pensiero razionalista.

Fondamentali i suoi lavori sull’ottica, le sue tre leggi della dinamica, pose le basi per il calcolo differenziale ed integrale ecc. Sebbene la sua religiosità non aderiva integralmente ad una particolare dottrina, egli era molto attirato dal Cristianesimo, tanto che interpretò l’Apocalisse di San Giovanni. Alcuni suoi biografi affermano che il libro che leggeva più di ogni altro (scientifico o non) era la Bibbia. Scrisse:

“Questa notte io fui assorbito dalla meditazione della natura. Ammiravo il numero, la disposizione, la corsa di quei globi innumerevoli. Ma ammiravo ancor più l’Intelligenza infinita che presiede a questo vasto meccanismo. Dicevo a me stesso: Bisogna essere ben ciechi per non restare estasiati a questo spettacolo, sciocchi per non riconoscerne l’Autore, pazzi per non adorarlo”

“L’uomo che non ammette Dio è un pazzo”

Newton dice che quando gli ebrei  torneranno in Terra Santa (1948, fondazione dello Stato di Israele) sorgerà l’Anticristo e quando verrà ricostruito il terzo tempio (ove ora sorgono le due moschee di Al Aqsa e di Omar a Gerusalemme) allora verrà la fine.  La ricostruzione del terzo tempio porterà ad una serie di eventi bellici che causeranno la fine del mondo. Newton era convinto che l’Apocalisse fosse un collegamento tra Cristo e la fine dei tempi.

Calcoli di Newton:

Libro di Daniele:

Dn 12:11 Dal momento in cui sarà abolito il sacrificio quotidiano e sarà rizzata l’abominazione della desolazione, passeranno milleduecentonovanta giorni.

Newton trasforma i giorni in anni.

1290 anni dal 609 d.c. anno in cui l’impero romano cede parte dei suoi domini alla Chiesa. La somma dà 1899, il momento in cui il sionismo – il movimento che sostiene il ritorno degli ebrei in Terra Santa – conta molti sostenitori.

Il libro di Daniele contiene anche questa espressione:  Dn 12:12 Beato chi aspetta e giunge a milletrecentotrentacinque giorni!

Sommato al 609 dà 1944. Circa la fine della seconda guerra mondiale e 4 anni prima della fondazione dello Stato di Israele.

Infine Daniele scrive in Dn 12,7:

Udii l’uomo vestito di lino, che stava sopra le acque del fiume. Egli alzò la mano destra e la mano sinistra al cielo e giurò per colui che vive in eterno dicendo: “Questo durerà un tempo, dei tempi e la metà d’un tempo; e quando la forza del popolo santo sarà interamente spezzata, allora tutte queste cose si compiranno”.

Tempo = 1 anno  ai tempi di Daniele = 360 giorni

Quindi un tempo, dei tempi e la metà d’un tempo = 1260 giorni / anni

1260+ 800 (anno della fondazione del Sacro Romano Impero e incoronazione di Carlo Magno)

Totale: 2060

Newton scrive: “Un tempo, due tempi e la metà di un tempo non si compiranno nè prima né dopo il 2060”.  Newton nasconde poi il suo scritto. La data del 2060 è indicata in una lettera di Newton del 1704, scoperta nel 2007 a Gerusalemme. Gli scritti furono venduti nel 1936 da Sotheby’s a Londra  all’economista John Maynard Keynes e dall’uomo di affari Abraham Yehouda.  Entrambi gli acquirenti nascosero i manoscritti fino al 1947 e poi lasciati allo Stato di Israele.

Newton scrive: “L’ordine di tornare e ricostruire Gerusalemme sarà impartito non dagli ebrei, ma da un altro regno a loro amico; e preciserà il loro ritorno dall’esilio , fornendogliene l’occasione”.  Probabilmente l’Inghilterra, la prima a riconoscere  il nuovo Stato di Israele.

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Essere cristiani fa bene alla salute e all’amore – prima parte – di Giorgio Nadali – www.giorgionadali.it

Di Giorgio Nadali   www.giorgionadali.it 

             La triangolazione dell’amore per alcuni è “lui, lei, l’altro”, ma non per Robert J. Sternberg, psicologo statunitense dell’Università di Yale. Nel 1986 pubblicò, sulla rivista Psychological Review», la sua Teoria sulla triangolazione dell’amore» (A triangular theory of love), nella quale affermava che l’amore maturo («vissuto») è composto da tre componenti che possono essere graficamente collocate ai vertici di un triangolo equilatero.

             Le tre componenti sono: l’intimità, la passione, la decisione/impegno. Il triangolo è una metafora utile per visualizzare i reciproci collegamenti e combinazioni possibili fra le tre componenti dell’amore e a comprendere in che modo esse si manifestino. La teoria è simile a quella di Lee, (1977), detta «Tipologia degli stili di amore» («A typology of styles of loving»), pubblicata nel «Personality and social Psychology Bullettin» n° 3, di quell’anno.

             Ricordiamo che “sessualità” significa molto di più di “sesso”. La dimensione religiosa gioca un ruolo molto importante nella strutturazione di tutta l’affettività (il complesso dei sentimenti e delle emozioni) della persona. Affettività e sessualità strutturano la personalità. La sessualità è quindi la chiave nella melodia dell’amore. Una sola nota stonata, fuori dal pentagramma dei valori, non farà altro che rovinare il motivo di fondo della nostra esistenza.

Ecco perché in questo capitolo abbracceremo un orizzonte un po’ più ampio di quello specificatamente sessuale e analizzeremo un po’ più in profondità l’esperienza religiosa cristiana, (quella storicamente e culturalmente maggiormente diffusa qui in occidente) ,  e i suoi risvolti sulla personalità. (Cf. Giorgio Nadali, Il contributo dell’esperienza religiosa cristiana all’integrazione dell’affettività matura. Milano, ISSR, 1992).  Ma andiamo per ordine…

             «L’intimità si riferisce a sentimenti di confidenza, di unione e di affinità che creano un’esperienza di calore. Sternberg e Grajek (1984) hanno individuato, nel rapporto amoroso, dieci segnali di intimità: 1) il desiderio di contribuire al benessere materiale della persona amata; 2) sentirsi felici con la persona amata; 3) avere una profonda stima della persona amata; 4) poter contare sulla persona amata, in caso di bisogno; 5) darsi reciproca comprensione; 6) condividere con la persona amata il proprio mondo interno e le proprie risorse materiali; 7) ricevere sostegno emotivo dalla persona amata; 8) dare alla persona amata sostegno emotivo; 9) comunicare alla persona amata i propri desideri più intimi; 10) considerare il rapporto con la persona amata come qualcosa di grande valore nella propria vita»[1].

             La componente passione riguarda «un forte eccitamento psicologico e fisiologico, segnato da un’intenso desiderio di unione con l’altro… Nei rapporti romantici la passione in genere include una potente attrazione sessuale, il desiderio di stringere fisicamente l’altro e di confondersi biologicamente con lui. Nei rapporti non romantici – come ad esempio nell’amore genitoriale o nella devozione religiosa – l’aspetto sessuale viene soppresso e l’eccitamento psicologico assume altre forme»[2].

             «Nella componente decisione/impegno convivono due aspetti, uno a breve e l’altro a lungo termine. L’aspetto a breve termine è rappresentato dalla decisione di amare qualcuno. L’aspetto a lungo termine è rappresentato dall’impegno a conservare vivo quell’amore. Essi tuttavia non sono necessariamente inscindibili, dal momento che l’impegno non è la conseguenza inevitabile della decisione, e viceversa: esistono molti casi di persone coinvolte in un rapporto amoroso (impegno) che non hanno mai ammesso di amare il partner e di esserne innamorato (decisione). Il più delle volte, tuttavia, la decisione precede l’impegno»[3].

             «Tutti i vari significati contenuti nel termine impegno indicano comunque la stabilità di un vincolo interpersonale di fronte al fluttuare delle situazioni personali, relazionali e ambientali. Il profondo e continuativo senso di impegno rispetto a un legame – anche in assenza di calore o addirittura in presenza di ostilità – deriva dai sentimenti di investimento cumulativo o di interdipendenza»[4].

             Le varie combinazioni di queste componenti dell’amore maturo danno origine ai seguenti tipi d’amore:

«Simpatia» (solo intimità)

«Amore vuoto»                   (solo impegno) che qui noi preferiremmo chia-mare «carità», rispetto al termine usato da Sternberg, in quanto essa non richiede né intimità, né passione, ma è tutt’altro che essere un tipo di amore vuoto, pur richiedendo unicamente impegno per il bene dell’altro, senza distinzioni, né esclusività, a imitazione dell’amore divino e in forza di esso.

«Amore amicizia»              (intimità + impegno)

«Infatuazione»                    (solo passione)

«Amore romantico»          (intimità + passione)

«Amore fatuo»                    (passione + impegno)

«Amore vissuto»                (passione + intimità + impegno)

nell’ordine che ci sembra seguire la genesi di questo amore, a differenza dell’amore amicizia, che parte dall’intimità per arrivare all’impegno, sorretto dall’intimità.

             Ora, per applicare questa teoria anche all’amore verso Dio, nell’esperienza religiosa e, più specificatamente, nell’esperienza cristiana, visto  che  la  teoria  di  Sternberg  è  stata  da  lui  formulata per l’amore che unisce un uomo ad una donna, dovremo, su questo modello, creare un altro triangolo metaforico ai vertici del quale porremo le 3 componenti dell’esperienza di fede religiosa cristiana.

             Queste sono: la grazia, l’intelligenza e la volontà.

             Le varie combinazioni di questi elementi produrranno un certo tipo di atteggiamento, cioè di «disposizione mentale verso il valore» fede cristiana. Solo nella presenza di tutti questi elementi avremo la fede matura, l’«amore vissuto», come lo chiama Sternberg, applicato a Dio, attraverso la mediazione del Figlio, rivelazione del volto del Padre (GV 12, 46). L’atto di fede è quindi un atto tre volte personale. Si tratta di abbandonarsi a Dio, che presentando se stesso chiede il nostro amore. Il Concilio Vaticano I (1869), che ha preso in approfondito esame il problema della fede, ha poi precisato che per giungere alla fede occorre il sumultaneo intervento dell’intelligenza, della volontà e della grazia. I passi nei quali le 3 caratteristiche sono prese in esame sono i seguenti:

—   GRAZIA: «…sebbene l’assenso della fede non sia per nulla un cieco movimento dello spirito, nessuno può acconsentire alla predicazione evangelica… senza l’illuminazione e l’ispirazione dello Spirito Santo… il quale dà a tutti la soavità nel credere e consentire alla verità… per la qual cosa la fede in se stessa… è dono di Dio e l’atto di fede è opera che appartiene alla salvezza» (DS 1791/3010).

—   VOLONTA’: «con essa l’uomo liberamente ubbidisce a Dio consentendo e operando alla sua grazia, alla quale potrebbe resistere, acconsentendo e cooperando» (DS 1791/3010).

—   INTELLIGENZA: «e tuttavia perché l’omaggio della nostra fede fosse conforme a ragione, Iddio volle aggiungere, agli interni aiuti dello Spirito Santo, gli esterni argomenti della sua rivelazione, e cioè i fatti divini, e in primo luogo i miracoli e le profezie…» (DS 1790/3009)[5].

             La grazia indica il favore assolutamente gratuito e personale di Dio che si china fino all’uomo e gli effetti di questa benevolenza per la quale Dio si comunica. E’ quindi un appello divino all’uomo affinché questo partecipi alla vita divina.

             «La grazia ci appare il contenuto della predestinazione: essa descrive la situazione nuova che la elezione del Signore Gesù ha introdotto nella storia umana e nella vita degli individui. La grazia è l’espressione antropologica dell’amore salvifico del Dio di Gesù Cristo: essa mostra come il senso della vita umana è totalmente dato in Gesù. La grazia quindi non è l’offerta di una verità o di una concezione di vita ma è la possibilità di vivere la comunione con Dio come criterio ultimo e autentico della vita umana»[6]. «L’esperienza cristiana si fonda sulla grazia, sulla presenza di Dio: non certo come esperienza di Dio stesso, di Dio in sé, ma come esperienza di quella «vita spirituale» che Dio fa crescere in noi suscitando la nostra risposta di fede e di carità… L’esperienza della grazia incontra e valorizza lo sforzo umano dell’esistere, lo sforzo cioè di dare senso e significato al mondo e alla storia umana: pur fondata in Dio, l’esperienza cristiana della salvezza non è senza rapporti con quegli ambiti personali intellettuali ed emozionali dove nasce il pensiero, l’agire, il decidere, lo sperare… In questo senso l’esperienza della grazia appare innanzitutto la capacità di qualificare in profondità la nostra libertà come plasmata e orientata a Dio»[7].

             Possiamo porre quindi in parallelo la grazia, come elemento base della fede, con la passione, come elemento base della teoria della triangolazione dell’amore di Sternberg. Attraverso la grazia Dio desidera attrarre e unire l’uomo a sé. Mediante la grazia l’uomo può sperimentare attrazione verso Dio.

             Levinger, commentando Sternberg, riconosce che la passione non ha l’unica valenza di attrazione sessuale e tra le forme di passione annovera la devozione religiosa. E’ l’esperienza della grazia che genera la passione per Dio.

             E’ la passione per Dio che fa a dire a S. Teresa: «O mio Dio, che cosa fa mai un’anima se non si consuma per voi?»[8] O a S. Agostino: «Orsù, Signore, agisci, svegliaci, richiamaci, accendi e trascina i nostri cuori, ardi, sii dolce. Amiamo, corriamo»[9].

             Tuttavia come la sola passione non è sufficiente a creare l’amore maturo, così la sola grazia, che suscita la passione religiosa, non è sufficiente per la fede matura, nell’esperienza cristiana.

             La persona che si ferma alla passione è la stessa che vive la religiosità numinosa o sentimentale. Strutturata su di un’affettività labile, suggestionabile. E’ la persona che ha ricevuto la parola seminata sul terreno sassoso della parabola evangelica (MT 13, 3-9). L’individuo l’accoglie con gioia, ma l’incostanza e la persecuzione a causa della parola lo portano a «scandalizzarsi», cioè a urtare la «pietra d’inciampo», lo skandalon di quel suo terreno psicologico, sul quale l’altro è cercato come fonte di emozione, di infatuazione.

             Senza l’esperienza di intimità, di conoscenza, di riflessione dettata dall’intelligenza, l’altro, in questo caso Dio, viene idealizzato e strumentalizzato da un Io sostanzialmente insicuro ed egocentrico.

             «Jung affermava di avere una conoscenza o esperienza intuitiva di Dio… Ha definito la fede come percezione attraverso l’inconscio… L’esperienza intuitiva di Dio, però, non è l’esatto equivalente della fede in lui; la fede totale comprende l’esperienza di Dio, ma è più ampia. La fede implica sempre rischio; significa accettare come autentica l’intuizione su Dio e sottoporla alla verifica dell’azione pratica… Come l’ipotesi scientifica deve essere verificata con l’esperimento, così l’esperienza della fede deve essere verificata traducendola in azione. Il Dio che si rivolge alla personalità cosciente di ogni uomo tramite tutto l’insieme che l’uomo stesso è, si rivolge a lui anche tramite il mondo che lo circonda, tramite i bisogni e le esigenze di altre persone, tramite gli eventi che lo riguardano. La fede in Dio orienta la persona sia verso il proprio profondo intimo, sia verso gli altri e verso tutti i problemi del vivere… La fede è un mezzo per arrivare a una comprensione più profonda e a una vita più piena… Perché è un principio di rischio… Una vita piena e matura richiede coraggio e se la fede aiuta la persona ad affrontare la vita senza paura è certamente importante per raggiungere la maturità»[10].                     Occorre dunque una riflessione critica sul dato di fede per aggiungere alla passione religiosa, alimentata dalla grazia, il proprio contributo umano alla relazione con Dio. «La vera felicità consiste nell’amore di Dio, ma in un amore illuminato, il cui ardore sia accompagnato dalla luce», secondo Leibniz[11].

             Sternberg definisce l’amore composto dalla sola componente passione come «amore-infatuazione», che ama l’altro (in questo caso Dio) come un oggetto idealizzato e non come la persona che è in realtà. E’ un sentimento improvviso ed estremamente fugace e transitorio, sussistente solo se il rapporto con l’altro non è realmente vissuto o se almeno non subisce l’impatto con le frustrazioni. Nasce più che altro da una proiezione dei desideri della persona e non da un vivo interesse per l’altro. Dà luogo a rapporti asimmetrici direttamente proporzionali all’angoscia con cui il rapporto viene vissuto. Essendo l’altro idealizzato, questo rapporto è particolarmente soggetto all’angoscia. Infatti, rapportato al nostro ambito di esperienza della grazia (mediata dalla comunità di fede), gli individui che non integrino questo elemento con l’intelligenza prima, e con la volontà poi, la ridurranno a pura esperienza emotiva, legata esclusivamente all’ambiente dove l’hanno esperita, conducendoli a forme di religiosità «dipendente» nella quale «l’onnipotenza divina è cercata come medicina compensataria alla propria insicurezza profonda; ogni trauma della vita è vissuto come un tradimento da parte di Dio che non ha più continuato a proteggerli. Conseguenza è anche una perdita dell’autostima, proprio perché essa è rimasta connessa ad un costante bisogno di essere rassicurati, protetti e amati. La religiosità di costoro è caratterizzata dalla ricerca di confortanti simboli di protezione e dall’aspettativa di interventi magici»[12].

             Sternberg suggerisce di uscire dall’impasse della pura passione, mediante una buona conoscenza del proprio oggetto d’amore. Solo così la realtà può venire a un confronto con l’idealizzazione.

             Come seconda componente fondamentale della relazione affettiva egli evidenzia l’intimità, la quale si riferisce ai sentimenti di unione, di confidenza, di affinità che creano un’esperienza di calore con l’altro, con le caratteristiche che abbiamo già elencato. L’intimità nasce dalla conoscenza dell’altro. Hatfield[13] ha definito l’intimità come un processo che induce un avvicinamento e che implica l’esplorazione delle affinità e delle differenze esistenti tra due persone, implicanti la confidenza, una componente cognitiva di fiducia.

             S. Teresa d’Avila trova nell’intimità il sesto e penultimo stadio dell’evoluzione dell’amore per Dio, che la Santa immagina, nel suo scritto «Il castello interiore», come un viaggio dell’anima in un castello composto di molte dimore. La dimora intimità è quella che immette all’unione definitiva con Dio nell’amore completo del «matrimonio spirituale»[14]. La fede matura, quindi.

             La componente intellettiva è quella che nell’esperienza religiosa (cristiana) possiamo porre in parallelo alla componente intimità dell’amore maturo. «Considerate a livello obbiettivo del loro contenuto mentale, le credenze possono assumere molte connotazioni personali che ne determinano il senso vero. Per conoscere il contenuto specificatamente religioso d’una credenza, importa sapere per quale ragione il soggetto l’adotti»[15].

             La persona non subisce passivamente l’influsso della grazia divina, ma inizia a portare il proprio contributo alla relazione con Dio, mediante la riflessione e l’approfondimento della parola di Dio e dell’esperienza che ne ha fatto attraverso gli altri, sia per verificarne la conformità al patrimonio della fede apostolica, e quindi l’autenticità, sia per verificarne l’applicazione nel proprio vissuto personale. La persona giungerà così alla motivazione alla fede, senza la quale non è possibile una reale esperienza religiosa vissuta, con effetti positivi sull’affettività.

             L’intimità nasce dalla motivazione alla relazione e questa implica una componente intellettiva.

             «Dato che il processo della decisione inizia sempre con una valutazione intuitiva, ci sono dei motivi emotivi. Tuttavia perché l’azione sia matura, occorre un motivo razionale che nasce dalla valutazione riflessiva»[16] che può seguire un triplice percorso, valido anche per la riflessione sul dato di rivelazione divina e sull’esperienza religiosa con la quale l’individuo è venuto a contatto.

             Le tre piste sono (secondo Kelman): la compiacenza, l’identifi-cazione e l’internalizzazione[17].

             Brevemente, ricordiamo che un atteggiamento è uno stato mentale e nervoso di predisposizione a rispondere, organizzato attraverso l’esperienza, che esercita un’influenza direttiva e/o dinamica sul comportamento.

             La compiacenza è il primo processo che fa adottare un atteggiamento vantaggioso, ma non condiviso come valore dall’individuo. L’atteggiamento appreso non è creduto, ma serve per produrre un effetto sociale. E’ l’aspetto della religiosità ipomaniaca oppure dottrinalistica.

             L’identificazione è il processo che porta la persona ad adottare un comportamento perché le serve per stabilire o mantenere una relazione gratificante con un’altra persona o gruppo, identificandosi con l’identità del modello (classica) oppure tramite l’identificazione reciproca delle due parti in gioco nella relazione, esclusivamente per mantenere l’immagine di sé o nella complementarietà o nella somiglianza con l’altro.

             «Ciò che fa scattare l’identificazione è la percezione nell’altro di qualcosa che serve per il senso del proprio Io, il che è come dire che il soggetto scopre nell’altro l’appello ad essere se stesso… L’identificazione è fonte di crescita nella misura in cui fa apprendere atteggiamenti che aumentano i valori. E’ bloccante quando gratifica quella parte dell’Io contraddittoria ai valori»[18].

             «L’identificazione è di qualità superiore rispetto alla compiacenza. Qui c’è anche un’accettazione privata-interiore, oltre che pubblica-esteriore dell’atteggiamento adottato… Ma la differenza più grande è che il processo dell’identificazione è uno stadio necessario nell’acquisizione dei valori. Per apprendere opinioni bastano i mezzi didattici (libri e conferenze); per apprendere i valori occorrono dei modelli di riferimento. Il valore è come il messaggio che per essere trasmissibile necessita di una relazione; è da questa che nasce l’apprendimento. Il modello serve perché la persona si costruisca secondo contenuti precisi e concreti e non sulla base di idee peregrine o di ideali arbitrariamente interpretati. Il modello è un essere umano che dà corpo nella sua umanità ad una realtà difficilmente comunicabile in astratto con nozioni intellettuali.

             Pensiamo ad esempio alla catechesi: vuole favorire l’incontro dell’uomo con il divino per abilitarlo a trovare in questo rapporto la sua identità, nel duplice senso di ciò che è e ciò che è chiamato a diventare»[19].

             Nel processo di internalizzazione la persona vive i valori e gli atteggiamenti ad un livello di riconoscimento interiore, con convinzione, con una moralità che abbiamo già definito come post-convenzionale. Il motivo dell’adesione è nel contenuto stesso dell’atteggiamento e non le pressioni sociali o le relazioni gratificanti. «L’internalizzazione avviene su base super razionale di integrazione mentale-affettivo-volitiva: è una decisione che può iniziare con una riflessione o emozione, ma che termina con la scoperta dell’attrazione. E’ una sensazione prima vaga e poi sempre più chiara che quel contenuto è un qualcosa che fa essere di più, rispetta le esigenze e il principio di totalità dell’essere, è appetibile e vale la pena farlo proprio anche a costo di qualche sacrificio»[20].

             A questo punto l’individuo ha integrato la passione puramente emotiva suscitata dal primo incontro col Dio che si rivela per grazia, con la riflessione personale che può seguire tutte le tre tappe appena esaminate, partendo da una religiosità estrinseca e funzionale all’individuo sino ad arrivare ad una religiosità maturata nella quale la riflessione stimola la persona alla internalizzazione del valore di fede. Valore che muove l’individuo ad una partecipazione vissuta di questa esperienza. E’ importante notare che nell’esperienza cristiana, lo stadio di identificazione è privilegiato dall’incarnazione stessa, del modello-valore al quale Dio per grazia vuole chiamare l’uomo a conformarsi, in una persona: il Cristo.

             A questo punto, unite le componenti passione ed intimità, (grazia ed intelligenza), avremo il tipo di amore che Sternberg chiama «amore romantico».

             Prima di esaminare le caratteristiche in rapporto all’esperienza cristiana, ricordiamo che la sola componente intimità, presa da sola, definisce nella teoria della triangolazione dell’amore, la simpatia, cioè confidenza, senso di unione e stima, senza attrazione né impegno di coinvolgimento. Avendo messo in parallelo l’elemento intimità con l’elemento intelligenza, notiamo che la sola intelligenza nel rapporto di amore con Dio, nella fede, può sì condurre ad una certa simpatia, del tutto speculativa, sul mistero di Dio, ad un livello puramente intellettuale e teorico, senza attrazione, perché senza accoglienza della grazia, cioè dell’appello divino, l’uomo non può essere coinvolto emotivamente, non solo intellettualmente, nella relazione divina, oltre che essere nell’impossibilità di conoscere ciò che Dio gratuitamente vuol rivelare per instaurare questa relazione.

             Anzi, senza la grazia non v’è nemmeno relazione, così come nella simpatia la persona può sentirsi intuitivamente unita all’altro pur senza conoscerlo e può provare interesse e stima ad un livello superficiale. Potremmo paragonarla all’esperienza di conoscenza speculativa del «Dio dei filosofi». Manca l’attrazione (passione) suscitata da Dio mediante la grazia.

             Nell’ambito dell’esperienza cristiana la sola componente intimità-intelligenza, simpatia per Dio, è quella di coloro che vivono nella condizione di non praticanza, situazione che conduce a non alimentare il rapporto con la passione-grazia nella forma sacramentale di comunicazione della stessa.

             «Come nozione psicologica, l’«indifferenza religiosa» contiene una velata contraddizione. Per provare quest’asserzione, possiamo riferirci a Carl Gustav Jung, che dice: «se un problema vien recepito a livello religioso: ciò significa dal punto di vista psicologico: molto importante, di particolare valore, concernente l’uomo nella sua interezza». E spiegando meglio questo concetto egli continua: «si potrebbe persino definire l’esperienza religiosa come l’esperienza caratterizzata dalla massima stima, accordatale a prescindere dal suo contenuto». Si potrebbe quindi descrivere l’«indifferenza religiosa» come qualcosa di molto importante nella linea di ciò che è indifferente, come l’atteggiamento in cui l’«importanza» sembra riassorbita dall’«indifferenza», pur continuando a essere qualcosa di «caratterizzato dalla massima stima riservatagli”»[21].

             Il non praticante è generalmente un soggetto che non ha integrato la componente socialità nella propria religiosità. Non riteniamo che la maturità religiosa, vissuta in qualsiasi esperienza religiosa, possa escludere il senso di appartenenza alla comunità di fede, in quanto, come concetto psicologico, il gruppo è di estrema importanza per la determinazione della maturità psichica dell’individuo. L’appartenenza vissuta alla comunità religiosa, prima ancora di essere una questione di coerenza di fede, specialmente nell’esperienza cristiana, è segno di un raggiunto livello di internalizzazione del valore religioso che, se non è vissuto insieme agli altri, origina nella persona un’immagine deformata e idolatrica della divinità, ad uso e consumo del suo narcisismo. L’individuo vuol tenersi per sé, senza condividerlo con gli altri, il suo rapporto con Dio, sia nella dimensione culturale, sia nella dimensione sociale/testimonianza, perché Dio è vissuto come l’oggetto rassicurante del gioco, sul quale può proiettare ogni sua ansietà e sentimento, senza che qualcuno possa interferire in questo rapporto. Proprio nel gioco il bambino domina la realtà, la manipola a piacimento, si afferma, si rifà dalle frustrazioni in un mondo simbolico tutto suo.

             E’ chiaro, allora, che se l’individuo, nell’esperienza cristiana, si allontana dalla pratica religiosa del Cattolicesimo, non ha mai superato psicologicamente la fase narcisismo, a livello della religiosità. L’autorità sacra (gerarchia) sarà vista come minaccia al suo rapporto con Dio, prima ancora che errore teologico (CF. MT 16, 18-19), come immaturità psicologica. Gli altri saranno visti come concorrenti in questo rapporto. Non meraviglia il fatto che talvolta il cattolico non praticante preghi da solo, ma in chiesa. Non meraviglia l’ipercriticità nei confronti dei praticanti come tentativo di copertura del senso di colpa inconscio, mentre l’esperienza cristiana, come vedremo, dà alla persona il «coraggio di essere debole» e quindi di accettarsi, per poter amare se stessa e quindi gli altri, di vivere un’esperienza di legame con gli altri e con Cristo. Non meraviglia l’accidia di questi individui che non comprendono che l’amore, per essere tale, va sempre concretamente espresso. Anche al «Signore [che] scruta i cuori» (1 CR 28, 9).

             «Il gruppo, si può affermare a questo punto, gioca un ruolo importante nella dinamica della sicurezza e della colpa, si può quasi dire che il vivere una relazione sociale aumenta il livello di sicurezza raggiunto e la capacità di affrontare lunghi periodi di insicurezza con la coscienza del necessario ritorno alla sicurezza, e permette anche di tollerare il senso di colpa derivante dalla supposta infrazione di norme interiorizzate… Il gruppo agisce profondamente, determina e spesso modifica il significato della sicurezza e della colpevolezza, non elimina queste due qualità, ma le rende tollerabili all’individuo che le vive»[22]. In pratica, il cattolico praticante è un individuo con una maggior stabilità emotiva.

             «Uno dei modi in cui i primi cristiani furono liberati dalla paura e scoprirono se stessi fu attraverso l’appartenenza a una comunità di fede. Questa fede comunitaria è espressa dal culto… – scrive Bryant – il culto della chiesa è il fattore correttivo più sicuro dell’idolatria dei concetti falsi o inadeguati di Dio. Il culto corporativo della Chiesa con le sue letture delle scritture, in particolare quando esse sono interpretate alla luce di Gesù Cristo e nel linguaggio di oggi, è un modo di sfuggire ai concetti limitati ed egocentrici di Dio verso la fede più ampia della comunità… L’impegno della fede significa coinvolgere noi stessi nel mondo degli uomini e delle donne che Dio ha creato e che ama»[23]. Quindi, gli individui che vivono la sola componente intelligenza, venuto meno il rapporto vissuto con la grazia, vivono la sola componente che Sternberg chiama «intimità», originante, se presa a sé stante, la «simpatia», nella quale il rapporto con gli altri può anche essere assente. «Il vero rapporto religioso tra uomo e Dio che nella comunità parrocchiale s’avvera come servizio del soggetto al valore, vale a dire sottomissione dell’uomo, come individuo e società, a Dio, nella lontananza di qualunque fattispecie viene tradito… La dinamica affettiva è ordinata a una tattica e a una finalità che convergono in un atteggiamento unitario e organizzato di mentalità ostile. L’alieno sfrutta l’aspetto umano della Chiesa criticando non per il gusto di denigrare, ma in «obliquo», con lo scopo di mascherare la propria indolenza con il titolo di una religiosità più pura sotto le istanze di un Io esigente e bramoso di trascendenza… E’ in questo tipo di lontananza che avviene la trasposizione in chiave religiosa delle tesi di Sartre («L’inferno sono gli altri») e di Freud. Ciò che manca nella esperienza di tali mentalità è la convinzione che la società, sia profana che religiosa, è condizione di libertà allo stesso tempo che fonte di oppressione. Si dimentica troppo facilmente che la comunità funziona in primo luogo per dare ai fedeli la possibilità di una diretta ed adeguata espressione del sentimento religioso»[24].

             La componente grazia, che noi abbiamo messo in parallelo alla «passione» di Sternberg, unita alla componente «intelligenza», messa in parallelo alla componente «intimità», dà origine all’amore romantico, ove la componente «volontà»-»impegno» è assente. Ci sembra di poter paragonare, nell’esperienza cristiana, questo tipo di amore verso Dio, con quello della religiosità formale e convenzionale, nella quale la grazia è accolta criticamente, la partecipazione comunitaria cultuale è presente. L’individuo in un certo senso, vive la fede, ma la componente «volontà» (impegno) è assente, nel senso che questa ha un significato molto più profondo del «credere». Manca il carattere euristico dell’esperienza di fede in Dio. A proposito della distinzione tra fede e credenza Allport sostiene che ««fede» sembra recare un più intenso calore d’affetto di quanto ne mostri «credenza»… Molte persone, interpellate, rispondono dichiarando di credere in Dio. In molti di questi casi però la risposta sembra data meccanicamente e si ha il sospetto che il sentimento religioso retrostante all’asserzione sia elementare. Quando invece un individuo assevera: «io ho fede in Dio», pare quasi certo che il sentimento religioso occupa una posizione preminente della sua personalità»[25].

             Il carattere euristico della fede, qui assente, essendo ancora assente la volontà-impegno in senso pieno, la rende una continua ricerca di un impegno a tradurla in fatti in ogni aspetto dell’esistenza, senza ridurla ad un fatto cultuale-precettistico.

             Siamo all’opposto del tutto «intelligenza-intimità». Questi non pratica per tenersi stretto il «suo» Dio, mentre il soggetto che non ha ancora raggiunto la componente volontà-impegno, vive la relazione con Dio come fenomeno a sé stante rispetto al resto della sua vita quotidiana, ove non è integrata, per una paura di coinvolgimento eccessivo o per una educazione riduttiva dell’esperienza cristiana.

             Il risultato è una sfiducia di fondo nel proprio valore in rapporto alla partecipazione con Dio nella realizzazione del suo Regno. Già Fromm ricordava che la persona che si impegna attivamente nell’amore si sente viva e scopre quanto vale: «Dare è la più alta espressione di potenza. Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. Mi sento traboccante di vita e di felicità. Dare da più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell’atto mi sento vivo»[26].

             Senza la «volontà-impegno» l’individuo non ama ancora Dio, perché è ancora passivo, non elabora dentro di sé il dinamismo del darsi a Dio e agli altri in maniera interiorizzata e veramente voluta, al di là del precetto. Vi è attrazione (grazia), risposta (intelligenza), ma non coinvolgimento attivo, responsabile, impegnativo, personalizzato: è un’esperienza di amore-romantico con Dio.

             «La fede del cristiano è un dono di Dio, come l’intero processo salvifico. «Per grazia, infatti, siete stati salvati mediante la fede; e tutto questo non viene da voi, ma è un dono di Dio» (EF 2, 8). Questo è il pensiero che sta alla base di tutta l’analisi della fede di Abramo (RM 4). Poiché Dio si rivolge all’uomo come a una persona responsabile, questi è libero di accettare o rifiutare l’invito gratuito. E la fede non è che la risposta da parte dell’uomo che si rende conto che l’intera iniziativa dipende da Dio… Nei contesti polemici in cui Paolo rifiuta le «opere della legge» come mezzo di giustificazione, egli insiste nel dire che questa giustificazione viene attraverso la fede (GAL 2, 16; Cfr. RM 2, 20-28; FIL 3, 9). Comunque, il senso pieno di fede secondo lui esige che il cristiano manifesti nella sua condotta la sua radicale dedizione al Cristo mediante opere di carità. «Poiché in Cristo Gesù non ha valore né la circoncisione né la incirconcisione, ma solo la fede operante per la carità (GAL 5, 6), questa è la ragione per cui Paolo esorta continuamente i suoi convertiti cristiani a praticare ogni sorta di buone azioni. La fede cristiana è un invito alla libertà (dalla legge, dal peccato, dall’Io – Sarx), ma anche un invito al servizio dell’amore da dimostrare agli altri uomini (GAL 5, 13). In tal modo, la fede per Paolo non è semplice assenso intellettuale a una proposta di monoteismo (Cfr. GC 2, 14-26). Paolo infatti sa che tale servizio non si compie senza l’attività di Dio nell’uomo: «E’ Dio che produce in voi, a suo piacimento, il volere e l’operare» (FIL 2, 13)»[27].

             Aggiungendo la componente volontà, la triade grazia-intelligenza-volontà è completa. E’ l’esperienza cristiana di una fede nel senso pieno. Non tutte le esperienze religiose richiedono necessariamente tutti e tre questi elementi, o almeno, non nella misura dell’esperienza cristiana. Senza volontà non v’è carità.

             Anche la triade della triangolazione dell’amore di Sternberg si completa con l’elemento decisione/impegno. Otterremo l’«amore vissuto».

             «Ci sembra che un’autentica maturità religiosa si realizzi quando c’è equilibrio dinamico fra gli elementi emotivi, intellettivi e volitivi. Il fattore intellettivo ha valore perché dà persistenza all’elemento emotivo che, a sua volta, soddisfa l’Eros.

             Infatti una religiosità prevalentemente emotiva, basata sul semplice sentimento e senza una base intellettiva, difficilmente dura nel tempo. Né va considerata maturità religiosa quella che non implica l’elemento volitivo, non comporta cioè atti di volontà»[28].

             Ricordiamo che l’Eros è una delle due parti in cui Freud ha distinto l’inconscio dinamico ed ereditario (l’Es). L’Eros si riferisce all’energia psichica come impulso dinamico all’apertura all’altro, generalmente designata come libido, in contrapposizione all’istinto aggressivo e di odio, cioè il Thanatos. La religiosità si origina nell’Eros. Rimane quindi da esaminare l’aspetto volitivo dell’esperienza di fede cristiana.

             Il processo decisionale è composto da due fasi: il volere emotivo e, successivamente, il volere razionale. Il primo impatto con la realtà è sempre emotivo. Ciò che coinvolge l’individuo viene prima sentito e, in seguito, ragionato, con una cooperazione affettività e razionalità. In realtà, il processo completo è composto da percezione, cioè il soggetto riconosce l’oggetto in sé, quindi, nel nostro caso, riconosce quel messaggio che ascolta, che legge, che vede, come facente parte dell’esperienza cristiana, come Parola di Dio. In secondo luogo esegue una valutazione intuitiva, che gli consente di porsi in relazione con l’oggetto percepito, a livello elementare di attrazione-repulsione in maniera passiva e acritica. E’ l’influsso che esercita l’esperienza cristiana nel momento in cui l’individuo deve decidere di orientare la propria esistenza in linea con i valori di questa esperienza. Molto influsso ha in questa fase la testimonianza di coloro che già vivono pienamente la fede matura. «I fedeli laici hanno la loro parte da compiere… non solo con una partecipazione attiva e responsabile nella vita comunitaria, e pertanto con la loro insostituibile testimonianza, ma anche con lo slancio e l’azione missionaria verso quanti ancora non credono o non vivono più la fede ricevuta con il battesimo»[29].

             «Il desiderio di partecipazione, la ricerca dell’affiliazione religiosa, possono essere descritti globalmente con una parola sola: l’amore. Sia i fenomenologi che gli psicologi sono d’accordo nel dare un nuovo orientamento alle ricerche in questo senso, che un falso pudore aveva trascurato. Van Der Leeuw fa propria l’osservazione acuta di Lévy-Bruhl, il quale afferma che «il bisogno di partecipazione è sicuramente più imperioso e più intenso, anche nelle nostre società, del bisogno di conoscere o di conformarsi alle esigenze logiche. Esso è più profondo, viene da più lontano». L’atteggiamento del convertito verso la Chiesa ci pare inesplicabile al di fuori del sentimento d’amore che lo motiva. Infatti, nella nostra ipotesi, si tratta di affiliazione a una Chiesa ben definita, la Chiesa cristiana; e per Van Der Leeuw, «una sola parola basta a caratterizzare la tipologia del Cristianesimo: l’amore»[30].

             Grensted sostiene che il solo sentimento che riuscirebbe veramente a integrare la totalità della personalità sarebbe l’amore di Dio, che egli chiama il master sentiment[31] e per Van Der Leeuw: «L’amore risposta all’amore di Dio prende una forma: la Chiesa; essa mostra la sua irriducibile unità con l’amore»[32].

             «E’ un fatto scioccante che lo stesso Freud, per il quale la religione era un’illusione da superare, abbia visto nella Chiesa cristiana il più perfetto esempio del suo gruppo ideale – scrive Grensted – … né nel nostro più intimo sé né nel nostro ambiente di persone che ci sono offerte come obiettivi del nostro amore noi troviamo un’invariabile e sufficiente forza integrante. A questo punto siamo naturalmente condotti a chiederci se non ci sia un sentimento principale di più alto grado, il sentimento che si prolunga a arriva a Dio e quindi attraverso l’agape, il supremo e creativo aspetto dell’amore, ci offra la vera unità interiore che ci dia la libertà. Qui la psicologia non sa dare risposta. Né può chiudere la porta. Possiamo solo dire che se potessimo propriamente dire che questo sentimento esistesse, la conversione, come convergenza su Dio di tutte le nostre disposizioni conflittuali, sarebbe il modo del suo operare. E quella conversione dovrebbe prendere molte forme e sarebbe naturale come c’è una molteplicità e varietà di individui nella multiformità della creazione di Dio»[33].

             Infine, dopo la percezione e l’intuizione, l’ultimo processo decisionale è il volere razionale. L’intuizione non era ancora al livello conscio. L’esperienza cristiana era vista come attraente, o meno, a seconda della predisposizione favorevole o sfavorevole. La valutazione razionale, a questo punto, consente all’individuo di trascendere l’impressione istintiva e di valutare la situazione con criteri più ampi ed universali, non basati solo sulla piacevolezza o spiacevolezza, ma sul valore in sé dell’esperienza, che può anche differire dai criteri istintivi. Cioè può essere ritenuta degna anche se non sempre piacevole, oppure dannosa anche se attraente.

             Non è richiesta una certezza matematica nella decisione razionale riguardante i valori umani. Sarebbe impossibile. Un valore è una rappresentazione concettuale di qualcosa in funzione della sua bontà, del suo pregio, o della sua utilità. Pertanto un valore è un motivo razionale trasformato in un fattore di motivazione relativamente permanente… L’origine immediata dei valori è il processo della deliberazione razionale… Il bagaglio di esperienze personali, le disposizioni mentali già acquisite, i tratti della personalità, le capacità ed i bisogni personali possono determinare l’accettazione o il rifiuto di determinati valori. Fra questi fattori ha molta importanza l’intelligenza, in quanto la formazione dei valori consiste principalmente in un processo intellettuale. La decisione finale di fede cristiana non è il punto di arrivo di un ragionamento teoretico. La fede è un atto d’amore. La decisione finale, la volontà in un atto d’amore è il rischio. Rischio di coinvolgersi totalmente e volutamente nel valore intuito.

             L’individuo non è più legato alla ricerca dell’emozione positiva, della gratificazione, ma è impegnato nel tradurre in pratica attivamente il dono di sé, abbandonando i propri schemi mentali precostituiti, nei quali l’altro, cioè Dio, era incasellato, dando così maggior sicurezza alla persona, ma togliendole la gioia di scoprire l’altro per come realmente sia, per come possa autenticamente esprimersi e comportarsi quando la persona decide di fidarsi totalmente di lui. E’ una maniera di essere che non è riproducibile prima del dono di sé. Se l’amore è «interesse attivo per la vita e la crescita di ciò che amiamo», come sostiene Fromm[34], ciò non è possibile senza un atto di volontà, che è essenzialmente fiducia e impegno per l’altro. Se questo vale per gli esseri umani, tanto più vale per Dio. Se la persona dicesse di amarlo solo quando lo sente, lo capisce, o ha voglia di pregarlo o di partecipare alla celebrazione eucaristica, ad esempio, certamente non potremmo dire che questa sia un’esperienza di amore, la quale, in ogni caso, non è mai basata solo sul «sentire», «capire», o «essere attratti» dall’altro. Uno splendido esempio lo troviamo nell’episodio del Vangelo di Matteo, nel quale Pietro domanda a Gesù di farlo avanzare verso di lui facendolo camminare sull’acqua del lago di Tiberiade. L’atteggiamento di Pietro è quello di colui che cerca certezza. Ma questa non può esistere, nell’amore, senza essere accompagnata dal rischio. Pietro cammina sull’acqua sintanto che la sua fiducia non vien meno a causa della paura, originata da un amore imperfetto. «L’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore» (1 GV 4, 18). Il timore della persona che non riesce a donarsi perché è preoccupata dalla possibile reazione dell’altro.

             «Se volete scoprire quale differenza Gesù abbia prodotto nell’umanità, cercandola nel Nuovo Testamento, troverete che la risposta è l’allontanamento della paura dalla vita della gente. Nel Nuovo Testamento la paura è considerata la radice di ogni male; è la paura che rende egoisti gli uomini, che li fa odiare, che li rende ciechi; è sempre la paura a farli impazzire. La paura scaccia l’amore, così come l’amore scaccia la paura»[35]. Certamente Gesù ha fatto molto di più di questo, ma questo ci aiuta a capire come, in ultima analisi, ciò che frena la persona dal passo decisivo a completare il suo amore con l’impegno e la fede con la volontà, sia il timore.

             Spesso il timore è alimentato dalla distanza tra l’ideale e le proprie capacità, ma va tenuto conto che «tutti gli ideali sono in un certo senso staccati dalla realtà… Sono obbiettivi da raggiungere, sono cose realizzabili ma non mai appieno realizzate. Una persona senza ideali è una persona molto povera; d’altra parte una persona che non possiede nient’altro che ideali, è una persona incapace sia per sé che per la società»[36].

             Allport sostiene che «Salvo non s’abbia a fare con un genio religioso, ad esempio il Cristo, non dobbiamo attenderci che il sentimento religioso, anche quando è maturo, sia coerente in assoluto. Più che per altri, va detto di esso che il suo modellamento è sempre una realtà incompiuta»[37]. E Perugia: «I giovani devono essere guidati verso la scelta di ideali personalizzati che siano il più vicino possibile allo «standard» di eccellenza. Così gli insegnanti di religione giustamente tendono a far sì che i fanciulli e gli adolescenti conoscano la vita di Cristo e dei Santi, perché essi sono esemplari di grandi virtù morali e religiose… I giovani devono saper valutare la distanza esistente fra ideali e realtà. Essi sono troppo spesso scoraggiati dai loro insuccessi per poter raggiungere uno «standard» di eccellenza; essi talora non sanno che gli ideali non sono mai pienamente realizzati, che essi sono obbiettivi a cui tendere più che scopi da realizzare. I giovani devono potersi guardare da tali scoraggiamenti, in quanto questi possono condurre a severi conflitti emotivi e a grave disadattamento. I giovani devono possedere degli ideali per il loro completo sviluppo e la loro completa integrazione, ma questi ideali devono essere costretti a giuocare il proprio ruolo nella dinamica della condotta umana»[38].

             Dunque, senza idealizzazioni, timori e scoraggiamenti definitivi, l’amore completo richiede un preciso impegno duraturo, un rischio ampiamente ricompensato dallo scoprire l’altro nella misura in cui rischio, in pratica, i miei ideali per lui. Fromm ricorda che «L’amore dovrebbe essere essenzialmente un atto di volontà, di decisione di unire la propria vita a quella di un’altra persona – nel nostro caso, Dio – … Amare qualcuno non è solo un forte sentimento, è una scelta, una promessa, un impegno. Se l’amore fosse solo una sensazione, non vi sarebbero i presupposti per un amore duraturo. Una sensazione viene e va. Come posso sapere che durerà sempre, se non sono cosciente e responsabile?

             Tenendo conto di questi elementi, si arriva alla conclusione che l’amore è essenzialmente un atto di volontà»[39].

             Anche Rollo May è dello stesso avviso: «Il compito dell’uomo è di unire amore e volontà. Essi non sono uniti da un’automatica crescita biologica, ma devono essere parte del nostro sviluppo cosciente… La volontà interviene e pone le basi che rendono possibile un amore relativamente maturo. Non più alla ricerca di una reviviscenza della sua condizione infantile, l’essere umano… ora si assume liberamente la responsabilità per le sue scelte…

             L’amore che è separato dalla volontà, o l’amore che impedisce la volontà, è caratterizzato da una passività che si incarna e non si sviluppa con la propria passione; tale amore tende, quindi, alla dissociazione. Finisce in qualcosa che non è pienamente personale perché non discrimina completamente. Tali distinzioni coinvolgono il volere e lo scegliere; e scegliere qualcuno significa non scegliere qualcun altro»[40]. Amare Dio implica sceglierlo: «Scegliete oggi chi volete servire» (GS 24, 15).

             «L’obbedienza della fede non va scambiata con un atto compiuto perché un potente ha comandato qualcosa, ma va vista come un modo di agire adottato perché Dio sta con la sua interpellanza e la sua rivendicazione nella vita dell’uomo, una interpellanza e una rivendicazione dotate di senso e indicanti una via»[41].

             «Una persona non offre mai altra garanzia se non se stessa. Nella relazione con gli altri, la certezza non antecede l’assenso: lo accompagna e ne è il frutto. Così è nella fede religiosa. Quando si rivolge a Dio, l’uomo vorrebbe anzitutto sapere in chi crede: lo sa però solo nel momento in cui crede … La fede è un atto cosciente, compiuto dalla persona nella sua totalità, e la sua certezza è una luce che si riflette sull’esistenza umana e la rende più ragionevole… Una certa umanizzazione e un certo equilibrio psicologico le sono indispensabili. In cambio, però, essa libera l’uomo, giacché dilata il suo essere in una relazione interpersonale»[42].

             Nella seconda parte esamineremo in quale maniera l’esperienza religiosa specificatamente cristiana integri la personalità e l’affettività della persona, aprendole più vasti orizzonti.[43]


 

[1]      STERNBERG Robert J., BARNES Michael L. (a cura di) – LA PSICOLOGIA DELL’AMORE, Milano, BOMPIANI, 1990, p. 142

 

[2]      LEVINGER George – Ibidem, pp. 170-171

 

[3]      STERNBERG Robert J. – Ibidem, p. 143

 

[4]      LEVINGER George – Ibidem, p. 170

 

[5]      DENZINGER Henricus, SCHÖNMETZER Adolfus – ENCHIRIDION SYMBO- LORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM DE REBUS FIDEI ET MORUM, Friburgo, HERDER, 1965 (XXXVI), p. 589

 

[6]      COLZANI Gianni – ANTROPOLOGIA TEOLOGICA. L’UOMO: PARADOSSO E MISTERO, Bologna, EDB, 1988, p. 239

 

[7]      Ibid., pp. 261-262

 

[8]      S. TERESA DI GESU’ – PENSIERI, (90), Roma, IL PASSERO SOLITARIO, 1980, p. 37

 

[9]      S. AGOSTINO – LE CONFESSIONI VIII, 4, Brescia, LA SCUOLA, 1987 (7), p. 124

 

[10]    BRYANT Christopher – PSICOLOGIA DEL PROFONDO E FEDE RELIGIOSA, Assisi, CITTADELLA, 1989, pp. 99-101

 

[11]    LEIBNIZ Gottfried W. – citato da MARIAS Julián – LA FELICITA’ UMANA. UN IMPOSSIBILE NECESSARIO, Cinisello Balsamo, PAOLINE, 1990,  p. 13

 

[12]    DACQUINO Giacomo – RELIGIOSITA’ E PSICOANALISI, Torino, SEI, 1980 (7),  p. 151[12]

[13]    HATFIELD D. – «THE DANGERS OF INTIMACY» in DERLEGA V., (a cura di)

         COMMUNICATION, INTIMACY AND CLOSE RELATIONSHIP, New York, ACADEMIC PRESS, 1984, pp. 207-220

 

[14]    S. TERESA D’AVILA – OPERE COMPLETE, Roma, Postulazione Generale dell’Ordine dei Carmelitani scalzi, 1981

 

[15]    VERGOTE Antoine – PSICOLOGIA RELIGIOSA, Roma, BORLA, 1979, p. 215

 

[16]    CENCINI Amedeo, MANENTI Alessandro – PSICOLOGIA E FORMAZIONE. STRUTTURE E DINAMISMI, Bologna, EDB, 1986, p. 284

 

[17]    KELMAN H.C. – «TRE PROCESSI DI INFLUENZA SOCIALE» in WARREN N., JAHODA J. – GLI ATTEGGIAMENTI, Torino, BORINGHIERI, 1976

 

[18]    CENCINI Amedeo, MANENTI Alessandro – op. cit., pp. 290-291

 

[19]    Ibid., pp. 287-288

 

[20]    Ibid., p. 294

 

[21]    KEILBACH Wilhelm – «L’INDIFFERENZA RELIGIOSA: TENTATIVO DI UN’ANALISI PSICOLOGICA» in L’INDIFFERENZA RELIGIOSA, Segretariato per i non credenti, (a cura di), Roma, CITTA’ NUOVA, 1978, p. 69

 

[22]    SPALTRO Enzo – «LA DINAMICA INDIVIDUO-GRUPPO NEI RAPPORTI EDUCATIVI» in QUESTIONI DI PSICOLOGIA, op. cit., pp. 676-677

 

[23]    BRYANT Christopher – op. cit., pp. 138-140

 

[24]    PUGNETTI Maurizio – I CATTOLICI NON PRATICANTI. MORFOLOGIA DELLA LONTANANZA IN PSICO-SOCIOLOGIA PASTORALE, Milano, LUX DE CRUCE, 1961, pp. 60-61

 

[25]    ALLPORT Gordon W. – L’INDIVIDUO E LA SUA RELIGIONE, Brescia, LA SCUOLA, 1972,  p. 199

 

[26]    FROMM Erich – L’ARTE DI AMARE, Milano, MONDADORI, 1983 (1988),  p. 33

 

[27]    FITZMYER Joseph A. – «TEOLOGIA PAOLINA» in GRANDE COMMENTARIO BIBLICO, BROWN Raymond E., FITZMYER Joseph A., MURPHY Roland E., Brescia, QUERINIANA, 1973, p. 1893

 

[28]    DACQUINO Giacomo – op. cit., p. 114

 

[29]    GIOVANNI PAOLO II – CHRISTIFIDELES LAICI, 34, Città del Vaticano, LIBRERIA EDITRICE VATICANA, 1988, p. 93

 

[30]    CARRIER Hervé – PSICO-SOCIOLOGIA DELL’APPARTENENZA RELIGIOSA, Leumann. ELLE DI CI, 1988, p. 66

 

[31]    GRENSTED L.W. – THE PSYCHOLOGY OF RELIGION, New York, OXFORD UNIVERSITY PRESS, 1952, p. 82

 

[32]    VAN DER LEEUW G. – LA RELIGION DANS SON ESSENCE ET SES MANIFESTATIONS, Parigi, PAYOT, 1955, p. 633

 

[33]    GRENSTED L.W. – op. cit., p. 143; 82 (Traduzione dell’autore)

 

[34]    FROMM Erich – op. cit., p. 36

 

[35]    WILLIAMS Harry – THE TRUE WILDERNESS citato da BRYANT Christopher, op. cit., p. 132

 

[36]    PERUGIA Angelo – In QUESTIONI DI PSICOLOGIA, op. cit., p. 523

 

[37]    ALLPORT Gordon W. – op. cit., p. 111

 

[38]    PERUGIA Angelo – In QUESTIONI DI PSICOLOGIA, op. cit., pp. 523-524

 

[39]    FROMM Erich – op. cit., pp. 60-61

 

[40]    MAY Rollo – L’AMORE E LA VOLONTA’, Roma, ASTROLABIO, 1971, pp. 276; 278; 272

 

[41]    WALDENFELS Hans – TEOLOGIA FONDAMENTALE NEL CONTESTO DEL MONDO CONTEMPORANEO, Cinisello Balsamo, PAOLINE, 1988, p. 543

 

[42]    VERGOTE Antoine – op. cit., pp. 244-245

[43]   NADALI Giorgio – Sessualità, Religioni e Sette. Amore e Sesso nei Culti mondiali, Roma, Armando Editore, 1999


Satana ti tormenta? Scoprilo con un test online

Bob Larson. Il più noto esorcista al mondo è il pastore evangelico dei 6000 esorcismi

di Giorgio Nadali

Sul suo sito si può fare il “Demon Test”, il “Test del Demonio”. 21 domande in inglese per sapere se Satana ti tormenta. http://www.demontest.com. Il risultato viene dato subito. Per fortuna il mio punteggio è risultato 14: “Basso rischio di oppresione/possessione demoniaca”. La Spiritual Freedom Church http://www.boblarson.org è specializzata in liberazione dal Maligno.  E’ la chiesa evangelica del pastore Bob Larson (66 anni). Si trova a Scottsdale, in Arizona (USA). Gli impressionanti esorcismi vengono mostrati sul sito http://video.simplymedia.tv/Possessed.html. Nel cattolicesimo vi sono intere nazioni senza un esorcista, come la Spagna, il Portogallo,  la Germania, l’Austria, la Svizzera e da poco anche la Diocesi cattolica più grande del mondo – quella di Milano – dopo la scomparsa il 23 marzo 2010 dell’unico esorcista che era rimasto, Padre Giulio Savoldi (vedere la mia intervista sul numero 252 del giugno 2009 de “Il Segno del Soprannaturale”  http://www.giorgionadali.it/segnosopr.html ). Ma chi l’avrebbe detto? Nelle chiese evangeliche protestanti l’azione straordinaria di Satana viene presa molto più sul serio, a quanto pare. Il pastore Bob Larson ha all’attivo più di 6000 esorcismi e una vastissima produzione di dvd e libri per lottare contro il Maligno. Tra i titoli dei in inglese: “La guida completa per spezzare i malefici”,  “L’esposizione dello spirito di Jezebel” (su come questo demone si introduca nel matrimonio, nella vita sessuale e in quella della Chiesa), “Può un cristiano avere un demonio?”, “Hai un demonio?”, “Le sei fortezze di Satana”, “Come i cristiani sono coinvolti nei malefici”.      

Larson suona la chitarra; le sue esperienze di musicista lo hanno condotto a preoccuparsi dell’occulto e della sua influenza distruttiva nella musica rock. In seguito ha inserito dei pezzi di chitarra da lui suonati durante i suoi sermoni e viene ricordato come uno dei maggiori critici fondamentalisti cristiani della musica rock. Dal 1970 si occupa di satanismo. Oggi si occupa di persone con problemi di abusi e molestie legate al satanismo, auto mutilazioni e disordini multipli della personalità.  Tiene seminari in tutti gli Stai Uniti e in Canada. Dal 20 al 22 giugno a Riga, in Lettonia. Ha recitato la parte si se stesso in diverse serie televisive americane dedicate al tema satanico e ha pubblicato 30 libri sul tema. Ogni settimana presenta un programma di liberazione spirituale con sua moglie Laura sul Canale dei Miracoli “Miracle Channel”  http://www.miraclechannel.ca e via Internet in tutto in mondo.

www.giorgionadali.it